Il compenso del medico legale deve rispecchiare la complessità dell’attività

Complessità che, anche nei casi apparentemente più semplici , deve sempre essere riconosciuta in ragione dello stesso avvicendarsi di norme e decisioni giurisprudenziali, che rendono l’opera dei medici legali meritevole di aumento del compenso irrisorio previsto dalla tabella fissa .

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30304/17, depositata il 18 dicembre. La vicenda. Un medico si vedeva liquidata una somma pari a circa 330 euro per l’attività espletata quale consulente in una controversia civile per accertamento tecnico preventivo instaurata avverso una compagnia assicurativa. L’originaria attrice ha proposto opposizione, vinta dalla consulente che aveva resistito in giudizio. L’opponente ricorre dunque in Cassazione dolendosi per il preteso inadempimento della dottoressa a causa del mancato esperimento del tentativo di conciliazione, censura che rivela inconferente posto che la motivazione del rigetto del gravame da parte del Tribunale non si fonda sull’obbligatorietà del tentativo di mediazione. Liquidazione del compenso. Con un secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’eccessività della somma liquidata e l’erronea applicazione del raddoppio previsto dall’art. 5 l. n. 319/1980, posto che la perizia era di facile elaborazione . La Suprema Corte osserva che, in merito alla valutazione circa la complessità dell’incarico, il provvedimento impugnato ha fornito adeguata motivazione circa la scelta di incrementare il compenso a causa dello stesso avvicendarsi di norme e decisioni giurisprudenziali, che rendono l’opera dei medici legali meritevole di aumento del compenso irrisorio previsto dalla tabella fissa di cui al d.m. 30 maggio 2002. Sottraendosi dunque il provvedimento ad ogni censura di legittimità, la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 febbraio – 18 dicembre 2017, numero 30304 Presidente Bianchini – Relatore D’Ascola Fatti di causa 1 Il giudice di pace di Frosinone ha liquidato la somma di 330,62 Euro oltre a accessori in favore del medico Pe.Al. , quale consulente in una controversia civile rg 3641/10 per accertamento tecnico preventivo, instaurata da P.S. avverso la Milano Assicurazioni. Parte P. ha proposto opposizione ex art. 170 dpr 115/02 avanti il locale tribunale. La consulente ha resistito vittoriosamente, grazie all’ordinanza depositata dal tribunale di Frosinone il 9 marzo 2012. Il ricorso per cassazione dell’opponente verte su due motivi. La dott. Pe. ha resistito con controricorso, illustrato in pubblica udienza. Il Collegio ha disposto la decisione con motivazione semplificata. Ragioni della decisione 2 Il primo motivo si riferisce al preteso inadempimento della dottoressa, per mancato espletamento del tentativo di conciliazione. La ricorrente rileva che il tribunale ha fatto riferimento a una transazione della controversia del tutto erroneamente, giacché il procedimento era stato cancellato dal ruolo dando atto della mancata conciliazione. La censura è inconferente, atteso che la ratio principale del rigetto della doglianza consiste nel rilievo del tribunale secondo cui il tentativo di conciliazione non è obbligatorio, ma da esperire quando sia possibile, restando priva di sanzione espressa l’omissione di esso. Questa ratio non è stata impugnata dalla ricorrente, sicché resta irrilevante Cass SU 7931/13 Cass. 22753/11 l’altra autonoma ratio, peraltro svolta ad abundantiam. 3 Il secondo motivo violazione art. 111 Cost. 112 c.p.c. e 168 dpr 115/2002 concerne l’eccessività della liquidazione e il ricorso al criterio residuale delle vacazioni. La ricorrente lamenta che il tribunale, pur riconoscendo di dover applicare l’art. 21 del d.m. del 2002 ha confermato il medesimo importo, facendo ricorso erroneamente al raddoppio previsto dall’art. 5 della legge 319/80. Sostiene che il giudice non avrebbe motivato adeguatamente l’attribuzione dell’onorario nella misura massima, sebbene la perizia fosse di facile elaborazione . Anche questa censura non merita accoglimento. Quanto all’errata indicazione della norma applicabile per il raddoppio del compenso, è agevole ricorrere alla correzione ex art. 384 c.p.c. ultimo comma, indicando l’art. 52 del dp.r. 115/02, che peraltro è stato agevolmente individuato dalla stessa parte ricorrente. Quanto alla valutazione della complessità dell’incarico, va osservato che il provvedimento ha adeguatamente motivato la scelta di incrementare il compenso per la consulenza medico legale in relazione alla attività professionale sempre complessa, anche nei casi apparentemente più semplici , come secondo la ricorrente era quello in esame. Ciò a causa dello stesso avvicendarsi di norme e decisioni giurisprudenziali , che rendono l’opera dei medici legali meritevole di aumento del compenso irrisorio previsto dalla tabella fissa. Già queste considerazioni, completate da ulteriori considerazioni del provvedimento, smentiscono la censura e dimostrano anzi la presenza di congrua motivazione, che è insindacabile dal giudice di legittimità Cass. numero 12027 del 17/05/2010 numero 6414 del 2007 allorché sia razionale e adeguata come nella specie. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia. Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all’art. 13 comma 1 quater del d.p.r 30 maggio 2002, numero 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della legge numero 228/12. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 370 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.