L’omosessualità (anche se dubbia) è elemento di valutazione nella concessione dello status di rifugiato?

E, inoltre, come va valutata l’ indiscriminatezza” della violenza, requisito per la concessione della protezione sussidiaria? Non essendovi indici precisi da cui dedurre il grado di pericolosità di un luogo, su cosa ci si deve basare nella valutazione?

Di questi argomenti si occupa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26884/16 depositata il 22 dicembre. Il caso. Un cittadino nigeriano chiedeva il riconoscimento dello status di rifugiato e l’ottenimento della protezione sussidiaria. La competente commissione territoriale gli riconosceva, però, soltanto il diritto al permesso di soggiorno, essendo egli fuggito dai tumulti della cd. primavera araba”. Avverso tale pronuncia adiva il Tribunale, il quale accoglieva parzialmente la sua domanda, negando il summenzionato status ma concedendo la protezione sussidiaria. Il Ministero dell’Interno proponeva appello. La Corte adita riteneva poco credibile il racconto dell’appellato e, soprattutto, insussistente il requisito della violenza indiscriminata su tutto il territorio nigeriano, specialmente nella città di Lagos, da cui egli proveniva. Veniva quindi avanzato ricorso in Cassazione da parte del cittadino nigeriano. L’appello è generico. Dapprima la Corte di Cassazione rileva come sia da riconoscere la fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità, proposta dal ricorrente. In primo grado si era parlato della violenza indiscriminata [] quale conseguenza di un conflitto armato interno , la quale veniva poi messa in dubbio in appello il modo, però, in cui si contesta tale fatto allegato è generico e impreciso, sottolinea la Suprema Corte il giudice ha omesso la verifica della situazione concretamente esistente nella regione di provenienza dell’interessato e non ha sottoposto a critica le fonti che invece corroborerebbero tale conclusione. La decisione di secondo grado si dilunga in considerazioni generiche e nel richiamo di precedenti giurisprudenziali poco pertinenti, senza però argomentare bene la vicenda nel merito. Già queste considerazioni valgono affinché il ricorso vada accolto, motivo per il quale la sentenza impugnata viene cassata senza rinvio, per inammissibilità dell’appello, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Era davvero omosessuale? L’ultimo motivo di doglianza per il ricorrente, infine, è nel senso di ottenere il succitato status di rifugiato. Anch’esso, però, è connotato da genericità e consiste in semplici critiche di merito alla statuizione di non credibilità del racconto del ricorrente. Punto dolente nella sua versione della storia è quello della propria allegata omosessualità, la quale è penalmente sanzionabile in Nigeria ed era stata dedotta in giudizio dall’extracomunitario proprio a sostegno dell’accoglimento delle domande di cui sopra. La Corte di Cassazione trova invece giustificato, contrariamente alle altre censure, il dubbio” del giudice di seconde cure a proposito dell’orientamento sessuale dedotto in giudizio. E la Corte d’appello, qui, non è più incorsa in vizio di genericità, poiché, dice la Suprema Corte, era stata considerata poco plausibile la dedotta ignoranza di detta condizione da parte di sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli e tanto basterebbe, in astratto, a poter esaminare di nuovo la vicenda per una nuova valutazione nel merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 1 luglio – 22 dicembre 2016, n. 26884 Presidente Ragonesi – Relatore De Chiara Premesso Che è stata depositata relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue 1. - Il sig. F. I., cittadino nigeriano, ricorse al Tribunale di Bologna avverso il diniego dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria deliberato dalla competente commissione territoriale, che gli aveva riconosciuto soltanto il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari essendo egli fuggito dalla Libia a seguito dei fatti della c.d. Primavera araba. Il Tribunale accolse parzialmente il ricorso, confermando il diniego dello status di rifugiato, ma riconoscendo al ricorrente la protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 14, lett. c , d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251. La Corte di Bologna ha accolto l'appello principale del Ministero dell'Interno e ha respinto l'appello incidentale del sig. I Disattesa l'eccezione d'inammissibilità del gravame principale per genericità dello stesso, la Corte ha ritenuto, nel merito, non credibile il racconto dell'appellato e insussistente la situazione di violenza indiscriminata, presupposto della riconosciuta protezione, in tutto il territorio nigeriano e in particolare nella città di Lagos, della quale l'appellato era originario. Il sig. I. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi. L'intimato Ministero dell'Interno si è difeso con controricorso. 2. - [ .] 3. - Quanto al merito, il primo motivo del ricorso, con il quale si ripropone l'eccezione di inammissibilità dell'appello per genericità, è fondato. Il Tribunale, infatti, aveva riconosciuto la protezione sussidiaria sul rilievo della grave minaccia alla vita o alla persona del richiedente ricollegabile sia alla sua condizione di omosessuale, penalmente sanzionata in Nigeria, sia alla violenza indiscriminata che si registra in quel paese quale conseguenza di una situazione di conflitto armato interno. Nell'atto di appello, invece, pur sostenendosi la tesi che non tutto il territorio nigeriano è percorso da situazioni di violenza indiscriminata e di conflitto armato, si omette di precisare che tale situazione non sussisterebbe nella regione di provenienza dell'interessato - che non viene neppure indicata - e soprattutto si omette di sottoporre a critica le fonti rapporto di Amnesty International, sito Viaggiare sicuri del Ministero degli Esteri dalle quali il Tribunale aveva tratto l'opposta conclusione nessuna censura, inoltre, viene destinata alla statuizione relativa alla condizione di omosessualità del richiedente. La ratio della decisione del Tribunale, dunque, resta priva di specifiche censure nell'atto di appello, che invece ampiamente si dilunga in considerazioni generiche e nel richiamo di precedenti giurisprudenziali la cui specifica attinenza al caso concreto non viene tuttavia illustrata. 3. - Il secondo motivo di ricorso, riguardante la protezione sussidiaria contestata dal Ministero, è assorbito. 4. - Il terzo motivo, invece, riguardante il rigetto dell'appello incidentale sull'invocato riconoscimento dello status di rifugiato, è inammissibile perché, ad onta della rubrica di violazione di norme di diritto e omesso esame di fatti decisivi, si risolve in pure e semplici critiche di merito rivolte alla statuizione di non credibilità del racconto del richiedente a proposito, in particolare, della sua condizione di omosessuale statuizione viceversa adeguatamente motivata dalla Corte distrettuale con puntuali riferimenti agli episodi da lui riferiti e alla non plausibilità della dedotta ignoranza di detta condizione da parte di sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli che tale relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite che non sono state presentate memorie Considerato Che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella relazione sopra trascritta che pertanto il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p.c., essendo inammissibile l'appello del Ministero dell'Interno, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che, quanto alle spese processuali, data l'ammissione del ricorrente vittorioso al patrocinio a spese dello Stato, questa Corte deve limitarsi a condannare l'Amministrazione soccombente a versare il relativo importo all'Amministrazione Finanziaria dello Stato, ai sensi dell'art. 113 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, senza procedere ad alcuna liquidazione, spettante invece, ai sensi della corretta lettura degli artt. 82 e 83 d.P.R. cit., al giudice di merito cfr., da ult., Cass. Sez. Un. 22792/2012 , individuato, nell'ipotesi qui ricorrente di cassazione senza rinvio, nel giudice che ha emesso il provvedimento impugnato cfr. Cass. 23007/2010 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna l'Amministrazione intimati a corrispondere le spese processuali all'Amministrazione Finanziaria dello Stato.