Valida la notifica a mezzo PEC che non rispetti del tutto le indicazioni formali della l. n. 53/1994

Non è nulla la notifica di un controricorso, mediante posta elettrica certificata, che non rispetti completamente le indicazioni formali dell’art. 3-bis, comma 4, l. n. 53/1994, qualora le irregolarità risultino innocue e l’atto abbia contestualmente raggiunto lo scopo perseguito.

Così la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19814/16, del 4 ottobre. Il caso. Nel caso sottoposto ai Giudici di legittimità, il ricorrente ha eccepito la nullità della notificazione del controricorso, dal momento che il difensore del resistente, nel notificare l’atto mediante posta elettronica certificata, non aveva indicato nell’oggetto del messaggio la dizione notificazione ai sensi della legge 53 del 1994 ex art. 3- bis , comma 4, l. n. 53/1994. La relazione di notificazione. La Suprema Corte ha rilevato che, nel caso di specie, il messaggio inviato recava nel campo dedicato all’oggetto la dizione Notifica controricorso in cassazione mentre in calce al testo veniva estesa la relazione di notificazione, intitolata Relazione di notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994 . Nessuna nullità può, quindi, essere dichiarata per due ordini di motivi 1 l’art. 11 l. n. 53/1994, nel comminare la nullità delle notificazioni eseguite in proprio dall’avvocato se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti , non intende sanzionare con l’inefficacia anche le irregolarità più innocue 2 le nullità di cui all’art. 11 l. n. 53/1994 sono sanate in caso di raggiungimento dello scopo, come previsto dall’art. 156 c.c Nel caso in esame, il ricorrente ha mostrato non soltanto di aver ricevuto la notifica del controricorso, ma di averne anche compreso il contenuto. Pertanto, la Corte di Cassazione ritiene manifestamente infondata l’eccezione di nullità. Fonte www.ilprocessotelematico.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 13 luglio 4 ottobre 2016, n. 19814 Presidente Amendola Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione 1. R.G. ha impugnato per tassazione la sentenza 13.11.2013 n. 6072 della Corte d'appello di Roma. Con tale sentenza è stato rigettato il suo appello contro la sentenza 19.2.2007 n. 171 del Tribunale di Viterbo. Con tale ultima sentenza era stata rigettata la domanda del danno proposta da R.G. nei confronti della Provincia di Viterbo, avente ad oggetto il risarcimento dei danni patiti dal primo in conseguenza di una insidia stradale ascritta a responsabilità della seconda. 2. Coi due motivi di ricorso R.G. deduce sostanza che a la Corte d'appello ha violato l'art. 2051 c.c., perchè non ha fatto applicazione della presunzione di responsabilità ivi prevista nei confronti della Provincia b la Corte d'appello ha violato l'art. 112 c.p.c., perchè ha ritenuto tardiva l'invocazione di tale norma da parte dell'attore. 3. Il morso appare inammissibile, perchè totalmente estraneo rispetto alla reale ratio decidendi posta dalla Corte d'appello a fondamento della propria decisione. La Corte d'appello ha infatti confermato la decisione di primo grado in base al rilievo che a la responsabilità del sinistro andava ascritta a colpa esclusiva della vittima b la relativa statuizione del Tribunale era stata impugnata in modo aspecifico da R.G., ed era quindi inammissibile, ex art. 342 c.p.c. c in ogni caso, anche nel caso di responsabilità oggettiva e quindi anche nel caso di applicazione dell'art. 2051 c.c. , il comportamento colposo della vittima è circostanza di per sè sufficiente ed escludere il nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno cosè la sentenza p. 7-8 . Nessuna di queste statuizioni è stata impugnata col ricorso per cassazione. Pertanto, quale che fisse il giudizio che si volesse dare sulle doglianze formulate dal ricorrente, esse comunque non varrebbero a caducare la sentenza impugnata, la quale ha rigettato la domanda per difetto del nesso di causa. Ed anche a voler applicare al caso di specie l'art. 2051 c.c., è noto come tale norma sollevi il danneggiato dall'onere di provare la colpa del custode, ma non il nesso di causa tra cosa in custodia e danno. 4. Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle spese . 2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Motivi della decisione 3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dal ricorrente nella propria memoria. 4. Con tale memoria il ricorrente sig. R.G., dopo avere segnalato che la relazione preliminare, dopo avere prospettato l'inammissibilità del ricorso, conclude chiedendone il rigetto, torna a sostenere che la Corte d'appello di Roma avrebbe violato l'art. 2051 c.c., per avere rigettato la domanda di condanna della pubblica amministrazione sebbene questa non fosse riuscita a fornire alcuna prova liberatoria, nè a dimostrare la colpa esclusiva della vittima. Con la medesima relazione, infine, la parte ricorrente eccepisce la nullità della notificazione del controricorso, perchè eseguita a mezzo posta elettronica certificata, ma senza che fosse indicato nell'oggetto del messaggio la dizione notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 . 5. L'eccezione di nullità della notifica del controricorso - da esaminare per prima ex art. 276 c.p.c., comma 2 - è manifestamente infondata. La L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 4, stabilisce che quando l'avvocato esegue la notificazione di atti processuali per mezzo della posta elettronica certificata, il messaggio deve indicare nell'oggetto la dizione notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 . Nel caso di specie, il messaggio inviato dall'avv. Marco Vincenti difensore della Provincia di Viterbo all'avv. Ornella Rufini difensore del ricorrente reca nel campo dedicato all'oggetto la dizione Notifica controricorso in cassazione . In calce al testo del controricorso è tuttavia estesa la relazione di notificazione, che è intitolata Relazione di notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 . 5.1. Al cospetto d'una notificazione siffatta, nessuna nullità può essere dichiarata, per due ragioni a la prima ragione è che la L. n. 53 del 1994, art. 11, là dove commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall'avvocato se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti non intende affatto sanzionare con l'inefficacia anche le più innocue irregolarità come già ritenuto da questa Corte in tal senso, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 13758 del 17/06/2014, Rv. 631724 b la seconda ragione è che, a tutto concedere, anche le nullità di cui alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 11, sono sanate, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., dal raggiungimento dello scopo il quale nel nostro caso è certamente avvenuto, dal momento che lo stesso ricorrente mostra di avere ricevuto la notifica del controricorso ed averne ben compreso il contenuto. 6. Quanto al merito del ricorso, le considerazioni svolte nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., depositata dal ricorrente non sono pertinenti. Nel presente caso, infatti a il giudice di primo grado ha ritenuto che il sinistro si sia verificato per distrazione della vittima b R.G. ha impugnato tale statuizione c la Corte d'appello ha reputato l'impugnazione inammissibile per carena del requisito di specificità ex cui art. 342 c.p.c. così la sentenza d'appello, p. 3, ultimo cpv. . Ebbene, tanto nel ricorso, quanto nella memoria, il ricorrente non censura tale statuizione, la quale è di per sè sufficiente a sorreggere la decisione qui impugnata. Ne consegue, da un lato, che vanamente la Corte d'appello si è soffermata sugli altri motivi di impugnazione, dal momento che la ritenuta genericità del secondo motivo dell'appello sarebbe di per sè bastata a dichiarare inammissibile l'intera impugnazione e dall'altro lato che altrettanto vanamente in questa sede vengono censurate argomentazioni svolte dalla Corte d'appello, per quanto appena detto, solo ad abundantiam. 7. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo. 8. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - dichiara inammissibile il ricorso - condanna R.G. alla rifusione in favore di dell'Amministrazione Provinciale di Viterbo delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 2.900, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di R.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.