Meno attività, ma del medesimo livello qualitativo: escluso il demansionamento

Laddove vi sia una riorganizzazione che comporta la riduzione quantitativa delle attività assegnate ad un lavoratore, mantenendo inalterato il livello qualitativo, è esclusa la possibilità di chiedere un risarcimento del danno da demansionamento.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12052/17 depositata il 16 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza di prime cure e, previo riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, rigettava nel la domanda di risarcimento avanzata da una lavoratrice nei confronti della AUSL locale per demansionamento. La lavoratrice ricorre dunque in Cassazione. Demansionamento. Per quanto attiene alla ritenuta insussistenza del demansionamento, il Collegio condivide l’argomentazione del provvedimento impugnato che spiega in modo completo le ragioni per cui, nonostante sia stata ravvisata una riduzione quantitativa dei compiti affidati alla ricorrente, non è possibile configurare un demansionamento dal punto di vista qualitativo. Come dimostrato in giudizio infatti, i provvedimenti censurati dalla ricorrente avevano, da un lato, riconosciuto alla donna la piena autonomia e responsabilità nella gestione delle sedi ambulatoriali precedentemente gestite, dall’altro, riorganizzato l’intero servizio infermieristico escludendo dunque una fittizietà. In conclusione la Corte sottolinea come il ricorso si limiti sostanzialmente a proporre una diversa ricostruzione fattuale, inammissibile nel giudizio di legittimità. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso principale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 11 aprile – 16 maggio 2017, n. 12052 Presidente Rordorf – Relatore D’Antonio Fatti di causa La Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Rovigo, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulle pretese risarcitorie avanzate da S.M. nei confronti della AUSL n. di Rovigo in relazione al periodo successivo al 30/6/1998 e fino al giugno 1999, ed ha rigettato nel merito tutte dette domande risarcitorie conseguenti al demansionamento della lavoratrice per effetto della delibera del 10/7/1997 del direttore generale e del successivo ordine di servizio del 28/8/97. La Corte territoriale, qualificata l’azione esperita dalla S. come contrattuale per risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni inerenti il rapporto di lavoro, ha rilevato che il demansionamento, sebbene originatosi dai suddetti provvedimenti anteriori al 30/6/1998, si era protratto anche nel periodo successivo sicché la pretesa risarcitoria era stata ricondotta dall’appellante anche ad un comportamento illecito del datore di lavoro permanente, con la conseguenza che il difetto di giurisdizione, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, poteva affermarsi solo con riferimento al periodo anteriore al giugno 1998. Nel merito la Corte territoriale, escluso che fosse intervenuta la prescrizione decennale applicabile alla fattispecie, ha ritenuto non sussistente il demansionamento e totalmente indimostrati e insussistenti i danni denunciati. Avverso la sentenza ricorre in Cassazione la S. con quattro motivi. Resiste la AUSL n di Rovigo con controricorso e ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art 378 cpc. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di diritto art 360 n 3 cpc e censura la sentenza per aver ritenuto non esaminabile il demansionamento successivo al giugno 1999 non avendo la ricorrente impugnato davanti al TAR il provvedimento di riorganizzazione del 29/7/1999. Rileva, infatti, l’inesistenza della pregiudiziale amministrativa e l’ammissibilità della tutela risarcitoria anche in caso di mancata impugnazione del provvedimento amministrativo. 1.1 Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione circa la non provata sussistenza del demansionamento. Rileva che nessuno degli elementi di fatto presi in considerazione dalla Corte era rilevante prima del 1997 era responsabile di tutto il personale infermieristico, tecnico e ausiliario del distretto n. , n o missis e dell’ex Ospedale psichiatrico provinciale di Via e che,successivamente, era diventata capo sala degli ambulatori del poliambulatorio. 1.2 Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione e violazione di legge circa l’insussistenza del danno. 1.3 Con il quarto motivo denuncia vizio di motivazione circa l’irrilevanza della prova testimoniale. 2.1 motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati. Circa il demansionamento successivo al 1999 deve rilevarsi che la Corte territoriale, contrariamente a quanto affermato dalla S. , non si è limitata a riportare,quale fatto storico, che il provvedimento di riorganizzazione del 1999 non era stato impugnato davanti al TAR,ma ha motivato che la S. non aveva rivolto alcuna censura a detto provvedimento, che non vi erano specifiche allegazioni e deduzioni su quanto avvenuto dopo il 1999 e che neppure la lavoratrice aveva esposto i fatti rilevanti ai fini della valutazione del demansionamento e delle consequenziali pretese risarcitorie con riferimento a detto periodo. Il primo motivo risulta, pertanto, infondato in quanto la Corte territoriale non ha esaminato il demansionamento successivo al 1999 sulla base dell’erroneo presupposto della sussistenza di una pregiudiziale amministrativa, ma in considerazione della mancanza di specifiche censure a detto provvedimento ed alle relative conseguenze derivate alla S. . 2.2 In ordine ai successivi motivi relativi alla sussistenza del demansionamento non si ravvisa il vizio di motivazione denunciato ma, anzi, la Corte d’appello spiega in modo completo le ragioni della decisione sottolineando che, pur ravvisandosi una riduzione quantitativa dei compiti affidati alla S. , da un punto di vista qualitativo non si ravvisava alcun demansionamento. Né l’esame della normativa contrattuale sulla quale la ricorrente fonda le sue censure consentono di pervenire ad una pronuncia alla stessa favorevole, considerato che la Corte ha ritenuto che,nella citata delibera del 1997, era stata mantenuta alla lavoratrice la piena autonomia e responsabilità nella gestione di tutte le sedi ambulatoriale della AUSL n che il provvedimento del 1997 aveva riguardato l’intera riorganizzazione del servizio infermieristico e, dunque, era da escludersi una sua fittizietà e che la S. , prima della modifica, rispondeva alla dirigente infiermeristica D. e che, dunque, non era decisiva la circostanza che ora doveva rispondere alla M. . La ricorrente si duole che la Corte territoriale non aveva valutato che essa non aveva la gestione di tutte le sedi ambulatoriali territoriali, come affermato in sentenza, ma solo degli ambulatori del Poliambulatorio distrettuale di Via omissis . La circostanza, peraltro, non appare costituire fatto controverso e decisivo che, ai sensi dell’art 360 n 5 cpc, consente di affermare la carenza della motivazione atteso che la Corte territoriale ha dato atto di un’indiscutibile riduzione quantitativa dei compiti affidati alla S. , ma ha escluso da un punto di vista qualitativo il demansionamento. In definitiva il ricorso si limita ad opporre un’altra soluzione interpretativa, basata su una diversa ricostruzione fattuale, all’evidenza inammissibile. Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione, delle risultanze degli atti di causa. 2.3 Le censure di cui al terzo motivo relative all’affermata insussistenza del danno restano assorbite dal rigetto del secondo motivo. 2.4 Infine, circa il quarto motivo con cui la ricorrente si duole della mancata ammissione della prova testimoniale, deve rilevarsi che la Corte d’appello spiega capitolo per capitolo le ragioni della mancata ammissione. Anche sotto tale profilo deve rilevarsi che costituisce consolidato insegnamento, anche prima della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che sia sempre vietato invocare in sede di legittimità un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché non ha la Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito tra le molte, v. Cass. 17 novembre 2005, n. 23286 Cass. 18 maggio 2006, n. 11670 Cass. 9 agosto 2007, n. 17477 Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162 Cass. 6 marzo 2008, n. 6064 Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825 Cass. 26 marzo 2010, n. 7394 Cass. 18 marzo 2011, n. 6288 Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197 . Pertanto non può essere invocata una lettura delle risultanze probatorie difforme da quella operata dalla Corte territoriale, essendo la valutazione di tali risultanze - al pari della scelta di quelle, tra esse, ritenute più idonee a sorreggere la motivazione - un tipico apprezzamento di fatto, riservato in via esclusiva al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili , non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva per tutte Cass. 20 aprile 2012, n. 6260 . 3. Con il ricorso incidentale l’Azienda ULSS n di Rovigo denuncia violazione dell’art 63 e 69 dlgs 165/2001, difetto di giurisdizione anche in relazione al periodo successivo al giugno 1998 ed intervenuta decadenza per mancata proposizione entro il 15/9/2000 delle domande davanti al giudice amministrativo primo motivo . Denuncia, inoltre, vizio di motivazione e prescrizione quinquennale delle pretese risarcitorie secondo motivo . Detto ricorso risulta assorbito dal rigetto del ricorso principale. 4. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi.