Spese di lite sempre motivate

In tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice non può limitarsi a rideterminare le spese esposte dall’avvocato ma deve fornirne una adeguata motivazione.

La modifica o la riduzione di voci esposte, pertanto, devono essere motivate al fine di consentite l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti e alle tariffe vigenti. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27274 del 16 novembre 2017. La liquidazione delle spese processuali. La disciplina giuridica delle spese di lite in ambito tributario è stata rivista dal legislatore che ha riformulato l’art. 15, d.lgs. n. 546/1992 d.lgs. n. 156/2015 . Tale norma prevede il criterio della soccombenza per la imputazione delle spese ed il relativo potere del giudice di compensarle, il quale tuttavia dovrà specificamente motivarle”. A seguito delle modifiche apportate l’ambito della compensazione per il giudizio risulta notevolmente limitato. Le spese di giudizio comprendono, oltre al contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali nonché i versamenti sostenuti per imposta sul valore e contributi previdenziali se dovuti. E’ importante ricordare che nel giudizio tributario è stata introdotta la c.d. responsabilità aggravata per lite temeraria, che si rifà all’evoluzione della giurisprudenza che comunque la ammetteva in base al rinvio che l’art. 1, d.lgs. n. 546/92 dispone alle norme del codice di procedura civile. Tant’è che il comma 2-bis del citato art. 15 ha previsto l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 96 c.p.c. allorché il giudice ravvisi una responsabilità aggravata per aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Il caso . Il contribuente ha impugnato la sentenza della CTR che, accogliendone il ricorso, ha operato una liquidazione complessiva, per entrambi i gradi di giudizio, non attribuendo le spese vive e al di sotto dei minimi tariffari, senza fornire alcuna motivazione. La Corte ha accolto il ricorso affermando che in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una determinazione dei diritti di procuratore ed onorari dell’avvocato in misura inferiori a quelli esposti, ma ha l’onere di fornire una adeguata motivazione del suo iter logico-giuridico. Conseguentemente l’eliminazione e la riduzione di voci devono essere motivate, al fine di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe. In tema di liquidazione delle spese processuali non sussiste il vincolo alla determinazione del compenso secondo i valori medi indicati dal d.m n. 55/2014, dovendo il giudice liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe previste. In base a quanto sopra esposto la Corte ha accolto il ricorso e, cassando la sentenza di merito, ha rinviato alla competente Commissione in diversa composizione. Il giudice deve motivare l’eliminazione o la riduzione delle singole voci. In presenza di una nota spese specifica presentata dalla parte vittoriosa, il giudice non può determinare i diritti di procuratore e i compensi di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma deve motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci e non può prescinderne del tutto per liquidare autonomamente gli importi dovuti al legale per la sua attività Cass. n. 18905/2017 . Sussiste analogo obbligo di motivazione del giudice anche in materia di compensazione delle spese, atteso che anche detto potere di compensazione c.d. discrezionale deve essere adeguatamente motivato il costo del processo è a carico del soccombente e il giudice può per giusti motivi art. 92 c.p.c. compensare le spese, e detto potere di compensazione va adeguatamente motivato Cass. 10570/2016 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 12 ottobre – 16 novembre 2017, n. 27274 Presidente Iacobellis – Relatore Crucitti Fatti di causa P.E. ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, accogliendone l'appello avverso il capo della sentenza di primo grado con il quale la C.T.P. aveva compensato tra le parti le spese del giudizio, aveva liquidato dette spese in Euro 900 per il primo grado ed in Euro 300 per il secondo. Equitalia Servizi riscossione s.p.a. non resiste. A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo il ricorrente deduce le violazioni di legge in cui sarebbe incorso il Giudice di appello nel determinare l'entità delle spese, liquidando per il grado di appello il differenziale tra la somma attribuita dalla sentenza impugnata e quella ritenuta corretta quando in primo grado era stata disposta la compensazione integrale delle spese e, per entrambi i gradi di giudizio, operando una liquidazione complessiva, senza alcuna specificazione, non attribuendo le spese vive e, comunque, al di sotto dei minimi tariffari senza fornire alcuna giustificazione. 1.1. Premessa la legittimazione del ricorrente, pur in presenza di difensore antistatario, cfr, Cass. ordinanza n. 13516 del 30/05/2017 in sede di gravame, il difensore distrattario delle spese processuali assume la qualità di parte, sia attivamente che passivamente, solo quando l'impugnazione riguarda la pronuncia di distrazione in sè considerata, con esclusione delle contestazioni relative al loro ammontare, giacchè l'erroneità della liquidazione non pregiudica i diritti del difensore, che può rivalersi nei confronti del proprio cliente in virtù del rapporto di prestazione d'opera professionale, bensì quelli della parte vittoriosa, che, a sua volta, è tenuta al pagamento della differenza al proprio difensore e che è legittimata, pertanto, ad impugnare il capo della sentenza di primo grado relativo alle spese, pur in presenza di un provvedimento di distrazione, in caso di loro insufficiente quantificazione, avendo interesse a che la liquidazione giudiziale sia il più possibile esaustiva delle legittime pretese del professionista , la prima censura è infondata. 1.2. La sentenza delle Sezioni Unite n. 19014 del 11/09/2007 posta a base della decisione del Giudice di appello ha statuito che ove il giudizio prosegua, come nel caso in esame, soltanto per la determinazione del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il differenziale tra la somma attribuita dalla sentenza impugnata e quella ritenuta corretta secondo l'atto di impugnazione costituisce il disputatum della controversia nel grado e sulla base di tale criterio, integrato parimenti dal criterio del decisum e cioè del contenuto effettivo della decisione assunta dal giudice , vanno determinate le ulteriori spese di lite riferite all'attività difensiva svolta nel grado. 1.3. Ne consegue l'infondatezza della censura nella parte in cui assume quale parametro per la liquidazione delle spese del grado di appello il valore della controversia di primo grado, e non il valore del disputatum del giudizio di appello ovvero l'entità delle spese del primo grado . 2. Le ulteriori censure sono, invece, fondate laddove il Giudice di appello non ha tenuto conto delle spese vive, documentate, e ha liquidato le spese al disotto dei minimi tariffari senza fornire alcuna motivazione. Ed invero, secondo questa Corte in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione dell'eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe. Di recente, poi, questa Corte ordinanza n. 2386 del 31/01/2017 ha specificato che, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione. 3. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata e va disposto il rinvio al Giudice di merito perchè provveda alla rideterminazione nel quantum delle spese di quel grado ed al regolamento delle spese di questo giudizio. P.Q.M. In parziale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata, nei termini di cui in motivazione, e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Motivazione semplificata.