“Grave scorrettezza” tra colleghi magistrati

La Sezione Disciplinare del CSM non aveva colto la grave scorrettezza del comportamento del magistrato, assegnatario del procedimento per vagliare la rogatoria nei confronti del collega PM, in quanto non aveva provveduto all’audizione del detenuto e, di conseguenza, non dando, in questo modo, corso alla rogatoria richiesta.

Sulla questione la Corte di Cassazione con sentenza numero 22860, depositata il 29 settembre. Il caso. La Sezione Disciplinare del Consiglio Supremo della Magistratura assolveva il Sostituto Procuratore della Repubblica per l’illecito ascrittogli nello svolgimento delle sue funzioni, derivante dal fatto che il magistrato non aveva proceduto all’audizione del detenuto in un procedimento per l’accoglimento della rogatoria. A causa di ciò non veniva dato corso alla rogatoria chiesta e per questo motivo, secondo l’accusa, il magistrato incolpato incorreva in una grave scorrettezza nei confronti del PM che aveva chiesto detta rogatoria. La Sezione Disciplinare del CSM aveva ritenuto non sussistente una violazione dei doveri di diligenza e correttezza dell’incolpato in quanto lo stesso aveva dato impulso alla rogatoria nonostante le perplessità delle modalità di espletamento della audizione, le quali erano state chiarite dal PM incaricato solo dopo che il PM Capo dell’ufficio aveva revocato l’assegnazione del fascicolo. Per questi motivi, secondo la Sezione Disciplinare del CSM, l’addebito della grave scorrettezza doveva essere escluso in ragione della intempestività della revoca intervenuta. Contro tale sentenza di assoluzione proponeva ricorso alle Sezioni Unite della S.C. il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione. Grave scorrettezza. La Corte ha spiegato che l’illecito della grave scorrettezza prescinde dalla conformità o meno al diritto del provvedimento per rogatoria, al contrario di quello che, invece, aveva sostenuto la Sezione Disciplinare. La stessa Sezione Disciplinare, infatti, non doveva valutare se l’incompletezza della richiesta rogatoria, sotto il profilo giuridico, permettesse o meno all’incolpato di procedere alla fase istruttoria, bensì se fosse o meno grave scorrettezza la totale protratta inazione senza cercare una pronta e leale collaborazione con gli altri magistrati requirenti anche attraverso il rimedio di cui all’art. 54 c.p.c. . Inoltre la Suprema Corte ha rilevato che la Sezione Disciplinare si era limitata a riportare, nella motivazione per l’assoluzione, la sola affermazione dell’incolpato in merito all’approfondimento delle informazioni relative alla posizione processuale dell’imputato, per dar corso alla rogatoria la stessa Corte aveva rilevato assenza di prova documentale di quanto affermato e non aveva valutato le contrarie affermazioni poste dalla controparte. Per questi motivi la S.C. ha cassato la sentenza con rinvio alla Sezione Disciplinale del CSM.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 19 – 28 settembre 2017, n. 22860 Presidente Rodorf– Relatore Bruschetta Fatti di causa Con l’impugnata sentenza n. 35 depositata il 3 aprile 2017 la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura assolveva il dr. G.P. dall’illecito ascrittogli per avere nelle sue funzioni di Procuratore della Repubblica Sostituto presso il Tribunale di - in violazione degli artt. 1 e 2, comma 1, lett. d d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109 - contravvenuto ai doveri di correttezza, diligenza e laboriosità perché quale assegnatario del procomma 17/2015 reg. rogatorie non procedeva all’audizione del detenuto M.P. non dando così corso alla rogatoria richiesta dal PM DDA di Napoli dr.ssa R. ed incorrendo pertanto in una grave scorrettezza nei confronti di quest’ultima e dello stesso Capo del suo Ufficio dr.ssa B.I. . Per l’essenziale la suddetta Sezione Disciplinare dopo aver evidenziato come fossero da condividersi le iniziali perplessità d’incolpato in ordine alla mancanza delle fondamentali indicazioni che invece avrebbe dovuto contenere la richiesta di rogatoria - ma che ciò nonostante il dr. G. aveva dato impulso alla rogatoria impartendo disposizioni alla segreteria penale al fine di verificare la posizione processuale e di custodia cautelare del M.P. - giustificava il verdetto di assoluzione osservando che solo con la nota del PM DDA di Napoli del 29 settembre 2015 erano state chiarite le modalità di espletamento della audizione del detenuto M. e cioè quando ormai il PM Capo aveva revocato l’assegnazione del fascicolo e di qui la finale illazione per cui l’addebito della grave scorrettezza doveva essere escluso proprio in ragione della intempestività della revoca intervenuta . Contro la sentenza il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione proponeva ricorso a queste Sezioni Unite per cinque motivi, mentre il dr. G. depositava memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente Procuratore Generale in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b c.p.p. lamentava l’erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. d d.lgs. n. 109 cit. deducendo a riguardo che la Sezione Disciplinare non aveva colto la grave scorrettezza del comportamento dell’incolpato che dopo aver vista rifiutata la richiesta rivolta al Capo del suo Ufficio di restituire inevasa la rogatoria di audizione per la mancanza delle precisazioni ritenute indispensabili - e in nessun modo attivandosi presso l’autorità rimettente per chiarire le perplessità avute come invece avrebbe preteso un leale spirito di collaborazione - non aveva in alcuna maniera provveduto rimanendo totalmente inerte e con ciò costringendo alla revoca dell’assegnazione del fascicolo al fine dell’espletamento dell’urgente incombente svolto direttamente dal Procuratore della Repubblica dr.ssa B. . Il motivo è fondato alla luce della considerazione secondo cui l’illecito della grave scorrettezza di che trattasi prescinde dalla conformità o meno a diritto del provvedimento con il quale il PM DDA di Napoli ha richiesto la rogatoria - come sembra invece avere ritenuto la Sezione Disciplinare laddove in particolare è stato affermato che il comportamento del dr. G. non poteva dirsi scorretto nei confronti delle colleghe perché i chiarimenti della DDA partenopea erano stati ricevuti solo dopo la revoca dell’assegnazione - con ciò avvallando la tesi secondo cui l’eventuale incompletezza della richiesta di rogatoria autorizzasse una assoluta inattività praticamente ostruzionistica verso la collega della DDA che aveva chiesto la rogatoria e verso il Capo Ufficio della Procura anconetana che aveva sollecitato l’adempimento. Un atteggiamento all’evidenza riconnettibile al rifiuto opposto dalla dr.ssa B. di restituire inevasa una domanda di rogatoria che dall’incolpato si giudicava giuridicamente mal formulata. Ed invero la Sezione Disciplinare era chiamata non a stabilire se l’incompletezza della richiesta di rogatoria sotto il profilo giuridico consentisse o meno all’incolpato di procedere all’incombente istruttorio, bensì se fosse o meno grave scorrettezza la totale protratta inazione senza cercare una pronta e leale collaborazione cogli altri magistrati requirenti anche attraverso il rimedio di cui all’art. 54 c.p.c 2. Rimangono con ciò assorbiti il secondo e quinto motivo del ricorso. 3. Con il terzo e quarto motivo - da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione - il ricorrente Procuratore Generale in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e c.p.p. lamentava la manifesta illogicità della motivazione dell’impugnata sentenza particolarmente perché non risultava in alcun modo dimostrato un impulso da parte del dr. G. all’approfondimento delle informazioni eventualmente necessarie per dar corso alla rogatoria. Tanto che - faceva rilevare il ricorrente Procuratore Generale - le ridette informazioni erano state rilasciate dalla DDA di Napoli dietro richiesta della dr.ssa B. Capo della Procura della Repubblica marchigiana come da quest’ultima in effetti confermato a verbale di audizione. Le censure sono fondate giacché la Sezione Disciplinare non motiva l’accertamento del fatto - non riscontrato documentalmente e che in narrativa si dice essere stato soltanto affermato dall’incolpato secondo cui quest’ultimo avrebbe dato impulso alla rogatoria impartendo disposizioni alla segreteria penale al fine di verificare la posizione processuale e di custodia cautelare del M.P. . Trattasi di un accertamento che non solo non dà conto delle contrarie affermazioni del Capo Ufficio - secondo il quale invece nel fascicolo di cui aveva revocata l’assegnazione sarebbe stato unicamente rinvenuto uno schema di delega alla Polizia Giudiziaria dell’atto di rogatoria - ma che nemmeno trova apparente suffragio nell’esito della vicenda conclusasi solo a seguito dell’espletamento da parte del Capo dell’Ufficio dr.ssa B. . 4. La sentenza deve essere quindi cassata e la controversia rinviata alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, terzo e quarto motivo del ricorso dichiara assorbiti gli altri cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in diversa composizione che nel decidere la controversia dovrà uniformarsi ai superiori principi.