Ricorso per Cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello che ammette la class action

Non è ammissibile il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello di ammissibilità dell’azione di classe ex art. 140-bis d.lgs. n. 206/2005 Codice del Consumo , per la sua inidoneità a chiudere il procedimento, svolgendo, al contrario, la opposta funzione di predisporre il piano per la prosecuzione del giudizio e la decisione del merito.

Con la pronuncia n. 23631/16 depositata il 21 novembre, il S.C. interviene sulla discussa questione relativa alla possibilità di ricorrere per Cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello che si pronuncia sulla ammissibilità o meno della azione di classe promossa ai sensi dell’art. 140- bis del c.d. codice del consumo”. Il caso. La sentenza in commento risolve, in assenza di precedenti specifici, il problema della ricorribilità per Cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello sulla ammissibilità della class action ai sensi dell’art. 140- bis codice del consumo. Il S.C. ripercorre lo stato dell’arte in materia e, evidenziando come il provvedimento de quo non abbia natura decisoria ma esclusivamente procedurale, esclude che lo stesso possa essere oggetto di gravame, posto che costituisce solo uno strumento grazie al quale si apre il processo le cui risultanze possono essere oggetto di impugnativa secondo le comuni regole del codice di rito. Class action come e perché. Come noto, secondo quanto previsto dall’art. 140 del c.d. codice del consumo, l'azione di classe ha per oggetto l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti e consumatori. L'azione tutela a i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. b i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale c i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. Tali diritti possono essere fatti valere in giudizio, purchè omogenei, per il tramite di associazioni cui il cittadino o l’utente conferisce mandato, al fine di ottenere l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. Class action la natura dell’ordinanza di ammissibilità. E’ previsto un giudizio di ammissibilità del Tribunale, reclamabile innanzi alla Corte d’appello, affinchè sia valutato la diffusione e l’omogeneità degli interessi degli utenti che promuovono l’azione molto controversa, peraltro, è la natura del provvedimento di ammissibilità o meno della class action. La Corte, in primo luogo, richiama un precedente sostanzialmente in linea con le conclusioni cui giunge al termine del proprio ragionamento in tale decisione si precisa che l'ordinanza che dichiara o conferma l'inammissibilità dell'azione di classe non è suscettibile di assumere la stabilità del giudicato sostanziale e non produce la efficacia preclusiva del dedotto e del deducibile, in quanto è fondata su una delibazione sommaria. La pronuncia è, infatti, operata ai soli fini del giudizio di ammissibilità della domanda di classe e, dunque, con delibazione finalizzata ad una pronuncia di rito, idonea a condizionare unicamente la prosecuzione dl quel processo di classe. A norma dell'art. 140- bis , comma 14, d.lgs. n. 206/2005, pertanto, è unicamente l'ordinanza di ammissibilità che preclude la proposizione delle medesima azione di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione e non la ordinanza di inammissibilità, la quale non preclude affatto la riproponibilità dell'azione. Corte d’appello e inammissibilità della class action è possibile la riproposizione? In conseguenza dei principi sopra illustrati, la Cassazione ritiene che nell'azione di classe, l'ordinanza con cui la Corte d'appello, in sede di reclamo, dichiara l'inammissibilità della domanda è fondata su una delibazione sommaria che, in quanto tale, non è idonea al giudicato sostanziale, non preclude la riproposizione della domanda in via ordinaria e, fatta eccezione per il capo relativo alla pronuncia sulle spese e sulla pubblicità, non è ricorribile per cassazione. La rimessione alle Sezioni Unite. Un altro precedente, richiamato nelle motivazioni, si presenta maggiormente dubitativo in particolare, la sezione III della Corte di Cassazione non condivide l'orientamento giurisprudenziale che nega la possibilità di proporre ricorso per cassazione e, sulla base di tale orientamento, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, onde prevenire un contrasto giurisprudenziale. Le Sezioni Unite, peraltro, non si sono ancora pronunciate. Ammissibilità dell’azione dalla Corte d’appello e rimessione al tribunale. Nell'azione di classe l'accoglimento, peraltro, da parte della Corte d'appello, del reclamo proposto nei confronti dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità della domanda, comporta la rimessione della causa al tribunale, affinché adotti i provvedimenti volti alla prosecuzione del processo e alla fissazione del termine per effettuare le adesioni e provveda alla definizione dei caratteri dei diritti dei potenziali aderenti.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 giugno – 21 novembre 2016, n. 23631 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Fatti di causa La Corte d’Appello di Torino, in riforma della pronuncia di primo grado ha dichiarato ammissibile l’azione di classe proposta da G.F. , L.E. e S.F. , in proprio e mediante la mandataria Associazione Altroconsumo nei confronti di s.p.a. Intesa San Paolo/ chiedendo l’accertamento, per il periodo anteriore al 16 agosto 2009, della nullità delle clausole relative alla commissione di massimo scoperto e della penale tale definita di passaggio a debito per i conti correnti non affidati e, per il periodo successivo, la nullità della nuova commissione per scoperto di conto con allegazione per l’intera durata contrattuale, della violazione della normativa antiusura e di corretta pratica commerciale, oltre alla restituzione delle somme erroneamente addebitate ed al risarcimento del danno. A sostegno della decisione è stato affermato - In ordine al difetto di rappresentanza ex art. 77 cod. proc.civ. di Altroconsumo, per difetto della coesistenza di un potere di rappresentanza sostanziale da parte dell’associazione, si deve preliminarmente rilevare che la nuova azione di classe ha una specialità ed autonomia incompatibile con il paradigma dell’art. 77 cod. proc. civ Si tratta di un’azione facoltativa ed alternativa a quella ordinaria individuale che si caratterizza per l’esercizio da parte di singoli individui nell’interesse di una pluralità di soggetti connotati da omogeneità di posizioni giuridiche, con attribuzione della legittimazione ai singoli componenti e con la mera rappresentanza processuale dell’associazione, da ritenersi in qualche modo assimilabile alla procura alle liti, senza alcuna interferenza sulla titolarità e sulla disponibilità del rapporto sostanziale dedotto con l’azione. Da tali premesse consegue che sono del tutto validi i mandati conferiti il 12 novembre 2010 all’Associazione Altroconsumo dai tre proponenti per l’esercizio dell’azione di classe dettagliatamente indicata nel suo oggetto, nei difensori da nominare e nell’assunzione di ogni costo da parte della mandataria. Non sussiste alcuna forma di concorrenza tra gli attori ed Altroconsumo ed entrambi possono stare in giudizio sul presupposto secondo cui la rappresentanza negoziale o processuale non attribuisce nel giudizio al rappresentante la qualità di parte sostanziale. La funzione della mandataria è di mero ausilio tecnico nella gestione della lite. - Non sussiste l’incapacità dei proponenti alla cura idonea degli interessi della classe. - L’associazione Altroconsumo è altrettanto idonea a curare gli interessi della classe, trattandosi di associazione facente parte dell’elenco previsto nell’art. 137 cod. consumo. - Non sussiste il conflitto d’interessi tra i proponenti e gli altri componenti la classe dei correntisti non affidati per avere molti di questi usufruito del nuovo regime di commissione di massimo scoperto, trattandosi di prospettazione generica / non essendo stata dedotta in concreto una divaricazione di posizione giuridiche tutelabili tra di loro/ contrastanti in relazione ad un comune interesse. - L’azione non è improponibile per la pendenza di precedente azione di classe proposta dall’avv. R. mediante il Codacons perché in quel giudizio non è stato ancora assegnato alcun termine per l’adesione. Ne consegue che difettano i presupposti di legge anche per la sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. oltre alla differenza tra i proponenti sia in ordine alla classe che all’identità dei diritti fatti valere. - L’azione ammissibile con riferimento agli illeciti compiuti successivamente al 15 agosto 2009, trattandosi di illecito di natura contrattuale e di carattere permanente - Non sussiste il difetto d’identità dei diritti dei proponenti dal momento che la ricorrenza del requisito non deve essere desunta dall’entità del danno ma dalla posizione giuridica del tutto omogenea dei diritti dei proponenti. - L’ammissibilità dell’azione è limitata alle commissioni di scoperto di conto applicate, dopo il 15 agosto 2009, ai correntisti proponenti da parte di s.p.a. Intesa San Paolo. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione la s.p.a. Intesa San Paolo/ affidato a 12 motivi. Hanno resistito con controricorso e con un motivo di ricorso incidentale condizionato i proponenti e l’associazione Altroconsumo. La s.p.a. Intesa San Paolo ha resistito con controricorso al ricorso incidentale. Ragioni della decisione Preliminarmente deve rilevarsi che la parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione dal momento che l’ordinanza di ammissibilità ha esclusivamente contenuto e funzione interinale ma non presenta i caratteri di decisorietà, definitività o idoneità al giudicato r dal momento che ha ad oggetto provvedimenti aventi ad oggetto situazioni giuridiche di carattere processuale. Prima d’illustrare ed esaminare i motivi di ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale condizionato? deve essere esaminato il profilo dell’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. del provvedimento della Corte d’Appello che dichiara ammissibile l’azione di classe. In primo luogo è necessario sinteticamente esaminare la bifasicità dell’azione di classe. L’art. 140 bis del codice del consumo, nella versione ratione temporis applicabile quella recante le modifiche introdotte all’originaria versione della norma per mezzo dell’art. 49, c.l. della l. 99 del 2009 , stabilisce al quinto comma che in prima udienza il tribunale pronuncia sull’ammissibilità della domanda con ordinanza reclamabile davanti la Corte d’Appello in camera di consiglio. L’azione è inammissibile se è manifestamente infondata, se sussiste un conflitto d’interessi se il giudice non ravvisa l’identità nella versione ratione temporis applicabile, attualmente omogeneità dei diritti individuali tutelabili con l’azione di classe o quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe. Con l’ordinanza ammissiva il tribunale fissa i termini per l’adesione e le modalità per la pubblicità ad essa relativa definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che dichiarano di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione, fissa un termine perentorio, non superiore a 120 giorni decorrente dalla scadenza di quello relativo all’esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione devono essere depositati in cancelleria. Con la medesima ordinanza o con una successiva dispone la prosecuzione del giudizio prescrive le misure atte ad evitare indebite ripetizioni o complicazioni procedimentali regola nel modo più opportuno l’istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio. Quest’ultimo provvedimento, di natura organizzatoria è modificabile e revocabile in ogni tempo. Nel giudizio successivo il tribunale pronuncia sentenza di condanna con la quale liquida, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione delle somme. Questo secondo segmento del procedimento si chiude con sentenza ed è suscettibile di passare in giudicato ove non impugnato. Si può, pertanto distinguere lo sviluppo procedimentale dell’azione di classe a seconda che si chiuda con ordinanza d’inammissibilità o di ammissibilità dell’azione, entrambe reclamabili davanti alla Corte d’Appello. Il procedimento in primo grado è deformalizzato e ispirato alla massima economicità in secondo grado è testualmente definito come camerale. Il provvedimento d’inammissibilità conclude il giudizio tanto da essere prevista anche la statuizione sulle spese processuali e l’ordine al soccombente di dare adeguata pubblicità all’esito dell’azione. Questa Corte, con la pronuncia n. 9772 del 2012 escluso che l’ordinanza d’inammissibilità emessa dalla Corte d’Appello in sede di reclamo2 abbia carattere di definitività, ritenendo riproponibile l’azione senza limitazioni ed escludendo, di conseguenza, l’attitudine della stessa al giudicato. Da queste premesse è scaturita la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. davanti alla Corte di cassazione. Tale conclusione, tuttavia, è stata posta in dubbio dall’ordinanza interlocutoria n. 8433 del 2015 con la quale è stata rimesso alle sezioni unite proprio il quesito relativo all’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. del provvedimento d’inammissibilità dell’azione di classe che chiude il procedimento. In quest’ultima ordinanza si contesta in particolare la libera riproponibilità dell’azione, non prevista dalla norma e si fa presente che, potendo l’inammissibilità essere fondata su un giudizio di manifesta infondatezza, deve ritenersi che il giudizio sia a cognizione piena. Entrambe queste caratteristiche contrastano con la natura non definitiva del provvedimento, affermata nella precedente ordinanza n. 9772 del 2012. In mancanza della pronuncia delle Sezioni Unite, deve osservarsi che oggetto della rimessione è esclusivamente l’ordinanza d’inammissibilità e i presupposti su cui si fondano le differenti opzioni ermeneutiche, poggiano su caratteristiche estranee all’ordinanza di ammissibilità, ovvero l’attitudine a chiudere il giudizio anche con provvedimento sulle spese e il contrasto sulla riproponibilità. Il provvedimento di ammissibilità dell’azione, come chiarito anche nella pronuncia n. 9772 del 2012 esclude la riproponibilità dell’azione per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa una volta scaduto il termine per l’adesione assegnato dal giudice nel provvedimento che dichiara ammissibile l’azione. Esso, pertanto, ha un grado di decisorietà e definitività parzialmente assimilabile al giudicato, sotto il profilo dell’effetto preclusivo sopra richiamato, a differenza del provvedimento d’inammissibilità, che, almeno secondo un’opzione ermeneutica, ha un’efficacia decisoria endoprocessuale senza alcuna propagazione di effetti preclusivi oltre esso. Tale efficacia preclusiva, tuttavia, non può essere considerata in modo isolato ma deve essere connessa alla peculiare funzione del provvedimento di ammissibilità consistente nella predisposizione del programma di prosecuzione del giudizio sia in ordine ai tempi ed a modi dell’adesione, sia in ordine alle caratteristiche dei diritti individuali da definire con l’azione di classe sia in ordine alle modalità procedimentali, anch’esse deformalizzate, attraverso le quali deve dipanarsi il giudizio di merito. L’ordinanza di ammissibilità si compone, pertanto, di una pluralità di statuizioni tutte rivolte alla fase successiva, anche quelle volte ad escludere l’inammissibilità dell’azione ovvero la non manifesta infondatezza, l’esclusione del conflitto d’interessi e l’identità nella versione ratione temporis applicabile attualmente omogeneità dei diritti individuali. Tale accertamento, non revocabile e modificabile nel giudizio successivo a differenza delle statuizioni di natura organizzatoria endoprocessuale, è tuttavia strumentale alla predisposizione del provvedimento che apre la fase di merito. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. dell’ordinanza di ammissibilità dell’azione di classe ex art. 140 bis d.l.g n. 206 del 2005 per la sua inidoneità a chiudere il procedimento/ svolgendo, al contrario, la opposta funzione di predisporre il piano per la prosecuzione del giudizio e la decisione nel merito. Tale conclusione non esclude definitivamente la sindacabilità dell’ordinanza ammissiva, con particolare riferimento all’accertamento dei requisiti di ammissibilità non manifesta infondatezza, insussistenza del conflitto d’interessi e accertamento dell’identità/omogeneità dei diritti differendone soltanto il potere all’esito della decisione di merito. L’accoglimento dell’eccezione preliminare d’inammissibilità esime dalla riproduzione e dall’esame dei motivi di ricorso principale ed incidentale. L’assoluta novità della questione giustifica la compensazione delle spese processuali del presente procedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.