Può un’obbligazione pecuniaria estinguersi per cessione del credito?

L’art. 1277 c.c. dispone che i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. In modo quanto stringente dovrà applicarsi tale disposizione?

Così la Suprema Corte con la sentenza n. 23664/17, depositata il 10 ottobre. Il caso. Il Tribunale respingeva l’Appello proposto dall’avvocato verso la sentenza del Giudice di Pace aveva accolto l’opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dall’opponente, ritenendo inesistente il credito precettato dall’avvocato. Il soccombente ricorreva in Cassazione avverso tale pronuncia. La cessione del credito. Per quanto qui interessa, il ricorrente sostiene che un’obbligazione pecuniaria non possa essere estinta mediante cessione del credito, ma soltanto mediante versamento di denaro come all’art. 1277 c.c. Debito di somma di danaro . Sul punto la Corte afferma che l’articolo citato non limita affatto l’estinzione dell’obbligazione al versamento di denaro, ma si limita a regolare quale tipo di moneta possa essere utilizzata per adempiere ad un’obbligazione pecuniaria. La causa estintiva di un’ obbligazione pecuniaria non si limita infatti, al solo versamento di denaro. L’obbligazione infatti era stata estinta come rilevato dal Tribunale attraverso una cessione del credito effettuata dal debitore. A parere del ricorrente, inoltre, tale cessione è da ritenersi contraria al buon costume ex art 1343 c.c. in quanto effettuata a causa dell’insolvenza del ceduto. Anche tale motivo di doglianza deve essere disatteso dalla Corte che ritiene impossibile qualificare l’insolvenza del ceduto come causa del negozio giuridico non essendo comune ad entrambe le parti, dovendosi ritenere tuttalpiù un motivo dello stesso. In ogni caso la Corte ritiene non possa qualificarsi la condotta come contraria la buon costume, ma piuttosto come condotta di normale diligenza nel gestire i propri interessi economici. Per questi motivo la Cassazione rigetta tutti i motivi di ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 luglio – 10 ottobre 2017, numero 23664 Presidente Vivaldi – Relatore Graziosi Fatti di causa 1. Con sentenza del 29 giugno 2015 il Tribunale di Pesaro respingeva l’appello proposto dall’avvocato C.M. avverso sentenza del 24 luglio 2014 con cui il Giudice di pace di Pesaro aveva accolto l’opposizione ex articolo 615 c.p.c. proposta da P.I. , ritenendo inesistente il credito precettato dall’avvocato C. . 2. Ha presentato ricorso l’avvocato C. sulla base di sei motivi, illustrati anche in memoria è stato presentato controricorso per P.I. - deceduto il omissis -, atto racchiudente anche l’intervento volontario del suo unico erede M. P. . Ragioni della decisione 3. Il ricorso è infondato. 3.1.1 Il primo motivo, che il ricorrente dichiara di proporre in via preliminare, denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione dell’articolo 345 c.p.c Il Tribunale ha ritenuto inammissibili ai sensi dell’articolo 345 c.p.c. i motivi d’appello che avevano addotto la nullità della opposizione per violazione dell’articolo 163 numero 4 e numero 4 del codice di rito e la inammissibilità dell’opposizione ex articolo 615 c.p.c. per mancanza del titolo impugnato. In tal modo, però, non avrebbe tenuto conto che si trattava di questioni rilevabili d’ufficio. Già il Giudice di pace non poteva non accorgersi che la sentenza prodotta dall’opponente era diversa da quella prodotta dal precettatante per dimostrarlo, il motivo ora riporta entrambe le sentenze in fotocopia integrale pagine 6-13 del ricorso . La nullità avrebbe dovuto realizzare un’ipotesi di processo che non poteva essere proseguito. Sostiene il ricorrente che l’atto di opposizione ex articolo 615 c.p.c. deve contenere le indicazioni di cui all’articolo 163 nnumero 3 e 4 c.p.c. e in particolare l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui l’opponente intende avvalersi e dei documenti che offre in ordine ai fatti costitutivi della domanda. Ma il P. non ha deliberatamente prodotto l’atto impugnato , cioè la sentenza contenente la correzione che ha stabilito che le spese di lite vengano corrisposte all’antistatario difensore della parte vincitrice, cioè all’attuale ricorrente. 3.1.2 Il motivo è privo di pregio. Esso infatti non gode di autosufficienza a proposito della asserita violazione dell’articolo 163 c.p.c. nell’atto di opposizione, limitandosi - nella premessa in fatto - a trascriverne le conclusioni, senza illustrare però in alcun modo, neppur quanto mai sintetico, il contenuto dell’atto stesso ricorso, pagina 3 . Peraltro, il ricorrente non adduce alcuna concreta violazione del suo diritto di difesa come conseguenza della asserita mancata indicazione dei mezzi di prova, dichiarativi e/o documentali, nell’atto di opposizione. Quanto poi all’ulteriore doglianza relativa all’asserita mancata produzione del titolo impugnato, il ricorrente la presenta in modo inammissibile, utilizzando il c.d. assemblaggio, che, come sopra si è visto, copre ben sette pagine del motivo il quale complessivamente occupa nel ricorso le pagine 5-15 , rimettendo così al giudicante l’onere di individuare, all’esito di una lettura globale, quel che denuncia la censura sulla trascrizione integrale come fonte di inammissibilità cfr., sulla scorta di S.U. 11 aprile 2012 numero 5698, ex multis, tra i più recenti arresti massimati, Cass. sez. 5, 18 settembre 2015 numero 18363, Cass. sez. 6-1, ord. 30 ottobre 2015 numero 22185, Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 numero 3385, Cass. sez. 6-3, 28 settembre 2016 numero 19047 e Cass. sez. 5, 27 gennaio 2017 numero 2046 . Ad abundantiam meramente, quindi, si rileva che da quanto lo stesso avvocato C. complessivamente espone nel suo ricorso - emblematica sul punto è la rubrica del motivo seguente, che qualifica questione discussa tra le parti il passaggio in giudicato del provvedimento correttivo - emerge che entrambe le parti erano ben consapevoli - e logicamente vi hanno pertanto rapportato le loro contrapposte argomentazioni - dell’unica differenza tra la sentenza che, secondo l’asserto del ricorrente, avrebbe prodotto l’opponente e la sentenza corretta con provvedimento ex articolo 287 c.p.c., id est la distrazione delle spese processuali a favore del difensore antistatario. 3.2 Il secondo motivo, anche questo proposto in via preliminare, lamenta ex articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c., omesso esame dell’impugnazione riguardante l’efficacia retroattiva della correzione della sentenza ex articolo 287 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo riguardante il passaggio in giudicato del provvedimento che è stato oggetto di discussione tra le parti. Adduce il ricorrente che il provvedimento di correzione deve essere ritenuto retroattivo per il principio di ragionevolezza, essendo ingiusto che la correzione sia inefficace se la sentenza corretta è già stata eseguita. Il motivo, a prescindere da ogni altro rilievo, denuncia in realtà una pretesa mancanza di motivazione da parte del Tribunale diretta a spiegare perché non ha ritenuto retroattivo il provvedimento che ha corretto la sentenza. Trattandosi di una questione di diritto, non può allora rilevare tale asserito vizio motivazionale, giacché l’articolo 360, primo comma, numero 5 c.p.c. consente di denunciare esclusivamente i vizi motivazionali in punto di fatto cfr. p. es. Cass. sez. 2, 15 dicembre 2014 numero 26292 e Cass. sez. 3, 11 maggio 2012 numero 7267 . Ancora ad abundantiam, poi, si osserva che non corrisponde all’effettivo contenuto della sentenza l’asserto sulla omessa motivazione dell’efficacia retroattiva dell’ordinanza di correzione il Tribunale, infatti, a pagina 3 della sentenza indica le ragioni per cui ritiene di dover prescindere da ogni considerazione circa l’efficacia retroattiva dell’ordinanza di correzione . 3.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione dell’articolo 1264 c.c., richiamando giurisprudenza di questa Suprema Corte Cass. sez. 3, ord. 22 novembre 2001 numero 14852 sull’articolo 1182 c.c., per cui fatto che l’obbligazione pecuniaria si adempia al domicilio che il creditore ha alla sua scadenza vale pure nell’ipotesi di cessione del relativo credito, se è conosciuto dal debitore lo spostamento del luogo del pagamento e se non ne deriva per lui un aggravio. Tale giurisprudenza è effettivamente consolidata conformi, tra gli arresti massimati Cass. sez. 3, 18 febbraio 1972 numero 467 Cass. sez. 3, 29 marzo 1999 numero 2966 Cass. sez. 3, 27 novembre 2003 numero 18149 Cass. sez. 1, ord. 7 febbraio 2006 numero 2591 ma qui non pertinente. Il Tribunale afferma che la cessione al P. di un credito - che egli ha poi opposto come controcredito, estinguendo così la sua obbligazione alla rifusione delle spese processuali, secondo quanto ritenuto dai giudici di merito - che un terzo Foodnet S.r.l. aveva nei confronti della società dall’avvocato C. assistita nel giudizio che ha generato il titolo esecutivo, Primari S.r.l., è stata ritualmente notificata il 21 maggio 2013 a mani del legale rappresentante di Primari S.r.l. Sulla base della citata giurisprudenza, allora, il ricorrente obietta che Primari S.r.l. era domiciliata presso il suo studio, come risultante dal precetto pedissequo alla sentenza corretta integralmente riportato in fotocopia pagine 18-20 del ricorso , per cui la notifica della cessione sarebbe inefficace. Il motivo, a tacer d’altro, è manifestamente infondato, giacché la domiciliazione invocata attiene alla vicenda processuale, laddove la giurisprudenza richiamata dal ricorrente, e, a monte, l’articolo 1182 c.c. concernono un oggetto esclusivamente sostanziale, quale è la cessione di un credito. E detta natura sostanziale non può certo venir meno perché il credito, una volta ceduto, viene opposto come controcredito per estinguere un credito di controparte di fonte processuale quale l’obbligo di pagare le spese di lite in forza di condanna giurisdizionale la cessione del credito, infatti, si ripete, è a monte , e non è ravvisabile nella successiva utilizzazione concreta che il cessionario effettua del credito a lui ceduto - controcredito rispetto al credito di controparte delle spese di lite - alcuna vis actractiva che la converta in una fattispecie processuale. Ai fini quindi di porre in essere un negozio sostanziale come la cessione del credito Primari S.r.l. doveva, come in effetti è avvenuto, essere informata dell’atto stesso non presso l’avvocato di un procedimento giurisdizionale cui stava partecipando, bensì a mezzo del rapporto organico con il suo legale rappresentante. 3.4 Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione degli articoli 1277 e 1343 c.c. Ad avviso del ricorrente, vi sarebbe una inesistenza giuridica del pagamento mediante acquisto di credito aliud pro alio invito domino solvi non potest. Non sussisterebbe la reciprocità, necessaria invece nella compensazione P.I. ha trovato la maniera per estinguere un proprio debito senza nulla corrispondere all’avente diritto né a colui presso il quale ha acquistato il credito . L’obbligazione pecuniaria - sostiene ancora il ricorrente - può essere estinta solo con una somma di denaro. Non sarebbe poi vero quel che afferma il Tribunale, cioè che i crediti oggetto della cessione erano certi, liquidi ed esigibili e ciò perché la sentenza del Tribunale di Pesaro del 12 novembre 2014 invocata nella sentenza impugnata non sarebbe mai entrata nel presente giudizio il credito di Foodnet S.r.l. nei confronti di Primari S.r.l. sarebbe stato da quest’ultima contestato del giudizio svoltosi tra essa e Foodnet S.r.l. e l’efficacia ai fini della compensazione attribuita alla sentenza del Tribunale di Pesaro numero 812/2012 non avrebbe valore perché si tratterebbe di una sentenza solo provvisoriamente esecutiva. Il motivo, come si è appena visto, crea una commistione di questioni di diritto con questioni fattuali, che si intrecciano inscindibilmente, così da rendere il motivo inammissibile per tale sua sostanza eterogenea. Le questioni di diritto introdotte, infatti, vengono a presupporre accertamenti di fatto e comunque non sono inequivocamente districabili, così da poter trarre dal motivo una articolazione in più profili di doglianza, ciascuno autonomamente prospettabile v. Cass. sez. 6-3, ord. 17 marzo 2017 numero 7009, che conferma l’inammissibilità del motivo qualora la sua formulazione di contenuto plurimo non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle questioni in esso prospettate ciò sulla scorta di S.U. 6 maggio 2015 numero 9100 sull’effetto di inammissibilità sul ricorso dell’intreccio tra fatto e diritto dopo il suddetto intervento delle Sezioni Unite v. pure Cass. sez. 3, 10 febbraio 2017 numero 3554 . Unico elemento senza difficoltà estraibile come autonoma censura è l’asserto che una obbligazione pecuniaria possa essere estinta soltanto mediante versamento di denaro, il che deriverebbe dall’articolo 1277 c.c., che il motivo richiama nella rubrica, il significato del richiamo dovendosi peraltro trarre da quanto espressamente indicato nel successivo quinto motivo, che può quindi essere vagliato congiuntamente sul punto. L’articolo 1277 c.c. non limita affatto al versamento di denaro la causa estintiva di una obbligazione pecuniaria, che, come è stabilito in genere per le obbligazioni, non consegue soltanto dall’adempimento la propria estinzione. L’articolo 1277 c.c., in realtà, si limita a regolare quale tipo di moneta possa essere utilizzata per adempiere una obbligazione pecuniaria. Non si può non rilevare, infine, nella congerie del motivo per la sua manifesta evidenza la eccentricità della qualificazione della fattispecie mediante il brocardo aliud pro alio invito domino solvi non potest, giacché P.I. , creditore nei confronti di Foodnet S.r.l., per quel che espone lo stesso ricorrente ha in effetti dato pieno consenso a Foodnet S.r.l. affinché la società adempisse il suo debito nei confronti di lui tramite la cessione di un proprio credito nei confronti di Primari S.r.l. 3.5 Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione dell’articolo 1322, secondo comma, c.c. Anzitutto, il ricorrente assume che la cessione del credito effettuata dal P. dichiaratamente per estinguere il debito da pagarsi in danaro non sarebbe meritevole di tutela perché viola l’articolo 1277 c.c. per cui è obbligatorio estinguere con denaro le obbligazioni pecuniarie. Si adduce altresì che tale cessione susciterebbe notevoli perplessità soprattutto per la assenza dell’essenziale corrispettivo il P. , beato lui, ha trovato la maniera di estinguere un proprio debito senza nulla corrispondere all’avente diritto né a colui che presso il quale sic ha acquistato il credito a questo punto il ricorrente invoca giurisprudenza relativa al fatto che una unilaterale attribuzione patrimoniale non può costituire causa giuridica di negozio, per cui il contratto con cui si trasferisce un bene senza specificare il titolo di tale trasferimento non è contratto atipico ed è invece atto nullo per mancanza di causa. Il motivo, evidentemente, riecheggia con manifesta infondatezza argomenti già proposti nel motivo precedente è sufficiente pertanto rimandare a quanto si è osservato in ordine al quarto motivo, rilevando altresì che quelle che in questo il ricorrente definisce notevoli perplessità per l’assenza del corrispettivo derivano in realtà da prospettazioni fattuali tra l’altro, del tutto assertive non ha autosufficienza il motivo laddove attribuisce al P. di non avere corrisposto nulla a nessuno , perché, come già sopra si è osservato, nel caso di specie il P. ha accettato il credito di Foodnet S.r.l. nei confronti di Primari S.r.l. quale corrispettivo di un proprio credito nei confronti di Foodnet S.r.l 3.6 Il sesto motivo, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., denuncia violazione degli articoli 1325, 1345 e 1418 c.c. nonché errata applicazione dell’articolo 1189 c.c. La cessione del credito di Foodnet Srl verso Primari S.r.l. a P.I. dovrebbe essere dichiarata inefficace per mancanza di causa essa non sarebbe stata una vendita, per assenza di corrispettivo e se fosse stata una donazione, sarebbe nulla per difetto di forma ai sensi dell’articolo 782 c.c Dovrebbe altresì riconoscersi la nullità di tale apparente cessione per illiceità della causa trattandosi di cessione contraria al buon costume ex articolo 1343 c.c. perché fu effettuata a causa della insolvenza di Primari S.r.l Il motivo, evidentemente, è costituito da due submotivi, il primo dei quali ripropone ancora quanto addotto nei due motivi precedenti, ovvero che non vi sarebbe stato corrispettivo nella cessione si rimanda perciò a quanto sopra già osservato. Del tutto inconferente è poi il nuovo elemento rappresentato dal riferimento alla donazione, trattandosi invece, come già si è visto, di una cessione di credito per estinguere un debito del cedente nei confronti del cessionario. Il secondo submotivo è del tutto privo di pregio la questione della insolvenza di Primari S.r.l. può concernere tutt’al più un motivo che ha condotto una parte - cioè il P. - al negozio, ma non certo la causa della cessione, rispetto alla quale non può essere rilevante in quanto non comune a tutte le parti del negozio cfr. da ultimo Cass. sez. 1, 16 maggio 2017 numero 12069 . E non si vede perché, comunque, sia da qualificare condotta contraria al buon costume l’iniziativa di un soggetto per premunirsi dalle conseguenze della insolvenza - per di più già acclarata - di un altro soggetto che nel futuro possa divenire suo debitore si tratta piuttosto di una condotta di normale diligenza nel gestire i propri interessi economici, la quale peraltro, evitando una eventuale deminutio patrimoniale, a ben guardare comporta la tutela anche dei creditori di chi in tal modo agisce, tutela che si attua attraverso la preservazione della garanzia generale ex articolo 2740 c.c. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a P.M. delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a M. P. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 2200, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.