L’importanza della “posta in gioco” dipende dalle tasche di chi gioca

L’importo assegnato o la cd. posta in gioco” , nell’ambito di un giudizio presupposto per violazione della legge Pinto, può ben essere di ammontare esiguo. Ciò, però, non esclude automaticamente la configurabilità del diritto all’indennizzo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6643/17 depositata il 15 marzo. Il caso. Una bracciante agricola decideva di adire il giudice per condannare il Ministero della Giustizia a corrisponderle un equo indennizzo dovuto ad una causa di espropriazione durata più di nove anni. La Corte d’appello di Catanzaro rigettava il ricorso, sulla base dell’esiguità dell’importo assegnato 643,35 € nell’ambito del giudizio presupposto”. Ciò induceva il giudice a ritenere che l’irragionevole durata del processo non avesse avuto conseguenze stressanti per l’interessato , motivo per cui aveva ritenuto giusto respingere la domanda. L’ansia ed il patema d’animo e il danno non patrimoniale. Avverso questa pronuncia ricorreva l’attrice, deducendo violazione di legge e assoluta carenza di motivazione. Secondo la ricorrente, infatti, la scarsa entità della, per così dire, posta in gioco” incide solo sul quantum dell’indennizzo, non sull’ an . E, per altro, la valutazione della modestia della causa operata dalla Corte è del tutto ingiustificata, considerando la rilevanza che quel credito può avere in relazione allo status di bracciante agricola della ricorrente, con un modesto livello di reddito . Inoltre, le lungaggini del processo le avrebbero causato ansia e patema d’animo in dipendenza dell’impossibilità di fruire di un beneficio economico destinato alla soddisfazione di esigenze primarie . Se vi è lesione del diritto La Corte di Cassazione ricorda che deve escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa , cioè in automatica dipendenza con l’accertamento della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo. Ma il giudice, se accerta la violazione, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente . Inoltre, l’ansia ed il patema d’animo si verificano anche nei giudizi in cui la posta in gioco è esigua, onde tale aspetto può avere solo un effetto riduttivo dell’entità del risarcimento, ma mai escluderlo totalmente . Per questi motivi, il ricorso deve essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 5 dicembre 2016 – 15 marzo 2017, n. 6643 Presidente Petitti– Relatore Abete Fatti di causa Con ricorso ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89/2001 alla corte d’appello di Catanzaro depositato in data 20.12.2012 N.C. si doleva per l’eccessiva durata, pari a nove anni e sedici giorni, di un’espropriazione presso terzi da ella intrapresa dinanzi al g.e. del tribunale di Reggio Calabria con atto di pignoramento notificato il 9.5.2003, espropriazione poi sospesa ai sensi dell’art. 624 cod. proc. civ. a seguito della proposizione di opposizione ex art. 615, 2 co., cod. proc. civ. da parte dell’I.N.P.S., debitore esecutato, e definita, a seguito del rigetto dell’opposizione con sentenza n. 1851/2011 della corte di appello di Reggio Calabria, con ordinanza di assegnazione in data 25.5.2012. Chiedeva che si ingiungesse al Ministero della Giustizia di corrisponderle un equo indennizzo, da determinarsi secondo i parametri di legge, a ristoro dei danni tutti subiti oltre interessi e spese. Con decreto n. 208/2013 la corte d’appello di Catanzaro, in persona del giudice designato, rigettava il ricorso. Avverso tale decreto N.C. proponeva opposizione ai sensi dell’art. 5 ter della legge n. 89/2001. Resisteva il Ministero. Con ordinanza recte, decreto dei 16.9/19.11.2014 la corte d’appello di Catanzaro rigettava l’opposizione e compensava le spese di lite. Esplicitava - la corte - che nell’ambito del giudizio presupposto l’ammontare della somma assegnata era pari ad Euro 643,35 che dunque l’esiguità dell’importo era tale da indurre a ritenere che l’irragionevole durata del processo non avesse avuto conseguenze stressanti per l’interessato, sicché correttamente la richiesta di indennizzo era stata respinta. Avverso tale ordinanza recte, decreto ha proposto ricorso sulla scorta di due motivi N.C. ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese - da attribuirsi al difensore antistatario - dei giudizi di merito e di legittimità. Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in due motivi ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso ed, in accoglimento del ricorso incidentale, dichiarare infondata la domanda ex adverso azionata con il favore delle spese. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione Con il primo motivo la ricorrente principale in relazione all’art. 360, 1 co., nn. 3 e 5, cod. proc. civ. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89/2001 l’assoluta carenza di motivazione. Deduce che la controversia presupposta non è di modesto valore ed in ogni caso che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, la scarsa entità della posta in gioco incide solo sul quantum dell’indennizzo. Con il secondo motivo la ricorrente principale in relazione all’art. 360, 1 co., nn. 3 e 5, cod. proc. civ. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 della Convenzione E.D.U., come modificato dall’art. 12 del Protocollo 14 della stessa Convenzione l’assoluta carenza di motivazione. Deduce che l’applicazione dell’art. 35 C.E.D.U., quale effettuata dalla corte di merito, contrasta palesemente con i principi elaborati dalla Corte E.D.U. propriamente in sede di interpretazione del medesimo articolo 35. Deduce segnatamente che la valutazione della modestia della causa , quale operata dalla corte distrettuale, è del tutto ingiustificata che invero il credito azionato è di natura previdenziale ed è di importo rilevante in relazione al suo status di bracciante agricola con un modesto livello di reddito. Deduce quindi che le lungaggini dell’espropriazione presso terzi le hanno cagionato ansia e patema d’animo in dipendenza dell’impossibilità di fruire di un beneficio economico destinato alla soddisfazione di esigenze primarie. Con il primo motivo il ricorrente incidentale in relazione all’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89/2001. Deduce che la corte territoriale ha errato allorché ha opinato per l’operatività della sospensione feriale dei termini con riferimento al termine decadenziale semestrale di cui all’art. 4 della legge n. 89/2001 che infatti il termine di cui all’art. 4 cit. ha natura sostanziale e non processuale. Deduce su tale scorta che il dies a quo coincide con il 25.5.2012, di dell’ordinanza di assegnazione pronunciata dal g.e., ed il dies ad quem con il 25.11.2012, sicché il ricorso ex art. 3 della legge n. 89/2001, siccome depositato in data 20.12.2012, deve reputarsi tardivamente proposto. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale in relazione all’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89/2001. Deduce che, pur ad attribuire natura processuale al termine di cui all’art. 4 della legge n. 89/2001, deve opinarsi per l’inapplicabilità della sospensione dei termini ex lege n. 742/1969. Si impone dapprima la disamina del ricorso incidentale in considerazione della sua valenza preliminare. Ambedue i motivi del ricorso incidentale, da trattare contestualmente giacché strettamente connessi, sono comunque destituiti di fondamento. È sufficiente richiamare l’insegnamento di questa Corte alla cui stregua, poiché fra i termini per i quali l’art. 1 della legge n. 742/1969 prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorché l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dall’art. 4 della legge n. 89/2001 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo cfr. Cass. 18.3.2016, n. 5423 Cass. 11.3.2009, n. 5895 . Alla data del 20.12.2012, di del deposito del ricorso ex art. 3 della legge n. 89/2001, non era perciò decorso il termine decadenziale semestrale di cui all’art. 4 della medesima legge n. 89/2001. Strettamente correlati sono del pari i motivi del ricorso principale. Se ne giustifica pertanto la disamina simultanea. Entrambi i motivi sono fondati e meritevoli di accoglimento. Alla luce dell’insegnamento n. 633 del 14.1.2014 di questa Corte il giudizio presupposto non può a rigore reputarsi di carattere bagattellare né la relativa posta in gioco , quanto meno in dipendenza dello status di bracciante agricola con un modesto livello di reddito della ricorrente, può considerarsi esigua. In tal guisa va ribadito l’ulteriore insegnamento a tenor del quale, in tema di equa riparazione ai sensi dell’art. 2 della legge n. 89/2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sicché, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa - ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione - il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, secondo le norme della citata legge n. 89/2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente né, d’altra parte, la indennizzabilità del danno di cui si tratta può essere esclusa sul rilievo dell’esiguità della posta in gioco nel processo presupposto, in quanto l’ansia ed il patema d’animo conseguenti alla pendenza del processo si verificano anche nei giudizi in cui la posta in gioco è esigua, onde tale aspetto può avere solo un effetto riduttivo dell’entità del risarcimento, ma mai escluderlo totalmente cfr. Cass. 13.4.2006, n. 8714 Cass. 3.10.2005, n. 19288 Cass. sez. un. 26.1.2004, n. 1339 . Ovviamente, in rapporto a tal ultimo rilievo, va reiterato l’insegnamento secondo cui, in tema di equa riparazione, ai sensi della legge n. 89/2001, per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, il giudice, nel determinare la quantificazione del danno non patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto del livello di soglia minima là dove l’accoglimento della pretesa azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio sofferto cfr. Cass. 24.7.2012, n. 12937 . In accoglimento del ricorso principale l’ordinanza recte, decreto dei 16.9/19.11.2014 della corte d’appello di Catanzaro va cassata con rinvio alla medesima corte in diversa composizione. All’enunciazione - giusta la previsione dell’art. 384, 1 co., cod. proc. civ. - del principio di diritto - al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio - può farsi luogo per relationem , nei termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti nn. 8714/2006, 19288/2005 e 1339/2004 dapprima citati. In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 10 d.p.r. n. 115/2002 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89/2001. Il che rende in ogni caso, al di là del buon esito del ricorso principale, inapplicabile l’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso incidentale accoglie il ricorso principale cassa in relazione ai motivi del ricorso principale l’ordinanza recte, decreto dei 16.9/19.11.2014 della corte d’appello di Catanzaro rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.