Legittima la notificazione presso la residenza anagrafica se coincidente (di fatto) con quella effettiva

La notificazione del ricorso di primo grado è valida, qualora, in applicazione del parametro di ordinaria diligenza posto in capo al notificante, la residenza effettiva del destinatario debba ritenersi coincidente con quella anagrafica e la notificazione giunga presso quest’ultima.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 868/18, depositata il 16 gennaio. Il caso. Con domanda al Tribunale di Grosseto l’attore chiedeva l’accertamento della decorrenza del termine assegnato al convenuto per il pagamento del prezzo di una compravendita, perfezionata ex art. 2932 c.c. con sentenza del medesimo Tribunale, e contestualmente la dichiarazione di risoluzione del contratto con condanna del convenuto al risarcimento del danno e alla restituzione del bene. Tali domande venivano accolte ed il convenuto dichiarato contumace. L’impugnazione della pronuncia da parte del convenuto che lamentava la mancata dichiarazione di nullità della notificazione del ricorso di primo grado ex art. 140 c.p.c. Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia per essere avvenuta presso la residenza anagrafica anziché presso quella effettiva, veniva rigettata dalla Corte d’Appello. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’appellante propone ricorso per cassazione denunciando la nullità della notificazione. La notificazione presso il luogo di residenza anagrafica. Il Supremo Collegio, in considerazione degli orientamenti di legittimità sul punto, ritiene che il ricorso alle forme di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c. presuppone che il luogo di residenza sia stato esattamente individuato e che nel caso di specie, è pacifico che il luogo della notificazione si identificava con la residenza anagrafica e che è altrettanto pacifico il ricorrente, d’altro canto, non sostiene di aver contestato il fatto, limitandosi a dire che è stato solo asserito da controparte che in detto luogo erano presenti dei segni di stabile collegamento con il destinatario della notifica” il nominativo sul campanello così che l’applicazione del parametro dell’ordinaria diligenza permetteva di arrestarsi alla coincidenza tra residenza anagrafica e apparenza di quella effettiva” . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 maggio 2017 – 16 gennaio 2018, n. 868 Presidente Matera – Relatore Besso Marcheis Fatto e diritto Premesso che 1. V.M. proponeva domanda ex 702-bis chiedendo al Tribunale di Grosseto di accertare la vana decorrenza del termine assegnato a C.D. per provvedere al saldo del prezzo della compravendita di un bene immobile, perfezionata ai sensi dell’art. 2932 c.c. con la sentenza n. 1108/2004 del medesimo Tribunale, e di conseguenza dichiarare risolto il contratto e condannare il convenuto a restituire il bene e a risarcire il danno. Il convenuto è stato dichiarato contumace e le domande sono state accolte. 2. C.D. appellava l’ordinanza, tra l’altro lamentando che erroneamente non era stata dichiarata la nullità della notificazione del ricorso di primo grado per essere avvenuta, secondo le modalità dettate dall’art. 140 c.p.c., presso la residenza anagrafica e non presso quella effettiva e chiedendo che sul punto fossero sentiti svariati testimoni. La Corte d’appello di Firenze ha rigettato, con sentenza depositata il 28 agosto 2013, l’appello, in particolare ritenendo che il luogo della notificazione si identificava con la residenza anagrafica ove è pacifico che erano presenti segni di stabile collegamento con il destinatario della stessa e che i due capitoli di prova testimoniale dedotti erano il primo irrilevante e il secondo generico. 3. Propone ricorso in cassazione C.D. . V.M. resiste con controricorso. A margine dell’atto è stata conferita procura speciale all’avv. Fiori in data 9 marzo 2016 è stato depositato un atto denominato controricorso , con cui si sono confermate le già precisate conclusioni , in calce al quale è stata allegata la procura all’avv. Pighi, in sostituzione del precedente difensore che ha rinunciato al mandato in data 9 maggio 2017 è stata depositata una comparsa con la quale, revocando ogni precedente nomina difensionale , V. ha nominato quale difensore l’avv. Gianelli. Considerato che I. In via preliminare va dichiarata la ritualità delle nomine dei due nuovi difensori da parte del controricorrente, essendo queste state poste in essere con procura conferita con comparsa. Al presente giudizio si applica la norma, inserita nell’art. 83 c.p.c. dalla legge 69/2009, che consente il rilascio della procura anche al margine di atti diversi da quelli sopra indicati, in quanto essa trova applicazione in relazione ai giudizi instaurati dopo la data della entrata in vigore della legge, avvenuta il 4 luglio 2009 e il presente processo è iniziato il 28 luglio 2009 . II. Il ricorso è articolato in due motivi. a Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 140, 115 c.p.c., 74 e 87 disp. att. c.p.c., 8 legge 890/1982, nullità della sentenza e del procedimento . La notificazione dell’atto di citazione di primo grado sarebbe nulla o meglio inesistente perché l’avviso di ricevimento di cui all’art. 140 non risulta depositato in tempo anteriore alla dichiarata contumacia , atteso che di tale deposito non vi è menzione alcuna nel verbale d’udienza se è vero poi - riconosce il ricorrente - che l’avviso è stato prodotto in secondo grado, tale deposito nulla vale nullità che deriverebbe in ogni caso dalla mancata attestazione da parte del postino della causa della mancata consegna dell’avviso di deposito notificato dall’ufficiale giudiziario a mezzo del servizio postale . La censura è inammissibile. Si tratta - come sottolinea il controricorrente - di questioni nuove che non sono state oggetto di motivo di appello cfr. p. 3 del provvedimento impugnato e non possono quindi essere proposte in questa sede. La notificazione sarebbe poi nulla perché non vi è menzione - nella relata di notificazione dell’ufficiale giudiziario ove risulta soltanto il mancato reperimento all’indirizzo di residenza del destinatario e di persone di famiglia o addette alla casa - di alcuna attività di ricerca da lui eseguita né della presenza di alcun elemento da lui percepito e valutato che lo abbia indotto a ritenere che il destinatario abitasse ancora a quell’indirizzo . La censura non può essere accolta. La Corte d’appello ha tenuto conto p. 5 del provvedimento dell’orientamento di questa Corte per il quale il ricorso alle forme di notificazione di cui all’art. 140 c.p.c. presuppone che il luogo di residenza sia stato esattamente individuato - così che ove emergano elementi idonei a ingenerare il sospetto del trasferimento del destinatario l’ufficiale giudiziario è tenuto a effettuare ricerche cfr. Cass. 13183/2004 menzionata dalla Corte d’appello - e ha concluso che, nel caso di specie, è pacifico che il luogo della notificazione si identificava con la residenza anagrafica e che è altrettanto pacifico il ricorrente, d’altro canto, non sostiene di aver contestato il fatto, limitandosi a dire che è stato solo asserito da controparte che in detto luogo erano presenti dei segni di stabile collegamento con il destinatario della notifica il nominativo sul campanello così che l’applicazione del parametro dell’ordinaria diligenza permetteva di arrestarsi alla coincidenza tra residenza anagrafica e apparenza di quella effettiva . b Il secondo motivo lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 244 c.p.c. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio . La Corte d’appello ha ritenuto che i due capitoli di prova - vero che C.D. dal giugno 2007 risiede stabilmente in Piombino e vero che la circostanza dell’effettiva residenza di C.D. in Piombino sin dal giugno 2007 era nota a V.M. e allo stesso avvocato Claudio Fiori - fossero il primo irrilevante e il secondo, come eccepito da controparte inammissibilmente generico, in particolare non permettendo, in assenza di ogni riferimento cronologico e spaziale sull’asserita conoscenza della effettiva residenza, una prova contraria . In tal modo la Corte, secondo il ricorrente, avrebbe da un lato omesso di esaminare un fatto la conoscibilità da parte del notificante dell’effettiva residenza del convenuto e dall’altro lato violato l’art. 244 c.p.c Entrambi i profili non possono essere accolti. Il primo perché il ricorrente censura la decisione di irrilevanza perché la ritiene contraddittoria con l’orientamento richiamato dalla Corte che qualifica nulla la notificazione ex art. 140 c.p.c. ove il notificante conosca, ovvero avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza, l’effettiva residenza e finisce quindi per denunciare un vizio della motivazione censura inammissibile, stante la formulazione del n. 5 dell’art. 360, comma 1, applicabile alla fattispecie . Il secondo perché la Corte d’appello nel qualificare inammissibile perché generico il secondo capitolo di prova non ha violato l’art. 244 c.p.c., ma ha seguito l’orientamento di questa Corte secondo cui la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un’adeguata difesa così, da ultimo, Cass. 1808/2015 . III. Il ricorso va pertanto rigettato le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono, ex art. 13, comma 1-bis del d.p.r. n. 115/2002, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.