Produzione di sentenza incompleta: l’appello non può essere improcedibile

Ove l’appellante abbia prodotto in giudizio una copia incompleta della pronuncia impugnata, che rende impossibile la ricostruzione della pronuncia di primo grado, la Corte non può emettere sentenza d’inammissibilità dell’appello giacché tale vizio può essere sanato con efficacia ex tunc mediante il deposito, nel termine assegnato, di copia integrale della sentenza, potendosi solo in caso d’inottemperanza a tale invito giungere ad una decisione di tipo sanzionatorio.

La seconda sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 24437, depositata il 30 novembre 2016, affronta un caso d’improcedibilità dell’appello. L’interesse della pronuncia è legata all’adesione dell’Organo di legittimità a quell’indirizzo giurisprudenziale che tutela l’efficacia conservativa dell’impugnazione. Il fatto. Il fatto storico da cui trae origine la pronuncia in analisi è stato originato da una domanda di pagamento di compensi professionali, azionata da un avvocato, quale corrispettivo per l’incarico espletato nell’interesse di una cliente ai fini dell’accertamento della qualità di invalida civile, con i relativi benefici economici. L’attività espletata dal legale aveva portato, attraverso differenti passaggi, sia amministrativi che giudiziari, al riconoscimento della prestazione economica a carico dell’INPS ed in favore della cliente. Nell’opposizione della convenuta, il primo grado si concludeva con sentenza di condanna al pagamento. La pronuncia era impugnata dalla soccombente la quale contestava, sostanzialmente, il mancato deposito di nota spese in giudizio, l’omesso adempimento degli obblighi informativi nonché la mancata decurtazione dall’importo liquidato dal Giudice di prime cure di quanto il legale aveva già percepito dall’INPS, in qualità di procuratore distrattario. L’appellata depositava appello incidentale. La Corte Territoriale dichiarava l’appello improcedibile in virtù del deposito, da parte dell’appellante, di copia della sentenza impugnata mancante di due pagine. I Giudici rilevavano che le pagine mancanti impedivano di esaminare nel merito il contenuto dell’appello, non potendosi ricostruire nella sua interezza il ragionamento seguito dal Tribunale giacché le pagine mancanti attenevano alla parte motiva della sentenza, senza che ciò fosse diversamente desumibile dalla lettura degli atti delle parti. La pronuncia era così impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dall’appellante soccombente. Dei gravami proposti quello che desta interesse ai nostri fini concerne la violazione dell’art. 348 c.p.c. ed il principio di tassatività dei motivi di improcedibilità. Sosteneva la ricorrente che la mancanza di due pagine della pronuncia avrebbe dovuto portare al più alla inammissibilità del gravame, sempre che il contenuto della sentenza non fosse diversamente ricostruibile. La Corte di Cassazione affermava la fondatezza del ricorso. Gli Ermellini evidenziavano che il deposito di copia integrale della sentenza all’interno del fascicolo di parte appellante, se da un lato vincolante, dall’altro può essere effettuato sino al momento della decisione, essendo sufficiente garantire al giudice dell’appello l’esame della sentenza impugnata. D’altra parte evidenziavano pure come ai sensi dell’art. 348 c.p.c. neanche il mancato deposito del fascicolo di parte in sede di appello, entro la prima udienza, comporti più la declaratoria d’improcedibilità. L’interpretazione più restrittiva. L’Organo di legittimità argomentava sull’esistenza di due distinti orientamenti interpretativi in materia, l’uno più restrittivo, che comporterebbe o l’improcedibilità dell’appello in ipotesi di tal fatta, non potendo il Giudice rimettere la causa sul ruolo con invito alla parte al deposito del documento mancante Cass. Civ. n. 1079/2014 , ovvero l’emissione di una decisione di merito Cass. Civ. n. 27536/2013 . L’interpretazione meno restrittiva. L’altro Cass. Civ. n. 23395/2015 , al quale hanno ritenuto di aderire, che invece, in caso di mancata produzione del testo integrale della sentenza, anziché dichiarare immediatamente l’improcedibilità dell’appello, assegna un termine per provvedere al deposito della sentenza integrale, sicché solo all’esito dell’inottemperanza a tale invito è possibile dichiarare l’improcedibilità. La conformità dell’atto al modello legale. La condivisione di tale indirizzo trova la propria fonte, a ben vedere, in altra pronuncia dell’Organo di legittimità intervenuto a Sezioni Unite SS.UU. n. 18121/2016 che, nell’ipotesi di notificazione del ricorso introduttivo mancante di alcune pagine ha statuito che tale mancanza non dà luogo a difformità dell’atto rispetto al modello legale. In buona sostanza tale pronuncia ha consentito di evidenziare come, i casi d’inammissibilità del ricorso previsti dalla legge, si qualificano in virtù di una difformità dell’atto rispetto al modello legale diversamente, per le fattispecie d’inammissibilità elaborate dalla giurisprudenza e dalla dottrina normalmente il vizio riscontrato concerne un elemento esterno all’atto che tende a coincidere con i presupposti dell’azione impugnatoria. In questa direzione, nel caso di notifica di un atto mancante di alcune pagine, il vizio risulta sanabile con efficacia ex tunc mediante notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa del ricorrente ovvero entro il termine indicato dalla Corte di Cassazione, ovvero ancora per effetto della costituzione dell’intimato. Concludendo. Nell’ipotesi di copia della sentenza di primo grado depositata in modo incompleto, il Giudice dovrà quindi invitare la parte a sanare il vizio e solo ove questa non si conformi alla richiesta potrà dichiarare l’appello improcedibile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 ottobre – 30 novembre 2016, n. 24437 Presidente Mazzacane – Relatore Scarpa Svolgimento del processo L’avvocato S.A. convenne davanti al Tribunale di Napoli M.A. per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 12.186,48, quale compenso per l’attività svolta in favore di quella in adempimento dell’incarico professionale conferitole il 1 luglio 2000 al fine di ottenere il riconoscimento della qualità di invalida civile e dei relativi benefici economici. Tale attività era consistita nella relativa richiesta nei confronti della ASL NA [], nella diffida all’Assessorato alla Sanità della Regione Campania, nel ricorso al competente Ministero avverso il provvedimento della Commissione medica e, infine, nella domanda rivolta al Tribunale di Napoli per il riconoscimento dell’invalidità e del diritto alla pensione, procedimento concluso con sentenza che aveva accolto la domanda attrice. Di seguito, esponeva l’avvocato S. di aver intrapreso procedimento esecutivo nei confronti dell’INPS, concluso con ordinanza di assegnazione. A fonte di tali attività, la M. non aveva versato alcun anticipo. Si costituiva in giudizio la convenuta M.A. , contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 4 luglio 2007, condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 3.430,75 oltre interessi. Avverso tale sentenza proponeva appello M.A. , criticando l’errata pronunzia in ordine alle rilevate negligenze professionali dell’avvocato S. , evidenziando come non fosse stato proposto appello avverso la sentenza del giudice del lavoro, che aveva liquidato le spese in danno del convenuto soccombente INPS, né fosse stata depositata in quel giudizio la nota spese, e deducendo la violazione dell’obbligo deontologico, da parte dell’appellata, di informazione della sua rappresentata circa lo svolgimento del mandato conferitole criticava altresì la mancata decurtazione, dalla somma riconosciuta all’attrice, degli importi liquidati in suo favore, quale distrattaria, dal giudice del lavoro. Si costituiva in giudizio l’appellata, che contestava l’impugnazione e proponeva appello incidentale per il riconoscimento delle somme decurtate dal Tribunale per la difesa conclusionale ed il deposito della nota spese. La CORTE D’APPELLO di NAPOLI, con sentenza n. 1323/2011 del 20 aprile 2011, dichiarava improcedibile l’appello principale, avendo l’appellante prodotto una copia della sentenza impugnata del Tribunale di Napoli mancante delle pagine numero 3 e 4, nonché inammissibile l’appello incidentale, in quanto tardivamente proposto. La Corte napoletana osservava, a fondamento della statuizione di improcedibilità dell’appello, che il contenuto delle pagine mancanti non fosse altrimenti desumibile dagli atti difensivi, e che era perciò impossibile ricostruire appieno il compiuto ragionamento fatto dal primo giudice per pervenire alla decisione impugnata. Si trattava evidentemente di pagine relative alla motivazione della sentenza, come desumibile dall’inizio della pagina 5 presente sulla copia prodotta. Aggiungevano i giudici dell’appello che nella copia della sentenza depositata non vi fosse alcun cenno alla mancata allegazione della nota spese da parte dell’avvocato S. nel giudizio in cui aveva difeso gli interessi della M. , nonostante che la relativa eccezione fosse stata sollevata dalla convenuta nella sua comparsa di costituzione in primo grado e fosse infatti poi oggetto di uno specifico motivo di gravarne. Ciò lasciava presumere che su tale eccezione il Tribunale si fosse pronunciato nelle pagine mancanti. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli M.A. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Motivi della decisione I due motivi di ricorso deducono la violazione, rispettivamente, degli artt. 347 e 348 c.p.c. Si espone la violazione della prima norma, in quanto la costituzione dell’appellante era stata rispettosa delle formalità ivi previste, aggiungendosi che il fatto che la copia depositata della sentenza appellata fosse mancante delle pagine 3 e 4 dovesse imputarsi soltanto alla cancelleria cui quella copia era stata richiesta. In ogni caso, si spiega che la copia prodotta della sentenza presentasse gli elementi essenziali, e che il contenuto mancante fosse desumibile dall’atto di appello, oltre che dagli scritti di controparte. La decisione della Corte di Napoli avrebbe quindi violato l’art. 348 c.p.c. ed il sotteso principio di tassatività delle cause di improcedibilità, a tanto non potendo portare la mancanza di due pagine della sentenza impugnata, la quale al più poteva essere motivo di inammissibilità del gravame, se il contenuto della pronuncia impugnata non fosse altrimenti desumibile. Si aggiunge dalla ricorrente che la pagina 3 mancante nella copia della sentenza prodotta dall’appellante contenesse in gran parte l’indicazione delle eccezioni della M. inserite nella comparsa di risposta di primo grado, tutte comunque ricostruibili dagli atti di parte allegati. Mentre la pagina 4 mancante disattendeva l’eccezione di improcedibilità della domanda per violazione dell’art. 165 c.p.c., ribadiva la non vincolatività nei rapporti tra le parti della liquidazione delle spese processuali fatta dal Tribunale di Napoli in danno del soccombente INPS, negava legittimazione all’avvocato S. ad impugnare la sentenza della causa di invalidità quanto alla misura delle spese liquidate, senza far cenno alla questione della nota spese. I due motivi di ricorso, il cui esame congiunto è imposto dalla loro intima connessione, sono fondati, per quanto di seguito esposto. La Corte di Napoli ha argomentato che le era preclusa la possibilità di pronunciare nel merito del gravame in ragione della mancata produzione integrale della copia della sentenza impugnata, non potendo essa disporre di elementi sufficienti ad esprimere la sua decisione. La sentenza della Corte di merito ha spiegato le ragioni per cui era indispensabile la lettura delle pagine mancanti delle sentenza gravata, non avendone altrimenti comprensione alla luce dei motivi di appello e delle difese dell’altra parte. Ora, è vero che l’art. 347, comma 2 c.p.c. non prevede eccezioni alla regola che il deposito di copia completa della sentenza appellata vada effettuato dalla parte appellante mediante inserimento nel proprio fascicolo ciò, peraltro, non deve necessariamente avvenire all’atto della costituzione dell’appellante, né entro la prima udienza, essendo comunque sufficiente che sia assicurata la possibilità dell’esame della sentenza impugnata da parte del giudice d’appello al momento della sua decisione, sicché non può condividersi il rilievo della ricorrente che attribuisce soltanto alla cancelleria l’errore di omesso controllo al momento del rilascio iniziale della copia del provvedimento. L’inserimento nel fascicolo di copia incompleta della sentenza appellata perché, nella specie, mancante di due pagine , equivale al compimento di un atto inefficiente, ovvero all’omessa osservanza dell’adempimento prescritto, ove tale mancanza abbia comunque impedito la comprensione integrale del provvedimento. Peraltro, l’art. 348 c.p.c., nella formulazione introdotta dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, non contempla più la declaratoria di improcedibilità dell’appello in conseguenza della mancata presentazione nella prima udienza del fascicolo di parte e, quindi, della sentenza impugnata. Questa Corte ha, ciò non di meno, ancora di recente affermato talvolta che il giudice di appello, il quale, al momento della decisione, verifichi che la parte appellante non ha depositato la sentenza impugnata, indispensabile per individuare l’oggetto del gravame e le statuizioni contestate, e che la stessa non è, comunque, presente tra gli atti di causa, deve dichiarare l’improcedibilità del gravarne, non potendo ovviare all’impedimento riscontrato rimettendo la causa sul ruolo con invito alla parte interessata a provvedere al relativo deposito così Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 1079 del 20/01/2014 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15303 del 05/07/2006 . Altrimenti, si è deciso che la mancanza in atti della sentenza di primo grado impugnata, ancorché quest’ultima possa risultare indispensabile per ottenere una pronuncia di merito sul gravame, non implica comunque la declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione, ma non consente neppure la rimessione della parte in termini per la sua produzione ovvero la rimessione della causa sul ruolo per consentirne l’acquisizione, imponendo, pertanto, al giudice di appello l’emissione di una decisione di merito, ove questa sia possibile sulla base degli atti, ovvero, se il contenuto della sentenza impugnata non sia desumibile in modo inequivoco dall’atto di appello, di una decisione di inammissibilità per carenza degli elementi essenziali di tale atto e, segnatamente, della specificità dei motivi sotto il profilo della loro pertinenza alle rationes decidendi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27536 del 10/12/2013 Cass. Sez. 2, Sentenza n. 238 del 11/01/2010 . Un’ulteriore soluzione interpretativa, però, ritiene che il giudice di appello, il quale rileva che l’appellante ha depositato una copia incompleta della sentenza impugnata, se non può decidere in base al complesso dei documenti disponibili, non deve immediatamente dichiarare l’improcedibilità dell’appello in quanto tale statuizione, di carattere sanzionatorio, presuppone un comportamento colpevole della parte, cioè una condotta ad essa imputabile sotto il profilo dell’inerzia o imprudenza, sicché deve, piuttosto, assegnare all’appellante stesso un termine per provvedere al deposito di una copia completa della decisione oggetto di gravame, potendosi poi solo in caso di inottemperanza a tale invito pervenire alla suddetta declaratoria di tipo sanzionatorio Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23395 del 16/11/2015 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16938 del 25/07/2006 ma già Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2948 del 20/03/1998, in base al testo dell’art. 348 previgente alla legge n. 353 del 1990 . Quest’ultimo orientamento è da condividere, potendo trovare coerenza anche con l’autorevole insegnamento da ultimo dettato da Cass. Sez. U. Sentenza n. 18121 del 14/09/2016, la quale ha escluso che la notifica di un atto di impugnazione mancante di qualche pagina dia luogo ad una difformità dell’atto rispetto al modello legale, oppure ad una carenza dei presupposti dell’impugnazione. Tale pronuncia ha in premessa evidenziato come le ipotesi di inammissibilità espressamente previste dalla legge sono accomunate proprio dall’esistenza di un vizio di difformità dell’atto di impugnazione rispetto al modello legale, mentre, nelle fattispecie di inammissibilità elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la caratteristica comune è rappresentata dall’esistenza di un vizio esterno all’atto, che riguarda la sussistenza stessa del potere di impugnazione e, quindi, i presupposti dell’azione impugnatoria. Sicché, come chiarito dalla Sezioni Unite di questa Corte, la mancanza, nella copia notificata del ricorso per cassazione di una o più pagine, ove impedisca al destinatario la completa comprensione delle ragioni addotte a sostegno dell’impugnazione, non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce un vizio della notifica di tale atto, sanabile con efficacia ex tunc mediante la nuova notifica di una copia integrale del ricorso, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di Cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese. In definitiva, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, che si atterrà al principio di diritto enunciato, provvedendo anche sulle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.