“Chi è causa del suo male”… non può interporre appello per difetto di giurisdizione

Non è legittimato ad interporre appello per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice l’attore che abbia incardinato la causa davanti a quel giudice.

Così si sono espresse le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con la sentenza n. 4878/17 depositata il 27 febbraio. Il caso. Una società proponeva ricorso al TAR Liguria avverso una serie di provvedimenti adottati dall’Autorità portuale di Genova. Il TAR dichiarava il ricorso principale improcedibile e rigettava i motivi. Avverso tale pronuncia la società proponeva appello presso il Consiglio di Stato, eccependo il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo e indicando invece la giurisdizione del giudice ordinario. Il CdS rigettava tale appello. La questione della giurisdizione. La società ricorreva in Cassazione, riproponendo la doglianza sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo la Suprema Corte tale ricorso è inammissibile. Con principio contenuto nella sentenza n. 21260/16 e ribadito in n. 1309/17 le Sezioni Unite Civili hanno affermato che l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto . Ciò in quanto non è ravvisabile nel caso in esame una soccombenza dell’attore. Quest’ultimo, anzi, sulla questione di giurisdizione va considerato a tutti gli effetti vincitore. La soccombenza, infatti, rappresenta l’antecedente necessario del potere di impugnativa. Per questo motivo il ricorso non è ammissibile, perché sulla questione di giurisdizione l’appello della società ricorrente doveva essere dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 27 settembre 2016 – 27 febbraio 2017, n. 4878 Presidente Rordorf – Relatore Virgilio Fatti di causa 1. La Servizi Italia s.p.a. propose ricorso - integrato con motivi aggiunti - al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria avverso una serie di atti adottati dall’Autorità portuale di , aventi ad oggetto il rinnovo per gli anni 2008/2010, con determinazione del canone tariffario, di concessione di un’area demaniale nel porto di Genova contestò l’immotivato aumento del canone, in contrasto con precedente accordo transattivo, l’incompetenza dell’Autorità portuale, l’applicazione di una diversa classe di conservazione del bene. Il TAR dichiarò improcedibile il ricorso principale e i primi motivi aggiunti e rigettò gli altri. La società propose appello al Consiglio di Stato ed eccepì innanzitutto il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, dovendo la controversia essere devoluta alla cognizione del giudice ordinario. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2359/14, depositata l’8 maggio 2014, ha rigettato l’appello. 2. Avverso la sentenza la Servizi Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria, insistendo sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. 3. L’Autorità portuale di Genova non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è inammissibile. Con sentenza n. 21260 del 20 ottobre 2016, le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, affermato il principio - ribadito da Cass. Sez. U. 19/1/2017, n. 1309 - secondo il quale l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione . Il nucleo della pronuncia è costituito dai seguenti passaggi argomentativi a in base all’elaborazione giurisprudenziale sull’art. 37 cod. proc. civ. e al dettato degli artt. 9 cod. proc. amm. e 15 cod. giust. cont., deve qualificarsi come capo da intendersi come soluzione di una questione della sentenza di primo grado che decide il merito della causa la statuizione con la quale, in modo esplicito o implicito, è stata ritenuta la sussistenza della giurisdizione del giudice adito b tale capo non solo è suscettibile di giudicato interno, ma si presenta anche come termine di riferimento da cui desumere una soccombenza sulla questione di giurisdizione, autonoma rispetto alla soccombenza sul merito c di fronte ad una sentenza di rigetto della domanda non è ravvisabile una soccombenza dell’attore anche sulla questione di giurisdizione, dovendo egli, rispetto a questo capo della sentenza, essere considerato a tutti gli effetti vincitore d in assenza di soccombenza, che del potere di impugnativa rappresenta l’antecedente necessario, l’attore non è pertanto legittimato a contestare il capo sulla giurisdizione e a sostenere che la potestas iudicandi spetta a un giudice appartenente a un altro plesso giurisdizionale la soccombenza è configurabile solo per il convenuto, sempre che non abbia a sua volta chiesto al giudice di dichiararsi munito della giurisdizione . 2. Il ricorso è, pertanto, inammissibile perché sulla questione di giurisdizione l’appello della ricorrente doveva essere dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato. 3. Non v’è luogo a provvedere sulle spese. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.