È revocabile il rigetto della chiamata in causa del terzo? Si, ma con ‘moderazione’

Se è stata proposta dal convenuto tempestiva istanza di differimento della prima udienza di trattazione, il provvedimento di rigetto può essere revocato, anche implicitamente ed anche in caso di translatio iudicii, sempre che ciò avvenga prima che sia esaurita la fase della prima udienza di trattazione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21462/16 depositata il 25 ottobre. Il caso. Il ricorrente finiva per invocare l'intervento della Cassazione sentenza n. 21462/2016 a seguito del il rigetto delle proprie domande giudiziali nei confronti della sorella e relative al rilascio di una villa con giardino a lui pervenuti in successione ereditaria e che la parente convenuta assumeva di detenere a titolo di comodato. L’uomo portava a casa la sconfitta in giudizio, sia in primo che in secondo grado. In estrema sintesi, l’attore deduceva che, nel proprio caso, sussistevano le condizioni per il legittimo recesso da parte propria ex artt. 1804 e 1805 c.c. o, in subordine, per l'applicazione dell'art. 1809, comma 2, c.c., chiedendo, altresì, la condanna della sorella al risarcimento dei danni per lo stato di dissesto in cui versava l'immobile. La particolarità, inoltre, era che in primo grado il giudizio veniva trasferito, per difetto di competenza territoriale, dal Tribunale di Busto Arsizio a quello di Savona. Ma la vexata quaestio - portata all'attenzione della Suprema Corte - era relativa alla possibilità, o meno, della revocabilità del provvedimento di rigetto della istanza di differimento della prima udienza, in caso di chiamata in causa di terzo. E, in ipotesi affermativa, delle relative eventuali condizioni ammissive. Infatti, il ricorrente contestava la circostanza che il Tribunale, risultato alla fine competente territorialmente, avesse autorizzato la chiamata in causa dei terzi dopo che, dinanzi al primo Tribunale, sebbene incompetente, si era svolta l'udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. nel quale il differimento era stato, invece, rigettato. Il processo come struttura unitaria. L'uomo argomentava la propria tesi facendo leva sul principio secondo cui il processo conserva una struttura unitaria, anche in ipotesi ed a seguito della translatio iudicii , e che - nel caso di specie - la fase della instaurazione e della verifica della regolarità del contraddittorio si era già interamente esaurita dinanzi al Tribunale di Busto Arsizio. Tuttavia, le eccezioni del ricorrente venivano dichiarate infondate dagli Ermellini. La Corte di Cassazione precisa, infatti, che la convenuta aveva richiesto tempestivamente il differimento dell'udienza per la chiamata dei terzi, pertanto, si doveva escludere che si fosse verificata una qualche decadenza per inosservanza di termini perentori da parte della stessa. Né tantomeno può ritenersi, secondo la Cassazione, che fosse stata esaurita la fase introduttiva del giudizio, atteso che il procedimento, da considerarsi sempre unitariamente, non aveva mai superato la prima udienza di trattazione, costituente la soglia oltre la quale deve versi preclusa la possibilità di provvedere sulla chiamata di terzo ad istanza di parte. Pertanto, fermo restando il limite di prima udienza, non vi è ragione per escludere che il giudice istruttore possa esercitare il suo potere di revoca o modifica dell'ordinanza, tanto più che, involgendo valutazioni sulla opportunità di estendere il contraddittorio ad un altro soggetto nella vicenda de qua a più terzi, in realtà , il provvedimento del giudice chiamato a decidere sulla istanza di fissazione di nuova udienza per consentire la citazione del terzo ha natura pacificamente discrezionale. Per tutti i motivi suesposti, la Suprema Corte afferma il principio di diritto secondo cui se è stata proposta dal convenuto tempestiva istanza di differimento della prima udienza di trattazione, allo scopo di provvedere alla chiamata in causa di terzi, il provvedimento di rigetto può essere revocato, addirittura anche implicitamente, da parte dello stesso giudice o di altro avanti al quale la causa sia stata riassunta a seguito di declinatoria di competenza ad opera del primo come nel caso di specie , sempre che ciò avvenga prima che sia esaurita la fase della prima udienza di trattazione . Quando le spese di lite, anche dei terzi chiamati, sono posti a carico di chi non ha richiesto il loro intervento. Infine, con altro motivo il ricorrente censurava la sentenza per aver confermato la decisione di primo grado in punto di condanna dell'attore al pagamento delle spese di lite in favore dei terzi chiamati e per aver, a sua volta, condannato l'appellante a rimborsare gli stessi anche le spese del giudizio in appello. Contestava che la Corte potesse applicare in modo automatico il principio di causalità, rilevando che lo stesso presuppone che la chiamata in garanzia sia avvenuta legittimamente e richiamando il principio di legittimità secondo cui la palese infondatezza della domanda di garanzia comporta l'applicabilità del criterio della soccombenza nel rapporto processuale instaurato tra il convenuto ed il terzo chiamato, anche quando l'attore principale sia soccombente nei confronti del convenuto. Concludeva, pertanto, l’uomo che il giudice di merito non avrebbe potuto esimersi dal compiere una concreta valutazione della relazione tra le domande proposte dall'attore e la chiamata in garanzia dalla parte convenuta, al fine di verificare se l'estensione del contraddittorio fosse risultata necessaria e giustificata. Valutazione che, secondo il ricorrente, risultava essere stata completamente omessa. Ma, anche in questo caso, la Corte dichiara infondato il motivo di impugnazione. Rammentano gli Ermellini che in tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato è giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo. D'altro canto, nel caso di specie, il ricorrente non aveva neppure dedotto ragioni che avrebbero potuto indurre la Corte a derogare a questo principio per il fatto che la chiamata risultasse palesemente arbitraria.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 settembre – 25 ottobre 2016, n. 21462 Presidente Vivaldi – Relatore Sestini Svolgimento del processo I.P.A. convenne in giudizio, avanti al Tribunale di Busto Arsizio, la sorella I.M.L. per sentirla condannare al rilascio di una villa con giardino a lui pervenuti in successione ereditaria e che la convenuta assumeva di detenere a titolo di comodato dedusse che sussistevano le condizioni per il legittimo recesso da parte dell’attore ex artt. 1804 e/o 1805 c.c. o, in subordine, per l’applicazione dell’art. 1809, 2 co. c.c., e chiese – altresì la condanna della sorella al risarcimento dei danni per lo stato di dissesto in cui versava l’immobile. La convenuta si costituì in giudizio sollevando eccezioni preliminari di nullità dell’atto di citazione e di incompetenza territoriale e proponendo istanza di differimento della prima udienza allo scopo di provvedere alla chiamata di terzi. Il Tribunale dispose il differimento della causa ex art. 164, Co. 3 c.p.c. in quanto l’atto di citazione non conteneva l’avvertimento ex art. 163, n. 7 c.p.c. e la convenuta depositò memoria autorizzata con cui si riportò alle precedenti difese e insistette per lo spostamento dell’udienza al fine di effettuare la chiamata dei terzi istanza che venne rigettata con ordinanza del 22.10.2010. Con successiva ordinanza del 5.1.2011, il Tribunale dichiarò la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Savona, in relazione al luogo in cui era sito l’immobile. Rigettato il regolamento di competenza proposto avverso tale ordinanza, la causa venne riassunta dall’attore che propose domanda principale per il risarcimento del danno conseguente ad occupazione senza titolo dell’immobile e solo in via subordinata domanda di responsabilità ex artt. 1804 e 1805 c.c. la I. si costituì nuovamente in giudizio a mezzo di comparsa contenente istanza di autorizzazione alla chiamata di terzi e di spostamento della prima udienza provvedendo su tale istanza, il g.i. dispose lo spostamento della prima udienza ex artt. 269 e 163 bis c.p.c. . La I. procedette dunque alla chiamata in causa della Z& amp R s.r.l., della Impresa Zoppi s.r.l. e di D.G. per eventuale manleva tutti i chiamati si costituirono in giudizio. Disposto il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c., il Tribunale di Savona decise la causa dichiarando inammissibile la domanda principale dell’attore e rigettando quella subordinata condannò, inoltre, l’attore al pagamento delle spese processuali in favore sia della convenuta che dei terzi chiamati in causa. La Corte di Appello d Genova ha rigettato il gravame dello I. e lo ha condannato al pagamento delle spese di lite in favore di tutte le parti appellate. Ricorre per cassazione I.P.A. , affidandosi a tre motivi resistono tutti gli intimati a mezzo di distinti controricorsi. Entrambi gli I. hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Per quanto interessa ai fini dello scrutinio del ricorso incentrato sulle statuizioni di condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei terzi chiamati in causa , la Corte di Appello ha affermato che non poteva ritenersi illegittima l’autorizzazione alla chiamata in causa in quanto la I. aveva formulato la richiesta con la comparsa di costituzione depositata davanti al Tribunale di Busto Arsizio e la circostanza che quel giudice non avesse accolto tale istanza non precludeva affatto a I.M.L. di insistere per l’accoglimento dell’istanza in questione proposta come si è detto tempestivamente nel costituirsi nuovamente a seguito della riassunzione del giudizio davanti al Tribunale di Savona la sentenza di primo grado doveva essere confermata nella parte in cui aveva posto a carico dell’odierno appellante le spese dei terzi chiamati trattandosi di chiamata in causa provocata dalle domande poi risultate infondate . 2. Il primo motivo nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 50 106 167 e 269 c.p.c. art. 360, 1 c., n. 4 c.p.c. censura la Corte per avere ritenuto che, una volta respinta dal Tribunale di Busto Arsizio, l’istanza volta alla chiamata dei terzi potesse essere riproposta al Tribunale di Savona rileva, infatti, il ricorrente che il processo aveva conservato una struttura unitaria, pur a seguito della translatio iudicii, e che la fase della instaurazione e della verifica della regolarità del contraddittorio si era interamente esaurita avanti al Tribunale di Busto Arsizio , essendosi svolta l’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. che, nell’ambito della scansione procedimentale, segna l’ultimo limite per l’emanazione di provvedimenti per l’eventuale estensione del contraddittorio nei confronti di terzi con la conseguenza che il decreto del G.I., che aveva dato ingresso alla chiamata dei terzi, era nullo e tale da inficiare, ex art. 159 c.p.c., sia il procedimento che le sentenze pronunciate , in quanto, stante la inderogabilità delle norme che governano la chiamata in causa di terzi e la perentorietà dei termini al riguardo fissati, deve escludersi che, successivamente al provvedimento di rigetto dell’istanza di autorizzazione alla integrazione del contraddittorio tempestivamente proposta, il Giudice potesse accogliere una seconda, inammissibile e tardiva istanza . 2.1. Il secondo motivo censura la violazione delle medesime norme individuate dal precedente, ma sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n. 3 c.p.c 2.2. I motivi da esaminare congiuntamente sono infondati. Atteso che la I. aveva richiesto tempestivamente il differimento dell’udienza per la chiamata dei terzi e ciò sia costituendosi avanti al Tribunale di Busto Arsizio che costituendosi nuovamente nel giudizio riassunto , deve escludersi che si fosse verificata una qualche decadenza per inosservanza di termini perentori da parte della convenuta. Né può ritenersi che fosse stata esaurita la fase introduttiva del giudizio, dato che il procedimento da considerare unitariamente non aveva mai superato la prima udienza di trattazione, costituente la soglia oltre la quale deve ritenersi preclusa nel disegno di cui agli artt. 183 e 269 c.p.c. la possibilità di provvedere sulla chiamata di terzo ad istanza di parte. Né v’è ragione per escludere che fermo restando il limite di tale prima udienza il giudice istruttore possa esercitare il suo potere di revoca o modifica delle ordinanze, tanto più che, involgendo valutazioni sull’opportunità di estendere il contraddittorio ad altro soggetto, il provvedimento che il giudice è chiamato ad adottare sull’istanza di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo ha natura pacificamente discrezionale cfr. Cass., S.U. n. 4309/2010, Cass. n. 7406/2014 e Cass. n. 9570/2015 cfr., altresì, Cass. n. 19480/2008 che, con specifico riferimento alla chiamata del terzo, individua come soli limiti della facoltà di revoca da parte dell’istruttore il divieto di riaprire termini già esauriti o la cancellazione di preclusioni già verificatesi . Deve dunque affermarsi il principio che, ove sia stata proposta dal convenuto tempestiva istanza di differimento della prima udienza di trattazione allo scopo di provvedere alla chiamata in causa di terzi, il provvedimento di rigetto può essere revocato anche implicitamente da parte dello stesso giudice o di altro avanti al quale la causa sia stata riassunta a seguito di declinatoria di competenza ad opera del primo, sempreché ciò avvenga prima che sia esaurita la fase della prima udienza di trattazione. 3. Col terzo motivo che deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 106 c.p.c. , il ricorrente censura la sentenza per avere confermato la decisione di primo grado in punto di condanna dell’attore al pagamento delle spese di lite in favore dei terzi chiamati e per avere a sua volta condannato l’appellante a rimborsare agli stessi anche le spese del giudizio di appello contesta che la Corte potesse applicare in modo automatico il principio di causalità, rilevando che lo stesso presuppone che la chiamata in garanzia sia avvenuta legittimamente e richiamando il principio di legittimità secondo cui la palese infondatezza della domanda di garanzia comporta l’applicabilità del criterio della soccombenza nel rapporto processuale confronti del il giudice di dal compiere relazione tra anche nei convenuto conclude, pertanto, che merito non avrebbe potuto esimersi una concreta valutazione della le domande proposte dall’attore e la chiamata in garanzia dalla parte convenuta, al fine di verificare se l’estensione del contraddittorio fosse necessaria e giustificata valutazione che risulta essere stata completamente omessa . 3.1. Il motivo è infondato. La Corte ha applicato il principio consolidato secondo cui in tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo Cass. n. 2492/2016 cfr. anche Cass. n. 23552/2011, Cass. n. 3956/1994, Cass. n. 3729/1990 e Cass. n. 2330/1995 . Né – peraltro il ricorrente ha dedotto ragioni che avrebbero dovuto indurre la Corte a derogare a tale principio per il fatto che la chiamata risultasse palesemente arbitraria , secondo un criterio che è stato più volte affermato da questa Corte cfr., per tutte, Cass. n. 7431/2012 , ma che costituendo eccezione al principio generale presuppone la ricorrenza e la prospettazione di elementi che connotino la chiamata come del tutto arbitraria. 4. Le spese di lite seguono la soccombenza. 5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite ai controricorrenti, liquidandole per ciascuno di essi in Euro 5.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre rimborso delle spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.