Non serve l’attestazione di consegna del gestore di PEC perché si realizzi regolarmente la notifica

Non è necessaria la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta al fine di attestare l’esito negativo dell’invio, potendo quest’ultimo essere attestato dal cancelliere incaricato della notifica in via telematica.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8014/17 depositata il 28 marzo. Il caso. Il socio di una s.n.c. proponeva appello, poi respinto dalla Corte d’appello di Torino, avverso la dichiarazione di fallimento della società. Avverso questa pronuncia egli ricorreva in Cassazione. La notifica via PEC. Motivo di doglianza è il fatto che la notifica via PEC non sarebbe da ritenersi regolarmente realizzata, non essendovi stata attestazione di consegna del gestore di posta. Questa attestazione, infatti, a detta del ricorrente non sarebbe surrogabile da dichiarazione del cancelliere di presunta impossibilità di notifica in via telematica, trattandosi di un’affermazione generica come tale inidonea a legittimare il ricorso a forme sussidiarie di notifica . La Corte di Cassazione ritiene che questa censura sia infondata. L’art. 15, comma 3, l. fall. dispone che quando non è possibile effettuare la notificazione, o quando essa non ha esito positivo, la notifica si deve eseguire esclusivamente di persona, a cura del ricorrente, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Ma questa norma non prevede particolari modalità attestative nei casi in cui sia impossibile eseguire la notifica a mezzo PEC. Non vi è accenno nella legge, prosegue la Corte, alla specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta al fine di attestare l’esito negativo dell’invio, ben potendo l’esito della notifica essere attestato dal cancelliere al quale sia stato affidato il compito di procedere alla notifica in via telematica . Il ricorso viene quindi rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 3 febbraio – 28 marzo 2017, n. 8014 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con sentenza del 25 maggio 2015 la Corte di Appello di Torino ha respinto il reclamo proposto da S.S. avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Cuneo aveva dichiarato il fallimento della società G.E. & amp C. s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili G.E. e S.S. . 2. La S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. 3. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 legge fall. e degli artt. 139, 140 141 e 145 c.p.c. art. 360 n. 3 c.p.c. e la nullità della sentenza art. 360 n. 4 c.p.c. potendo la notifica via PEC del ricorso per la dichiarazione di fallimento reputarsi regolarmente realizzata solo in presenza di un’attestazione di consegna del gestore di posta elettronica certificata, attestazione non surrogabile da una dichiarazione del cancelliere di presunta impossibilità di notifica in via telematica, trattandosi di un’affermazione generica come tale inidonea a legittimare il ricorso a forme sussidiarie di notifica. 4. Con il secondo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 15 legge fall. e degli artt. 2729 e 2697 c.c. art. 360 n. 3 c.p.c. , dell’omesso esame di un fatto decisivo art. 360 n. 5 c.p.c. e della nullità della sentenza art. 360 n. 4 c.p.c. avendo la Corte di Appello omesso di considerare non solo le circostanze e le istanze istruttorie articolate dalla reclamante a supporto delle proprie allegazioni difensive e l’attuale indisponibilità, da parte della reclamante, della documentazione aziendale. 5. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5, 6, 7 e 15 legge fall. e degli artt. 2729 e 2697 c.c. art. 360 n. 3 c.p.c. , l’omesso esame di un fatto decisivo art. 360 n. 5 c.p.c. e la nullità della sentenza art. 360 n. 4 c.p.c. , avendo la Corte territoriale posto a carico della fallenda l’onere di dimostrare la propria capacità patrimoniale di soddisfare le obbligazioni, dovendo invece la prova dello stato di insolvenza gravare sul ricorrente. Ritenuto che 6. Il primo motivo è infondato. L’art. 15, comma 3, legge fall., nel disporre che quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese , non prevede particolari modalità attestative circa l’impossibilità di eseguire la notifica a mezzo PEC, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l’esito negativo dell’invio, ben potendo l’esito della notifica essere attestato dal cancelliere al quale sia stato affidato il compito di procedere alla notifica in via telematica. Peraltro il motivo si incentra su un elemento di fatto nuovo mancanza dell’attestazione del gestore che non risulta prospettato in sede di reclamo. 7. Il secondo motivo è infondato, atteso che l’art. 1 L.F. pone a carico del resistente l’onere di dimostrare i requisiti di non fallibilità specificamente previsti dalla norma. La ricorrente sostiene che la Corte di Appello non ha esaminato le istanze istruttorie articolate dalla fallenda ma non specifica quali siano concretamente tali mezzi di prova. Il fatto che le scritture contabili fossero indisponibili non costituisce una circostanza idonea ad esonerare la fallenda dall’assolvimento dell’onere probatorio. 8. Il terzo motivo è infondato. Il riferimento operato dalla Corte di Appello al fatto che la reclamante non è stata in grado di spiegare in che modo la stessa potesse far fronte alle proprie obbligazioni, lungi dal costituire un’inversione dell’onere della prova circa lo stato di insolvenza, costituisce evidentemente un argomento speso dalla Corte di Appello allo scopo di sottolineare il proprio convincimento sullo stato di impotenza patrimoniale, desunto dal trafugamento dei beni aziendali e dal trasferimento all’estero dei ricavi. Infine va rilevato come la ricorrente abbia introdotto per la prima volta, in questa sede, la difesa relativa alla mancanza dello stato di insolvenza. 9. Il ricorso va pertanto respinto senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13 comma i quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.