Bonifico non eseguito: banca inadempiente ma nessun danno per il cliente che è a conoscenza dei debiti

Qualora l’istituto di credito non esegua, o non esegua tempestivamente, il bonifico disposto da un correntista e successivamente il conto corrente di questi venga pignorato, il correntista stesso non subisce alcun danno se risulta che egli conoscesse l'esistenza di debiti maturati ancor prima della disposizione del bonifico e che il trasferimento richiesto era, in realtà, diretto ad eludere le pretese creditorie.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 5152/18, depositata il 6 marzo. Il caso. Il Tribunale di Milano, accogliendo la domanda di un correntista volta all’accertamento dell’inadempimento contrattuale del proprio istituto di credito, negava il risarcimento per danno ingiusto. Difatti, nonostante il correntista avesse disposto un bonifico sul conto corrente estero della moglie, tale bonifico non veniva effettuato dall’istituto e, parallelamente, veniva eseguito un pignoramento sul proprio conto corrente da parte di terzi. In seguito all’inammissibilità dell’appello dichiarata dalla Corte distrettuale, il correntista propone ricorso per cassazione denunciando che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto riconoscere altresì il diritto al risarcimento del danno, a nulla rilevando, nel caso di specie, il richiamato principio per cui per il risarcimento del danno risulterebbe necessaria la sussistenza dell’ingiustizia del pregiudizio subito, essendo tale principio operante in materia di responsabilità aquiliana. La conoscenza del debito. Il Supremo Collegio riconosce che, coerentemente con quanto rilevato dal Giudice di prime cure, la procedura esecutiva azionata risultava relativa a debiti derivanti dal mancato pagamento di canoni di locazione inerenti all’immobile ove il ricorrente risiedeva prima di trasferirsi con la moglie all’estero. Pertanto, non solo il ricorrente era perfettamente consapevole di questa esposizione debitoria , ma attraverso la richiesta di bonifico risultava chiaro che lo stesso volesse eludere le pretese del proprio creditore . Dunque, la Suprema Corte sottolinea che al momento della disposizione del bonifico non vi era la presenza di alcun credito da tutelare, perché nel patrimonio del ricorrente rientravano già i debiti maturati in epoca antecedente alla disposizione del bonifico . Di conseguenza, non si è verificato alcun danno al patrimonio del ricorrente per non avere la banca tempestivamente eseguito la disposizione del bonifico, perché i debiti precedenti al bonifico già gravavano in senso negativo sul patrimonio del ricorrente . La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 10 ottobre 2017 – 6 marzo 2018, n. 5152 Presidente Spirito – Relatore Armano Fatti del processo M.C. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Milano la Unicredit S.p.A. perché fosse accertato l’inadempimento contrattuale della banca e questa fosse condannata al risarcimento dei danni patrimoniali, pari ad Euro 43.251,00, nonché dei danni non patrimoniali, da accertarsi in corso di causa. Il M. esponeva di essere titolare di un conto corrente presso la Unicredit e di aver chiesto alla banca di trasferire il saldo del suo conto corrente sul conto corrente della moglie, acceso presso un istituto di credito tedesco che sin dal novembre 2010 si era attivato per le procedure necessarie al trasferimento e che in data 16 maggio 2011, in occasione di un soggiorno a Roma con la propria moglie, si era recato personalmente presso la filiale della Unicredit per disporre il bonifico del saldo del proprio conto corrente su quello della moglie e che il trasferimento non fu effettuato dalla banca che nel settembre 2011 aveva appreso dalla banca che già nel precedente maggio era stato eseguito sul suo conto un pignoramento presso terzi per l’importo di Euro 33.693,14. Tanto premesso, il M. ha convenuto in giudizio la banca deducendo che per colpa di quel ritardo nel bonifico si era trovato senza la possibilità economica di curarsi da una malattia da cui era stato colpito ed aveva dovuto ricorrere ad un mutuo. Il Tribunale di Milano, accertato l’inadempimento della banca,ha rigettato comunque la domanda affermando che l’attore non aveva diritto al risarcimento in mancanza di danno infiusto. Il Tribunale ha affermato che nella specie il danno non poteva qualificarsi come ingiusto atteso il fatto che, secondo la stessa prospettazione dei fatti offerta dall’attore, la finalità del risarcimento sarebbe consistita nel ristoro del pregiudizio subito a causa della impossibilità di disporre delle proprie somme di denaro per effetto del vincolo sulle stesse apposta dalla banca a seguito del pignoramento, quindi di voler sottrarre alle iniziative della propria creditrice la garanzia costituita dal suo patrimonio. La Corte d’appello di Milano con ordinanza del 3-2-15 ha dichiarato inammissibile l’appello ex articolo 348 bis c.p.c Il M. ha impugnato davanti a questa Corte la sentenza di primo grado ed ha presentato successiva memoria ex arte 378 c.p.c Si è difesa con controricorso la Unicredit S.p.A Ragioni della decisione 1.Con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione dell’articolo 1218 c.c. e violazione dell’articolo 32 Cost. in relazione all’articolo 360 numero 3. c.p.c Il ricorrente afferma che erroneamente il giudice di primo grado ha effettuato una confusione fra la responsabilità contrattuale ex articolo 1218 c.c. e quella extracontrattuale ex 2043 c.c. una volta accertato l’inadempimento contrattuale doveva necessariamente condannare la banca al risarcimento, non avendo questa fornito la prova liberatoria che le incombeva che l’inadempimento non le era imputabile. Invece il giudice di primo grado nel motivare il rigetto ha richiamato inspiegabilmente il principio sancito in tema di responsabilità extracontrattuale per il cui risarcimento è necessaria l’ingiustizia del pregiudizio che nella specie non aveva ritenuto sussistente. 2. Il motivo è infondato. Risulta dalla sentenza di primo grado che seppure la procedura esecutiva confluita nel pignoramento presso terzi era stata avviata dopo la prima richiesta di trasferimento di fondi effettuata dal M. già nel mese di novembre 2010, essa era stata intrapresa in conseguenza del mancato pagamento dei canoni di locazione relativi all’immobile ove lo stesso risiedeva primo di trasferirsi in Germania. Di conseguenza, secondo l’accertamento del tribunale, doveva ritenersi che il M. fosse già consapevole di aver maturato una pregressa esposizione debitoria e proprio questa circostanza, anzi, faceva presumere al giudice di primo grado che lo stesso volesse eludere le pretese del proprio creditore, attuando a tal fine l’operazione di trasferimento del denaro all’estero. Sulla base di queste considerazioni il tribunale ha rigettato la domanda ritenendo l’inesistenza di un danno ingiusto da tutelare. 3. Il dispositivo della sentenza di primo grado è conforme il diritto,ma deve essere corretta nella motivazione ex articolo 384 ultimo comma c.p.c Infatti risulta dagli stessi accertamenti della sentenza di primo grado che il debito del M. nei confronti del creditore che ha agito esecutivamente col pignoramento presso la banca era già maturato prima della disposizione del bonifico e che il M. era perfettamente consapevole di questa esposizione debitoria,esposizione debitoria che il tribunale pone come ragione fondamentale del trasferimento delle somme di denaro all’estero. Quindi al momento della disposizione del bonifico, non vi era un credito da tutelare perché nel patrimonio del M. rientravano già i debiti maturati in epoca antecedente alla disposizione del bonifico. Infatti tra i rapporti giuridici che compongono il patrimonio rientrano tanto quelli attivi, che comportano un diritto soggettivo assoluto o relativo del titolare, quanto quelli passivi, che comportano invece un suo obbligo e, in particolare, un debito . Ne consegue che non si è verificato alcun danno al patrimonio del M. per non avere la banca tempestivamente eseguito la disposizione del bonifico, perché i debiti precedenti al bonifico già gravavano in senso negativo sul patrimonio del ricorrente. Il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori e spese generali come per legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.