Il caso della ricomparsa della persona cancellata dall’anagrafe per irreperibilità

In tema di cancellazione di un soggetto dall’anagrafe per irreperibilità, la successiva ricomparsa dello stesso comporta il bisogno di una nuova iscrizione anagrafica. Questo determina, nei casi di ricomparsa, una soluzione di continuità nelle iscrizioni che rende impossibile, di regola, risalire al Comune di ricomparsa dell’irreperibile.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8909/17 depositata il 6 aprile. Il caso. In un caso relativo ad una sentenza dichiarativa di fallimento di una s.r.l., quest’ultima proponeva reclamo davanti alla Corte d’appello dopo l’istanza ad opera di un’altra società, che era stata notificata al legale rappresentante della prima. La notifica aveva seguito le prescrizioni dell’art. 143 c.p.c., in quanto quest’ultimo era irreperibile nel Comune in cui vi era la sua ultima residenza conosciuta Comune di Rho pertanto il deposito dell’atto da notificare veniva effettuato presso la casa comunale. La Corte d’appello disattendeva l’eccezione della s.r.l. reclamante, secondo cui il legale rappresentante della società non era affatto irreperibile, ma risiedeva in Busto Garolfo, come da certificato rilasciato da quel Comune. Lo spostamento era avvenuto per ignota destinazione”, non sussistendo alcuna connessione nota tra i due luoghi e non avendo egli fornito alcun dato che potesse consentire la sua utile ricerca . Irreperibilità e iscrizione anagrafica. La s.r.l. ricorreva in Cassazione, lamentando violazione dell’art. 143 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c Infatti, mentre il legale rappresentante aveva svolto tutti i compiti prescritti dalla legge, dichiarando la sua ricomparsa nel Comune di Busto Garolfo, mentre la società istante non aveva invece svolto tutte le ricerche suggerite dalla ordinaria diligenza . Secondo la Corte di Cassazione questa censura è inammissibile per genericità, non essendosi specificato nel ricorso se e cosa esattamente sarebbe risultato dalle indicate indagini, ove effettuate e se di tali risultanze la ricorrente avesse prodotto idonea documentazione nel giudizio di merito . L’art. 7, comma 2, del regolamento anagrafico della popolazione residente d.P.R. n. 223/1989 , prescrive che in caso di ricomparsa di una persona cancellata per irreperibilità deve provvedersi a una nuova iscrizione anagrafica . Questo determina, nei casi di ricomparsa, una soluzione di continuità nelle iscrizioni a differenza di quanto avviene in caso di trasferimento della residenza, che si esegue con la doppia annotazione nei registri del Comune di arrivo e del Comune di partenza , che rende impossibile, di regola, risalire al Comune di ricomparsa dell’irreperibile. E per quanto attiene all’onere della prova, dice la Suprema Corte, chi sostenga il contrario – e cioè la possibilità di risalirvi – deve dimostrare tale assunto in giudizio. Per questi motivi, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 febbraio – 6 aprile 2017, n. 8909 Presidente Nappi – Relatore De Chiara Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Bologna ha respinto il reclamo proposto dalla SIGIMA s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, pronunciata dal Tribunale di Modena il 14 maggio 2013 dopo che l’istanza della GE Capital Servizi Finanziari s.p.a. era stata notificata, con il decreto di fissazione dell’udienza davanti al Tribunale, al legale rappresentante della società debitrice ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., attesa la sua irreperibilità nel comune di Rho, sua ultima residenza conosciuta, presso la cui casa comunale il 28 febbraio 2013 era stato effettuato il deposito dell’atto da notificare. A tal riguardo la Corte ha disatteso l’eccezione della reclamante, secondo cui il legale rappresentante della società, sig. A.D. , all’epoca della notifica non era affatto irreperibile, risultando invece residente in omissis , come da certificato rilasciato da quel Comune, in base al quale il sig. A. era stato cancellato per irreperibilità dall’anagrafe di Rho il 16 marzo 2010 ed era poi ricomparso nel comune di omissis dal 21 settembre 2010. Infatti - ha osservato - lo spostamento del sig. A. da era avvenuto per ignota destinazione , non sussistendo alcuna connessione nota tra detto luogo e il diverso comune omissis in cui egli è risultato essersi trasferito senza fornire alcun dato che potesse consentire la sua utile ricerca. 2. La S.R.L. ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, cui nessuna delle parti intimate ha resistito. Ragioni della decisione 1. Con i primi due motivi di ricorso, strettamente connessi e perciò illustrati congiuntamente dalla stessa ricorrente, si denuncia violazione degli artt. 143 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. Si lamenta che la Corte d’appello non abbia censurato la violazione dell’onere incombente sul notificante di ricercare diligentemente il destinatario della notificazione, prima di procedere con lo speciale rito previsto per gli irreperibili. Si osserva, in particolare, che mentre il sig. A. aveva fatto tutto quanto impostogli dalla legge, dichiarando la sua ricomparsa al comune di omissis , la società istante non aveva invece svolto tutte le ricerche suggerite dalla ordinaria diligenza, avendo, una volta appreso della cancellazione dell’A. per irreperibilità, omesso di esaminare, presso il Comune di Rho, la comunicazione del modello APRO da parte del comune di ricomparsa, prevista dalle istruzioni ISTAT, nonché omesso di svolgere ulteriori accertamenti presso altri enti o uffici pubblici, quali l’ufficio elettorale, il PRA, la Prefettura. 1.1. Tali motivi sono inammissibili per genericità, omettendosi nel ricorso di specificare se e cosa esattamente sarebbe risultato dalle indicate indagini, ove effettuate, presso il Comune di e gli altri uffici ed enti menzionati se, cioè, presso di essi effettivamente esistesse traccia della nuova residenza dell’A. e se di tali risultanze la ricorrente avesse prodotto idonea documentazione nel giudizio di merito. In mancanza di tali specificazioni, la complessiva censura ha carattere puramente teorico ed è priva di decisività. È pacifico, invero, che il sig. A. si era reso irreperibile presso la sua residenza anagrafica in Rho, tanto da essere cancellato dai registri anagrafici di quel Comune pertanto la società creditrice si era trovata nell’impossibilità di risalire, consultando quei registri, alla sua nuova residenza nel comune di omissis , dato che l’art. 7, comma 2, del regolamento anagrafico della popolazione residente approvato con d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 prevede che in caso di ricomparsa di una persona cancellata per irreperibilità deve provvedersi a nuova iscrizione anagrafica il che determina, in caso di ricomparsa in un comune diverso da quello di cancellazione, una soluzione di continuità nelle iscrizioni a differenza di quanto avviene in caso di trasferimento della residenza, che si esegue con la doppia annotazione nei registri del comune di arrivo e del comune di partenza, ai sensi degli artt. 13 e 18 d.P.R. cit. , che preclude, di regola, la possibilità di risalire al comune di ricomparsa dell’irreperibile con la conseguenza che chi sostenga esservi invece stata, nonostante ciò, la possibilità di risalire alla residenza di ricomparsa grazie alle risultanze di un determinato ufficio o registro, ha l’onere di dimostrare tale assunto. 2. Il terzo e il quarto motivo di ricorso, con cui si sottolinea il carattere essenziale e imprescindibile della notificazione dell’istanza di fallimento, sono inammissibili non avendo attinenza con la ratio della decisione impugnata, che non ha affatto negato tale essenzialità, bensì ritenuto valida la notificazione come eseguita. 3. L’inammissibilità dei motivi comporta l’inammissibilità del ricorso. In mancanza di attività difensiva delle parti intimate non occorre provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.