Relazione conclusa, niente soldi indietro dall’ex

Non accoglibile la pretesa della donna nei confronti di quello che è stato il suo compagno per quattro anni. Ella non ha dato dimostrazione che la somma, pari a oltre 22mila euro, era stata oggetto di un mutuo con obbligo di restituzione.

Chiusa la relazione sentimentale. Resta da sciogliere un nodo economico lei pretende dal suo ex oltre 22mila euro, prestatigli per pagare i debiti. Fino a prova contraria, però, si presume che quella somma sia stata data volontariamente, per ragioni di affetto. Impossibile, quindi, ottenerne la restituzione Cassazione, sentenza n. 22576/16, depositata oggi . Mutuo. L’ atto di citazione presentato dalla donna è finalizzato a vedere condannato l’ex compagno alla restituzione della somma di 22.040 euro . E dinanzi ai giudici ella spiega di aver prestato quella somma all’uomo, durante la loro relazione sentimentale , così da consentirgli di pagare i debiti . Ragionamento corretto solo sulla carta, però. Per i giudici, difatti, sia in Tribunale che in appello, a prescindere dalla qualificazione del rapporto , la donna non ha dato la prova certa della esistenza col suo ex compagno di un contratto di mutuo con obbligo di restituzione . Nessuna possibilità, quindi, secondo i giudici, di riavere indietro quei soldi. E questa visione è condivisa anche dai magistrati della Cassazione. Ciò proprio alla luce del fatto che l’ipotesi dell’esistenza di un mutuo è fragilissima. Molto più logico, invece, ritenere che la somma venne data volontariamente dalla donna nell’ambito della relazione sentimentale .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 settembre – 7 novembre 2016, n. 22576 Presidente Mazzacane – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 19 giugno 2003 A.T. conveniva in giudizio E.A. davanti al Tribunale di Gorizia per sentirlo condannare alla restituzione della somma di € 22.040,00 che essa, nel corso di una relazione sentimentale durata quattro anni, gli aveva prestato in più occasioni per pagare i suoi debiti. In subordine, l'attrice chiedeva che fosse riconosciuto l'arricchimento senza causa del convenuto. Si costituiva in giudizio E.A., il quale eccepiva l'intervenuta prescrizione del diritto di controparte e, comunque, chiedeva il rigetto della sua domanda. Il Tribunale di Gorizia, con sentenza n. 229/08, rigettava le domande attrici. A.T. appellava la sentenza, chiedendone la riforma. La Corte di Appello di Trieste, nella resistenza dell'appellato, con sentenza n. 460/11, rigettava l'impugnazione osservando che, indipendentemente dalla qualificazione data al rapporto dal primo giudice, era onere dell'attrice provare la conclusione di un contratto di mutuo con obbligo di restituzione. Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione A.T., articolandolo su tre motivi, illustrati da memoria mentre E.A. non ha svolto difese. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo A.T. lamenta l'omessa pronuncia in ordine al primo motivo di appello, concernente l'insussistenza di una donazione indiretta per mancanza dell'animus donandi, e la motivazione omessa od insufficiente sul punto. In particolare, la corte territoriale non aveva esaminato, a suo avviso, il suddetto motivo di gravame, né aveva motivato quanto alla natura del rapporto intercorso fra le parti. La censura è infondata. La sentenza ha statuito che, a prescindere dalla qualificazione del rapporto, spettava all'attrice la prova del conti-atto di mutuo. In ogni caso per Cass n. 17050 del 28/07/2014 la parte che chieda la restituzione di somme date a mutuo è tenuta a provare, oltre alla consegna, anche il titolo dal quale derivi l'obbligo di controparte alla restituzione, purchè l'attore fondi la domanda su un particolare contratto, senza formulare neppure in subordine una domanda volta a porre in questione il diritto della controparte di trattenere la somma ricevuta, ferma restando, la necessità che il rigetto della domanda di restituzione sia argomentato con cautela, tenendo conto della natura del rapporto e delle circostanze del caso, idonee a giustificare che una parte trattenga senza causa il denaro indiscutibilmente ricevuto dall'altra. Con il secondo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2041 c.c., in quanto la corte territoriale aveva errato nel tenere conto che, se non ricorreva, nella specie, un trasferimento di denaro per spirito di liberalità, l'azione di arricchimento indebito doveva essere accolta, non potendosi considerare il dedotto arricchimento avvenuto con la di lei volontà. La censura è infondata avendo la Corte statuito essere pacifico che le somme vennero date volontariamente nell'ambito di una relazione sentimentale. Con il terzo motivo A.T. lamenta la motivazione illogica e contraddittoria della sentenza, nella parte in cui il quarto motivo di appello era stato dichiarato assorbito, poiché se l'azione di arricchimento era proponibile diveniva necessario anche accertarne l'ammontare. La censura è infondata in quanto correttamente il quarto motivo di appello è stato considerato assorbito. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.