Revocazione della donazione per ingratitudine: le caratteristiche dell’ingiuria grave

L’ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, si distacca dalle previsioni degli artt. 594 e 595 c.p. e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale risentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25890/16 depositata il 15 dicembre. I presupposti della revocazione della donazione per ingratitudine. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione ribadisce interessanti principi in tema di revoca della donazione per ingratitudine derivante da ingiuria nei confronti del donante. La vicenda sottesa alla sentenza in esame ha ad oggetto la richiesta di revocazione proposta dal donante nei confronti della figlia-donataria, sul presupposto della condotta ingiuriosa di quest’ultima. Tanto in primo grado quanto in appello i giudici di merito rigettavano le richieste attoree, affermando che le condotte che, ad avviso del ricorrente, avrebbero giustificato la revoca per ingratitudine delle summenzionate donazioni, in alcune circostanze non avrebbero avuto carattere offensivo, in altre sarebbero state, comunque, giustificate dai particolari rapporti esistenti all’interno della famiglia. Contro la decisione dei giudici di merito veniva interposto ricorso per Cassazione, deciso con la sentenza in commento, con cui, per quanto qui interessa, si censurava la decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 801. c.c I requisiti dell’ingiuria idonea a condurre alla revocazione per ingratitudine. La Corte, nel rigettare il ricorso, ricorda preliminarmente che la valutazione circa l’idoneità dei comportamenti del donatario a porre in essere gli estremi dell’ingratitudine ex art. 801 c.c., costituisce apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità Cass. n. 754/1973 . Ciò premesso, la sentenza in rassegna afferma che l’ingiuria grave richiesta quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l’individuazione del bene leso, si distacca dalle previsioni degli artt. 594 e 595 c.p. e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale risentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva, dovendosi quindi escludere la sussistenza degli estremi dell’ingratitudine nel comportamento del donatario che, di fronte alla sopravvenuta intollerabilità della convivenza tra i due genitori e nella pendenza del giudizio di separazione personale con addebito instaurato dalla madre, aveva invitato il padre, con una lettera formale, a lasciare l’immobile di sua proprietà, destinato a casa familiare, acquistato con il denaro ricevuto dalla liberalità paterna e materna Cass. n. 7487/2011 . Nella medesima prospettiva la Corte ricorda che in un recente precedente si è negata la ricorrenza dei presupposti per la revocazione della donazione laddove le condotte addebitate al donatario, lungi dal disvelare un reale e perdurante sentimento di avversione, espressione di una ingratitudine verso il beneficiario tale da ripugnare alla coscienza comune, possano ricondursi ad una reazione scaturente da un contesto di rapporti familiari deteriorati per contrasti riconducibili alle scelte di vita del donatario, disapprovate dai genitori donanti Cass. n. 7033/2005 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 settembre – 15 dicembre 2016, n. 25890 Presidente Petitti – Relatore Criscuolo Svolgimento del processo F.D.P. agiva in giudizio davanti al Tribunale di Monza contro la figlia M.G. D.P. al fine di ottenere la revoca per ingratitudine della donazione indiretta, effettuata in favore della stessa, dell'appartamento sito in Macherio, con conseguente restituzione del bene. K gli esponeva che aveva pagato il prezzo, pari ad attuali € 125.499,03, dell'immobile, costituito d0., un appartamento al secondo piano e soprastante mansarda-sottotetto, oltre vano cantina e due vani rimessa al piano interrato, sito nello stabile condominiale ubicato in Macherio, via Roma, 46-50, acquistato con atto notarile Dott. Vincenzo 1i~rba di Monza, rep. 325359 per spirito di liberalità aveva intestato alla figlia la nuda proprietà ed 1/3 dell'usufrutto dell'immobile, realizzando, così, una donazione indiretta sussistevano i presupposti della revoca della donazione, in ragione della recente condotta della figlia. Tale giudizio assumeva il numero di Rg 9753/06. Il Tribunale di Monza, con sentenza 1783/08, rigettava la domanda attrice. Successivamente F.D.P. agiva in giudizio davanti al Tribunale di Monza contro la figlia M.G. D.P. al fine di ottenere la revoca per ingratitudine, stante l'esistenza degli estremi dell'ingiuria, della donazione, effettuata in favore della stessa, dell'appartamento sito in bissone. In via subordinata, chiedeva che la donazione fosse dichiarata nulla perché simulata. Tale giudizio assumeva il numero di Rg 793/06. Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 2515/08, rigettava le domande dell'attore. Contro le summenzionate sentenze proponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Milano, F.D.P., incardinando i due giudizi aventi numero Rg 3830/08 e 3635/08, i quali, in seguito, venivano riuniti. La Corte di Appello di Milano, nella resistenza dell'appellata, con sentenza n. 3413/11, rigettava gli appelli. F.D.P. proponeva ricorso per cassazione, articolandolo su quattro motivi. M.G. D.P. resisteva con controricorso. Motivi della decisione L Con i suoi quattro motivi di ricorso che, stante la loro stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente, F.D.P. lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 801 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza. Lgli contesta la mancata ammissione delle prove orali richieste, che avrebbero, a suo avviso, dimostrato l'esistenza della dedotta ingiuria grave in suo danno. Inoltre, il ricorrente si duole della circostanza che la corte territoriale non abbia adeguatamente tenuto conto del rifiuto, ad opera della figlia, di ospitare l'anziano padre nella casa, non abitata, sita in bissone, e di permettergli di frequentare il nipotino. Infine, egli lamenta l'avvenuta erronea applicazione dei principi in tema di onere della prova, in quanto, dalla documentazione agli atti, era emerso che l'esborso economico necessario per l'acquisto dell'immobile in Macherio era stato dal medesimo ricorrente sostenuto. Il ricorso deve essere respinto. I,a Corte di Appello di Milano ha accertato, con motivazione logica e completa che, in quanto tale, non può essere sindacata nella presente sede, che le condotte le quali, ad avviso del ricorrente, avrebbero giustificato la revoca per ingratitudine delle summenzionate donazioni, in alcune circostanze non avrebbero avuto carattere offensivo, in altre sarebbero state, comunque, giustificate dai particolari rapporti esistenti all'interno della famiglia. I,a corte territoriale, infatti, ha chiarito che non rilevava l'avvenuta revoca, ad opera della figlia, della delega concessa al padre ad operare su un conto corrente bancario del quale era cointestataria con la madre, trattandosi di azione corrispondente all'esercizio di un diritto. Allo stesso modo, non costituiva ingiuria il rifiuto di M.G. D.P. di accettare una delega ad operare su un conto corrente del padre e di sottoscrivere una dichiarazione destinata ad essere prodotta davanti al Tribunale di Sorveglianza relativa al diritto del padre di abitare nella casa di Lissone, non esistendo alcun obbligo in tal senso ed essendo comprensibile il desiderio dell'attuale resistente di non essere in alcun modo associata alle vicende infimnti relative ai oravi reati commessi dal padre . Quanto alla volontà di M.G. Di Palma di impedire i contatti fra il nonno ed il nipote Leonardo, di lei figlio, di quattro anni di età, questa doveva essere inquadrata nell'ambito della difficile relazione esistente fra le parti a seguito della scoperta di una relazione extraconiugale del ricorrente e delle condotte violente dal medesimo tenute nei confronti della moglie, che avevano portato all'apertura di un processo per separazione ed al trasferimento della madre della resistente presso quest'ultima. A tal fine, occorre richiamare il consolidato orientamento della Corte secondo cui la valutazione circa la idoneità dei comportamenti del donatario a porre in essere gli estremi dell'ingratitudine ex art. 801 c.c., costituisce apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità cfr. l Cass. n. 754/1973 , sicchè a forlite di una analitica ed esausitva ricostruzione delle vicende intercorse tra i contendenti, la valutazione compiuta sul punto dalla Corte milanese non si presta ad essere censurata, essendo scevra da vizi logici o motivazionali. Peraltro, la Corte, anche di recente ha ribadito che cfr. Cass. n. 7487/2011 l'ingiuria grave richiesta, ex art. 801 cod. civ., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale il suo significato intrinseco e l'individuazione del bene leso, tuttavia si distacca dalle previsioni degli artt. 594 e 595 cod. peri. e consiste in un comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva, dovendosi quindi escludere la sussistenza degli estremi dell'ingratitudine nel comportamento del donatario che, di fronte alla sopravvenuta intollerabilità della convivenza tra i due genitori e nella pendenza del giudizio di separazione personale con addebito instaurato dalla madre, aveva invitato il padre, con una lettera formale, a lasciare l'immobile di sua proprietà, destinato a casa familiare, acquistato con il denaro ricevuto dalla liberalità paterna e materna. In senso analogo si è negata la ricorrenza dei presupposti per la revocazione della donazione cfr. Cass. n. 7033/2005 laddove le condotte addebitate al donatario, lungi dal disvelare un reale e perdurante sentimento di avversione, espressione di una ingratitudine verso il beneficiario tale da ripugnare alla coscienza comune, possano ricondursi ad una reazione scaturente da un contesto di rapporti familiari deteriorati per contrasti riconducibili alle scelte di vita del donatario, disapprovate dai genitori donanti. In tale prospettiva le giustificazioni addotte dalla Corte distrettuale per escludere l'applicabilità della norma invocata dal ricorrente si inquadrano nella valutazione di un quadro relazionale sostanzialmente pregiudicato dalle vicende penali che all'epoca avevano interessato il ricorrente nonché dal naufragio del rapporto matrimoniale tra il ricorrente e la madre della resistente, connotato anche da episodi di violenza personale, di modo che le condotte addebitate alla conventa appaiono plausibilmente riconducibili, piuttosto che ad un sentimento di profonda ingratitudine, come richiesto dalla norma de qua, al clima di tensione e preoccupazione che le condotte del ricorrente avevano significativamente contribuito a generare. In tal senso, appare quindi infondata anche la deduzione circa l'immotivata ammissione delle richieste istruttorie, in quanto, premessa la insindacabilità in questa sede della valutazione del giudice di merito circa la rilevanza dei mezzi istruttori articolati, l'esito degli stessi, quand'anche favorevole al ricorrente, non potrebbe in ogni caso condurre all'accoglimento della domanda. Quanto infine al motivo di ricorso relativo alla valutazione dei mezzi istruttori concernenti la dimostrazione dell'esistenza di una donazione indiretta relativamente all'acquisto della quota dell'immobile in Macherio, non può che confermarsi la valutazione circa la carenza di un concreto interesse alla decisione su tale domanda, una volta esclusa la fondatezza della domanda di revocazione, essendo chiaramente l'interesse all'accertamento della donazione indiretta legato alla possibilità di poterne ottenere la revocazione. Trattasi di argomenti puntualmente evidenziati dalla Corte distrettuale, che ha esaminato il profilo relativo alla rilevanza dei mezzi istruttori solo per completezza di motivazione, sicchc il motivo de quo si palesa inammissibile per non essere stata a monte contestata la valutazione circa la carenza di interesse all'accertamento della donazione. In ogni caso, alla luce della puntuale disamina dei fatti di causa ad opera della corte territoriale, e della puntuale evidenziazione delle ragioni per le quali le richieste istruttorie del D.P. sarebbero prive del carattere della decisività in merito alla dimostrazione dei fatti dedotti, priva di pregio è la doglianza concernente la mancata ammissione delle prove orali, peraltro solo genericamente dedotta. Infatti, la Corte di Appello di Milano ha evidenziato che andava esclusa la donazione indiretta, poiché M.G. Di palma aveva un buon impiego sin dall'età di 19 anni ed aveva sempre versato i soldi in famiglia, e risultava una commistione fra i redditi ed i patrimoni del padre e della figlia. In particolare, in virtù di tali circostanze, doveva ritenersi che la documentazione prodotta dall'attuale ricorrente ed i capitoli di prova orale disattesi dal primo giudice fossero insufficienti a costituire la prova della donazione indiretta de qua. 2. Il ricorso va, quindi, respinto. 3. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari 15 % sui compensi oltre accessori come per legge.