Appello: anche se l’avviso di ricevimento porta “irreperibile” o “trasferito in altra sede” la notifica è valida

Al fine di disattendere le risultanze di un avviso di ricevimento della raccomandata con cui è stato spedito un plico contenente un atto giudiziale, avviso equiparabile ad ogni effetto di legge ad un atto pubblico, non è necessaria la proposizione dell’impugnativa di falso qualora dal contesto del documento risulti in modo palese ed in equivoco la ricorrenza di elementi tali da lasciare ragionevolmente presumere che la divergenza dei dati ivi contenuti possa ricondursi ad un mero errore materiale.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4936 depositata il 27 febbraio 2017. Il fatto. Un fratello e una sorella proponevano appello innanzi alla Corte distrettuale territorialmente competente avverso due sentenze – di cui una non definitiva - emesse dal Tribunale adito ed aventi ad oggetto una causa di divisione ereditaria promossa dal loro congiunto. Quest’ultimo, nel costituirsi in giudizio eccepiva l’inammissibilità del gravame, per inesistenza della notifica della citazione in appello effettuata al proprio difensore, elettivamente domiciliato presso la cancelleria del Tribunale innanzi al quale si era celebrato il giudizio di primo grado. La Corte adita accoglieva detta eccezione sul presupposto che la notifica dell’atto di appello si considerava non eseguita sulla scorta di quanto riportato nell’avviso di ricevimento della raccomandata con cui era stato spedito il plico contenente l’atto, dove era stata attestata l’irreperibilità del destinatario con la conseguente restituzione del plico al mittente. Inoltre, il Collegio osservava che la costituzione in giudizio dell’appellato non poteva valere a sanare la rilevata invalidità poiché la notifica solo tentata, ma non compiuta doveva ritenersi inesistente con la conseguente inoperatività della sanatoria retroattiva della costituzione dell’appellato. Gli appellanti pertanto proponevano ricorso per Cassazione. Error in procedendo. Gli Ermellini hanno ritenuti fondati tutti i tre motivi di ricorso proposti dai ricorrenti per violazioni di norme di legge e del codice di rito e sulla scorta dei quali, secondo la prospettazione degli stessi ricorrenti, la Corte distrettuale era incorsa in un error in procedendo poiché nel caso in esame, posto che il difensore dell’appellato aveva espressamente eletto domicilio per il giudizio di primo grado presso la cancelleria del Tribunale adito, dove peraltro era stata diretta la notificazione a mezzo posta dell’atto di appello, la stessa aveva considerato valida l’indicazione irreperibile” riportata nell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale era stato spedito l’atto di appello, nonché le ulteriori attività compiute dall’agente postale il quale in difetto degli adempimenti richiesti dalle norme in materia, aveva erroneamente rimesso il plico al mittente con l’annotazione che il destinatario risultava trasferito in altra sede”. Ora, secondo i Giudici di legittimità, è certo che l’agente postale nel documentare la propria attività, sia incorso in errore atteso che né il cancelliere, soggetto legittimato dal codice di rito a ricevere l’atto del difensore della parte appellata, che per l’appunto si era domiciliato in cancelleria, né quest’ultimo poteva essere considerato irreperibile o trasferito altrove. Nel contesto in esame, le evenienze cui rimandano le parole irreperibile” e trasferito” si palesano impossibili poiché la cancelleria non poteva essere suscettibile né di trasferimento né di irreperibilità. In conclusione. I Giudici concludono affermando che nella specie, non potendosi concedere ipotesi terze, và da sé che l’atto debba essere considerato rifiutato dal cancelliere per un disguido o per un altro difetto di comunicazione con l’agente postale. Tale disguido, a sua volta, può essere efficiente nel rapporto interno di domiciliazione volontaria o legale che sia , ma è del tutto ininfluente in quello esterno tra notificante e destinatario dell’atto per la suddetta irrilevanza della causa fortuita del rifiuto di ricezione. Ne consegue che la notifica stessa deve ritenersi non già mancata, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, ma rifiutata dal soggetto legittimata a riceverla ai sensi dell’art. 141, comma 1, c.p.c. e dunque valida come notifica a mani del destinatario con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 novembre 2016 – 27 febbraio 2017, n. 4936 Presidente Mazzacane – Relatore Manna Svolgimento del processo Con citazione inoltrata per la notifica il 18.1.2013 O.A. e R. proponevano appello innanzi alla Corte distrettuale di Campobasso avverso due sentenze, l’una non definitiva n. 557/04 l’altra definitiva n. 456/12 notificata il 19.12.2012, emesse dal Tribunale di Isernia nella causa di divisione ereditaria promossa dal loro fratello D. . Nel costituirsi in giudizio questi eccepiva l’inammissibilità del gravame, per l’inesistenza della notifica della citazione in appello effettuata al proprio difensore, elettivamente domiciliato presso la cancelleria del Tribunale di Isernia. Eccezione che la Corte adita accoglieva, con sentenza n. 9/15. Rilevava detta Corte che la notificazione non era stata eseguita in quanto, come si leggeva dall’avviso di ricevimento, il destinatario era stato ritenuto irreperibile e l’agente postale, senza provvedere agli adempimenti di cui alla legge n. 890/82, aveva rimesso il plico al mittente. Osservava, quindi la Corte territoriale che la costituzione in giudizio dell’appellato non valeva a sanare tale invalidità, perché la notifica solo tentata ma non compiuta doveva ritenersi inesistente, con la conseguente inoperatività della sanatoria retroattiva della costituzione dell’appellato, avvenuta in cancelleria l’8.5.2013 con efficacia ex nunc . Considerava, infine, che gli appellanti neppure avrebbero potuto essere rimessi in termini, in quanto per evitare il passaggio in giudicato della sentenza essi, non essendo la notificazione andata a buon fine per causa da loro non dipendente, avrebbero dovuto riattivare il procedimento notificatorio entro un tempo ragionevole ai sensi di Cass. S.U. n. 17352/09 . Cosa che non avevano fatto essendosi limitati a depositare l’atto non notificato presso la Corte d’appello sin dal 21.2.2013, astenendosi da qual voglia altra iniziativa. Per la cassazione di tale sentenza O.A. e R. propongono ricorso, affidato a tre motivi. O.D. ha depositato procura speciale al difensore, il quale ha partecipato alla discussione orale. Motivi della decisione 1. - Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità dell’istanza depositata all’udienza dal difensore della parte intimata, diretta ad ottenere la rimessione in termini per la proposizione del controricorso ai sensi dell’art. 370 c.p.c., asseritamente impedita da causa imputabile alla cancelleria della Corte d’appello di Campobasso mancato tempestivo reperimento della copia del ricorso per cassazione ivi notificata al difensore ai sensi dell’art. 82, cpv. R.D. n. 37 del 1934 . Esclusa l’applicabilità del testo vigente dell’art. 153, cpv., c.p.c., applicabile solo ai giudizi instaurati dopo la data di entrata in vigore della legge n. 69/09 v. art. 58 stessa legge , poiché la causa ha avuto inizio con citazione notificata l’11.12.2003 v. sentenza impugnata , l’altra possibile norma di riferimento - l’art. 184-bis c.p.c. in allora vigente - pure non è applicabile, poiché concerne la sola fase istruttoria del processo di primo grado e non anche il processo d’impugnazione giurisprudenza costante di questa Corte v. Cass. n. 5197 del 1998, che in relazione ad una fattispecie di notifica fuori termine del controricorso ha escluso anche la possibilità di un’interpretazione analogica di detta norma tra le molte altre, v. Cass. n. 2875/02, n. 9178/00, n. 11136/02, n. 7612/04 e n. 2946/08 . 1-bis. - Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 138, 141 e 149 c.p.c., 1362 e ss. e 2727 c.c., e 7 e 8 legge n. 890/82, in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c Il difensore dell’appellato, si sostiene, aveva espressamente eletto domicilio per il giudizio di primo grado presso la cancelleria del Tribunale di Isernia, ed ivi era stata diretta la notificazione a mezzo posta dell’atto appello. Non solo nell’avviso di ricevimento era scritto irreperibile , ma sulla busta contenente il plico era stato anche scritto trasferito a Campobasso . E poiché è ovvio che detto Tribunale non poteva essersi trasferito, deve ritenersi che il plico sia pervenuto a destinazione e che, per un disguido, sia stato rifiutato. Pertanto, non si verte nell’ipotesi, erroneamente supposta dalla Corte d’appello, di cui agli artt. 7 e 8 della legge n. 890/82, che prevedono l’avviso al destinatario dell’avvenuta notifica e il deposito del plico, dovendosi, invece, ritenere che l’atto d’appello sia stato regolarmente notificato per effetto del rifiuto di ricezione. Si aggiunge che nel giudizio d’appello gli odierni ricorrenti avrebbero chiesto un termine per rinnovare la notificazione, se la costituzione dell’appellato non avesse sanato ogni eventuale nullità. 2. - Il secondo motivo deduce, in subordne, la violazione o falsa applicazione dell’art. 8 legge n. 890/82 e degli artt. 350 e 156 c.p.c., in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte n. 7815/06 il mancato rispetto da parte dell’ufficiale giudiziario, in caso di rifiuto del plico, dell’obbligo di informare il destinatario del compimento delle formalità d’informazione è causa di nullità e non di inesistenza della notificazione, sanata nella specie dalla costituzione dell’appellato. 3. - Il terzo motivo espone la violazione del diritto alla tutela giurisdizionale e la falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c La decisione impugnata violerebbe il diritto dell’appellante alla tutela giurisdizionale, in quanto il disguido della cancelleria del Tribunale di Isernia e l’errore dell’agente postale, che non ha scritto rifiutato sull’avviso di deposito, in assenza di colpa da parte degli appellanti, ha finito per porre nel nulla la loro domanda giudiziale. Un’interpretazione eccessivamente fiscale e rigida delle norme avrebbe sostanzialmente privato l’incolpevole parte appellante, vittima di sfortunate coincidenze di errori altrui, della tutela giurisdizionale. 4. - I tre motivi, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono fondati. Più volte questa Corte si è occupata del nesso tra errore materiale e atti dotati di fede pubblica privilegiata. In generale, si è affermato che al fine di disattendere le risultanze di un atto pubblico non è necessaria la proposizione dell’impugnativa di falso qualora dal contesto del documento risulti in modo palese ed inequivoco la ricorrenza di elementi tali da lasciar ragionevolmente presumere la mancanza di un preordinato intento di immutazione del vero, potendo la divergenza dei dati riconclursi ad un mero errore materiale così Cass. n. 9313/95, in un caso di notifica a mezzo posta. Analogamente, Cass. n. 418/84 ha affermato che in difetto di querela di falso, l’attestazione contenuta nella relazione dell’ufficiale giudiziario circa la data della notificazione può essere disattesa solo quando, dal contesto dell’atto medesimo, risulti in modo palese ed inequivoco la ricorrenza di un errore materiale. Afferma, ancora, Cass. n. 8500/05 che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre la querela di falso - anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale - a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da quest’ultimo nella redazione del documento il quale ricorre nel caso di apposizione di data inesistente come 30 febbraio o anteriore a quella della formazione dell’atto notificato o non ancora maturata. Solo in tali casi il giudice può disattendere le risultanze apparenti dell’atto di notifica mentre, in ogni altro caso, ove occorra un giudizio di compatibilità tra le date apposte, tale valutazione deve avvenire nell’ambito dell’apposito giudizio per querela di falso. È stato, poi, ritenuto da Cass. n. 18427/13 che, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, che è parte integrante della relata di notifica, riveste natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi dell’art. 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890, gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ossia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza. Ne consegue che l’attestazione di tentata notifica dell’atto e di rifiuto dello stesso da parte del difensore domiciliatario, a causa di un errore materiale nell’indicazione del destinatario facilmente riconoscibile sulla base della lettura dell’atto che lo contiene, comporta la validità della notificazione e la legittimità della dichiarazione di contumacia. Nello stesso senso Cass. n. 4958/88 ha affermato che il rifiuto del destinatario di ricevere la copia dell’atto comporta a norma dell’art. 138, secondo comma, c.p.c., che la notificazione si considera fatta a mani proprie, senza poter trovare deroga con riguardo all’erroneo convincimento, del destinatario stesso, circa la portata ed il contenuto dell’atto, neppure sotto il profilo del caso fortuito quale evento imprevedibile che impedisce la conoscenza dell’intimazione e legittima l’opposizione tardiva alla convalida ex art. 668 c.p.c Infine, per Cass. n. 12489/14, il rifiuto di ricevere la copia dell’atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata in mani proprie soltanto se proveniente, con certezza, dal destinatario della notificazione medesima, ex art. 138, secondo comma, c.p.c., o, giusta la previsione dell’art. 141, terzo comma, del medesimo codice, dal suo domiciliatario, e non anche quando analogo rifiuto sia stato opposto da persona che, non essendo stato reperito il destinatario in uno dei luoghi di cui al primo comma dell’ari . 139 c.p.c., sia tuttavia abilitata, ai sensi del secondo comma di quest’ultimo alla ricezione dell’atto, dovendosi, in tal caso, eseguire, a pena di inesistenza della notificazione, le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c 4.1. - Dai suddetti precedenti si ritrae che a non v’è luogo a querela di falso per far emergere l’errore materiale in cui sia incorso l’autore dell’atto pubblico, e conseguentemente quest’ultimo può essere apprezzato nel suo effettivo significato secondo il libero convincimento del giudice e b ancorché cagionato da caso fortuito, l’erroneo rifiuto dell’atto da parte del destinatario non incide sulla validità della notificazione. 4.2. - Dalla stessa sentenza oggi impugnata e dall’esame diretto degli atti, consentito a questa Corte trattandosi di verificare l’esistenza di un error in procedendo , emerge che, nel caso in esame, l’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale è stato spedito l’atto d’appello reca l’indicazione per cui il destinatario sarebbe risultato irreperibile e che senza altro adempimento ai sensi della legge n. 890 del 1982 il plico è stato rimesso al mittente con l’annotazione che il destinatario risultava trasferito a Campobasso . Ora, è certo che l’agente postale abbia erroneamente documentato la propria attività, visto che né il cancelliere, soggetto legittimato ex art. 141, primo e terzo comma c.p.c. a ricevere l’atto del difensore di O.D. , che per l’appunto si era domiciliato in cancelleria, né quest’ultima potevano essere irreperibili o trasferiti altrove. Impossibili, nel contesto in esame, le evenienze cui rimandano le parole irreperibile e trasferito , va da sé che, non potendosi concedere ipotesi terze, l’atto sia stato rifiutato dal cancelliere per un disguido o per un altro difetto di comunicazione con l’agente postale. Tale disguido, a sua volta, può essere efficiente nel rapporto interno di domiciliazione volontaria o legale che sia , ma è del tutto ininfluente in quello esterno tra notificante e destinatario dell’atto, per la suddetta irrilevanza della causa fortuita del rifiuto di ricezione. Ne consegue - ed è questo il punto - che la notifica stessa deve ritenersi non già mancata, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, ma rifiutata dal soggetto legittimato a riceverla ai sensi dell’art. 141, primo comma, c.p.c., e dunque valida come notifica a mani del destinatario in base agli artt. 141, terzo comma, c.p.c., e 8, primo comma, legge n. 890 del 1982. 5. - Per le considerazioni svolte, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese di cassazione, alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, che provvederà ad esaminare l’appello nel merito. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese di cassazione, alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione.