Il debitore può pretendere in “tempi rapidi” la cancellazione d’ipoteca solo quando ne fa formale richiesta

Secondo la previsione dell’art. 13, comma 8-tredecies, d.l. n. 7/2007 secondo il quale, per i mutui già estinti la cui ipoteca non sia stata già cancellata, il termine di 30 giorni fissato al creditore per comunicare al Conservatore la quietanza decorre dalla data della richiesta di quest’ultima da parte del debitore si evince la conferma della regola codicistica a norma della quale spetta al debitore l’iniziativa per ottenere la cancellazione dell’ipoteca, incombendo sul creditore ipotecario un mero dovere di collaborazione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 27545 depositata il 21 dicembre 2017. Il caso. Il debitore esecutato conveniva innanzi al Tribunale territorialmente competente un Istituto bancario affermando che il proprio immobile era stato sottoposto ad esecuzione forzata da quest’ultimo debitore ipotecario e che lo stesso, nonostante l’integrale pagamento del debito e una diffida alla cancellazione del pignoramento e dell’ipoteca aveva presentato rinuncia all’espropriazione e alle formalità soltanto 3 mesi dopo detta diffida a causa dell’inerzia del creditore, il debitore aveva subito danni derivati dall’impossibilità a cedere l’immobile in questione promesso in vendita come libero da gravami pregiudizievoli entro un termine essenziale per la stipula del contratto definitivo – termine che però risultava essere successivo rispetto alla data della diffida indirizzata alla banca. A causa della mancata cancellazione delle formalità il debitore aveva subito il recesso della promissaria acquirente e la perdita del doppio della caparra solo un anno dopo il debitore era riuscito ad alienare il cespite, ma ad un presso inferiore rispetto a quello pattuito nel preliminare domandava pertanto il risarcimento di tutti i danni subiti. l Tribunale adito respingeva le domande attoree con sentenza che veniva confermata anche in grado di appello. Il debitore esecutato promuoveva ricorso per Cassazione. Nella specie, gli Ermellini hanno ritenuto non meritevoli di accoglimento i 2 motivi di ricorso formulati dal ricorrente sulla scorta dei quali lo stesso lamentava violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1200 c.c. per non essere stato ravvisato un inadempimento imputabile alla banca nella mancanza di una rinuncia agli atti esecutivi immediatamente successiva al pagamento del debito, nonché degli artt. rispettivamente 1223 e 1227 c.c. per avere il Collegio di merito escluso la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva della banca ed il danno subito dall’appellante, in quanto la circolazione del bene formalmente ipotecato, seppure non incommerciabile sotto il profilo meramente giuridico, era stata comunque ridotta inoltre, lo stesso Collegio aveva affermato che non poteva ragionevolmente attribuirsi a negligenza del creditore il danno derivante dalla permanenza delle formalità. In particolare, i Giudici di legittimità a suffragio del rigetto del ricorso rilevano che in sede di giudizio di merito era stato ampiamente accertato che l’odierno ricorrente aveva indirizzato all’Istituto bancario la richiesta di rinunzia alla procedura esecutiva e di consenso alla cancellazione dell’ipoteca tardivamente” ossia solo successivamente alla data di scadenza del termine pattuito per la stipula del contratto definitivo con la sua promittente acquirente. La Banca, inoltre, era del tutto ignara dell’obbligazione assunta dal debitore esecutato nei confronti di un soggetto terzo. Sulla scorta di tali circostanze, quindi, pur ammettendo che la banca avrebbe dovuto provvedere alla rinunzia al pignoramento e consentire la cancellazione di ipoteca immediatamente dopo aver ricevuto la richiesta del debitore – il danno lamentato dal ricorrente e derivante dal recesso della promissaria acquirente non può essere ricollegato all’inadempimento dell’Istituto di credito. Infatti al momento della diffida del debitore, dalla quale scaturiva il dovere della banca di rinunciare agli atti esecutivi – era già intervenuto il recesso della promissaria, recesso da cui erano derivati i danni per i quali era stata spiegata la conseguente azione giudiziale. Concludendo. I Giudici concludono affermando che non può ravvedersi inadempimento dell’Istituto bancario all’obbligazione di cui all’art. 1200 c.c. per aver omesso di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca prima della richiesta e per aver mancato di rinunciare agli atti esecutivi in un periodo anteriore alla diffida a presentare la rinuncia ex art. 629 c.p.c. dall’inottemperanza, infatti, non può essere derivato il pregiudizio lamentato dal debitore esecutato, realizzatosi detto pregiudizio, in un momento antecedente all’inadempimento della banca.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 26 settembre – 21 novembre 2017, n. 27545 Presidente Spirito – Relatore Fanticini Fatto e diritto RILEVATO CHE - C.A. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Catania la Banca di Roma S.p.A. oggi Unicredit S.p.A. affermando che il proprio immobile sito in via omissis era stato sottoposto ad esecuzione forzata dalla banca creditrice ipotecaria , la quale - nonostante l’integrale pagamento del debito in data 7/10/2005 e una diffida alla cancellazione del pignoramento e dell’ipoteca risalente stando alla sentenza impugnato ai 19/12/2005 nel ricorso si indica la diversa data del 7/12/2005 - aveva depositato rinuncia all’espropriazione soltanto in data 6/3/2006 e provveduto alla cancellazione dell’ipoteca il 9/3/2006 a causa dell’inerzia del creditore il C. aveva subito danni in quanto non aveva potuto cedere l’immobile, promesso in vendita come libero da gravami pregiudizievoli con contratto del 15/10/2005 con termine essenziale per il definitivo al 17/12/2005, subendo il recesso della promissaria acquirente risalente al 13/12/2005 e la perdita del doppio della caparra solo nel giugno del 2006 l’odierno ricorrente aveva potuto alienare il cespite, ma ad un prezzo inferiore rispetto a quello pattuito nel preliminare del 15/10/2005 domandava, perciò, il risarcimento dei danni patiti - si costituiva Capitalia S.p.A. già Banca di Roma e poi incorporata in Unicredit chiedendo il rigetto delle pretese risarcitorie - il Tribunale di Catania respingeva le domande attoree con sentenza n. 807 del 21 febbraio 2008 - C.A. proponeva appello lamentando l’erroneità della decisione poiché il Giudice di primo grado aveva ritenuto che a la banca non fosse obbligata a provvedere immediatamente alla rinuncia agli atti esecutivi, b il bene non fosse incommerciabile in presenza delle trascrizioni pregiudizievoli, c lo stesso appellante fosse responsabile della mancata cancellazione della formalità di pignoramento, d non sussistesse nesso di causalità tra la condotta omissiva dell’istituto di credito e il minor valore di compravendita del bene - la Corte d’appello di Catania - con la sentenza n. 760 del 20 maggio 2014 - rigettava l’impugnazione = avverso tale decisione C.A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi resiste con controricorso unicredit - il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. e ha chiesto il rigetto del ricorso. CONSIDERATO CHE 1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 1200 cod. civ. per non essere stato ravvisato un inadempimento imputabile alla banca nella mancanza di una rinuncia agli atti esecutivi immediatamente successiva al pagamento del debito sostiene il ricorrente che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che fosse necessaria una specifica assunzione, da parte della banca, dell’obbligazione di procedere immediatamente alla rinuncia agli atti dell’espropriazione immobiliare, trattandosi invece di un’obbligazione ex lege discendente dalla succitata norma a cui l’istituto di credito avrebbe dovuto dare seguito autonomamente e subito dopo il pagamento. Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1227 cod. civ. per avere la Corte d’appello escluso la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva della banca e il danno subito dall’appellante, in quanto la circolazione del bene formalmente ipotecato, seppure non incommerciabile sotto il profilo strettamente giuridico, era stata comunque ridotta inoltre, non poteva ragionevolmente attribuirsi a negligenza del creditore il danno derivante dalla permanenza delle formalità da ultimo, per la natura contrattuale dell’obbligazione ex art. 1200 cod. civ., al C. spettava soltanto l’onere di allegare l’inadempimento e di provare l’ammontare del danno subito. Con l’ultimo motivo si censura la statuizione sulle spese di lite, addossate al C. , erroneamente ritenuto soccombente. 2. I motivi, tra loro connessi vertendo i primi due sugli elementi fondanti la pretesa responsabilità della banca ed il terzo sulla pronuncia sulle spese, meramente consequenziale al principio di soccombenza , possono essere esaminati congiuntamente. In punto di colpevole inadempimento dell’istituto di credito tenuto - in tesi attorea - a presentare, autonomamente ed immediatamente dopo il saldo del debito, la rinuncia agli atti dell’esecuzione forzata intrapresa contro il C. , la Corte d’appello di Catania ha affermato che non era configurabile in capo alla banca l’obbligazione di procedere immediatamente al deposito della rinunzia ex art. 629 cod. proc. civ. non è stato neppure dedotto dall’appellante che la banca, nel momento in cui ebbe a ricevere il pagamento a saldo rilasciando la relativa quietanza, si sia obbligata a procedere immediatamente al deposito della rinunzia agli atti dell’esecuzione immobiliare e che - analogamente a quanto ritenuto in giurisprudenza in tema di ipoteca - sarebbe spettato al C. richiedere la formalizzazione di un atto di rinunzia alla procedura che si sarebbe potuta estinguere anche per inattività del creditore ex art. 631 cod. proc. civ. e anticipare le spese necessarie per tale attività giudiziale sino al momento in cui il C. ebbe a richiedere al creditore la rinunzia alla procedura esecutiva ed il consenso alla cancellazione dell’ipoteca, con l’onere di attivarsi e di offrirsi di pagare le spese necessarie, la banca appellata non può ritenersi inadempiente, ai sensi dell’art. 1200 c.c., con conseguente inconfigurabilità già del primo elemento di fattispecie della dedotta responsabilità e cioè dell’inadempimento imputabile a quest’ultima . In sostanza, si interpreta l’art. 1200 cod. civ. - a norma del quale Il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali date per il credito e da ogni altro vincolo che comunque ne limiti la disponibilità - operando una analogia tra la disciplina della cancellazione della formalità ipotecaria per assenso del creditore e quella della rinuncia agli atti esecutivi, dalla quale scaturisce l’estinzione della procedura ex art. 629 cod. proc. civ. e la conseguente cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare ex art. 632 cod. proc. civ Ritiene il Collegio che la predetta soluzione ermeneutica non sia corretta, fermo restando che, per quanto sarà esposto nel prosieguo con particolare riferimento alla mancanza di nesso causale, l’erroneità delle ragioni fondanti la decisione non conduce alla cassazione della sentenza impugnata - il cui dispositivo è conforme al diritto - ma soltanto ad una correzione della motivazione da parte della Corte di legittimità art. 384 cod. proc. civ. . 3. L’art. 1200 cod. civ. costituisce norma dettata a tutela del debitore, il quale - una volta che ha adempiuto al proprio debito - ha diritto a riavere i propri beni liberi da vincoli pregiudizievoli, oramai non più giustificati. Difatti, con particolare riferimento all’ipoteca, si è osservato che la garanzia, quale fattispecie accessoria al credito, risulta già estinta ex art. 2878, n. 3, cod. civ. nel momento in cui l’obbligazione stessa non è più esistente tuttavia, il permanere dell’iscrizione ipotecaria risulta pregiudizievole per la circolazione del bene stesso, potendo i terzi ignorare la vera situazione del rapporto obbligatorio ed essendo, anzi, generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487526-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01 . La giurisprudenza prevalente ha attribuito natura contrattuale all’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. del creditore di prestare il proprio consenso alla cancellazione delle ipoteche, una volta che il debito sia stato estinto Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626877-01 Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del 26/03/1975, Rv. 374574-01 Cass., Sentenza, n. 897 del 05/05/1962 contra, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, in motivazione tale qualificazione è congrua se si considera che l’inadempimento è classificabile più che sotto l’aspetto dell’infrazione dell’obbligo generico di neminem laedere, sotto quello dell’infrazione dell’obbligo di adempiere diligentemente alle proprie obbligazioni e, segnatamente, a una specifica obbligazione preesistente sancita dalla legge. La dottrina ha elaborato diverse soluzioni ermeneutiche riguardo al concreto contenuto dell’obbligazione incombente sul creditore ipotecario ex art. 1200 cod. civ. a secondo una prima ricostruzione il creditore sarebbe liberato solo dopo aver prestato il suo assenso alla cancellazione e dopo avere provveduto materialmente alla cancellazione stessa, presentando la relativa nota al Conservatore dei Registri Immobiliari in giurisprudenza, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1144 del 26/03/1975, Rv. 374574-01, rimasta isolata b in base ad una diversa ricostruzione il creditore sarebbe liberato dalla sua obbligazione semplicemente prestando - a seguito di apposita richiesta avanzata dal debitore - il suo assenso alla cancellazione nelle dovute forme previste dagli art. 2821, 2835 e 2837 cod. civ., non sussistendo alcun altro obbligo a lui imposto dalla legge c infine, secondo un’ultima tesi, il creditore sarebbe liberato dalla sua obbligazione soltanto quando, dopo aver prestato nelle forme prescritte dalla legge il suo consenso, costui abbia fatto pervenire nelle disponibilità del debitore l’assenso stesso, nei modi più adeguati alle circostanze. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che - a favore del debitore sussiste un diritto all’assenso alla cancellazione non già il diritto alla cancellazione, esercitabile nei confronti del Conservatore e, cioè, ad ottenere dal creditore ipotecario anche in caso di cessione del credito non annotata ex art. 2843 cod. civ., secondo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4419 del 10/07/1980, Rv. 408295-01 un negozio autorizzativo col quale si acconsenta a che l’iscrizione presa possa essere rimossa Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01 Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487527-01 - dato che le spese del pagamento sono a carico del debitore a norma dell’art. 1196 cod. civ., i costi relativi alla cancellazione del vincolo reale di garanzia per la formazione dell’atto di assenso e il pagamento delle imposte competono al debitore stesso Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01 - fino a quando il debitore non ha offerto il rimborso delle spese, il mancato consenso del creditore alla cancellazione delle garanzie reali non può essere qualificato come inadempimento Cass., Sentenza n. 2974 del 10/11/1973 Cass., Sentenza n. 3073 del 16/11/1960 - l’esatto adempimento del creditore ipotecario consiste nel porre il debitore in condizione di ottenere la cancellazione con la presentazione del proprio consenso nelle forme prescritte e ciò implica che tale assenso pervenga nei modi più adeguati alle circostanze al debitore Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626876-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1012 del 27/02/1978, Rv. 390348-01 - la presentazione della richiesta di cancellazione al Conservatore è un onere gravante su chiunque abbia interesse ad eliminare il vincolo Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10682 del 27/10/1998, Rv. 520129-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3335 del 07/12/1973, Rv. 367231-01 e non è un obbligo nascente dalla legge a carico del creditore soddisfatto Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15435 del 20/06/2013, Rv. 626876-01 Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, Rv. 530411-01 - in difetto di un atto di consenso da parte del creditore che per tale ragione può essere chiamato a rispondere dei danni in favore del proprietario del bene , qualunque interessato ha facoltà di promuovere la cancellazione giudiziale dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2884 cod. civ. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10893 del 01/10/1999, in motivazione . 4. L’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. è declinata in maniera peculiare dall’art. 40-bis, commi 2, 4 e 5, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 aggiunto dall’art. 5, comma 1, d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, norma in cui sono confluite le precedenti disposizioni dell’art. 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies, del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40. , la cui disciplina non è applicabile alla fattispecie in esame, ma proprio dalla sua particolarità ed eccezionalità rispetto al dettato del codice civile possono trarsi, a contrario, argomenti logici per l’interpretazione delle norme codicistiche. Infatti, il legislatore ha inteso favorire la celerità dell’operazione di cancellazione delle ipoteche delineando una nuova procedura, in larga parte derogatoria al diritto comune, imperniata su uno specifico dovere di attivazione del creditore al fine della liberazione del bene dal vincolo e sull’automatica cancellazione da parte del Conservatore, nonché sulla riduzione dei costi per i consumatori superfluità dell’intervento notarile e spese per l’eliminazione della formalità . Dalla previsione dell’art. 13, comma 8-terdecies, del d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 secondo la quale, per i mutui già estinti la cui ipoteca non sia stata ancora cancellata, il termine di 30 giorni fissato al creditore per comunicare al Conservatore la quietanza decorre dalla data della richiesta di quest’ultima da parte del debitore si evince la conferma della regola codicistica a norma della quale spetta al debitore l’iniziativa per ottenere la cancellazione dell’ipoteca, incombendo sul creditore ipotecario un dovere di collaborazione. 5. Dal punto di vista oggettivo, l’art. 1200 cod. civ. si riferisce non solo alle garanzie reali pegno e ipoteca , ma più in generale ad ogni vincolo che comunque limiti la disponibilità dei beni del debitore e, quindi, anche al pignoramento immobiliare dal quale derivano gli effetti degli artt. 2913 ss. cod. civ. e 560 cod. proc. civ. Conseguentemente, il creditore che ha ricevuto il pagamento deve consentire la liberazione dal pignoramento, ma le modalità con cui questa si realizza e i suoi presupposti sono profondamente diversi da quelli sopra descritti con riguardo all’ipoteca - mentre il pagamento del debito estingue immediatamente anche la garanzia ipotecaria a quello accessoria ex art. 2878, n. 3, cod. civ. e la cancellazione ha natura, dunque, di pubblicità-notizia , l’estinzione dell’obbligazione del debitore nei confronti del creditore non ripercuote automaticamente i suoi effetti sul pignoramento trascritto o sul processo di espropriazione forzata pendente, per la cui chiusura occorre necessariamente l’intervento giudiziale Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5796 del 22/05/1993, Rv. 482471-01, che espressamente esclude che la cancellazione del pignoramento immobiliare possa essere consentita dalle parti - anche in caso di pignoramento l’esatto adempimento del creditore pignorante consiste nel porre il debitore in condizione di ottenere l’eliminazione della formalità tuttavia, mentre la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria trova fondamento in un atto negoziale del creditore, quella della trascrizione del pignoramento si basa su un provvedimento giurisdizionale di estinzione del processo esecutivo fermo restando che l’effettiva rimozione - con effetti di pubblicità-notizia - dipende comunque dall’attività del Conservatore - nell’espropriazione forzata, quindi, il consenso ex art. 1200 cod. civ. del creditore prende la forma dell’atto processuale codificato dall’art. 629 cod. proc. civ. e, cioè, della rinunzia agli atti esecutivi - per il principio di libertà delle forme processuali non occorre che la rinuncia agli atti esecutivi sia espressa con atto pubblico o scrittura privata autenticata e, dunque, non ci sono costi inerenti alla formazione dell’atto, il quale non sconta nemmeno come la consequenziale estinzione del processo tributi ulteriori rispetto al contributo unificato versato al momento della presentazione dell’istanza di vendita - l’unica spesa che può ipotizzarsi è quella relativa al compenso spettante al difensore del pignorante per la presentazione della rinunzia, ma tale emolumento indicato dalla tariffa professionale all’art. 4, comma 5, lett. e ed f , d.m. Giustizia del 10 marzo 2014, n. 55 è logicamente già incluso nel pagamento satisfattivo delle ragioni creditorie, in quanto un pagamento parziale - non comprensivo delle spese di esecuzione - non integrerebbe la fattispecie ex art. 1200 cod. civ. e, anzi, legittimerebbe il procedente a dare ulteriore impulso all’espropriazione Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23745 del 14/11/2011, Rv. 620617-01 Sussiste il diritto del creditore pignorante di proseguire il processo esecutivo fintantoché il debitore esecutato non abbia pagato per intero l’importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, con la conseguenza che il pagamento parziale di tale importo non osta a che il creditore se ne avvalga per ottenere il credito residuo, inclusi interessi e spese, nella medesima esecuzione iniziata in forza dello stesso unico titolo esecutivo - in ogni caso, il dovere di collaborazione del creditore comprende - anche in caso di consenso ex art. 2882 cod. civ. - il compimento di attività minime il cui costo, insignificante sotto il profilo economico ad un sacrificio economico relativamente lieve fanno riferimento plurime pronunce di legittimità , non può ragionevolmente addossarsi al debitore diversamente opinando, nel caso dell’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, si dovrebbe paradossalmente riconoscere al creditore persino il diritto a una remunerazione economica del tempo dedicato alla redazione dell’atto pubblico o all’autentica della sottoscrizione nella scrittura privata - proprio perché il creditore non sostiene spese per rinunciare agli atti esecutivi, il debitore non è tenuto ad anticipare alcunché, né ad offrire alcun rimborso al fine di conseguire la rinunzia - la richiesta di cancellazione può essere rivolta al Conservatore da qualunque interessato ad eliminare il vincolo - in difetto di un atto di rinuncia da parte del creditore l’esecutato può proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ., entro i termini stabiliti dalla citata disposizione e, comunque, senza pregiudizio per l’eventuale aggiudicazione nelle more intervenuta art. 187-bis disp. att. cod. proc. civ. Cass., Sez. U., Sentenza n. 21110 del 28/11/2012, Rv. 624256-01 - il creditore che abbia ingiustificatamente rifiutato il proprio consenso nelle forme della rinuncia agli atti esecutivi soggiace a responsabilità risarcitoria, eventualmente anche ex art. 96, comma 2, cod. proc. civ In definitiva, il consenso del creditore alla liberazione degli immobili dal pignoramento è - per natura, modalità ed effetti - profondamente diverso dall’assenso alla cancellazione dell’iscrizione ipotecaria quindi, deve ritenersi errata l’operazione ermeneutica effettuata dalla Corte territoriale che ha applicato analogicamente simmetricamente, si può dire le stesse regole a fattispecie differenti. Conseguentemente, è errato affermare - come fa la sentenza impugnata - che il creditore soddisfatto . non può ritenersi inadempiente all’obbligo di depositare la rinunzia agli atti della procedura esecutiva, sino a quando il debitore non abbia richiesto tale formalizzazione di volontà e non abbia offerto le spese necessarie per tale attività giudiziale . 6. Rispetto all’attività volta alla rimozione della garanzia ipotecaria, l’obbligazione del creditore di consentire la liberazione dal pignoramento ha un contenuto diverso. In primis, diversa è la natura della prestazione in cui si concretizza l’assenso, il quale è atto negoziale in caso di eliminazione della garanzia reale, mentre riveste la forma di atto processuale in caso di cancellazione della trascrizione del pignoramento. In secondo luogo, l’iniziativa per la cancellazione del pignoramento spetta al creditore che ha ricevuto il pagamento e non già al debitore, il quale - soddisfacendo integralmente la pretesa creditoria - ha diritto a che sia innescato il procedimento che, attraverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di estinzione del processo esecutivo, conduce alla rimozione della trascrizione pregiudizievole. L’attività che compete al creditore consiste nel deposito della rinuncia agli atti esecutivi prevista dall’art. 629 cod. proc. civ Poiché la legge non fissa un termine per la presentazione della rinunzia al giudice dell’esecuzione, in mancanza di specifiche pattuizioni tra le parti che potrebbero disciplinare le modalità e i tempi dell’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. , lo stesso deve essere individuato in base al combinato disposto degli artt. 1183, comma 1, cod. civ. Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente , 1175 cod. civ. Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza e 88 cod. proc. civ. Le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità . I principi di correttezza e buona fede impongono al creditore di salvaguardare il diritto del debitore che ha pagato il debito di conseguire in tempi ragionevolmente contenuti la liberazione dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento oltre all’indisponibilità giuridica del cespite ex artt. 2913 ss. cod. civ., occorre considerare anche l’impossibilità di continuare ad abitare l’immobile senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione e il divieto di concedere l’immobile in godimento o di percepire i canoni di locazione/affitto ex art. 560 cod. proc. civ. . A tutela del predetto diritto, il creditore è tenuto ad agire tempestivamente, considerando le circostanze concrete e, in particolare, lo stato del processo esecutivo pendente. Infatti, si deve assolutamente evitare che dalla prosecuzione della procedura la quale, come detto, non si arresta automaticamente per effetto del sopravvenuto pagamento possa derivare un irreparabile nocumento all’esecutato ad esempio, se è prossimo lo svolgimento di una gara, la rinuncia deve essere presentata in tempo utile ad impedire l’aggiudicazione del cespite, dato che, altrimenti, l’atto abdicativo sarebbe inidoneo a scalfire lo ius ad rem dell’aggiudicatario ex art. 187-bis disp. att. cod. proc. civ L’esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi trova ulteriore giustificazione nella salvaguardia dell’interesse dell’esecutato ad evitare che nella procedura - ancora pendente nonostante il pagamento - possano intervenire altri creditori abilitati a darvi impulso. Difatti, una volta effettuato il deposito dell’atto ex art. 629 cod. proc. civ. da parte dell’unico creditore, il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione ha natura meramente dichiarativa dell’effetto estintivo istantaneo che si è già prodotto nel momento in cui il processo esecutivo non è stato più sorretto da un creditore munito di titolo esecutivo al contrario, un intervento anteriore alla rinuncia impedirebbe l’estinzione della procedura e determinerebbe la sua prosecuzione in danno dell’esecutato Cass., Sez. U., Sentenza n. 61 del 07/01/2014, Rv. 628705-01 Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall’inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo sia pure dell’interventore che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento. . A norma dell’art. 1183, comma 1, cod. civ. l’esecutato potrebbe esigere immediatamente il deposito della rinuncia del pignorante, anche rappresentandogli circostanze che determinino l’urgenza di estinguere la procedura e di ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento. In tal caso, una specifica richiesta comunque sottintesa dall’art. 1183, comma 1, cod. civ. dell’esecutato oppure la comunicazione di ragioni che giustificano una ancor più sollecita rinuncia agli atti esecutivi appaiono indispensabili, poiché il creditore - certamente a conoscenza dello stato della procedura pendente e dei correlati interessi dell’esecutato - potrebbe invece legittimamente ignorare elementi a questa estranei ad esempio, come nella fattispecie de qua, l’avvenuta stipula di un contratto preliminare avente ad oggetto l’immobile pignorato . 7. Nella sentenza impugnata si prospetta, come contenuto alternativo dell’obbligazione ex art. 1200 cod. civ., la strada dell’inattività ai sensi dell’art. 631 cod. proc. civ. e, cioè, la mancata comparizione del creditore a due udienze consecutive così la Corte d’appello di Catania la procedura esecutiva immobiliare, in assenza di accordo tra le parti, ben avrebbe potuto estinguersi anche per la mera inattività del creditore procedente . Anche sotto tale profilo la motivazione è erronea. Difatti, la doppia diserzione dell’udienza non soddisfa l’esigenza dell’esecutato di ottenere rapidamente la liberazione degli effetti pregiudizievoli del pignoramento mentre la rinuncia agli atti produce effetti estintivi istantanei poiché il provvedimento del giudice è meramente ricognitivo , l’estinzione ex art. 631 cod. proc. civ. si verifica soltanto all’esito del rinvio disposto dal giudice dell’esecuzione fattore non dipendente dal creditore e, nelle more, permarrebbero sine die le limitazioni alla disponibilità giuridica e materiale del cespite inoltre, potrebbero medio tempore intervenire altri creditori, vanificando così l’interesse sotteso all’art. 1200 cod. civ Peraltro, verrebbe inutilmente protratta la durata del processo in violazione del principio pubblicistico ex art. 111 Cost 8. In difformità dalle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, può dunque affermarsi il seguente principio di diritto In ossequio ai principi di correttezza e buona fede, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, avuto riguardo allo stato della procedura pendente e ad eventuali motivi di urgenza a lui noti, sempre che l’esecutato non esiga espressamente un immediato deposito dell’atto di rinunzia . 9. Con riferimento all’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi giurisprudenziali sopra esposti al paragrafo 3, atteso che il creditore iscritto non era tenuto ad attivarsi autonomamente prima della richiesta del debitore adempiente. Al contrario, può astrattamente fondarsi un rimprovero alla banca che, ricevuta la diffida del debitore a rinunciare agli atti esecutivi, ha mancato di provvedervi immediatamente ex art. 1183, comma 1, cod. civ. non risulta - dal ricorso o dalla sentenza - che siano state prospettate altre ragioni di urgenza dipendenti dallo stato della procedura espropriativa pendente . Nel confermare la decisione di primo grado il giudice dell’appello ha addotto ulteriori motivazioni censurate col secondo motivo ex art. 1227, comma 2, cod. civ. si è escluso il nesso causale tra il comportamento addebitato alla banca ed il danno lamentato dall’appellante che avrebbe potuto evitare il danno impiegando l’ordinaria diligenza e, cioè, inviando tempestivamente la diffida o contestando l’essenzialità del termine fissato nel preliminare. Inoltre, i pregiudizi derivanti dallo scioglimento dal preliminare non potevano essere causalmente collegati art. 1223 cod. civ. alla permanenza dei gravami, oramai meramente formali e non ostativi alla vendita, ma casomai quanto alla differenza di prezzo alla libera determinazione del C. di alienare il cespite, dopo la cancellazione, ad un importo inferiore a quello del preliminare. È corretto il rilievo del ricorrente secondo cui le formalità, risultanti dai registri immobiliari anche se riferite ad un debito già estinto, erano ex se potenzialmente pregiudizievoli per la circolazione del bene. Infatti, la giurisprudenza ha più volte ritenuto con riguardo all’iscrizione ipotecaria, ma esprimendo principi che si attagliano anche alla trascrizione del pignoramento la potenziale lesività insita nella persistenza della formalità In tema di ipoteca . il permanere dell’iscrizione, nonostante l’estinzione del credito, può essere di pregiudizio per il proprietario, in quanto determina un intralcio al commercio giuridico del bene, potendo i terzi ignorare la reale situazione ed essendo essi generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6958 del 26/07/1994, Rv. 487526-01 analogamente, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3938 del 25/11/1975, Rv. 378209-01 L’esistenza della iscrizione nonostante il venir meno della causa della iscrizione è situazione di per sé pregiudizievole anzitutto per il soggetto titolare della proprietà del bene ipotecato, il quale, se in concreto è nella condizione di poter opporre il venir meno della causa giustificativa dell’ipoteca, tuttavia, sotto il profilo della libera ed agevole commerciabilità del bene si trova, per effetto della permanenza della cancellazione, in una situazione potenzialmente pregiudizievole per l’incomodo rappresentato dal dover dare dimostrazione al terzo interessato all’acquisto del venir meno della causa giustificativa dell’ipoteca Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010, non massimata . È pure improprio il richiamo, nella sentenza, dell’art. 1227, comma 2, cod. civ. per affermare l’insussistenza dell’evento pregiudizievole infatti, la predetta disposizione non si riferisce alla fattispecie integrativa del danno e, cioè, alla verificazione del cosiddetto danno evento elemento che unitamente alla condotta determina la fattispecie di illecito contrattuale od extracontrattuale , bensì al cosiddetto danno conseguenza e, cioè, a quel pregiudizio che, in dipendenza causale dalla verificazione della fattispecie costitutiva dell’illecito danno evento , si verifica sul piano causale come ulteriore conseguenza dannosa a cui sostanzialmente allude l’art. 1223 cod. civ. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22267 del 22/11/2010, non massimata . In altri termini, l’art. 1227, comma 1, cod. civ. concerne il concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento che configura l’inadempimento, quindi la sua cooperazione attiva, mentre nel secondo comma il danno è eziologicamente imputabile al danneggiante, ma le conseguenze dannose dello stesso avrebbero potuto essere impedite o attenuate da un comportamento diligente del danneggiato Cass., Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 06/06/2007, Rv. 597544-01 . Anche sotto questo profilo, perciò, la motivazione della sentenza è difettosa, ma, come già rilevato con riguardo al primo motivo di ricorso, ciò non può determinare la cassazione della sentenza impugnata art. 384 cod. proc. civ. . Per procedere alla ricostruzione del rapporto di causalità ex art. 1223 cod. civ. la Corte territoriale avrebbe propriamente dovuto argomentare sulla sussistenza o insussistenza di un nesso di derivazione eziologica tra la condotta della banca omesso deposito della rinuncia agli atti esecutivi e la conseguenza dannosa indicata dal C. scioglimento del preliminare , dato che il mantenimento del gravame nei registri costituisce fatto potenzialmente dannoso . ma la prova di un concreto pregiudizio economico è riservata alla fase successiva di determinazione e liquidazione, che non preclude al giudice di negare la sussistenza stessa del danno Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9039 del 03/11/1994, Rv. 488348-01 . In punto di fatto, la Corte d’appello di Catania ha accertato che - l’odierno ricorrente ebbe a richiedere alla banca di rinunziare alla procedura esecutiva e di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca soltanto in data 19/12/2005, e cioè addirittura dopo la scadenza del termine pattuito per la stipula del contratto definitivo con la sua promittente acquirente - la banca era del tutto ignara dell’obbligazione autonomamente assunta dal C. nei confronti di un soggetto terzo . In base a tali circostanze - pur rilevando che la banca avrebbe dovuto provvedere alla rinuncia ex art. 629 cod. proc. civ. immediatamente dopo aver ricevuto la richiesta del debitore – il danno derivato al C. dal recesso della promissaria acquirente non può essere collegato all’inadempimento dell’istituto di credito. Infatti, al momento della diffida del 19/12/2005 - dalla quale scaturiva il dovere della banca di rinunciare agli atti esecutivi - era già intervenuto il recesso risalente al 13/12/2005 della promissaria, che aveva comportato la restituzione del doppio della caparra e la perdita dell’affare a condizioni più vantaggiose di quelle successivamente pattuite per la vendita del 30 giugno 2006. Concludendo non può ravvisarsi un inadempimento dell’odierna controricorrente all’obbligazione ex art. 1200 cod. civ. per aver omesso di prestare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca prima della richiesta e per aver mancato di rinunciare agli atti esecutivi in un periodo anteriore alla diffida a presentare la rinuncia ex art. 629 cod. proc. civ. dall’inottemperanza alla diffida non può essere derivato il pregiudizio patito dal C. , realizzatosi in un momento antecedente all’inadempimento della banca. Così rettificata la motivazione, si deve respingere il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva confermato il rigetto delle domande attoree. 10. L’impugnata statuizione sulle spese di lite è correttamente fondata sulla dichiarata soccombenza del C. . Alla decisione di rigetto del ricorso fa seguito la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese anche per questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del d.m. Giustizia del 10 marzo 2014, n. 55. 11. Infine, sussistono i presupposti ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi, oltre a Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.