La cd. doppia data di pubblicazione e l’identificazione del momento di immodificabilità della sentenza

La ‘deliberazione’ della sentenza costituisce solo una fase del procedimento di formazione della decisione, mentre, salvo ipotesi particolari, è la ‘pubblicazione’ ex art. 133 c.p.c. che rende ufficiale la consegna della sentenza attribuendole giuridica esistenza nel mondo esterno.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17297/16, depositata il 24 agosto. Il punctum dolens della esatta identificazione della data di dichiarazione del fallimento. Il ricorrente, titolare di una ditta, impugnava la sentenza della Corte d'appello competente per aver la stessa rigettato il reclamo dall’uomo proposto avverso la sentenza che aveva dichiarato il suo fallimento emessa dal Tribunale di primo grado. A sostegno del reclamo, il fallito aveva dedotto che in data antecedente alla pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento egli aveva depositato in Cancelleria un ricorso per l'ammissione al concordato preventivo. Tale circostanza rendeva, in fatto ed in diritto, improcedibile la pronuncia di fallimento, con tutte le conseguenze di legge. Tale motivo, però, non aveva convinto per nulla la Corte d’appello. Nel contraddittorio con la curatela del fallimento, infatti, la Corte territoriale aveva ritenuto che la sentenza di fallimento era stata depositata in Cancelleria ancor prima del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo. Tanto veniva affermato sulla scorta del fatto che era in tale data antecedente, nella quale veniva apposta la firma del presidente e quella dell'estensore, che la sentenza era divenuta immodificabile. La diretta conseguenza era che la proposta di concordato era pervenuta tardivamente. Dunque, per la Corte di appello si considerava avvenuta la pubblicazione nella data di sottoscrizione del provvedimento, ad opera del presidente e dell’estensore dello stesso momento, dunque, antecedente all’istanza di concordato , e non nella data della relativa attestazione ad opera del Cancelliere nel caso de quo avvenuta in momento successivo al deposito dell’istanza . La Cassazione, però, dal proprio canto, ritiene fondato il motivo di contestazione del ricorrente il quale denunciava prima e denuncia anche con il ricorso in Cassazione la violazione dell'art. 133 c.p.c La ratio seguita dagli Ermellini e la questione della doppia data di deposito. La Cassazione, in sintesi, ritiene non condivisibile la posizione assunta dalla Corte di appello la quale aveva dato rilievo decisivo all'attività, interna all'ufficio, di deposito della sentenza in cancelleria, anziché a quella della pubblicazione tramite la necessaria attestazione del cancelliere avvenuto, nel caso di specie, in data successiva alla proposta di concordato preventivo, per la decisione della causa. L’istanza di concordato preventivo depositata dal ricorrente non veniva esaminata, dunque, perché erroneamente considerata tardiva. Si trova nella sentenza della Suprema Corte la premessa circa la fattispecie esaminata dalla Corte di appello che non è -asseriscono gli Ermellini quella, cui si riferisce la sentenza delle Sezioni Unite n. 13794/2012 , seguita dalla giurisprudenza successiva, afferente alla cd. doppia data di pubblicazione della sentenza. Premettendo che la cd. doppia data si riscontra quando vi sia un contrasto tra la annotazione del deposito della sentenza -completa della firma del presidente e dell'estensore da parte del cancelliere e la annotazione, successivamente apposta dallo stesso cancelliere, relativa all'attestazione dell'intervenuta pubblicazione della sentenza medesima. Infatti, il deposito della sentenza di primo grado, seppure risultante completa nelle sue parti nella data in cui la Corte di merito ha ritenuto di individuare la valida pubblicazione della stessa cioè, quando estensore e presidente avevano sottoscritto il provvedimento , non è stato certificato contestualmente dal cancelliere, il quale ha rilasciato solo successivamente, a richiesta del curatore, una postuma certificazione di deposito della sentenza in data anteriore. La Corte continua nell’osservare che una simile certificazione non può ritenersi evidentemente idonea ad attestare la pubblicazione della sentenza in una data diversa ed anteriore a quella ufficiale, coincidente con l'attestazione del cancelliere. Ed è questa la data da considerarsi valida ai fini della valutazione della tempestività della proposta di concordato preventivo, la quale effettivamente impediva temporaneamente la dichiarazione di fallimento, essendo stata avanzata in data precedente, così per come già esposto nella sentenza della Suprema Corte a SS.UU. n. 9935/2015 . È necessario considerare che la deliberazione della sentenza costituisce solo una fase del procedimento di formazione della decisione, mentre, salvo ipotesi particolari, è la pubblicazione ex art. 133 c.p.c. che rende ufficiale la consegna della sentenza attribuendole giuridica esistenza nel mondo esterno cfr. Cass. Civ., sent n. 12573/1991 e la rende irretrattabile. Infatti, la deliberazione della sentenza è un atto meramente interno ed acquista efficacia esterna per effetto del suo deposito contestualmente attestato dal cancelliere il quale attribuisce ad essa l'efficacia di certezza pubblica. Non è possibile, quindi, leggere l'art 133 c.p.c. tenendo distinti il 1° comma, che attribuisce al deposito l'efficacia di rendere pubblica la sentenza, ed il 2° comma, che impone al cancelliere di dare atto del deposito perché, senza attestazione del cancelliere, non viene pubblicato nella sentenza. Ne consegue che, prima della pubblicazione, il giudice deve applicare le norme sopravvenute alla deliberazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 luglio – 247 agosto 2016, n. 17297 Presidente Nappi – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo La Corte d'appello di Firenze, con sentenza 9 luglio 2013, ha rigettato il reclamo proposto da B.M., titolare della ditta Terrecotte D'Arte, avverso la sentenza del Tribunale di Montepulciano che aveva dichiarato il suo fallimento. A sostegno del reclamo il fallito aveva dedotto che in data 5 aprile 2013, cioè prima della pubblicazione della predetta sentenza in data 8 aprile 2013, aveva depositato in Cancelleria un ricorso per l'ammissione al concordato preventivo che rendeva improcedibile la pronuncia di fallimento. Nel contraddittorio con la Curatela del Fallimento, la Corte ha ritenuto che la sentenza di fallimento era stata depositata in cancelleria già in data 3 aprile 2013, con la firma del presidente e dell'estensore, e che in tale data era divenuta immodificabile, con la conseguenza che la proposta di concordato era pervenuta tardivamente il 5 aprile , essendo irrilevante l'attestazione del cancelliere in data 8 aprile 2013 quindi, si trattava di proposta meramente dilatoria, essendo intervenuta tardivamente. Avverso questa sentenza B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui si è opposta la Curatela del Fallimento. Motivi della decisione Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 133 c.p.c., per avere dato rilievo decisivo all'attività, interna all'ufficio, di deposito della sentenza in cancelleria in data 3 aprile 2013 , anziché a quella di pubblicazione tramite la necessaria attestazione del cancelliere, avvenuta, nella specie, in data 8 aprile 2013 successiva alla proposta di concordato preventivo, non esaminata perché erroneamente considerata tardiva in quanto proposta in data 5 aprile dello stesso anno . Il motivo è fondato. E' necessario premettere che la fattispecie esaminata nella sentenza impugnata non è quella, cui si riferisce la sentenza delle Sezioni Unite n. 13794 del 2012, seguita dalla giurisprudenza successiva v. anche Corte cost. n. 3 del 2015 , della cosiddetta doppia data di pubblicazione della sentenza, quando vi sia un contrasto tra l'annotazione del deposito della sentenza completa della firma del presidente e dell'estensore da parte del cancelliere e l'annotazione successivamente apposta dallo stesso cancelliere relativa all'attestazione dell'intervenuta pubblicazione della sentenza medesima. Infatti, il deposito della sentenza di primo grado, seppure completa nelle sue parti, in data 3 aprile 2013 - nella quale la Corte di merito ha ritenuto di individuare la valida pubblicazione della stessa - non è stato certificato contestualmente dal cancelliere, il quale ha rilasciato successivamente cioè in data 17 giugno 2013 , a richiesta del curatore, una postuma certificazione di deposito della sentenza in data anteriore, appunto in data 3 aprile 2013. Una simile certificazione, evidentemente, non può ritenersi idonea ad attestare la pubblicazione della sentenza in una data diversa ed anteriore a quella ufficiale, coincidente con l'attestazione del cancelliere in data 8 aprile 2013. Ed è questa la data da considerare ai fini della valutazione della tempestività della proposta di concordato preventivo, la quale impediva temporaneamente la dichiarazione di fallimento, essendo stata avanzata in data precedente, cioè il 5 aprile 2013 v. Cass., sez. un., n. 9935 del 2015 . E' necessario considerare che la deliberazione della sentenza costituisce solo una fase del procedimento di formazione della decisione, mentre salvo ipotesi particolari è la pubblicazione, a norma dell'art. 133 c.p.c., che rende ufficiale la consegna della sentenza, le attribuisce giuridica esistenza nel mondo esterno v. Cass. n. 12573 del 1991 e la rende irretrattabile. Infatti, la deliberazione della sentenza è un atto meramente interno e acquista efficacia esterna per effetto del suo deposito contestualmente attestato dal cancelliere che attribuisce ad essa l'efficacia di certezza pubblica. Non è possibile, quindi, leggere l'art. 133 c.p.c. tenendo distinto il primo comma, che attribuisce al deposito l'efficacia di rendere pubblica la sentenza, dal secondo comma, che impone al cancelliere di dare atto del deposito, perché senza attestazione del cancelliere non v'è pubblicazione della sentenza v. Cass. n. 6991 del 2007 . Ne consegue che, prima della pubblicazione, il giudice deve applicare le norme sopravvenute alla deliberazione v. Cass. n. 26066 del 2014, n. 5855 del 2000 . Il secondo motivo, che denuncia vizio di omessa motivazione sulla richiesta di ammissione al concordato preventivo, è assorbito. In conclusione, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese dei giudizio di legittimità.