Il danno da reato non sempre è civilisticamente lesivo

In tema di consegna di una cosa mobile e quindi di obbligazioni, è necessario che sussista una violazione codicistica ad hoc affinché possa configurarsi la relativa responsabilità contrattuale così, in caso di furto compiuto da ignoti, va valutato se la condotta del depositario sia stata colposa o improntata ai principi di adeguatezza e, quindi, se il nocumento fosse inevitabile.

E’, quindi, illegittima, e va pertanto annullata, la sentenza di merito con cui, stante la denuncia immediata di furto e le particolari modalità di introduzione di ladri ignoti nonché la documentazione inerente i numerosi interventi di manutenzione effettuati sull’impianto antifurto, venga condannato il privato esercente a risarcire il danno al cliente-committente. Il principio si argomenta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 24627, decisa il 10 maggio e depositata il 2 dicembre 2016. Il caso. Un soggetto consegnava ad una s.r.l., dotata di impianto antifurto più volte oggetto di manutenzione, alcuni orologi da riparare ma questi non venivano restituiti in quanto rubati da ignoti che, come descritto nella relativa denuncia di furto, avevano agito con disinnesco del sistema di allarme, lasciando integre le serrature d’ingresso e praticando dei fori nel solaio superiore e nella parte superiore della cassaforte così, il medesimo soggetto otteneva, in primo grado e con conferma in appello, la condanna della società al pagamento di una determinata somma quale risarcimento-danni. La responsabilità tra condotta interna” ed illecito penale altrui il lecito” contrattuale. In primis, vanno richiamati gli artt. 2, 27 e 41 Cost., 1173, 1256, 1321, 1766, 1768, 1777, 1780 e 2697 c.c. nonché 99, 101, 112, 115 e 116 c.p.c All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di diritto, obbligo, illecito e responsabilità. Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di responsabilità, in re ipsa e sine conditio , del depositario. Apparentemente, quindi, bisognerebbe stabilire se a possa essere disposto il risarcimento del danno per un bene oggetto di furto b possa essere censurata, in sede di legittimità, una sentenza di condanna emessa sia in primo che in secondo grado. In realtà, sotto il profilo sostanziale, quattro le osservazioni da effettuare. La prima sulla natura giuridica, contrattuale, del rapporto instauratosi e sulle relative posizioni/situazioni, di depositante-creditore per colui che abbia consegnato la res mobile e di depositario-detentore-debitore per colui che abbia ricevuto la stessa cosa . La seconda sugli obblighi, derivanti a carico del depositario, di custodia e di restituzione in natura segnatamente, il medesimo deve agire con diligenza, adottando tutte le opportune misure di sicurezza e cautela. La terza, anche quale sub-osservazione, sull’impossibilità della prestazione per causa non imputabile e per cui l’obbligazione viene ad estinguersi sul punto, va detto che la perdita del bene a causa di un furto è assimilabile a tale stato di impossibilità. La quarta sull’obbligo, per il medesimo consegnatario, di denuncia immediata del fatto al depositante, a pena di risarcimento del danno. De iure condito , la normale efficienza e l’adeguatezza dell’impianto a prevenire furti, la denuncia di furto e le modalità sofisticate di sua realizzazione interrompono” la presunzione” di nesso derivante dalla custodia del bene all’interno del negozio e, quindi, di imputabilità concreta”, al depositario, per presunta violazione della tutela dell’affidamento. Rebus sic stantibus , è irrilevante la quantità di cose consegnate nonché la relativa qualità altresì, sono indifferenti la ragione sociale del depositario e la finalità della consegna del bene rubato. In tal senso, in termini di dinamiche”, il diritto civile finisce per prevale re su quello penale. Necessario un quid pluris specifico per il risarcimento del bene rubato. In ambito di rapporti obbligatori” tra privati, assumono piena valenza probatoria liberatoria”, contrariamente a quanto sostenuto da App. Roma n. 4183/2012, la denuncia di furto ad opera di ignoti e la documentazione sugli interventi di manutenzione all’impianto antifurto previamente effettuati dal depositario. Ergo, il ricorso va accolto, con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio – 2 dicembre 2016, n. 24627 Presidente Vivaldi – Relatore Travaglino I fatti Decidendo sull'impugnazione proposta dalla società odierna ricorrente avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Roma l'aveva condannata al pagamento, in favore di A.T., della somma di oltre 19 mila euro a titolo di risarcimento per la mancata restituzione di alcuni orologi consegnati alla O. e O. per la riparazione, la corte di appello capitolina la rigettò pur modificando in parte qua la motivazione adottata dal primo giudice , per non essere stata a suo dire raggiunta la prova liberatoria dell'esistenza di una causa non imputabile al depositario, in relazione alla vicenda di danno lamentata dall'appellata furto degli orologi ad opera di ignoti . Per la cassazione della sentenza della Corte romana la Oro e oro ha proposto ricorso sulla base di 2 motivi di censura. L'intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede. Le ragioni della decisione Il ricorso è fondato. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 101, 112, 115, 116 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 1780 c.c. omessa considerazione di fatti rilevanti e della mancata contestazione della controparte ai fini della valutazione della sussistenza della prova liberatoria della responsabilità ex art. 1780 c.c. omesso esame, insufficienza, contraddittorietà e illogicità della motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Dalle corrette premesse in diritto da cui muove la Corte territoriale che legge la responsabilità del depositario ex art. 1780 in guisa di fattispecie colposa, individuando nella prova dell'adozione di tutte le opportune misure di sicurezza e le cautele esigibili, alla luce degli speculari principi di inevitabilità e adeguatezza, l'onere gravante sul medesimo non vengono poi tratte altrettanto corrette conseguenze in punto di im predicabilità della responsabilità dell'odierna ricorrente nella fattispecie concreta sottoposta al suo esame. La documentazione depositata dall'appellante relativa ai numerosi interventi di manutenzione operati sull'impianto antifurto dell'esercizio - dalla quale lo stesso giudice territoriale desume, correttamente, una valenza probatoria idonea a dimostrare la normale efficienza e la incontestabile adeguatezza dell'impianto a prevenire possibili furti all'interno del locale - e l'allegazione della denuncia di furto - ritenuta dalla stessa Corte dettagliata , essendo ivi descritte le modalità di introduzione di ignoti all'interno del negozio con un sistema difficilmente prevenibile fori praticato nel solaio superiore del locale e nella parte superiore della cassaforte, dopo aver disinnescato il sistema di allarme in modo sofisticato, lasciando integre le serrature di ingresso -, evidenziano circostanze di fatto caratterizzate da un'autonoma ed esaustiva valenza probatoria, poiché non contestate dalla controparte, così che la mancata produzione dei verbali redatti dalla Polizia al momento dell'intervento , ritenuta dalla Corte territoriale sufficiente alla verifica in termini obbiettivi, delle modalità di scasso descritte e delle cautele adottate a custodia del locale appare esigenza probatoria ultronea rispetto al quid disputatum. Alla luce di tale, necessaria, rivalutazione dei fatti di causa, il giudice di rinvio è chiamato a statuire, nella specie, in ordine alla predicabilità, o meno, del rispetto dei surrichiamati principi di inevitabilità e adeguatezza con riguardo alla condotta del custode. Il secondo motivo, relativo alla quantificazione del danno, risulta assorbito dall'accoglimento della censura dianzi esaminata. Il ricorso è pertanto accolto, e il procedimento rinviato alla Corte di appello di Roma, che, in diversa composizione, si atterrà ai principi di diritto sopra esposti. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alla spese di questo giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla Corte di appello di Roma, in altra composizione. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1 comma 17 della legge n. 228 del 2012, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il controricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.