Il giudice civile non può pronunciarsi sulla richiesta di permanenza nello Stato avanzata dal condannato

Qualora alla condanna per un reato consegua, in via automatica ed obbligatoria, l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione del condannato, al giudice civile è precluso qualsiasi sindacato in ordine alla richiesta di temporanea permanenza nel territorio dello Stato per ragioni familiari ex art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 3916/18, depositata il 16 febbraio. Il caso. Un cittadino albanese, padre di due figli minori, veniva condannato per spaccio di stupefacenti e all’espulsione come misura di sicurezza obbligatoria. Successivamente all’espulsione il condannato chiedeva al Tribunale per i minorenni di Torino l’autorizzazione alla permanenza nel territorio dello Stato ed il rilascio di un permesso di soggiorno in considerazione della tenera età dei figli e del loro forte attaccamento al padre. La Corte d’Appello di Torino confermava il diniego espresso dal Tribunale, facendo prevalere l’interesse dello Stato all’allontanamento del condannato. Avverso la pronuncia della Corte distrettuale il condannato ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, l’erronea prevalenza attribuita all’interesse dello Stato rispetto a quello dei minori. La permanenza nello Stato. Il Supremo Collegio riconosce che, ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , il Tribunale per i minorenni può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare anche in deroga alle altre disposizioni contenute nel medesimo decreto. La deroga può operare anche nei confronti della misura di sicurezza espulsiva stabilita dall’art. 15 dello stesso TU, ossia a quella misura che è solo facoltativamente irrogata dal giudice penale . Ebbene, alla luce di un recente principio di diritto fissato dalla Suprema Corte, ai fini dell’applicazione della misura dell’espulsione è richiesta la valutazione in ordine alla pericolosità sociale del condannato nonché alle proprie condizioni familiari. Ciò posto, nel caso di specie, occorre chiarire se una volta compiuta tale valutazione in sede penale, possa instaurarsi un giudizio innanzi al giudice civile al fine di ottenere l’esclusione dell’esecuzione della misura espulsiva. Si pone cioè il problema se la misura espulsiva in ordine alla quale può chiedersi la temporanea non esecuzione, ai sensi dell’art. 31, comma 3, TU, sia solo quella amministrativa ovvero essa comprenda anche la misura di sicurezza e, in questo secondo ambito, non solo la misura di sicurezza espulsiva data in via facoltativa ma anche quella data obbligatoriamente perché imposta al giudice, in via automatica, come effetto penale della condanna dall’art. 235 c.p. Espulsione o allontanamento dello straniero dallo Stato o dalle singole leggi speciali . Il sindacato del giudice civile. La Suprema Corte rileva che il sistema nazionale dell’espulsione-misura di sicurezza non consente al giudice civile di svolgere alcun sindacato laddove sia richiesta una temporanea permanenza in Italia ai sensi dell’art. 31, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, quando tale misura sia stata obbligatoriamente inflitta allo straniero condannato, ai sensi dell’art. 235 c.p., poiché la sua esecuzione spetta, anche in riferimento ai profili attinenti alla famiglia dello straniero condannato, al sistema giurisdizionale articolato nel doppio grado di merito costituito dal Giudice di sorveglianza-Tribunale di sorveglianza . Pertanto al Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 gennaio – 16 febbraio 2018, numero 3916 Presidente Giancola – Relatore Genovese Fatti di causa 1. Il signor H.A. , cittadino albanese, padre di due minori C. , numero nel , e M. , numero nel nati in Italia dall’unione con la concittadina S.B. , subiva, a seguito di condanna penale per reati di spaccio di stupefacenti , altresì l’espulsione come misura di sicurezza, confermata dall’Ufficio di sorveglianza di Alessandria e, in conseguenza dell’impugnazione, anche dal Tribunale di Sorveglianza di Torino. 1.1. Avverso l’espulsione, lo straniero richiedeva al Tribunale per i minorenni d’ora in avanti solo TM di Torino l’autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano, ai sensi dell’articolo 31, 3 co., TU di cui al D.Lgs. numero 286 del 1998, in considerazione del profondo attaccamento della piccola C. al padre e della tenera età del piccolo M. , con il rilascio di un permesso di soggiorno. 2. Il TM, senza disporre le richieste indagini sulla condizione socio-familiare dei minori, disattendeva il parere del PM, facendo prevalere l’interesse dello Stato all’allontanamento del richiedente. 3. Il reclamo davanti alla Corte d’appello di Torino - Sezione minorenni veniva disatteso con integrale conferma del provvedimento impugnato, senza necessità di ulteriori indagini. 3.1. Secondo la Corte territoriale, il doveroso impiego del criterio del bilanciamento tra i diritti fondamentali della persona, dei minori e dell’unità familiare comportava una soccombenza del secondo rispetto al primo, quello della sicurezza del territorio nazionale, valore primario di pari rango, ma nella specie prevalente in ragione dell’assoluta gravità del reato commesso procacciamento di circa 3 Kg. Di cocaina e della misura di sicurezza espulsiva adottata nei suoi confronti confermata dal Tribunale di sorveglianza. 3.2. Di contro, le preoccupazioni circa il benessere psicofisico della prole erano generiche e neppure l’attesa del terzo figlio poteva valere come una controindicazione per il rientro del nucleo familiare nel paese d’origine che, allo stato, offrirebbe buone condizioni di lavoro e di sicurezza e stabilità sociale. 4. Avverso tale decisione ha ricorso per cassazione il signor H.A. , con tre mezzi di impugnazione. 5. Il PG non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso violazione degli artt. 101, 161, 737, 738 cod. proc. civ. 3, 24, 101 e 117 Cost., 6 CEDU, 84 disp. att. al cod. proc. civ. denuncia che la Corte territoriale abbia svolto l’udienza di trattazione senza l’intervento delle parti e dei loro difensori, con la conseguente nullità della procedura e del provvedimento impugnato. 2. Con il secondo violazione degli artt. 31, co. 3, D. Lgs. numero 286 del 1998 in relazione agli artt. 1, 3, 8, 2 prot. 1, 2 prot. 4, 4 prot. 4 CEDU, 3 Conv. ONU sui diritti del fanciullo, 28 Dir. 2004/38/CE il ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto prevalenti le ragioni di sicurezza dello Stato, interpretando estensivamente l’articolo 31 D. Lgs. numero 286 del 1998 senza una valutazione della concreta dell’interesse del minore, alla luce della giurisprudenza CEDU e del Giudice Nazionale, in rapporto alla relativa situazione di vita, di fatto venendo a operare una espulsione collettiva dell’intero nucleo familiare. 3. Con il terzo violazione degli artt. 2729 cod. civ 738, 3 co., cod. proc. civ., 31, co. 3, D. Lgs. numero 286 del 1998 in relazione agli artt. 3, 8,§ 1, e 13 CEDU il ricorrente censura l’omissione di una attività istruttoria preventiva mirata alla concreta valutazione delle conseguenze dell’allontanamento del padre dai figli minori e/o dello sradicamento di essi dal contesto sociale in cui sono sempre vissuti. 4. La comune premessa, sottostante all’esame delle tre censure, è data dall’ammissibilità di una richiesta di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del condannato ad una misura di sicurezza espulsiva, come nella specie, disposta a seguito della condanna dell’imputato e odierno ricorrente ad una pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione, per aver operato l’acquisto a fini di spaccio di una rilevante quantità di stupefacenti p. 1 del decreto ed in presenza degli altri presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 31, co. 3, TU di cui al D. Lgs. numero 286 del 1998. 4.1. Tale premessa, tuttavia, è meritevole di un complesso di considerazioni che s’impongono all’attenzione del Collegio. 5. Secondo l’articolo 31, co. 3, TU cit., 3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza . 5.1. Il richiamo alla deroga delle stesse disposizioni disciplinate nel TU in esame riguardano, pertanto, anche le previsioni relative all’espulsione come misura di sicurezza , poiché, nell’ambito del TU v’è anche una disposizione l’articolo 15 Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l’esecuzione dell’espulsione , relativa a tale conseguenza del reato, che è così disciplpinata 1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l’espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso . 5.2. Pertanto, l’autorizzazione temporanea di cui all’articolo 31, co. 3, TU, di cui ci occupiamo in questo giudizio, può derogare anche alla misura di sicurezza espulsiva stabilita dall’articolo 15 dello stesso TU, ossia a quella misura che è solo facoltativamente irrogata dal giudice penale. 5.3. Infatti, il codice penale, diversamente che il menzionato articolo 15 del TU, stabilisce all’articolo 235 Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato che Il giudice ordini l’espulsione dello straniero ovvero l’allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione Europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione Europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni . 5.4. Il non facile coordinamento di tali disposizioni può farsi nel modo che segue l’espulsione come misura di sicurezza, quanto all’an, è di due tipi a obbligatoria e b facoltativa. Essa è obbligatoriamente data articolo 235 cod. penumero dal giudice penale quando glielo imponga una legge penale speciale ad es. l’articolo 86 Espulsione dello straniero condannato del d.P.R. numero 309 del 1990, in materia di stupefacenti, secondo cui 1. Lo straniero condannato per uno dei reati previsti dagli articoli 73, 74, 79 e 82, commi 2 e 3, a pena espiata deve essere espulso dallo Stato. 2. Lo stesso provvedimento di espulsione dallo Stato può essere adottato nei confronti dello straniero condannato per uno degli altri delitti previsti dal presente testo unico. ovvero quando lo straniero o il cittadino di altro stato dell’Unione venga condannato a pena superiore a due anni di reclusione essa è facoltativamente data articolo 15 TU di cui al D. Lgs. numero 286 cit. quando egli lo straniero NdA sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso . 5.5. In sostanza, la condanna penale dello straniero o del cittadino di un altro stato dell’Unione importa conseguenze obbligatorie o facoltative anche con riferimento alla misura di sicurezza dell’espulsione, sulla cui esecuzione - com’è noto - vigila il complesso giurisdizionale Giudice-Tribunale di sorveglianza. 5.6. Nell’esaminare i ricorsi nella materia dell’esecuzione della misura di sicurezza questa Corte, in sede penale, nel controllo che esercita sui Tribunali di sorveglianza della repubblica, ha stabilito il principio di diritto da tempo consolidato da ultimo Sez. 4, Sentenza numero 52137 del 2017 secondo cui Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero ex articolo 86 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 per la avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti, è necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, in conformità all’articolo 8 CEDU in relazione all’articolo 117 Cost., ma anche l’esame comparativo della condizione familiare dell’imputato, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall’articolo 133 cod. penumero , in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare. Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione di merito che aveva valutato preminente l’esigenza di tutelare la popolazione dal pericolo derivante dalla presenza di un soggetto dedito a gravi attività criminose sul diritto al mantenimento del rapporto coniugale e genitoriale con la moglie italiana ed il figlio minore, suscettibile di proseguire anche all’estero . 5.7. In pratica, secondo tale diritto vivente peraltro conforme anche a quanto richiede la giurisprudenza CEDU cfr., da ultimo, sent. 7 dicembre 2017 in causa C 636/2016, caso Pastuzano, che conferma la necessità di comparazione anche in caso di espulsione obbligatoria il sistema di sorveglianza, chiamato in causa in ordine all’esecuzione della misura espulsiva, deve obbligatoriamente occuparsi di una doppia valutazione della attuale pericolosità sociale dello straniero o cittadino di altro Paese dell’Unione condannato e, ove questa ancora sussista, anche della sua situazione familiare, procedendo ad un bilanciamento dei contrapposti interessi. 5.8. Nel caso che ci occupa, invece, sia il provvedimento impugnato e sia il ricorso per cassazione danno atto che le vie del giudizio di esecuzione davanti al complesso Giudice-Tribunale di sorveglianza sono state percorse, vanamente, avendo i giudici investiti dell’esecuzione di quella misura respinto le richieste volte alla permanenza in Italia anche temporanea del condannato. 5.9. Deve allora porsi il problema seguente se, una volta che il giudice ordinario in sede penale abbia già compiuto tale valutazione, con esito negativo per il ricorrente, sia ammissibile che questi possa instaurare un secondo giudizio davanti al giudice ordinario civile , nell’ambito del quale si chieda una, anche temporanea, esclusione dell’esecuzione della misura espulsiva misura di sicurezza , seppure attraverso l’applicazione dell’articolo 31, co. 3 TU di cui al D. Lgs. numero 286 del 1998. 5.9.1. Si pone cioè il problema se la misura espulsiva in ordine alla quale può chiedersi la temporanea non esecuzione, ai sensi dell’articolo 31, co. 3, TU, sia solo quella amministrativa ovvero essa comprenda anche la misura di sicurezza e, in questo secondo ambito, non solo la misura di sicurezza espulsiva data in via facoltativa secondo la previsione dell’articolo 15 del TU immigrazione ma anche quella data obbligatoriamente perché imposta al giudice, in via automatica, come effetto penale della condanna, dall’articolo 235 cod. penumero o dalle singole leggi speciali come, nella specie, in materia di stupefacenti da tale disposizione richiamate. 5.10. La risposta, in considerazione dei dati normativi appena ricostruiti, è nel senso che il sistema nazionale dell’espulsione - misura di sicurezza non consente al giudice di civile di svolgere alcun sindacato laddove sia richiesta una temporanea permanenza in Italia ai sensi dell’articolo 31, co. 3, di cui al D. Lgs. numero 286 del 1998, quando tale misura sia stata obbligatoriamente inflitta allo straniero condannato, ai sensi dell’articolo 235 cod. penumero diversamente che per il caso in cui lo sia stato ai sensi dell’articolo 15 del cit. TU , poiché la sua esecuzione spetta, anche in riferimento ai profili attinenti alla famiglia dello straniero condannato, al sistema giurisdizionale articolato nel doppio grado di merito costituito dal Giudice di sorveglianza-Tribunale di sorveglianza nonché da quello di legittimità la Cassazione penale , che - come sì è già detto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in sede penale - a tal proposito, opera con un bilanciamento tra i diritti, i valori e gli interessi coinvolti, secondo un paradigma estraneo alla verificazione dell’esistenza dei presupposti, di cui all’articolo 31, co. 3, TU di cui al cit. D. Lgs. numero 286, di competenza del giudice civile. 6. Da tale ragionamento e dal principio appena enunciato consegue che i giudici della fase di merito hanno erroneamente pronunciato sulla domanda di cui all’articolo 31, co. 3, TU in un caso in cui, essendo stata irrogata allo straniero una misura di sicurezza espulsiva obbligatoria, ai sensi dell’articolo 86 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 sugli stupefacenti, essi non avevano il potere di farlo onde la domanda proposta dall’odierno ricorrente con il ricorso introduttivo andava respinta, anche se con la diversa motivazione di cui si è dato conto con il ragionamento appena svolto. 7. Non v’è materia per provvedere sulle spese ma devesi disporre, ai sensi dell’articolo 52 D.Lgs. numero 198 del 2003, che siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Dispone che, ai sensi dell’articolo 52 D. Lgs. numero 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.