Se la concorrenza sleale è pura, la competenza non può essere delle sezioni specializzate

Con d.lgs. n. 168/2003 sono state istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale alle quali vengono devolute le controversie in materia di concorrenza sleale. C’è differenza però tra le fattispecie di concorrenza sleale interferente e concorrenza sleale cd. pura .

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5656/17 depositata il 7 marzo. Il caso. Il Tribunale di Rimini emetteva sentenza con la quale decideva della richiesta risarcitoria per concorrenza sleale con violazione di accordi contrattuali proposta da Sgo s.r.l Con tale pronuncia il giudice si dichiarava incompetente, indicando come competente la sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso il Tribunale di Bologna. Il segno distintivo rimosso. Per la cassazione di questa sentenza ricorreva la società attrice, lamentando l’erronea interpretazione del giudice adito della propria domanda. Questa era una domanda di concorrenza sleale pura, e non interferente. La società convenuta, infatti, aveva semplicemente violato dei patti negoziali i quali prevedevano che la clientela dell’attrice si servisse di una piattaforma modulare, di proprietà della società convenuta, per l’invio di ordini cd. a cascata”, direttamente fino alla società venditrice, ma con la presenza di un segno distintivo di essa danneggiata, allo scopo di far riconoscere l’appartenenza del cliente all’area influenzata da essa società Sgo s.r.l. . Vi era però stata una modifica unilaterale del software, con cui era stato eliminato il segno distintivo dell’attrice questo comportava la diminuzione degli ordini effettuati dalla clientela di quest’ultima, con forte danno economico. L’interferenza tra concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale. La Corte di Cassazione chiarisce, citando un precedente giurisprudenziale ordinanza n. 21762/13 , quando si configura e quando non l’interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale oppure nelle ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva . Ne discende che nel caso in cui vi sia cd. concorrenza sleale pura” la competenza delle sezioni specializzate va negata. Il principio di diritto enunciato dalla Corte. Poiché, nel caso di specie, non è contestata l’appartenenza del software alla società attrice, né è riscontrabile alcuna interferenza, neppure indiretta, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale o del diritto d’autore, la Suprema Corte, enunciando principio di diritto, esclude la competenza delle dette sezioni specializzate, in favore di quella della sezione ordinaria, nel caso di richiesta risarcitoria per sviamento della clientela riconducibile alla concorrenza sleale cd. pura . Per questo motivo il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con annessa dichiarazione di competenza del Tribunale ordinario di Rimini a decidere della causa.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 21 novembre 2016 – 7 marzo 2017, n. 5656 Presidente Dogliotti – Relatore Genovese Fatto e diritto Rilevato che Sgo srl, ha proposto regolamento di competenza, con atto notificato il 29-30 ottobre 2015, avverso la sentenza resa dal Tribunale di Rimini - sezione ordinaria, in data 30 settembre 2015, con la quale, decidendo sulla richiesta risarcitoria per concorrenza sleale con violazione di accordi contrattuali, subita da quella stessa società per il comportamento della Tagliabue Gomme Gross srl, e proposta contro di essa, si è dichiarato incompetente a conosce la controversia ritenendo competente per funzione la sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituita presso il Tribunale di Bologna che, secondo il tribunale ordinario, la società attrice, a sostegno della sua domanda, aveva dedotto l’utilizzazione di sistemi software comportanti dati gestionali interni e riservati della società attrice segreto industriale comportanti una concorrenza sleale per storno della clientela con interferenza dell’esercizio di diritti di proprietà industriale che tali allegazioni riguardavano informazioni aziendali riservate costituenti oggetto di protezione, ai sensi dell’art. 98 del D. Lgs n. 30 del 2005 CPI , e perciò l’accertamento della domanda di concorrenza sleale comportava l’esame di condotte poste in essere in violazione delle dette informazioni, riservate e protette che, di conseguenza. trattandosi di fattispecie di concorrenza sleale interferente, ai sensi dell’art. 3 del D. Lgs. n. 168 del 2003 nel testo applicabile ratione temporis, ossia dopo le modifiche introdotte dall’art. 2, co. 1, lett. d , del DL n. 1 del 2012, convertito nella legge n. 27 del 2012 il Tribunale ha concluso per l’appartenenza della controversia alla cognizione della sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituite dal menzionato D. Lgs. n. 168 che. secondo la società attrice, anzitutto, pur avendo il giudice pronunciato sentenza anziché ordinanza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., essa aveva proposto regolamento necessario di competenza dovendosi altrimenti intendere come facoltativo che il giudice aveva erroneamente interpretato la sua domanda, che era domanda di concorrenza sleale pura e non interferente in quanto formulata per lamentare la violazione di patti negoziali che prevedevano che la propria clientela si servisse, presso la sede di ciascun ordinante, di una piattaforma modulare, pacificamente di proprietà della società convenuta, per l’invio di ordini cd. a cascata , direttamente fino alla società venditrice, ma con la presenza di un segno distintivo di essa danneggiata, allo scopo di far riconoscere l’appartenenza del cliente all’area influenzata da essa società Sgo srl che, tuttavia, la convenuta, violando i patti, aveva unilateralmente modificato quel software eliminando dal modulo di richiesta degli ordini il segno dell’attrice cosicché gli ordini, riconducibili alla propria clientela, sarebbero fortemente diminuiti in ragione di quell’artificio che, pertanto, nella domanda risarcitoria per l’illecito e l’inadempimento contrattuale. non era contenuto alcun addebito circa l’impossessamento di dati sensibili da parte della convenuta, trattandosi di dati privi di segretezza, né l’eliminazione del proprio marchio dai moduli elettronici per la formulazione degli ordini implicava un accertamento sulla privativa che, in conclusione, l’attrice e odierna ricorrente ha chiesto che la controversia sia dichiarata di competenza del Tribunale ordinario di Rimini luogo di verificazione del danno in quanto sede della società danneggiata , o in alternativa di Verona luogo di compimento delle attività illecite, da parte della convenuta che, nelle sue conclusioni scritte, rese ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., il pubblico ministero come detto - ha concluso per la dichiarazione di competenza del Tribunale ordinario di Rimini, in luogo della sezione specializzata del Tribunale di Bologna, essendo fondato il ricorso e inammissibile l’eccezione sulla competenza territoriale formulata genericamente dalla convenuta nella propria comparsa di risposta. Considerato che il regolamento necessario di competenza è ammissibile, anche se proposto avverso una sentenza e non un’ordinanza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c. , secondo il principio di diritto che questa Corte Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 1400 del 2016 ha già avuto modo di affermare, enunciando la regula iuris secondo cui È impugnabile mediante regolamento ex art. 42 c.p.c. la decisione declinatoria della competenza assunta con sentenza e non con ordinanza, in violazione dell’art. 279, comma 1, primo inciso, c.p.c., introdotto dalla l. n. 69 del 2009, attesa l’irrilevanza, trattandosi di provvedimenti di analogo contenuto decisorio, dell’inosservanza del requisito di firma che. quanto al merito del ricorso, esso - in conformità della richiesta del PG -deve essere accolto, atteso che i cd. profili interferenti risultano da escludere, sia in rapporto alla prospettazione della parte sia in rapporto al tenore degli atti introduttivi che, infatti. la società ricorrente ha chiesto la condanna della società convenuta, al risarcimento dei danni, in base ad una domanda di concorrenza sleale pura e cioè non interferente con la proprietà intellettuale in quanto formulata per lamentare la violazione di patti negoziali che prevedevano che la propria clientela si servisse, presso la sede di ciascun ordinante, di una piattaforma modulare che era pacificamente di proprietà della società convenuta predisposta ed utilizzata per l’invio di ordini cd. a cascata direttamente alla società venditrice, attraverso la visualizzazione del marchio di essa impresa danneggiata . allo scopo di far riconoscere, nel richiedente, un appartenente all’area della clientela orientata da essa società Sgo che, tuttavia, la convenuta, violando i patti, aveva unilateralmente modificato quel software, eliminando - dal modulo di richiesta degli ordini - proprio il segno distintivo della provenienza dell’ordinativo, ossia quel marchio dell’attrice, cosicché le richieste riconducibili alla propria clientela sarebbero fortemente diminuitì se non scomparse in ragione di quell’artificio che impediva di ricondurre i propri clienti al suo indirizzo od influenza di mercato che, pertanto, nella domanda risarcitoria per l’illecito e l’inadempimento contrattuale, non era contenuto alcun addebito circa l’impossessamento di dati sensibili da parte della convenuta, trattandosi di dati privi di segretezza, né l’eliminazione del proprio marchio dai moduli elettronici per la formulazione degli ordini implicava un accertamento sulla privativa che, pertanto, una tale controversia non ha a che fare con l’interferenza diretta o indiretta tra l’illecito concorrenziale ipotizzato lo sviamento e l’appropriazione della clientela ed i diritti di privativa, onde, a tale proposito, resta fermo l’insegnamento già dato da questa Corte e secondo cui In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i comportamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusiva. Ne consegue che la competenza delle sezioni specializzate va negata nei soli casi di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, tale da dover essere valutata, sia pure incidente,- tantum , nella sua sussistenza e nel suo ambito di rilevanza ultima, fra le varie, Cass. Sez. 6 - 1. Ordinanza n. 21762 del 2013 che, infatti, ai sensi dell’art. dell’art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, nel testo qui applicabile ratione temporis, 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di controversie aventi ad oggetto fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprietà industriale ed intellettuale. che, peraltro, sotto tale profilo la nuova previsione regolamentare, sembra avere apportato alcune specificazioni a tale testo e, particolarmente, nella materia in oggetto, atteso che il nuovo testo 1. Le sezioni specializzate sono competenti in materia di a controversie di cui all’articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni 1. richiamando l’art. 134 del CPI 1. Sono devoluti alla agnizione delle sezioni specializzate previste dal decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168 a i procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale, nonché in materia di illeciti riferenti all’esercizio dei diritti di proprietà industriale ai sensi della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e degli articoli 81 e 82 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, la cui cognizione è del giudice ordinario, e in generale in materie che presentano ragioni di connessione, anche impropria, con quelle di competenza delle sezioni specializzate h le controversie nelle materie disciplinale dagli articoli 64, 65, 98 e 99 del presente codice ” , dettaglia anche le fattispecie d’interferenza, ricomprendendo i casi tipizzati di cui alla lettera h , devolvendo tali tipi di controversie alla cognizione delle sezioni specializzate di cui al D. Lgs. n. 134 del 2005 che al riguardo. peraltro, questa Corte Sez. 1, Ordinanza n. 16744 del 2008 ha escluso che possa qualificarsi come concorrenza sleale qualificata il caso della rilevazione di dati e informazioni di limitata utilizzabilità, avendo affermato che Esula dalla competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, ai sensi dell’art. 134 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, la domanda, proposta da una società operante nel settore della fiscalità on line , di risarcimento dei danni derivanti dalla sottrazione, ad opera di un ex dipendente. di alcuni files contenenti un elenco di clienti e partners corredato dei rispettivi indirizzi postali e telefonici, ma privo di qualsiasi riferimento al reddito o alle condizioni patrimoniali dei soggetti indicati, e di ogni altra notizia utile all’attività economica esercitata dall’attrice l’assenza di tali elementi impedisce infatti di qualificare tale elenco come informazione aziendale, tutelata dall’art. 98 del d.lgs. n. 30 cit., rendendo la fattispecie riconducibile alla concorrenza sleale c.d. pura, la quale resta affidata alla competenza del giudice ordinario, ove, come nella specie, non possa ravvisarsi un’interferenza neppure indiretta con l’esercizio di diritti di proprietà industriale o del diritto d’autore, trattandosi di un documento privo dei caratteri di creatività e novità propri delle opere dell’ingegno e non emergendo né dall’atto di citazione né dalle difese del convenuto alcun riferimento, neppure in chiave di mera delibazione e neppure incidentale, a diritti titolati dal codice della proprietà industriale. che, pertanto. nel caso di specie manca il profilo d’interferenza così come concorda la richiesta del PG che, in conclusione, deve affermarsi la competenza della sezione ordinaria ed escludersi quella della sezione specializzata, alla luce del seguente principio di diritto che così si enuncia in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come modificato dall’art. 2 del DL n. 1 del 2012 convertito, con modificazioni, nella legge n. 27 del 2012 , la competenza delle dette sezioni specializzate va esclusa, in favore di quella della sezione ordinaria, nel caso di richiesta risarcitoria per sviamento della clientela riconducibile alla concorrenza sleale c.d. pura ove, come nella specie, non possa ravvisarsi un’interferenza neppure indiretta con l’esercizio di diritti di proprietà industriale o del diritto d’autore, per essere la prospettazione della parte rivolta non già a contestare la pacifica appartenenza del software utilizzato dagli acquirenti della merce per i loro ordini, alla società venditrice convenuta ma esclusivamente il suo utilizzo o la sua modificazione alla ad impedire che gli ordini inviati tramite la detta piattaforma informatica recassero un qualsiasi riferimento così come pattuito all’individuazione dell’appartenenza dell’ordinante alla clientela della società danneggiata che, di conseguenza, deve essere accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata, e dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Rimini anche per territorio a decidere della domanda risarcitoria per concorrenza sleale con violazione di accordi contrattuali, in luogo della sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituita presso il Tribunale di Bologna, rimsse, le parti innanzi al Tribunale competente, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Rimini a decidere della domanda risarcitoria per concorrenza sleale con sviamento della clientela in luogo della sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituita presso il Tribunale di Bologna rimette le parti innanzi al detto Tribunale ordinario, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge.