Procura alle liti e procura generale: le (deleterie) conseguenze in caso di confusione

Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare un altro avvocato, deve ritenersi che si tratti di un autonomo mandato al negozio che abilita questi a nominare altri legali, da considerarsi non sostituti ma ulteriori rappresentanti processuali della parte, al pari di chi li ha nominati.

Con ricorso in Corte d'Appello un cittadino, nel lamentare l'eccessiva durata del giudizio promosso dinanzi all’allora Pretore, proseguito in grado di appello in Tribunale e, successivamente, dinanzi alla Corte di legittimità, chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli un equo indennizzo per il ristoro dei danni subìti per la irragionevole durata del giudizio presupposto. La Corte di Appello, però, dichiarava con decreto l'estinzione del giudizio. Nel premettere che, a seguito della sospensione dall'albo a tempo indeterminato degli avvocati difensori del ricorrente, con provvedimento specifico era stata dichiarata l'interruzione del giudizio, evidenziava che, successivamente, con ricorso depositato da un nuovo avvocato, quale procuratore ad negotia del detto cittadino, lo stesso aveva atteso alla riassunzione della vertenza e che il Ministero resistente, costituitosi, aveva eccepito il difetto di legittimazione di tale procuratore e, dunque, la nullità e/o la inesistenza della procura da tale procuratore conferita agli avvocati officiati ai fini della riassunzione. Per tale ragione, il Ministero domandava l'estinzione del giudizio poiché il ricorso proposto ai fini della riassunzione stesso doveva reputarsi invalido. Ancora più nello specifico, il Ministero evidenziava che il cittadino aveva conferito all'avvocato - quale procuratore ad negotia - solo il potere di rappresentanza tecnica in giudizio con la facoltà di nominare ulteriori avvocati e non già il potere di rappresentanza sostanziale e processuale. Conseguentemente tale procuratore non aveva titolo né per nominare avvocati né per riassumere il giudizio per conto del summenzionato cittadino e, pertanto, nel prescritto termine il giudizio non era stato validamente riassunto, con le conseguenze di legge. Avverso tale decreto proponeva ricorso il cittadino, anche in persona del proprio procuratore ad negotia , chiedendo che la Suprema Corte ne disponesse la cassazione, con ogni conseguente provvedimento. Procuratore generale, procuratore a determinati affari e procuratore alle liti il sottile filo sull’orlo del baratro. Tuttavia, gli Ermellini rigettano il ricorso ritenendone i motivi destituiti di fondamento. Innanzitutto, la Cassazione rileva che il cittadino ebbe a conferire al procuratore ad negotia la facoltà, tra le altre, di nominare presso qualsiasi foro altri avvocati, anche per un eventuale giudizio innanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Al contempo, i Giudici di Piazza Cavour indiscutibilmente spiegano che, qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare un altro avvocato, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato al negozio, non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito, che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che le ha nominati bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte. Ora, pur ammettendo che col mandato speciale alle liti il cittadino abbia nominato l'avvocato suo rappresentante volontario processuale, abilitandolo a suo nome e per suo conto a stare giudizio, nondimeno è indubitabile che la rappresentanza processuale volontaria può essere conferita solo a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio ex art. 77 c.p.c Infatti, per come noto, tale disposizione menziona, come possibili destinatari dell'investitura processuale, solo il ‘procuratore generale’ e ‘quello preposto a determinati affari’. Su tale scorta si evidenzia che è da escludere senz'altro che, in virtù del mandato speciale alle liti, il cittadino abbia nominato l'avvocato suo rappresentante sostanziale generale e, dunque, che lo abbia investito in pari tempo del potere di rappresentanza processuale volontaria. Alla stregua della sua lettera e logica formulazione è da disconoscere che il mandato speciale in parola integri una procura sostanziale e di generale ed omnicomprensiva portata. inoltre, è parimenti da escludere che in virtù del più volte citato mandato speciale alle liti il cittadino abbia nominato il legale suo ‘rappresentante sostanziale speciale’ oppure suo rappresentante con specifico riferimento al rapporto sostanziale e, precisamente nel caso di specie, alla pretesa risarcitoria ex Legge Pinto, specificamente e puntualmente correlata alla irragionevole durata del giudizio presupposto portato alla cognizione della Corte di Appello ed iniziato dinanzi al l’allora pretore, proseguito in grado di appello dinanzi al Tribunale e poi dinanzi alla Corte di legittimità. Più esattamente, il mandato speciale alle liti de quo agitur contiene un riferimento, in realtà, assolutamente generico ed indifferenziato, a tutte le cause civili promosse e/o da promuovere, in qualunque grado di giudizio contro l'Istituto Nazionale Previdenza Sociale e contro il Ministero della Giustizia, anche per esperire il ricorso davanti alla Corte di Appello competente per l'equo indennizzo previsto dalla Legge n. 89/2001, nota Legge Pinto. Riferimento che, in quanto da correlare al conferimento del potere di rappresentanza processuale insito nella facoltà di nomina di altri avvocati, identifica propriamente l'ambito oggettivo di applicazione unicamente della rappresentanza volontaria processuale. Le conseguenze della ‘confusione’ e la rilevanza dell’eccezione di difetto di legitimatio ad processum. Dunque, la inosservanza dell'art. 77 c.p.c. comporta I il difetto della legitimatio ad processum in capo al rappresentante esclusivamente processuale II la nullità della procura alle liti III nonché il difetto di ius postulandi in capo ai difensori officiati ai fini della riassunzione dal ‘rappresentante meramente processuale’ IV ed, ulteriormente, rende invalida la costituzione, in sede di riassunzione, del rapporto processuale. Rileva ancora la Corte di Cassazione che l'accertamento relativo alla legitimatio ad processum o legitimatio ad causam del rappresentante può essere effettuato anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto, atteso che detta analisi attiene alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 7 luglio – 13 novembre 2017, n. 26744 Presidente Petitti – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto Con ricorso alla corte d’appello di Perugia depositato in data 19.9.2011 S.S. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio promosso dinanzi al pretore di Roma, proseguito in grado di appello dinanzi al tribunale di Roma e successivamente dinanzi a questa Corte di legittimità. Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli un equo indennizzo a ristoro dei danni subiti per l’irragionevole durata del giudizio presupposto . Resisteva il Ministero della Giustizia. Con decreto n. 608/2016 la corte d’appello di Perugia dichiarava l’estinzione del giudizio. Premetteva la corte che a seguito della sospensione dall’albo a tempo indeterminato degli avvocati St.Ni. e T.G. , difensori del ricorrente, con provvedimento dei 16.4/2.5.2014 era stata dichiarata l’interruzione del giudizio che con ricorso depositato in data 10.10.2014 St.Ni. , quale procuratore ad negotia di S.S. , aveva atteso alla riassunzione del giudizio che il Ministero resistente, costituitosi, aveva eccepito il difetto di legittimazione di St.Ni. e dunque la nullità ovvero l’inesistenza della procura da costui conferita agli avvocati M.S. ed B.A. officiati ai fini della riassunzione e quindi l’estinzione del giudizio. Indi esplicitava che il ricorso proposto ai fini della riassunzione del giudizio doveva reputarsi invalido. Evidenziava difatti che S.S. aveva conferito all’avvocato St. esclusivamente il potere di rappresentanza tecnica in giudizio con la facoltà di nominare ulteriori avvocati, non già il potere di rappresentanza sostanziale e processuale che conseguentemente St.Ni. non aveva titolo né per nominare avvocati né per riassumere il giudizio per conto dello S. così decreto impugnato, pag. 3 e pertanto nel prescritto termine il giudizio non era stato validamente riassunto. Avverso tale decreto ha proposto ricorso, articolato in due motivi, S.S. , anche in persona di St.Ni. , quale suo procuratore ad negotia e ad lites in virtù di procura notarile del 26.7.2011 ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni conseguente provvedimento. Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese. Il ricorrente ha depositato memoria. Del pari ha depositato memoria il Ministero controricorrente. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Deduce che la corte di merito ai fini della sua decisione ha utilizzato la procura speciale di altro soggetto ovvero di D.S. . Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione della legge n. 89/2001, degli artt. 82 e 303 cod. proc. civ., dell’art. 9, 2 co., r.d.l. n. 1578/1933. Deduce che la procura conferita all’avvocato St.Ni. conteneva anche una procura ad negotia e ciò proprio in ragione del fatto che al difensore era stato anche conferito il potere di nominare avvocati o sostituti così ricorso, pag. 8 che perciò la caducazione dello ius postulandi dell’avvocato St. , conseguente alla sua sospensione a tempo indeterminato dall’albo, non ha tolto efficacia al contestuale mandato ad negotia stante la sua autonoma natura. I motivi di ricorso sono strettamente connessi. Il che ne suggerisce la contestuale disamina. Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento. Inconfutabilmente nel corpo del decreto in questa sede impugnato cfr. pag. 2 risulta riprodotto il testo del mandato speciale alle liti conferito non già da S.S. sibbene da D.S Trattasi tuttavia di circostanza priva di peculiare valenza, al più di un errore materiale, ché per nulla ha inficiato la congruenza logico - giuridica del dictum della corte perugina. Ed invero è sufficiente il mero raffronto tra il mandato speciale alle liti conferito da D.S. ed il mandato speciale alle liti conferito da S.S. , quali riprodotti nel corpo del ricorso alle pagine, rispettivamente, 7 ed 8. Ci si avvede subitaneamente che l’uno e l’altro testo, nei passaggi essenziali, rilevanti ai fini della decisione che la corte distrettuale aveva da assumere, sono esattamente sovrapponibili, risultando dissimili solo e limitatamente all’indicazione del nominativo e delle generalità della persona fisica conferente il mandato speciale alle liti . È innegabile per altro verso che con il mandato speciale alle liti de quo agitur, munito della necessaria apostille ed allegato al fascicolo di S.S. a tali riguardi cfr. decreto impugnato, pag. 2 , costui ebbe a conferire altresì all’avvocato St.Ni. la facoltà, tra le altre, di nominare presso qualsiasi Foro altri avvocati - anche per un eventuale giudizio innanzi alla Suprema Corte di Cassazione - . Al contempo questa Corte indiscutibilmente spiega che, qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato ad negotia - non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito - che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati, bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte cfr. Cass. 8.2.2012, n. 1756 Cass. 28.6.2002, n. 9493 . Or dunque si ammetta pure che con il summenzionato mandato speciale alle liti S.S. abbia nominato l’avvocato St. suo rappresentante volontario processuale, a suo nome e per suo conto abilitandolo a stare in giudizio. Ciò nondimeno è indubitabile che la rappresentanza processuale volontaria può essere conferita soltanto a chi sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, come si evince dall’art. 77 cod. proc. civ., il quale menziona, come possibili destinatari dell’investitura processuale, soltanto il procuratore generale e quello preposto a determinati affari cfr. Cass. sez. lav. 1.6.2006, n. 13054 Cass. 27.2.2017, n. 4924 . Su tale scorta si evidenzia quanto segue. In primo luogo è da escludere senz’altro che in virtù del mandato speciale alle liti , allegato al fascicolo di S.S. , questi abbia nominato l’avvocato St.Ni. suo rappresentante sostanziale generale e dunque che lo abbia investito in pari tempo del potere di rappresentanza processuale volontaria. Alla stregua della sua letterale e logica formulazione è da disconoscere che il mandato speciale de quo agitur integri una procura sostanziale e di generale e di omnicomprensiva portata. In secondo luogo è parimenti da escludere che in virtù del mandato speciale alle liti S.S. abbia nominato l’avvocato St.Ni. suo rappresentante sostanziale speciale ovvero suo rappresentante con specifico riferimento al rapporto sostanziale , recte alla pretesa risarcitoria ex lege Pinto specificamente e puntualmente correlata all’irragionevole durata del giudizio presupposto portato alla cognizione della corte d’appello di Perugia ed iniziato dinanzi al pretore di Roma, proseguito in grado di appello dinanzi al tribunale di Roma e successivamente dinanzi a questa Corte di legittimità. Più esattamente, il mandato speciale alle liti allegato al fascicolo di S.S. contiene un riferimento, invero assolutamente generico ed indifferenziato, a tutte le cause civili promosse e da promuovere in qualsiasi grado di giudizio contro l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale e contro il Ministero della Giustizia anche per esperire il ricorso avanti alle Corti di Appello competenti per l’equo indennizzo previsto dalla legge n. 89/01 , riferimento che, siccome da correlare al conferimento del potere di rappresentanza processuale insito nella facoltà di nomina di altri avvocati, identifica propriamente l’ambito oggettivo di esplicazione unicamente e soltanto della rappresentanza volontaria processuale . Conseguentemente alla luce dei premessi rilievi non può che argomentarsi in un duplice senso. Ovvero nel senso che l’inosservanza dell’art. 77 cod. proc. civ. comporta il difetto della legitimatio ad processum in capo al rappresentante esclusivamente processuale cfr. Cass. 31.7.2015, n. 16274 e quindi la nullità della procura alle liti cfr. Cass. 14.2.1995, n. 1578 ed il difetto di ius postulandi in capo ai difensori - nella fattispecie in capo all’abogado M.S. ed all’avvocato B.A. - officiati ai fini della riassunzione dal rappresentante meramente processuale - St.Ni. - di S.S. ed ulteriormente l’invalida costituzione, in sede di riassunzione, del rapporto processuale. Ovvero nel senso che l’accertamento relativo alla legitimatio ad processum del rappresentante - attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale - può essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto cfr. Cass. sez. lav. 1.6.2006, n. 13054 cfr. Cass. 14.2.1995, n. 1578, secondo cui parimenti è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio l’invalidità della procura alle liti conferita dal rappresentante esclusivamente processuale . In dipendenza del rigetto del ricorso S.S. - esclusivamente - va condannato a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio. La liquidazione segue come da dispositivo si tenga conto che, in sede di condanna del soccombente al rimborso delle spese del giudizio a favore di un’amministrazione dello Stato - nei confronti del quale vige il sistema della prenotazione a debito dell’imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario - riguardo alle spese vive la condanna deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito cfr. Cass. 18.4.2000, n. 5028 Cass. 22.4.2002, n. 5859 . Ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 115/2002 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende inapplicabile l’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115 cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915 . P.Q.M. La corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, S.S. , a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.