Sussistenza della scientia decoctionis come presupposto della domanda revocatoria

In tema di revocatoria fallimentare la sola circostanza che la società, poi fallita, avesse preso a effettuare pagamenti non più dilazionati, non può essere assunta come indice assolutamente e univocamente rivelatore della conoscenza da parte dell’accipiens dello stato di insolvenza del solvens.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 385/18, depositata il 10 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Catania, in riforma di quanto deciso dal Tribunale nel primo grado di giudizio, respingeva la domanda di revocatoria ex art. 67, comma 2, l. fall. Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie , presentata in relazione ad alcuni pagamenti a suo tempo posti in essere da una società, poi fallita, nei confronti di un’altra impresa. Avverso la decisione di merito ricorre per cassazione la società fallita, lamentando che la domanda revocatoria fallimentare aveva come presupposto la c.d. scientia decoctionis . Ad avviso della ricorrente la Corte territoriale aveva avuto un erronea rappresentazione dei fatti non tendo conto degli indici rilevatori dello stato di insolvenza della società solvens . Prova della conoscenza dello stato di insolvenza. Nel dettaglio, secondo il ricorrente, il fatto che non veniva più differita la scadenza dei pagamenti rispetto alla data di emissione delle fatture doveva essere ascritto alla conoscenza da parte dell’altra società della precarietà economica della ricorrente stessa. La Corte ha premesso che la censura del ricorrente è infondata in quando si richiede un riesame del fatto attraverso un analisi preclusa al Supremo Collegio. In ogni caso, osserva la Corte, il ragionamento del Giudice di merito è corretto in quanto la sola circostanza che la società, poi fallita, avesse effettuato pagamenti non più dilazionati, non può essere assunta come indice rivelatore in modo assoluto della conoscenza da parte dell’ accipiens dello stato di insolvenza del solvens , in base al criterio della normalità, la detta circostanza assumere ben può pure altri, e non negativi, significati . In ragione di ciò la Cassazione ha ritenuto la censura infondata e rigettato nel complesso il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 giugno 2017 – 10 gennaio 2018, n. 385 Presidente Aniello – Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- Il Fallimento omissis s.p.a. ricorre per cassazione nei confronti della società Manifattura Tessile Friulana, articolando due motivi avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Catania in data 27 gennaio 2011. In riforma di quanto deciso dal Tribunale di Siracusa nell’ambito del primo grado del giudizio, la Corte territoriale ha respinto le domande di revocatoria ex art. 67 comma 2 legge fall. e di inefficacia dal Fallimento distintamente presentate in relazione a taluni pagamenti a suo tempo posti un essere dalla società di poi fallita a favore della Manifattura Tessile Friulana. Nei confronti del proposto ricorso resiste la Manifattura Tessile Friulana, che ha depositato un apposito controricorso. Successivamente la stessa ha depositato memoria. 2.- I motivi di ricorso proposti dal Fallimento denunziano i vizi qui di seguito richiamati. Il primo motivo in particolare lamenta omessa e/o erronea, insufficiente e/o illogica motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze processuali con riferimento all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. - Omessa e/o erronea applicazione e/o violazione di legge art. 67 legge fall. in riferimento all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. . Il secondo motivo a sua volta assume omessa e/o erronea applicazione di una norma di legge artt. 167 e 168 legge fall. Omessa e/o erronea, insufficiente e/o illogica motivazione in relazione alla valutazione delle risultanze processuali ed in riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. . 3.- Il primo motivo riguarda una serie di pagamenti relativi a fatture emesse nel maggio, giugno e luglio 1995, con specifico riferimento al presupposto dell’azione revocatoria fallimentare che è dato dalla c.d. scientia decoctionis. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale ha avuto, per questo proposito, una erronea rappresentazione dei fatti , non tenendo conto degli indici rilevatori dello stato di insolvenza della società solvens. Che, nel concreto, il Fallimento individua in ciò che diversamente che per il passato non veniva più differita la scadenza dei pagamenti rispetto alla data di emissione delle fatture . Tale mutamento di rotta - prosegue il ricorrente - non poteva non essere ascritto all’avvenuta conoscenza da parte della Manifattura Tessile Friulana della precarietà economica della che non le consentiva più di tollerare, senza rischi, ritardi nelle rimesse, come avvenuto per il passato, anche in considerazione del fatto che la stessa Manifattura Tessile Friulana aveva avuto contezza dell’avvio della procedura di amministrazione controllata giusta comunicazione del 23/8/95 da parte del Commissario Giudiziale . Il motivo non può essere accolto. In effetti, lo stesso si sostanzia nella richiesta di un riesame del fatto, sollecitando un’analisi che risulta per contro preclusa alla valutazione di questa Corte. D’altro canto, la motivazione svolta in proposito dalla Corte catanese si manifesta del tutto ragionevole e plausibile, rilevando come la sola circostanza , che la società poi fallita avesse preso a effettuare pagamenti non più dilazionati , non possa essere assunta come indice assolutamente e univocamente rivelatore della conoscenza da parte dell’accipiens dello stato di decozione del solvens in base al criterio della normalità , la detta circostanza assumere ben può pure altri, e non negativi, significati. Del resto, i pagamenti in discorso sono tutti anteriori all’invio della comunicazione di apertura della procedura di amministrazione controllata, come compiuta dal Commissario nel mese di agosto 1995. 4.- Il secondo motivo riguarda una serie di pagamenti intervenuti dal maggio al novembre 1996, come successivi all’apertura della procedura di concordato preventivo per l’appunto dell’inizio maggio 1996 . Secondo il Fallimento ricorrente, tali pagamenti debbono essere ritenuti assolutamente inefficaci in quanto nella procedura di concordato preventivo, cui era stato ammesso il omissis s.p.a., non era stata contemplata la prosecuzione dell’attività produttiva sì che si tratta di pagamenti effettuati per lo svolgimento di un’attività non autorizzata . Il motivo non può essere accolto. Ha correttamente rilevato la Corte territoriale che - secondo il disposto all’epoca vigente 1996 dell’art. 167 legge fall. il debitore conserva l’esercizio dell’impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato l’esercizio dell’impresa da parte del debitore concordatario rappresenta la regola esercizio che, del resto, si svolge ad opera del debitore , salvo il sistema autorizzatorio dalla legge delineato per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione. Escluso dunque che la detta norma implichi in sé che debba essere autorizzato il fatto stesso dell’esercizio in quanto tale dell’attività di impresa ovvero tutti i singoli atti che la vengano nel concreto a realizzare, rimane poi valutazione di mero fatto - e di esclusiva pertinenza del giudice del merito - quella relativa al carattere di straordinaria amministrazione , o meno, degli atti effettivamente posti in essere dal debitore concordatario come nella specie relativi agli atti di fornitura che si pongono a monte degli impugnati pagamenti . 5.- In conclusione, il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi .