Cosa succede se il termine per il deposito di una memoria scade in un giorno festivo?

Il quarto e il quinto comma dell’art. 155 codice di rito sono applicabili anche con riferimento ai termini che si computano a ritroso.

La domiciliazione in cancelleria si integra solamente qualora il difensore non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata precedentemente comunicato all’ordine. La fattispecie. Nel caso in esame il Collegio di gravame aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto in quanto notificato successivamente al trentesimo giorno dalla notifica della sentenza presso la cancelleria del Tribunale. Scadenza nel giorno festivo. In primo luogo la Corte precisa che il quarto comma dell’art. 155 codice di rito diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo e il successivo quinto comma diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato sono applicabili anche con riferimento ai termini che si computano a ritroso ovverosia contraddistinti dall’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta un’attività di conseguenza il dies a quem è quello immediatamente antecedente al giorno festivo di scadenza. Diversamente si produrrebbe l’effetto contrario di una abbreviazione dell’intervallo a pregiudizio delle esigenze difensive dell’altra parte processuale. La notifica a mezzo PEC è valida anche se l’avvocato non ha eletto domicilio nel circondario del Tribunale adito. A seguito della novella normativa introdotta dalla Legge n. 183/2011, che ha modificato gli artt. 125 e 366 codice di rito, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi al quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 de r.d. n. 37/1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per atti di parte, e dall’art. 366 c.p.c. per il giudizio di legittimità, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 3 marzo – 14 settembre 2017, n. 21335 Presidente Petitti – Relatore Manna Ritenuto in fatto Gli odierni ricorrenti impugnano la sentenza n. 285/14 della Corte d’appello di Firenze, che aveva dichiarato inammissibile l’appello da loro proposto contro la sentenza emessa dal Tribunale di Prato il 20.3.2012, perché notificato decorsi 30 gg. dalla notifica di tale sentenza, effettuata presso la cancelleria di detto Tribunale. Resistono con controricorso M.P. e il Trust M. , in persona del trustee Ma.Ma. . Attivato il procedimento camerale ex artt. 380-bis e 375, n. 5 c.p.c. e proposta dal consigliere relatore la reiezione del ricorso, la parte ricorrente ha depositato memoria lunedì 27.2.2017. Considerato in diritto 1. - Preliminarmente si rileva la tardività della memoria, siccome depositata decorso il termine di cinque gg., previsto dall’art. 380-bis c.p.c. nuovo testo, prima della camera di consiglio. Infatti, il quarto comma dell’art. 155 c.p.c. diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada in un giorno festivo e il successivo quinto comma del medesimo articolo introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. f, della legge 28 dicembre 2005, n. 263, e diretto a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata di sabato operano anche con riguardo ai termini che si computano a ritroso , ovvero contraddistinti dall’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività. Tale operatività, peraltro, deve correlarsi alle caratteristiche proprie di siffatto tipo di termine, producendo il risultato di individuare il dies ad quem dello stesso nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l’effetto contrario di una abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo Cass. n. 14767/14, pronunciata con riferimento all’analogo termine dell’art. 378 c.p.c. conforme, Cass. nn. 182/11 e 11163/08 . Nella specie, rispetto all’odierna camera di consiglio del 3.3.2017 il termine di cui al 2 comma dell’art. 380-bis c.p.c., scadendo domenica 26.2.2017, è stato prorogato a ritroso a venerdì 24.2.2017. 2. - Due i motivi di ricorso. Il primo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 82 R.D. n. 37 del 1934 e 125 e 366 c.p.c., come novellati dall’art. 25 legge n. 183/11. Il secondo l’omesso esame sulle medesime circostanze del fatto processuale sotteso. Detti motivi, da esaminare congiuntamente per la loro sostanziale complementarietà, deducono che in applicazione di Cass. S.U. n. 10143/12 la notificazione della sentenza a mezzo PEC, invece che presso la cancelleria del giudice di primo grado nel cui circondario il difensore della parte soccombente non abbia eletto domicilio, è possibile non solo se questi abbia indicato la propria PEC ai sensi dell’art. 125 c.p.c., ma anche ove egli - come avvenuto nella specie abbia comunicato al proprio Ordine d’iscrizione e poi alla cancelleria la propria PEC, e la cancelleria stessa l’abbia poi utilizzata per le comunicazioni prescritte dal codice di rito nella specie, per la comunicazione del deposito della sentenza di primo grado . 3. - Tali motivi sono infondati. Com’è noto, l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita - trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine Cass. S.U. n. 10143/12 . Pertanto, proprio con riguardo al precedente invocato da parte ricorrente, deve distinguersi tra comunicazione al Consiglio dell’Ordine e alla cancelleria della PEC, e indicazione della PEC negli atti processuali notificati alla controparte, la quale ultima non ha un onere di ricerca della PEC che non le sia stata resa nota nel modo di legge. 4. - Infine, è inammissibile, perché costituito da una pura e semplice petizione di principio, il dubbio di costituzionalità dell’art. 82 R.D. cit. manifestato in relazione all’art. 24 Cost. 5. - Il ricorso va dunque respinto. 6. - Seguono a carico dei ricorrenti, in solido tra loro, le spese, liquidate come in dispositivo e in relazione al valore dichiarato di 5.000.000,00 di Euro, nonché il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese, che liquida in Euro 30.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrente, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.