Il giudizio di rinvio non è un procedimento nuovo rispetto a quello di primo grado

Il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur essendo dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario. Ciò vale anche se, nel contempo, sono mutate le regole processuali in questi casi, infatti, si applicheranno le norme vigenti al momento in cui era stato introdotto il giudizio di primo grado, salvo sia diversamente previsto.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10213/17 depositata il 26 aprile. Il caso. Un soggetto adiva il giudice per vedere condannato l’assicuratore al pagamento dell’indennizzo contrattualmente pattuito contro gli infortuni. La Corte d’appello di Genova, in sede di rinvio, accoglieva la sua domanda, ma compensava integralmente le spese di lite. L’assicurato quindi ricorreva in Cassazione, lamentando che la compensazione poteva essere disposta solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni” insussistenti nel caso di specie , che la questione sottoposta alla Corte non era affatto controvertibile” e che, comunque, non poteva riguardare il giudizio di rinvio, nel quale non si poteva più discutere della regula iuris applicabile al caso concreto . Il giudizio di rinvio e le regole processuali. La Corte di Cassazione evidenzia come il giudizio era iniziato nel 1996, anno in cui il testo dell’art. 92 c.p.c. non era stato ancora sottoposto alle modifiche odierne. Secondo il ricorrente, il giudizio di rinvio costituisce una fase autonoma e nuova del processo, motivo per cui dovrebbe applicarsi la legge riformata. Quest’ultimo poi aggiunge che, sebbene la decisione del giudice di merito sulle spese sia discrezionale, essa non può comunque compiersi in maniera arbitraria e in mancanza di motivazione. La Corte, però, non condivide queste doglianze. In una pronuncia delle Sezioni Unite, la n. 19701/10, infatti, si è stabilito che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico e unitario . Da questo consegue che, pur mutando nel contempo le regole processuali, il giudizio di rinvio resta soggetto – ove non diversamente previsto – alla legge processuale vigente al momento in cui venne introdotto il giudizio di primo grado . Pertanto, conclude la Corte di Cassazione, essendo stata fornita dal giudice di merito una motivazione esplicita sulle circostanze di fatto giustificative della compensazione, il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 6 dicembre 2016 – 26 aprile 2017, n. 10213 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione 1. A.D. ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Genova 27.2.2014 n. 263, con la quale - decidendo in sede di rinvio - era stata accolta la sua domanda di condanna dell’assicuratore privato contro gli infortuni al pagamento dell’indennizzo contrattualmente pattuito, ma erano state compensate integralmente le spese di lite. 2. Tutti e tre i motivi di ricorso proposti dal ricorrente investono la statuizione con la quale la Corte d’appello ha ritenuto di compensare integralmente le spese di lite. Tale statuizione è censurata - ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., sul presupposto che la compensazione poteva essere disposta solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni , nella specie non sussistenti - ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’appello trascurato di considerare che la questione ad essa sottoposta non era affatto controvertibile , ma risolubile in base ad un principio di diritto da tempo consolidato nella giurisprudenza di legittimità - ai sensi, ancora, dell’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello trascurato di considerare che la controvertibilità della questione non avrebbe potuto mai riguardare il giudizio di rinvio, nel quale non si poteva più discutere della regula iuris applicabile al caso concreto. 2.1. Il ricorso appare infondato. Il presente giudizio è iniziato in primo grado nel 1996, ed ad esso si applica dunque l’art. 92 c.p.c. nel testo previgente alle modifiche introdotte le prime di una lunga serie dall’art. 2, comma 1, della L. 28 dicembre 2005, n. 263. Tali modifiche, in virtù della previsione contenuta nell’art. 2, comma 4, della suddetta legge, si applicano infatti ai procedimenti instaurati successivamente al 1 marzo 2006. Pertanto la norma applicabile dal giudice del rinvio era quella che consentiva la compensazione delle spese nel caso di giusti motivi ed è orientamento risalente ed unanime di questa Corte, formatosi nella vigenza della suddetta norma, quello secondo cui la scelta di compensare le spese di lite rientra tra le facoltà discrezionali del giudice di merito, e non è sindacabile in sede di legittimità ex permultis, Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013, Rv. 627183 Sez. 5, Sentenza n. 20457 del 06/10/2011, Rv. 619315 Sez. L, Sentenza n. 7523 del 27/03/2009, Rv. 607430 Sez. 3, Sentenza n. 8059 del 31/03/2007, Rv. 598912 . 3. Si propone pertanto il rigetto del ricorso . 2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dalla ricorrente nella propria memoria. 2. Nella suddetta memoria, oltre a ribadire ed illustrare censure già contenute nel ricorso, il ricorrente sostiene che la relazione preliminare non può essere condivisa sotto due profili. 2.1. In primo luogo, perché all’epoca della decisione conclusiva del giudizio di rinvio non era più in vigore il testo originario dell’art. 92 c.p.c Formula, al riguardo, la seguente tesi a la pronuncia in questa sede contestata è contenuta in una sentenza pronunciata in esito al giudizio di rinvio b il giudizio di rinvio costituisce una fase autonoma e nuova del processo, e non la mera prosecuzione del precedente giudizio c ergo, al giudizio di rinvio doveva applicarsi l’art. 92 c.p.c. nel testo vigente all’epoca della sentenza impugnata ovvero alla data del 27.2.2014 . 2.2. Sostiene poi il ricorrente che la relazione preliminare non può essere condivisa perché essa trascura di considerare che l’art. 92 c.p.c., anche prima delle modifiche introdotte dal 2006 in poi, era stato da questa Corte più volte interpretato nel senso che, se è vero che la scelta del giudice di merito di compensare le spese di lite è discrezionale, non è men vero che quella scelta non può compiersi ad arbitrio e senza alcuna motivazione. Cita, a supporto di queste deduzioni, vari precedenti di questa Corte, nei quali si afferma il principio che non è consentito al giudice di merito compensare le spese di lite del tutto immotivatamente. 3. La deduzioni contenute nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., e riassunte al § 2.1 che precede, non possono essere condivise. Esse infatti contrastano col principio, stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario. Da ciò consegue che il giudizio di rinvio, nel caso di mutamento delle regole del processo, resta soggetto - ove non diversamente previsto - alla legge processuale vigente al momento i n cui venne introdotto il giudizio di primo grado Cass. civ., sez. un., 17-09-2010, n. 19701, con la quale si è ritenuto che se il processo in primo grado è iniziato in prima dell’entrata in vigore dell’art. 2, comma primo, lett. g , L. 28 dicembre 2005 n. 263, che ha modificato l’art. 163 bis c.p.c., la citazione introduttiva del giudizio di rinvio deve fissare al convenuto un termine a comparire di 60 giorni, a nulla rilevando che al momento della notifica di tale atto il termine in questione sia stato elevato a 90 giorni . Tale principio, in seguito. è stato ribadito ancora dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 11844 del 9 giugno 2016, la quale ha stabilito che nel caso di cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo ed unico grado, la sentenza del giudice di rinvio è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, a nulla rilevando l’intervenuta modifica, sopravvenuta nelle more, del regime di impugnabilità della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario. 4. Non sembrano risolutive, altresì, le argomentazioni svolte nella memoria dal ricorrente, e riassunte al § 2.2. che precede. Ciò per due ragioni sia perché i precedenti invocati dal ricorrente non sembrano attagliarsi al caso di specie sia perché sulla questione di diritto sollevata dal ricorrente si sono ormai pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte, componendo i precedenti contrasti. 4.1. Sotto il primo aspetto, va ricordato che il ricorrente invoca tre precedenti ovvero quelli decisi da Sez. 2, Sentenza n. 5696 del 10/04/2012, Sez. L, Sentenza n. 17868 del 31/07/2009, e Sez. 2, Sentenza n. 20017 del 26/09/2007. La decisione pronunciata da Cass. 20017/07, cit., aveva ad oggetto un caso in cui il Giudice di pace, accogliendo l’opposizione ad una sanzione amministrativa, aveva compensato le spese tacendo del tutto sulle ragioni della compensazione. Un precedente, dunque, avente ad oggetto una fattispecie diversa da quella oggi in esame, in quanto la Corte d’appello di Genova ha pur sempre esposto le ragioni della compensazione, sia pure in modo sintetico. La decisione pronunciata da Cass. 17868/09, cit., ha rigettato il ricorso col quale si lamentava la violazione dell’art. 92 c.p.c., in un caso in cui il giudice di merito aveva compensato le spese di lite così motivando in considerazione della contumacia dell’appellato e della esiguità dell’interesse economico coltivato con il gravame . Una motivazione, dunque, altrettanto scarna, se non di più, di quella oggi censurata dal ricorrente. La decisione del 2009, dunque, più che corroborare le tesi sostenute nel ricorso, sembra addirittura contrastarle. La decisione pronunciata da Cass. 5696/12, cit., infine, aveva ad oggetto un caso in cui il giudice di merito aveva addirittura condannato la parte vittoriosa alla rifusione di due terzi delle spese di lite alla parte soccombente ovvio dunque che una simile decisione venisse cassata, non potendo mai addossarsi alla parte vittoriosa le spese di lite. Ben diverso tuttavia è il nostro caso, nel quale la parte vittoriosa si è vista compensare le spese, ma non è stata condannata a rifondere quelle della parte avversa. Rilevato dunque come i precedenti invocati dal ricorrente non paiano decisivi, v’è da aggiungere che la questione posta dal ricorrente, che in passato aveva dato luogo a vari oscillazioni nella giurisprudenza di questa Corte, è stata definitivamente risolta dall’intervento delle Sezioni Unite, le quali con la sentenza n. 20598 del 30/07/2008 hanno stabilito i seguenti principi a il provvedimento di compensazione delle spese per giusti motivi deve essere motivato b la motivazione può essere esplicita od implicita c la motivazione implicita può desumersi anche dal complesso della motivazione adottata d ergo, la compensazione delle spese deve dirsi motivata quando le argomentazioni svolte per la statuizione di merito o di rito contengano considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata. Nella medesima sentenza, le Sezioni Unite hanno altresì indicato alcuni esempi di motivazioni implicitamente giustificative della compensazione delle spese ad esempio, l’affermazione dell’esistenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali. Nel caso di specie non solo la Corte d’appello ha adottato una motivazione esplicita per compensare le spese la difficoltà della materia e la controvertibilità di essa, affermazioni certamente non sindacabili in questa sede di legittimità ma ha altresì dato conto nella motivazione di circostanze di fatto che costituiscono una valida motivazione implicita di quella compensazione ed in particolare la circostanza che l’odierno ricorrente rimase soccombente in due gradi di giudizio circostanza di per sé idonea a suscitare nella controparte un ragionevole affidamento sulla fondatezza delle proprie eccezioni, e di conseguenza ad insistere nella resistenza in appello e poi sede di legittimità. 5. L’indefensio dell’intimata rende inutile provvedere sulle spese del presente giudizio. 5.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c. - rigetta il ricorso - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di A.D. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.