Procura alle liti non congiunta all’atto: è il giudice a decidere se è valida

Il vizio relativo al difetto dello ius postulandi, quando la procura alle liti risulta depositata unitamente all’atto introduttivo del giudizio, può essere sanato allorché il giudice del merito giunga a verificare, alla luce dell’esistenza della procura alle liti di cui si discute, il suo contenuto intrinseco e la sua coerenza logica cronologica con l’atto cui accede, ancorché manchi una congiunzione meccanica.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 2813 depositata il 6 febbraio 2018. Il fatto. L’attrice conveniva innanzi al giudice territorialmente competente una società di intermediazione finanziaria deducendone la responsabilità per violazione degli obblighi informativi in ordine ad un acquisto di obbligazioni fatto a fronte della corresponsione di una certa somma di denaro. Il Tribunale adito statuiva la nullità degli ordini di acquisto in questione con condanna della società convenuta alla restituzione delle somme investite. La Corte d’Appello, interessata del gravame, in accoglimento dell’eccezione di difetto dello ius postulandi prospettata dall’attrice in primo grado e reiterata nell’impugnazione incidentale rilevava che neanche in secondo grado era stato prodotto atto attestante la regolare costituzione in giudizio in primo grado della società convenuta. Inoltre, il mancato rilievo di difetto di procura in primo grado non aveva determinato la sanatoria del vizio. Nel merito, il Collegio aveva ritento non essere stato rinvenuto alcun atto integrante valida procura non essendovi il foglio spillato. Dalla mancata valida costituzione della società convenuta la Corte territoriale aveva desunto l’impossibilità di procedere all’esame di tutti gli atti e i documenti allegati al relativo fascicolo, atti e documenti che dovevano ritenersi non prodotti. La società convenuta proponeva ricorso per la Cassazione. Ius postulandi. Gli Ermellini, hanno ritenuto fondato il quarto motivo di ricorso per violazione degli artt. 157 e 83 c.p.c. per non avere la Corte distrettuale adita, ritenuto sanabile il riscontrato vizio relativo al difetto dello ius postulandi . In particolare, il Collegio evidenzia che la procura alle liti di cui si discute nella sentenza impugnata, non è assente od inesistente, bensì risulta regolarmente depositata unitamente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado. Per i giudicanti l’esame del suo contenuto rende inequivocabile il riferimento alla parte che l’ha sottoscritta ed al giudizio cui si riferisce anche sotto il profilo cronologico. Trova pertanto, applicazione l’orientamento del tutto consolidato, della stessa Corte di legittimità, formatosi in particolare in sede d’interpretazione della modifica del terzo comma dell’art. 83 c.p.c., intervenuta con l’art. 1 l. n. 141/1997, secondo il quale la congiunzione tra il foglio separato con il quale la procura è stata rilasciata e l’atto cui essa accede non richiede la necessità di una cucitura meccanica cfr. Cass. nn. 12332/09 e 336/12 dovendosi avere riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi cfr. Cass. n. 7731/04 . Concludendo. I Giudici, pertanto, in accoglimento del proposto ricorso cassano la sentenza impugnata rinviando alla Corte d’Appello adita in diversa composizione la decisione del merito. Infine, concludono affermando che sulla scorta dell’adozione dell’interpretazione estensiva del secondo comma dell’art. 182 c.p.c., nella formulazione antivigente anche con riferimenti a vizi di nullità della procura, vi è il conseguente obbligo del giudice del merito di disporre la rinnovazione od integrazione della procura a quo .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 13 ottobre 2017 – 6 febbraio 2018, n. 2813 Presidente Tirelli – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione F.M. ha convenuto la s.p.a. Credit Suisse deducendone la responsabilità per violazione degli obblighi informativi in ordine agli acquisti di obbligazioni Cirio per Euro 158.000. Il Tribunale ha statuito la nullità degli ordini di acquisito con condanna alla restituzione delle somme investite. La Corte d’Appello di Venezia, accogliendo l’eccezione di difetto dello jus postulandi prospettata dalla F. in primo grado e reiterata nell’impugnazione incidentale ha rilevato che neanche in secondo grado è stato prodotto atto attestante la regolare costituzione in giudizio in primo grado della s.p.a. Credit Suisse ed, inoltre, che il mancato rilievo del difetto di procura in primo grado non ha determinato la sanatoria del vizio. Nel merito ha ritenuto non essere stato rinvenuto alcun atto integrante valida procura non essendovi il foglio spillato. Dalla mancata valida costituzione della s.p.a. Credit Suisse la Corte territoriale ha desunto che tutti gli atti e i documenti prodotti non potessero essere esaminati ed in particolare che non potesse ritenersi prodotto il contratto quadro. Esso pertanto doveva ritenersi nullo ex articolo 23 d.lgs n. 58 del 1998 essendone richiesta la forma scritta ad substantiam. Al riguardo, ha precisato la Corte d’Appello, la nullità ben può essere rilevata d’ufficio anche in appello poiché nelle domande di annullamento, rescissione o risoluzione implicitamente postulata quella di nullità del contratto è in conclusione l’impugnazione principale è stata rigettata e la sentenza di primo grado, ancorché con motivazione diversa, confermata. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Credit Suisse. Ha resistito con controricorso F.M. . Le parti hanno depositato memoria. Il Sostituto procuratore generale ha depositato requisitoria scritta. Nel primo motivo è stata dedotta la violazione articolo 23 d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’articolo 1421 cod. civ. per non aver ritenuto che l’esistenza del contratto quadro nella sua fattualità non poteva essere contestata. Al riguardo la parte ricorrente ha evidenziato che solo nel secondo grado del giudizio, riproponendo la censura relativa al difetto di jus postulandi, l’appellante incidentale ha rilevato la nullità del contratto quadro per la sua inesistenza meramente processuale. Accogliendo tale prospettazione, la Corte d’appello ha omesso di prendere in considerazione un fatto decisivo ovvero l’incontestata esistenza del contratto quadro emergente dal convergente comportamento concludente delle parti. La Corte d’Appello è incorsa, peraltro, nel vizio di ultrapetizione perché l’articolo 23 d.lgs. n. 58 del 1998 impone che la nullità sia rilevata dalla parte che ne ha interesse e non possa essere invece sollevata d’ufficio. Poiché la F. ha formulato l’eccezione solo in appello la Corte nell’accoglierla ha violato l’articolo 345 cod.proc. civ. La censura è stata prospettata anche in ordine al vizio ex articolo 360 n. 5 cod. proc. civ Nel secondo motivo viene dedotto il vizio di omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo consistente nell’avere la Corte d’Appello erroneamente sollevato d’ufficio l’eccezione di nullità del contratto quadro ed aver ritenuto la decisione confermativa di quella di primo grado. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1418 cod. civ. e 21 d.lgs. n. 58 del 1998 in ordine alla nullità dei singoli ordini di acquisto riconosciuta dal giudice di primo grado. Al riguardo si evidenzia che non può essere dichiarata la nullità dei singoli ordini di acquisto per violazione degli obblighi informativi ma soltanto la risoluzione ed il diritto al risarcimento del danno. La pronuncia impugnata nella parte in cui ha fatto propria confermandola la pronuncia di primo grado ha violato il principio sopra esposto facendo discendere dalla pretesa negligenza contrattuale della banca la nullità radicale degli ordini. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 157 cod. proc. civ. e 83 cod. proc.civ. per non avere la Corte d’Appello ritenuto intempestiva l’eccezione formulata in appello ed altresì come meglio illustrato in memoria non sanabile il riscontrato vizio relativo al difetto dello jus postulandi. Per ragioni di pregiudizialità logica deve essere affrontato per primo quest’ultimo motivo. Si deve preliminarmente rilevare che la natura della censura prospettata consente l’esame diretto degli atti processuali ed in particolare dei fascicoli di parte, regolarmente depositati, riguardanti i due gradi di merito. La procura alle liti, come peraltro riconosciuto anche nella sentenza impugnata, non è assente od inesistente. Risulta depositata unitamente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado. L’esame del suo contenuto rende inequivocabile il riferimento alla parte che l’ha sottoscritto ed al giudizio cui si riferisce anche sotto il profilo cronologico. Trova, pertanto, applicazione l’orientamento, del tutto consolidato, di questa Corte, formatosi, in particolare in sede d’interpretazione della modifica del terzo comma dell’articolo 83 cod. proc. civ. intervenuta con l’articolo 1 della L. 27/5/1997 n. 141, secondo il quale la congiunzione tra il foglio separato con il quale la procura è stata rilasciata e l’atto cui essa accede non richiede la necessità di una cucitura meccanica Cass. 12332 del 2009 336 del 2012 dovendosi avere riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi. Cass.7731 del 2004 . Ne consegue che il giudice del merito era tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti sopraindicati, non potendo omettere l’esame del contenuto intrinseco della procura e non potendo dedurre, dalla separazione meramente materiale della procura dall’atto, la sua inesistenza. A fini di completezza si deve segnalare la recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 26638 del 2017 nella quale, partendo da fattispecie del tutto analoga viene ribadito che la strumentalità che le forme processuali assumono è in funzione della attuazione della giurisdizione mediante decisioni di merito e che la giustizia della decisione SU 10531/13 26242/14 12310/15 è scopo dell’equo processo . La pronuncia è di particolare rilievo dal momento che assume un orientamento fortemente antiformalistico, fondato anche sui criteri elaborati dalla corte Europea dei diritti umani in tema di diritto al giusto processo, proprio in tema di procura alle liti di cui si contesti per difetto di congiunzione materiale, il riferimento all’atto difensivo cui invece accede, tracciando una coerente linea interpretativa che parte ancor prima della citata novella del 1997 al riguardo viene richiamata Cass.11178 del 1995 per pervenire agli orientamenti attuali, successivi all’entrata in vigore dell’articolo 182 cod. proc. civ. novellato ex articolo 46 L. n. 69 del 2009. A tale ultimo riguardo, deve essere anche richiamato il più recente orientamento in tema di sanabilità dei vizi relativi alla validità della procura ex articolo 182, secondo comma, cod. proc. civ. anche nella versione vigente anteriormente alla modifica applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4/7/2009. Cass. 24068 del 2013 e 22559 del 2015 . L’orientamento richiamato prende le mosse dalla sentenza delle S.U. n. 9217 del 2010, nella quale è stato interpretato il testo antevigente dell’articolo 182 cod. proc. civ., con riferimento al difetto di rappresentanza, alla luce della novella. Si è, pertanto, ritenuto, di poter adottare un’interpretazione estensiva dell’articolo 182 secondo comma, nella formulazione antevigente anche con riferimenti a vizi di nullità della procura, con conseguente obbligo del giudice del merito di disporne la rinnovazione od integrazione. Da tutti i principi sopraesposti consegue l’accoglimento del quarto motivo, non potendo il giudice del merito esimersi dal verificare, alla luce dell’esistenza della procura alle liti di cui si discute, il suo contenuto intrinseco e la sua coerenza logica cronologica con l’atto cui accede, ancorché manchi una congiunzione meccanica. I primi tre motivi rimangono assorbiti dall’accoglimento quarto. Alla cassazione segue il rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione perché provveda anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo di ricorso. Assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, perché provveda anche sulle spese processuali del presente giudizio.