L’ultrattività del mandato alle liti vale in caso di società estinta?

Il decisum in commento offre lo spunto per esaminare il dibattuto tema degli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese, dopo la riforma organica del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003.

Nello specifico si tratta di stabilire se in caso di società estinta, il procuratore costituito continui, o meno, a rappresentarla in virtù del principio di ultrattività del mandato. E, i giudici della Seconda Sezione Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 190 deposita il 9 gennaio 2017, richiamando un non lontano grand arrêt delle Sezioni Unite, SS. UU., 15295/2014 , precisano che l’incidenza sul processo degli eventi previsti nell’art. 299 c.p.c., morte o perdita di capacità della parte è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale – nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c. – il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata rispetto alle altre parti e al giudice nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69/2009, art. 46 , o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4. Ne deriva che a la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte decaduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace b detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione ad eccezione del ricorso per cassazione per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace c è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento. Il fatto. Tizio proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Presidente del Tribunale di Roma lo condannava a risarcire i danni causati alla Beta s.r.l. per irregolare tenuta delle scritture contabili, rilevando che la natura del rapporto intercorso tra le parti comportava la decadenza e la prescrizione del diritto reclamato e comunque l’evento era coperto da polizza assicurativa. Invero, le società assicurative eccepivano la non operatività della copertura, giacché l’assicurato aveva omesso scientemente di comunicare l’evento che all’epoca della stipula della polizza era già noto. Il giudice di prime cure, quindi, respingeva l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto de quo. E, parimenti, la Corte d’appello di Roma dichiarava inammissibile il gravame proposto da Tizio che, attivava, quindi, la tutela di legittimità sulla base di un unico motivo. In particolare, il ricorrente, nel denunciare violazione o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., assumeva la nullità assoluta di entrambe le sentenze di merito per essere state pronunciate nei confronti della Beta s.r.l., che già alla data di pubblicazione della pronuncia del Tribunale di Roma nel febbraio del 2002 risultava essere stata cancellata dal registro delle imprese, essendo avvenuta nell’ottobre del 1996 e ciò nonostante il difensore della predetta società aveva provveduto alla notifica della sentenza. E, gli Ermellini, nel decisum in rassegna, chiariscono che nonostante debba reputarsi ammissibile la questione posta da Tizio, essa risulta però infondata. Difatti, il mandato per la costituzione in appello, sebbene provenisse da un soggetto estinto, era comunque valido, in quanto la stessa Beta s.rl. aveva conferito quand’era in bonis ed in sede di comparsa di costituzione e risposta a fronte della citazione in opposizione in primo grado del professionista, un mandato al medesimo avvocato Sempronio, reiterato in calce all’atto di appello, circostanza decisiva per realizzare l’altra condizione integrativa del principio della ultrattività. Pertanto, la Beta s.r.l. in liquidazione, per quanto estinta, venne idoneamente rappresentata, sulla base del primo mandato, efficace anche per la costituzione in appello, del medesimo mandatario avvocato, e la notifica della sentenza di primo grado da parte della società era idonea a far decorrere il termine breve per impugnare. Gli effetti e le conseguenze della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese ante novella . Prima della riforma organica del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003 la tematica che qui ci occupa era disciplinata dall’art. 2456 c.c., in base al quale si riteneva che la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese non valesse a provocare l’estinzione dell’ente, qualora non tutti i rapporti giuridici ad essi facenti capo fossero stati definiti. Tale formulazione generica fece scaturire una serie di dibattiti interpretativi, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, in primis con riguardo all’efficacia costitutiva ovvero dichiarativa della cancellazione di una società dal registro delle imprese, con tutte le connesse conseguenze. In particolare, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza ante riforma, sosteneva, anche in riferimento alle società di capitali, l’efficacia dichiarativa della pubblicità, ritenendo, pertanto, che alla cancellazione di una società dal registro delle imprese non conseguisse la sua estinzione essendo necessaria l’effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, facenti capo alla stessa, nonché di tutte le contestazioni giudiziarie in corso. Invero, questa posizione, sostenuta sia dai giudici del merito che da quelli di legittimità, si fondava sul presupposto per cui un soggetto giuridico poteva considerarsi estinto solo nel momento in cui non fosse più a lui imputabile alcun rapporto giuridico, perché esauritosi e divenuto definitivo. Il contrasto interpretativo attorno all’efficacia della cancellazione delle società dal registro delle imprese permane anche dopo la riforma del 2003. Nonostante le innovazioni apportate dall’art. 2495 c.c., rispetto al precedente art. 2456 c.c., - in particolare, da un lato, l’apertura del secondo comma con l’espressione ferma restando l’estinzione delle società” dall’altro lato, la facoltà data ai creditori che dopo l’estinzione della società vogliono fare valere i loro diritti contro i soci, nei limiti del riscosso, di poter notificare la domanda presso la sede della società estinta -, sul tema de quo continuavano a permanere sia in giurisprudenza che in dottrina due contrapposti orientamenti. L’uno, in un’ottica di continuità rispetto al precedente indirizzo maggioritario ribadiva l’efficacia dichiarativa della cancellazione di una società dal registro delle imprese, l’altro orientamento, invece, propendeva per l’efficacia costituiva della pubblicità. I grand arrêt delle Sezioni Unite cercano di uniformare gli orientamenti contrapposti. Con le sentenze gemelle nn. 4060, 4061, 4062/2010 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ribadito come, per effetto del novellato art. 2495, comma 2, c.c., la cancellazione della società dal registro delle imprese comporta necessariamente l’estinzione irreversibile dell’ente societario, indipendentemente dall’esistenza di crediti non soddisfatti o di rapporti ancora pendenti, ed escludendo la possibilità di riconoscere alla norma in esame un’efficacia retroattiva. E da ultimo anche la sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 6070 del 12 marzo 2013, richiamata esplicitamente nel decisum in commento, si è occupata delle conseguenze di carattere processuale dell’estinzione della società, prendendo in esame due ipotesi, quella in cui la cancellazione e l’estinzione della società sono avvenute in pendenza di una causa in cui la società era parte e quella in cui la cancellazione, pur essendo intervenuta in una causa ancora pendente, non ha dato luogo a interruzione del processo, o in quanto non dichiarata, o in quanto l’evento si è verificato quando non era più possibile dichiararlo, o, infine, quando si è verificato in pendenza del termine per l’impugnazione. Premesso che l’estinzione della società per effetto della cancellazione dal registro delle imprese comporta un’immediata perdita della sua legittimazione processuale attiva e passiva, la Suprema Corte sostiene che nell’ipotesi della cancellazione ed estinzione della società avvenute in pendenza di causa la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente ex art. 110 c.p.c. in capo a tutti i soci, con l’unica eccezione del caso previsto dall’art. 10 l. fall. la cancellazione è quindi un evento interruttivo del processo, che comporta l’applicazione della disciplina di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., con conseguente possibile eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non si sia verificato nei modi appena previsti dagli articoli citati, o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta. Il principio di ultrattività del mandato. Concludendo, per quanto rileva nel caso che qui ci occupa, le più recenti Sezioni Unite, v., ex multis, 15295/2014 , ancorano al principio di ultrattività del mandato l’effetto di stabilizzazione della posizione giuridica di una società estinta, che solo grazie ad una fictio iuris viene considerata ancora esistente rispetto alle altre parti ed al giudice l’ultrattività della procura alle lite comporta quindi che il procuratore costituito continui a rappresentare la parte, la quale per il suo tramite viene perciò considerata esistente e capace.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 giugno 2016 – 9 gennaio 2017, n. 190 Presidente Bucciante – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atti di citazione notificati fra il 26 novembre ed il 1 dicembre 1993 P.D.F.M. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Roma, avverso decreto ingiuntivo del 21/22 ottobre 1993 emesso dal Presidente del medesimo ufficio per Lire 17.067.750, con il quale veniva condannato a risarcire i danni causati alla WTD WORD TRADE DEVELOPMENT s.r.l. per irregolare tenuta delle scritture contabili, rilevando che la natura del rapporto intercorso fra le parti comportava la decadenza e la prescrizione del diritto reclamato, e comunque l’evento era coperto da polizza assicurativa. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della WTD e della assicurazioni chiamate, la LIMMAT Assicurazioni e Gli Assicuratori dei Lloyd’s, le quali ultime eccepivano la non operatività della copertura, giacché l’assicurato aveva scientemente omesso di comunicare l’evento che all’epoca della stipula della polizza era già noto, il giudice adito, respingeva l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto de quo, con rigetto anche delle domande in garanzia. In virtù di appello interposto dal P. , la Corte di appello di Roma, nella resistenza delle appellate, dichiarava inammissibile il gravame. A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che - come asserito dalla WTD - la sentenza era stata notifica in forma esecutiva e ricevuta il 30.9.2003, proposto dall’appellante il gravame con atto notificato alla WTD in data 13.11.2003, dopo un vano tentativo di notifica eseguito il 23.10.2003 presso il precedente indirizzo. Aggiungeva che la sentenza notificata dalla WTD al P. conteneva, prima della intestazione, il timbro con il nuovo indirizzo dello studio del difensore del notificante, per cui la responsabilità nel ritardo nella notificazione incombeva interamente sull’appellante. Concludeva che quanto al gravame proposto nei confronto delle assicurazioni difettava di specificità assoluta dei motivi, non avendo dedotto alcunché sulla parte della sentenza del giudice di prime cure che aveva statuito in ordine all’inadempimento dell’appellante e all’annullamento del contratto, pur indicato dal giudice di prime cure l’epoca della richiesta di risarcimento dei danni, nei mesi di gennaio e di febbraio 1991, a fronte di una polizza sottoscritta il 26 maggio 1992 ed una denuncia di sinistro in data 26 aprile 1993. Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il P. , sulla base di un unico motivo. Non hanno svolto difese le intimate. Motivi della decisione Con l’unico motivo il ricorrente, nel denunciare violazione o falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., assume la nullità assoluta di entrambe le sentenze di merito per essere state pronunciate nei confronti di società, la WTD, che già alla data di pubblicazione della sentenza del Tribunale di Roma del 25.2.2002 risultava essere stata cancellata dal registro delle imprese, essendo avvenuta il giorno 10.10.1996. Ciò nonostante il difensore della stessa WTD aveva provveduto alla notifica della sentenza. Il ricorso è infondato. In fatto, dagli atti di causa emerge che il P. propose opposizione avverso decreto ingiuntivo del 21/22 ottobre 1993 emesso dal Presidente del Tribunale di Roma su istanza della WTD - World Trade Development s.r.l. per ottenere il risarcimento dei danni causati alla società ingiungente per la irregolare tenuta delle scritture contabili che il giudice dell’opposizione - chiamate in giudizio anche le assicurazioni che coprivano il rischio professionale dell’opponente - con sentenza pubblicata il 25.02.2002 - aveva respinto l’opposizione, con conferma del decreto ingiuntivo di condanna del P. al risarcimento del danno, nonché le domande in garanzia che la società WTD - sebbene cancellata dal registro delle imprese in data 10.10.1996 - aveva notificato la sentenza di primo grado al professionista con atto ricevuto il 30.09.2003 che l’impugnazione era stata proposta dall’originario opponente con atto notificato il 13.11.2003, dopo un tentativo di notifica eseguito invano presso il precedente indirizzo del difensore della società appellata in data 23.10.2003, indicato nella sentenza notificata dalla WTD, prima della intestazione, il nuovo indirizzo dello studio del difensore del notificante. Sul dibattuto tema degli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese - dopo la riforma organica del diritto societario di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003, ed in particolare alla luce delle innovazioni apportate dall’art. 2495 c.c., rispetto al precedente ad. 2456 c.c. in base al quale si riteneva che la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese non valesse a provocare l’estinzione dell’ente, qualora non tutti i rapporti giuridici ad esso facenti capo fossero stati definiti - erano di recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 6070 del 13 marzo 2013. Sotto il profilo sostanziale con tale arresto si era statuito che, qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale a le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali b si trasferiscono del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nei bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore giudiziale o extragiudiziale il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato . Ne conseguiva, sotto il profilo processuale, che fatta eccezione per la fictio iuris contemplata dalla L. Fall., art. 10 la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima , impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo disciplinato dall’art. 299 c.p.c. e segg., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati, o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta . A tali puntali indicazioni si erano quindi conformate varie pronunce delle sezioni semplici di questa Corte, ove si era ribadito, tra l’altro che l’effetto immediatamente estintivo della cancellazione della società dal registro delle imprese indipendentemente, dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo determina il difetto di legittimazione, sostanziale e processuale attiva e passiva del liquidatore della società cancellata, essendosi tale legittimazione trasferita automaticamente ai soci ex art. 110 c.p.c., a prescindere dal fatto che l’evento interruttivo sia stato o meno dichiarato dal difensore della società nel processo in corso, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione - e, specularmente, del controricorso - per carenza di capacità processuale ex art. 75 c.p.c., comma 3, Cass., 9 aprile 2013 n. 8596 che, laddove l’evento non sia fatto constare nei modi di legge, o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe stato più possibile - come ad esempio nel corso del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso di ufficio e quindi refrattario all’applicazione delle comuni cause interruttive Cass. 13 febbraio 2014 n. 3323 - l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, avrebbe dovuto provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, non potendo la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo sia occorso Cass. 20 settembre 2013 n. 21517 conf. Cass. 19 marzo 2014 n. 6468 Cass. 26 luglio 2013 n. 18128 . Era stato, altresì, ritenuto che l’esigenza di stabilità del processo - la quale ne consente eccezionalmente la prosecuzione pur quando sia venuta meno la parte, ove l’evento interruttivo non sia stato fatto constare nei modi di legge - riguarda solo il grado di giudizio in cui l’evento si è verificato, diversamente dovendo sempre il giudizio d’impugnazione essere promosso da e contro i soggetti effettivamente legittimati la c.d. giusta parte , alla luce dell’art. 328 c.p.c. attestante la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell’impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato, né notificato e per la constatazione che lo svolgimento - ai fini dell’impugnazione - degli accertamenti sulla condizione soggettiva della controparte, normalmente richiesti al momento introduttivo della lite, non rappresenta né un onere troppo gravoso né un’ingiustificata limitazione del diritto d’azione, tanto più nei riguardi delle società, la cui cancellazione dal registro delle imprese è oggetto di pubblicità legale, facilmente accessibile con l’uso dell’ordinaria diligenza Cass. SS.UU. n. 6070 del 2013 cit. conf. Cass. n. 18128 del 2013 Cass. n. 14106 del 2012 Cass. n. 1760 del 2012 Cass. n. 10649 del 2011 Cass. n. 259 del 2011 Cass. n. 14699 del 2010 Cass. n. 13395 del 2007 Cass. n. 15783 del 2005 . Sennonché, tali approdi sono stati da ultimo rivisitati dalle stesse Sezioni Unite di questa Corte, che, riesaminati i diversi orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo oscillanti tra gli antipodi dell’ultrattività del mandato e dell’inammissibilità dell’impugnazione e mediando tra le contrapposte esigenze di tutela della giusta parte o di chi abbia incolpevolmente ignorato l’evento hanno enunciato il seguente principio di diritto L’incidenza sul processo degli eventi previsti nell’art. 299 c.p.c., morte o perdita di capacità della parte è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale - nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c. - il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata rispetto alle altre parti ed al giudice nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 46 , o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4. Ne deriva che a la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace b detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione ad eccezione del ricorso per cassazione per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace c è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento . Cass. SS.UU. 4 luglio 2014 n. 15295 conf. Cass. 29 settembre 2014 n. 20447 e Cass. 22 settembre 2014 n. 19887 . In estrema sintesi, e per quanto rileva nel presente giudizio, le più recenti Sezioni Unite ancorano al principio di ultrattività del mandato l’effetto di stabilizzazione della posizione giuridica di una società estinta, che solo grazie ad una fictio iuris viene considerata come ancora esistente rispetto alle altre parti ed al giudice l’ultrattività della procura alla lite comporta quindi che il procuratore costituito continui a rappresentare la parte, la quale per il suo tramite viene perciò considerata esistente e capace. Questa posizione giuridica stabilizzata si può, inoltre, modificare laddove nella successiva fase d’impugnazione si costituiscano gli eredi , nel caso di società da intendersi come gli ex soci, secondo l’insegnamento di Cass. Sez. un. n. 6070 del 2013, che in parte qua sembra conservare la sua validità. Ciò posto, pacifico che la circostanza della cancellazione della società appellata dal registro delle imprese non ha trovato alcun dibattito in seno al giudizio d’appello, né comunque consapevole trattazione nella relativa pronuncia conclusiva, sebbene faccia valere con l’odierno ricorso il P. per la prima volta una complessiva vicenda di difetto di interesse ovvero di legittimazione passiva della parte appellata, trattandosi di società che già era stata cancellata dal registro delle imprese con decorrenza dal 01.01.2004, quanto agli effetti v. art. 4 D.Lgs. n. 6 del 2003 , e dunque una circostanza nuova, ora documentata mediante corrispondente certificazione camerale, tuttavia può essere esaminata in sede di legittimità - diversamente da quanto sostenuto dall’Ufficio di Procura Generale - trovando applicazione il principio per cui ne è ben possibile la configurazione alla stregua di questione vitale , senza vincolo di giudicato, nemmeno implicito. È stato, infatti, sostenuto che l’art. 372 c.p.c., che consente la produzione, nel giudizio di legittimità, dei documenti relativi alla nullità della sentenza impugnata, si applica anche quando si lamentino errores in procedendo idonei ad inficiare direttamente la validità della pronuncia impugnata, ove quest’ultima sia impugnabile solo con il ricorso in cassazione Cass. n. 16036 del 2014 . E parimenti, sul presupposto che la prova dell’avvenuto conferimento del potere rappresentativo al soggetto che ha rilasciato la procura a stare in giudizio deve essere fornita dal rappresentante solo se venga negata l’esistenza dell’atto di conferimento, la questione della regolarità della procura può essere sollevata per la prima volta in cassazione anche con riferimento ai precedenti gradi di giudizio, in quanto essa riguarda un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale tuttavia, qualora tale questione venga sollevata per la prima volta nel corso del giudizio di cassazione, la prova documentale della sussistenza della legittimazione processuale può essere fornita anche in questa sede, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. Cass. n. 12547 del 2003 Cass. n. 24483 del 2013 . Per identità di ratio, è stato pertanto risolto in senso affermativo il quesito circa l’ammissibilità nel giudizio di cassazione in conseguenza della produzione per la prima volta dei documenti comprovanti l’estinzione della società derivante dalla sua cancellazione dal registro delle imprese quale causa determinativa diretta della potenziale nullità della sentenza ciononostante emessa Cass. 9 maggio 2016 n. 9334 . Sebbene debba reputandosi ammissibile la questione posta con il ricorso principale, essa è però infondata. Infatti il mandato per la costituzione in appello, sebbene provenendo da soggetto estinto, ne va predicata l’esistenza, in quanto la stessa società WTD aveva conferito, quand’era in bonis ed in sede di comparsa di costituzione e risposta a fronte della citazione in opposizione in primo grado del P. , un mandato pieno al medesimo avvocato Giancarlo Pizzi, reiterato in calce all’atto di appello, circostanza decisiva per realizzare l’altra condizione integrativa del menzionato principio della ultrattività. Può pertanto ben dirsi che WTD s.r.l. in liquidazione, per quanto estinta, venne idoneamente rappresentata, sulla base del primo mandato, efficace anche per la costituzione in appello, dal medesimo mandatario avvocato, e la notifica della sentenza di primo grado da parte della società - avvenuta addirittura prima della entrata in vigore della novella sul diritto societario, ossia il 30.09.2003 - era idonea a far decorrere il termine breve per impugnare. Tenuto conto, poi, che l’evento della estinzione della società mai venne ritualmente dichiarato o assunto nel corso del giudizio d’appello, si deve concludere che la decisione è stata correttamente emessa in confronto alle parti per come rappresentate, derivandone l’infondatezza dell’unico motivo di ricorso con cui il P. ha censurato nella sede di legittimità la sentenza impugnata. Nessuna pronuncia sulle spese deve adottarsi, stante l’assenza di attività difensiva da parte degli intimati. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.