Il fotografo ha diritto all’equo compenso?

La possibilità per l’autore di ricevere compensi per successive pubblicazioni di fotografie deve valutarsi alla luce dell’art. 89 l. n. 633/1941.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 26949/17, depositata il 14 novembre. Il caso. Il Tribunale di Roma respingeva la richiesta del ricorrente volta ad ottenere l’equo compenso per la seconda pubblicazione di alcune sue fotografie, edite sulle testaste del gruppo editoriale resistente in giudizio, ed al risarcimento del danno derivante dalla mancata restituzione di materiale fotografico richiesto dall’autore-ricorrente. La sentenza di primo grado veniva confermata in appello. Pertanto, veniva proposto ricorso in Cassazione. L’equo compenso e la restituzione del materiale. La Suprema Corte rileva che, ai sensi dell’art. 89 l. n. 633/1941 Legge sul diritto d’autore , la cessione di negativi o di analoghi mezzi di riproduzione della fotografia, non comporta, come del caso di specie e fatto salvo il patto contrario, una limitazione al numero di stampe, perciò la richiesta all’equo compenso non può trovare accoglimento. Per quanto attiene alla mancata restituzione delle fotografie, tale richiesta risulta inammissibile di riesame innanzi ai Giudici di legittimità. La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 17 ottobre – 14 novembre 2017, n. 26949 Presidente/Relatore Genovese Fatti di causa e ragioni della decisione Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 3181 del 2013 pubblicata il 13 febbraio 2013 , ha respinto la domanda proposta dal signor P.A. , fotografo, nei confronti del Gruppo Editoriale L’Espresso SpA, con riferimento a due domande a suo tempo proposte a una, contenente la richiesta di equo compenso per la seconda pubblicazione di alcune foto già edite dalla stessa società b l’altra, di risarcimento del danno per la mancata restituzione di varie fotografie dello stesso autore, richieste senza esito all’Editoriale. Secondo la Corte territoriale, posto che il fotografo non aveva diritto all’equo compenso per le foto la cui riproduzione era avvenuta in epoca antecedente al 20 luglio 1987 corrispondente ai vent’anni prima della notifica dell’atto di citazione , per le foto riprodotte in epoca successiva a quella data non v’era alcun sostegno probatorio - neppure indiziario che limitasse, ad una sola edizione, la loro stampa. Inoltre, con riferimento alla mancata restituzione delle foto tale assunto non aveva ricevuto alcuna conferma dalle risultanze istruttorie acquisite al giudizio, sicché non era emerso che l’Editoriale avrebbe trattenuto presso di sé alcuni esemplari, avendo persino posto il materiale in suo possesso all’esame dell’autore. Quest’ultimo, con due mezzi di cassazione, reitera le doglianze svolte in sede di appello e dichiarate inammissibili lamentando la mancata inferenza del patto di pubblicazione unica dalla mancata consegna del negativo delle foto, con violazione dell’art. 89 della L. n. 633 del 1941 e l’inversione dell’onere probatorio riguardo alla mancata restituzione delle stampe fotografiche poste a disposizione dell’Editoriale. Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alla parte costituita nel presente procedimento, alla quale sono state mosse osservazioni critiche che, tuttavia, non appaiono idonee a una sua riconsiderazione. Il ricorso, tuttavia, si palesa manifestamente infondato. Ai fini della prova del patto di unica riproduzione fotografica , nascente dal fatto che il giudice non avrebbe valutato il fatto che i negativi non sarebbero stati consegnati all’Editoriale, pur prendendo atto di una qualche forma di allegazione della censura nella fase di merito, resta il dato che la previsione di cui all’art. 89 della legge Autore n. 633 del 1941 , nello stabilire la regola secondo cui la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia comprende, salvo patto contrario, la cessione dei diritti previsti nell’articolo precedente, sempreché tali diritti spettino al cedente non regola affatto il caso opposto, ossia quello - che occupa la discussione in esame - nel quale l’autore delle fotografie abbia trattenuto il negativo e ceduto esclusivamente la stampa della foto. Tanto infatti, se limita l’attività dell’editore nella attività sua propria non potendo contare sulle possibilità manipolative che il negativo consente , non è affatto sinonimo di presunzione dell’esistenza di un patto di limitazione ad una sola stampa, del quale occorre dare comunque la prova, nei modi di legge. La doglianza, pertanto, è priva di pregio ai sensi del seguente principio di diritto in tema di cessione dei diritti di autore sulle fotografie, la previsione di cui all’art. 89 della legge sul diritto di autore, n. 633 del 1941, nello stabilire la regola secondo cui la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia comprende, salvo patto contrarlo, la cessione dei diritti previsti nell’articolo precedente, sempreché tali diritti spettino al cedente, non regola affatto il caso opposto, ossia quello nel quale l’autore delle fotografie abbia trattenuto il negativo o l’analogo mezzo di riproduzione limitandosi a cedere all’editore una copia stampata di esso, atteso che in tal caso l’esistenza del patto di unica riproduzione deve essere provata attraverso gli ordinari mezzi, non potendo risultare da una inesistente presunzione di legge . Quanto, alla seconda doglianza quella della mancata restituzione di tutte le foto consegnate all’Editore per l’eventuale riproduzione , essa al di là del nomen iuris, tende ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014 , avendo il giudice di primo grado fatto riferimento a emergenze istruttorie che non possono essere più sindacate in questa sede. In conclusione, il ricorso è complessivamente infondato e va pertanto respinto con le conseguenze di legge le spese processuali, in favore della parte controricorrente, liquidate come da dispositivo, e l’accertamento dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte, respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 6.100,00, di cui 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.