Equa riparazione: niente indennizzo bis se il processo si prolunga (ma non troppo)

Decisiva innanzitutto l’esiguità della posta in gioco neanche 400 euro. I Giudici però si soffermano anche sul fatto che di soli due mesi è stata superata la soglia prevista dalla legge Pinto. Escluso quindi il pregiudizio per la parte.

Lungo anche il processo per l’ottenimento della cosiddetta equa riparazione”. Impossibile però l’ottenimento dell’indennizzo per i Giudici, difatti, sono decisive la minima violazione – appena due mesi – del termine fissato dalla ‘legge Pinto’ e l’esiguità appena 375 euro della posta in gioco Cassazione, ordinanza n. 56/18, sez. II civile, depositata il 4 gennaio . Patema d’animo sofferto. Respinta in Corte d’appello la richiesta di equa riparazione . La pretesa – riguardante una analoga controversia conclusasi col riconoscimento di una indennità di 375 euro – viene ritenuta illegittima perché la parte, secondo i Giudici, non ha subito un pregiudizio significativo . Questa visione viene ovviamente contestata col ricorso in Cassazione. Il legale non condivide l’ottica secondo cui il patema d’animo sofferto dal suo cliente è minimo a cagione della esiguità della posta in gioco , e aggiunge che lo sforamento del termine di durata ragionevole non può affatto stimarsi tenue, poiché il superamento di otto mesi avrebbe dovuto considerarsi rilevante alla stregua della disposizione di legge, che impone di prendere in considerazione i periodi superiori a sei mesi . Duplice profilo violazione e conseguenze. Ogni obiezione mossa alla decisione d’Appello viene respinta dai Giudici della Cassazione. Anche a loro parere, difatti, la parte processuale non ha subito alcun pregiudizio rilevante. Su questo fronte i Magistrati ricordano che la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze , escludendo perciò sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole del processo, di per sé non significative, sia quelle di maggior estensione temporale ma riferibili a giudizi di carattere bagatellare, in cui è esigua la posta in gioco e trascurabili sono i rischi sostanziali e processuali connessi . Questa visione si applica perfettamente, secondo i Giudici, alla vicenda in esame, poiché la controversia concerneva il diritto all’indennizzo di 375 euro e lo scostamento temporale aveva superato di soli due mesi la tolleranza prevista dalla legge.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 settembre 2017 – 4 gennaio 2018, n. 56 Presidente Petitti – Relatore Grasso Fatto e diritto Ritenuto che la Corte d'appello di Perugia, con decreto depositato il 5/1/2016, respinse l'istanza con la quale Vi. Ru. aveva chiesto l'equa riparazione per la durata non ragionevole di una analoga controversia svoltasi innanzi alla Corte d'appello di Roma, all'epilogo della quale al predetto era stata riconosciuta l'indennità di Euro 375,00, affermando che la violazione minima del previsto termine di durata ragionevole e l'esiguità della posta in gioco il processo presupposto qui in rilievo aveva riguardato l'anzidetta somma di 375 Euro , facevano escludere la sussistenza di quel pregiudizio significativo previsto dal Protocollo 14, che aveva modificato la Convenzione EDU che avverso il predetto decreto il Ru. propone ricorso, esponendo, con l'unitaria censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato gli artt. 2 e segg. della L. n. 89/2001 e l'art. 6 della Convenzione EDU, in quanto nessun rilievo avrebbe potuto assumere l'allegata circostanza che il patema d'animo sofferto fosse da reputare minimo a cagione dell'esiguità della posta in gioco, senza contare che lo sforamento del termine di durata ragionevole non poteva affatto stimarsi tenue, poiché il superamento di otto mesi avrebbe dovuto considerarsi rilevante alla stregua della disposizione di legge, la quale impone di prendere in considerazione i periodi superiori a sei mesi che l'Amministrazione resistente, la quale non ha depositato tempestivo controricorso, ma un tardivo atto costitutivo , così da poter partecipare al prosieguo processuale, ha depositato tempestiva memoria, con la quale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile considerato che il ricorso non merita di essere accolto per le seguenti ragioni ai sensi dell'art. 12 del Protocollo n. 14 alla CEDU, la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicché dall'ambito di tutela della legge 24 marzo 2001, n. 89, restano escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sé non significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi Sez. 2, n. 633, 14/01/2014, Rv. 628986 la Corte locale ha fatto puntuale applicazione del principio sopra riportato, attraverso valutazioni di merito, in questa sede non censurabili, fondate su entrambi i criteri d'apprezzamento la controversia presupposta concerneva il diritto all'indennizzo di 375 Euro e lo scostamento temporale aveva superato la tolleranza di sei mesi di soli due mesi né, la ricorrente ha dedotto peculiari ragioni da far diversamente opinare perciò non appare calzante il richiamo operato dalla Ma. all'ordinanza n. 18726/2014 di questa Corte, la quale, appunto, escluse esiguità della pretesa in un caso in cui la parte aveva dimostrato un effettivo interesse alla decisione considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle attività espletate sola memoria ritenuto che non trova applicazione l'art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Giustizia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese prevotate a debito.