Processo telematico: la “prima sentenza” non si scorda mai (e la seconda è radicalmente nulla)

Quando alla redazione integrale della sentenza provvede direttamente il giudice estensore, dal momento in cui il documento, conforme al modello normativo, è consegnato ufficialmente in cancelleria – ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 – il procedimento della decisione si completa e si esterna e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata.

La Suprema Corte, con le ordinanze gemelle”, anzi siamesi”, n. 17278/16 e 17279/16 entrambe depositate il 23 agosto , ha trattato una questione decisamente particolare, inerente gli scherzi” che il processo telematico può riservare la medesima causa di appello decisa con due distinte sentenze, depositate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra. Inconvenienti tecnici”, si potrebbe dire, legati al processo telematico, che tuttavia non possono che essere esaminati e risolti alla luce delle consuete regole processuali, che del resto il menzionato processo telematico” non ha certamente eliminato anche se a volte sembra vero il contrario . Il caso due sentenze per la stessa causa. È assolutamente peculiare la fattispecie, di fatto unitaria, decisa dalla Cassazione con due decisioni che si potrebbero definire, più che gemelle”, siamesi”, vale a dire riguardanti il medesimo caso e le medesime parti. Infatti, una controversia in materia di lavoro veniva decisa dalla Corte d’appello con due sentenze la prima, nella quale mancava completamente la motivazione e non vi era corrispondenza tra le parti e la decisione la seconda, con la quale la Corte d’appello entrava nel merito dei ricorsi principale e incidentale , premettendo che l’invio e il deposito, avvenuti in via telematica, della precedente sentenza, era da ascriversi ad un malfunzionamento del Sistema Consolle PTC per cui, in sostanza, la prima” decisione doveva essere intesa come integralmente sostituita dalla seconda”. Da questo pasticcio informatico” sono originati due distinti ricorsi per cassazione. Con il primo ricorso, l’interessato ha fatto valere la nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e per omessa motivazione totalmente mancante con il secondo ricorso, il medesimo ricorrente ha fatto valere la nullità della seconda” sentenza, proprio in ragione dell’avvenuto deposito della prima”. La Cassazione accoglie entrambi i ricorsi, annullando nel primo caso, con rinvio, nel secondo, senza le sentenze gravate. Quando la sentenza viene depositata diventa irretrattabile. Anzitutto, ribadisce la Suprema Corte, con riguardo all’ipotesi che alla redazione integrale della sentenza provveda direttamente il giudice estensore, dal momento in cui il documento, conforme al modello normativo, è consegnato ufficialmente in cancelleria – ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 – il procedimento della decisione si completa e si esterna e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata è legalmente nota a tutti inizia a decorrere il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’art. 327 c.p.c. produce tutti i suoi effetti giuridici. Il successivo invio di altra” sentenza è irrilevante. Nel caso deciso dagli Ermellini il deposito in cancelleria era già avvenuto con la trasmissione e contestuale deposito nel fascicolo informatico della prima” sentenza definitiva, munita della firma digitale del Presidente estensore. Di conseguenza, è irrilevante, ai fini della materiale esistenza di tale primo” provvedimento, il successivo invio da parte del medesimo giudice estensore di altra sentenza relativa allo stesso fascicolo invio avvenuto, sempre con modalità telematica, pochi giorni dopo. Infatti, prima di detto nuovo invio, la sentenza precedente, redatta in formato elettronico, regolarmente firmata e trasmessa a mezzo PEC dal Presidente estensore, era già da considerarsi depositata e pubblicata. Certo, il problema rimane, ma i rimedi non mancano l’actio nullitatis o la tempestiva impugnazione . In questo problematico e peculiare contesto, gli Ermellini non mancano di considerare che, in effetti, qualora sia stato emesso nei confronti delle parti del giudizio un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, tale provvedimento, affetto da radicale nullità cosiddetta inesistenza giuridica” , comporta un incompiuto esercizio della giurisdizione ed una inattitudine al giudicato, con la possibilità per lo stesso giudice di procedere alla sua rinnovazione, attraverso l’emanazione di un atto valido conclusivo del giudizio. Tuttavia ciò presuppone necessariamente un’autonoma azione di accertamento negativo actio nullitatis ” , che può essere fatta valere in ogni tempo, e che comunque non esclude che tali vizi possano essere fatti valere tempestivamente con i normali mezzi di impugnazione, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa motivazione dell’atto processuale viziato. In ogni caso non è possibile integrare” una sentenza radicalmente nulla. Deve comunque essere escluso che alla suddetta nullità radicale possa ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l’emanazione di una nuova sentenza integrata” con appropriate motivazioni e dispositivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 8 giugno – 23 agosto 2016, n. 17278 Presidente Curzio - Relatore Marotta Ragioni di fatto e di diritto 1 - La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 cod. proc. civ., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e la cassazione per nullità, con rinvio, della sentenza impugnata, condivisa dal Collegio. 2 - M.A. , premesso di essere stato dipendente della Wyeth Lederle S.p.A., di aver risolto consensualmente il rapporto con conciliazione in sede assistita nel febbraio 2007, in conformità a precedente accordo sindacale di definizione della procedura di licenziamento collettivo del 7/2/2006, adiva il Tribunale, giudice del lavoro, di Latina chiedendo la condanna della società al risarcimento del danno in relazione alla individuazione con assunzione di impegno da parte della Wyeth quale Contract Sales Organization , per l’assunzione dei lavoratori dell’informazione scientifica operanti nelle aree interessate dagli esuberi, di un soggetto la Marvecs Pharma Service s.r.l. che, lungi dall’assicurare l’assunzione con il mantenimento delle medesime garanzie occupazionali, contrattuali e di territorio, si era rivelato inadeguato dal punto di vista finanziario ed industriale tanto che in data 13/1/2011 ne era stato dichiarato il fallimento. Il Tribunale accoglieva la domanda sulla base della riconosciuta responsabilità precontrattuale e liquidava a Solo di risarcimento del danno una somma in via equitativa. Avverso tale sentenza proponevano impugnazione tanto il M. quanto la Wyeth. La Corte di appello di Roma decideva con sentenza n. 820/2014 recante questo dispositivo in riforma della sentenza impugnata respinge le domande proposte da S.A. con il ricorso di primo gradi dichiara la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio . Avverso tale decisione ricorre per cassazione M.A. con un motivo con cui denuncia la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. per essere la sentenza n. 820/2014, notificata a mezzo PEC ai difensori in data 31/1/2014, assolutamente priva di motivazione e mancando ogni corrispondenza tra chiesto e pronunciato. La Wyeth Lederle S.p.A. resiste con controricorso evidenziando che con PEC in data 4/2/2014 era stata notificata dalla cancelleria altra sentenza n. 820/2014 nella quale si entrava nel merito dei ricorsi principale ed incidentale proposti dal M. e dalla Wyeth dandosi atto che per un problema tecnico connesso alla fase di invio telematico della sentenza da parte del presidente Estensore alla cancelleria relativa ai processi riuniti recanti n.i 6762/2011 e 9066/2011 vertenti tra Sogei S.p.A. e S.A. , il sistema Consolle PCT ha collegato questa sentenza ai procedimenti n.i R.G. 3898 e 4323/2012, che sono stati definiti con il dispositivo letto all’udienza del 28/1/2014 e oggetto della presente sentenza. Nella fase di invio telematico, per ragioni tecniche in corso di accertamento, il sistema Consolle PCT, in automatico, ha mutato la intestazione della sentenza relativa ai procedimenti RG 6762/2011 e 9066/2011 ed inserito il numero di ruolo e le parti proprie dei procedimenti riuniti iscritti con i n.i R.G. 3898 e 4323/2012 . Rileva, di conseguenza, che il ricorso attacca una sentenza non più esistente. Nella memoria ex art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ. la società evidenzia ulteriori profili di asserita inesistenza della prima delle due sentenze di cui si discute mancata corrispondenza del collegio risultante dalla prima sentenza con quello che ha deciso la causa ed indicazione di una data di decisione diversa ed anteriore rispetto a quella dell’udienza di discussione . 3 - Le doglianze del ricorrente sono fondate. Non vi è dubbio che la sentenza oggetto del presente giudizio sia stata ritualmente notificata alle parti a mezzo PEC in data 31 gennaio 2014 munita della firma digitale del Presidente estensore e della attestazione del cancelliere . Quella notificata è una sentenza venuta materialmente ad esistenza nel momento in cui il Presidente estensore ha trasmesso la stessa in formato elettronico per via telematica mediante PEC. Tanto si evince dalla coccarda e dalla dicitura firmato da” seguita dal cognome e dal nome del giudice in caratteri stampatello e dall’ulteriore dicitura OMISSIS ” apposte sul margine destro di ciascuna delle pagine della copia cartacea della sentenza ottenuta mediante il software in dotazione agli uffici giudiziari - dal riepilogo Polisweb allegato al ricorso per cassazione dal quale si rileva che la sentenza definitiva relativa al fascicolo n. 3898/2012 è stata depositata, con la modalità telematica, in data 30/1/2014 ore 18.21 , munita della firma digitale del Presidente estensore - dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata, sempre a mezzo PEC, dalla cancelleria all’avv. Francesco Siciliano difensore dell’appellante in data 31/1/2014, pure allegata al ricorso. Come da questa Corte di recente precisato L’art. 4 del decreto legge n. 193 del 2009, convertito nella legge n. 24 del 2010, intitolato misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia ha esteso al processo civile i principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modificazioni codice dell’amministrazione digitale C.A.D. . Perciò, quest’ultimo costituisce, attualmente, l’apparato legislativo di riferimento qualora gli atti processuali di cui agli artt. 121 e seg. cod. proc. civ., ed in specie i provvedimenti del giudice, siano contenuti in documenti informatici. Quest’ultima eventualità è consentita, appunto, dal testo del menzionato art. 4 laddove presuppone l’adozione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione del principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e successive modificazioni. Quindi i principi generali del C.A.D. sono applicabili anche in ambito processuale e le relative disposizioni costituiscono le norme con valore di legge ordinaria che, per il tramite dell’art. 4 del d.l. n. 193 del 29 dicembre 2009, convertito nella legge n. 24 del 22 febbraio 2010, disciplinano gli atti del processo civile redatti in forma di documento informatico cfr. art. 1 lett. p e art. 20 C.A.D. e sottoscritti con firma digitale cfr. art. 1 lett. s e art. 21 A.D. . Le disposizioni del Regolamento di cui al D.M. n. 44 del 2011, emanato in attuazione dei principi previsti dal C.A.D., ed in particolare gli artt. 11 formato dell’atto del processo in forma di documento informatico e 15 deposito dell’atto del 10 processo da parte del soggetti abilitati interni , coordinati con le norme tecniche del Provvedimento 18 luglio 2011 oggi del Provvedimento 16 aprile 2014 , rendono possibile che il magistrato soggetto abilitato interno secondo la definizione contenuta nell’art. 2, comma primo, lett. m, n. 1, dello stesso Regolamento rediga la sentenza in formato elettronico e la sottoscriva con firma digitale. In particolare, ai sensi del primo comma dell’appena citato art. 15, nella formulazione risultante dalla sostituzione operata dall’art. 2, comma 1, lett. a , del D.M. 15 ottobre 2012 n. 209, l’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico - cfr. Cass. 10 novembre 2015, n. 22871 che ha altresì evidenziato che la conformità della copia analogica all’originale informatico , da cui è tratta, è attestata dal cancelliere, ai sensi dell’art. 23, comma primo, C.A.D., in tutte le sue componenti compresa quindi la firma e l’attestazione del cancelliere completa la rappresentazione esterna dell’apposizione della firma digitale, garantendo che il documento informatico ne sia munito in originale. Con riguardo all’ipotesi che alla redazione integrale della sentenza provveda direttamente il giudice estensore, in particolare, in formato elettronico, questa Corte, a Sezioni Unite, si è già pronunciata anche in previsione dell’entrata in vigore delle regole e specifiche tecniche dettate - artt. 15, 16 e 34 - dal Regolamento contenuto nel D.M. n. 44 del 2011 per l’adozione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e succ. mod. ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010 n. 24 ed ha precisato che dal momento in cui il documento, conforme al modello normativo art. 132 cod. proc. civ., e art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , è consegnato ufficialmente in cancelleria - ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 - il procedimento della decisione si completa e si esterni e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata è legalmente nota a tutti inizia a decorrere il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’art. 327 cod. proc. civ., comma 1 produce tutti i suoi effetti giuridici - cfr. Cass., Sez. Un., 1 agosto 2012, n. 13794 -. Nella specie il suddetto deposito in cancelleria era già avvenuto con la trasmissione e contestuale deposito telematico nel fascicolo informatico della sentenza definitiva relativa al fascicolo n. 3898/2012 in data 30/1/2014 ore 18.21 , munita della firma digitale del Presidente estensore. Ed allora è del tutto irrilevante, ai fini della materiale esistenza di tale provvedimento, il successivo invio da parte del medesimo giudice estensore di altra sentenza relativa allo stesso fascicolo avvenuto, egualmente con modalità telematica, il 4/2/2014 ore 9.22 - si veda sempre il riepilogo Polisweb allegato al ricorso per cassazione e la comunicazione dell’avvenuto nuovo deposito effettuata, sempre a mezzo PEC, dalla cancelleria all’avv. Francesco Siciliano difensore dell’appellante in data 4/2/2014, pure allegata al ricorso -, sulla base di un asserito problema tecnico” relativo al precedente invio. Prima ancora di tale nuovo invio, infatti, la sentenza precedente, redatta in formato elettronico, regolarmente firmata e trasmessa a mezzo PEC dal Presidente estensore, era già da considerarsi depositata e pubblicata alla data di ricezione della stessa da parte della cancelleria c.d. deposito telematico nel fascicolo informatico , come risultante documentato in atti. I rilievi del ricorrente, che riguardano, dunque, un provvedimento intervenuto dopo che altro e precedente conclusivo era già stato depositato non come semplice minuta” ma come provvedimento definitivo, irretrattabile , colgono, così, nel segno sol che si consideri che deve ritenersi insanabilmente nulla la sentenza che, come nel caso di specie, ancorché pronunciata nei confronti delle parti del presente processo, esprime nella sua motivazione e nel dispositivo una decisione che riguarda altri soggetti ed una diversa causa. Del resto, come da questa Corte già affermato, la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema deeidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo così Cass. 3 aprile 1990, n. 2711 Cass. 3 aprile 1999, n. 3282 Cass. 27 settembre 2001, n. 12099 -. Si è pure aggiunto - cfr. Cass. 22485/2010 che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto della decisione costituisce un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza costituisce motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione si veda Cass. 27 giugno 2014, n. 14741 . Orbene, nel caso in esame, la Corte territoriale non ha esposto alcuna motivazione per dimostrare e giustificare la in fondatezza delle censure mosse dall’appellante principale ovvero da quello incidentale che non risultano esplicitamente esaminate, né può dirsi che la stessa abbia implicitamente disatteso ovvero confermato, sulla base di una revisione critica, le ragioni esposte dal giudice di primo grado. È pur vero che è stato ritenuto che, qualora sia stato emesso nei confronti delle parti del giudizio un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, tale provvedimento, affetto da nullità radicale cd. inesistenza giuridica , comporta un incompiuto esercizio della giurisdizione ed una inattitudine al giudicato, con possibilità per lo stesso giudice di procedere alla sua rinnovazione, attraverso l’emanazione di un atto valido conclusivo del giudizio, tuttavia ciò presuppone necessariamente un’autonoma azione di accertamento negativo actio nullitatis ” - che può essere fatta valere in ogni tempo e che comunque non esclude che tali vizi possano essere fatti valere tempestivamente con i normali mezzi di impugnazione, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa rimozione dell’atto processuale viziato - cfr. Cass. 28 dicembre 2009, n. 27428 Cass. 29 dicembre 2011, n. 30067 Cass. 17 marzo 2014, n. 61623 - deve, perciò, essere escluso che alla suddetta nullità radicale possa ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l’emanazione di una nuova sentenza integrata” con appropriate motivazione e dispositivo si veda anche la già sopra citata Cass. 31 ottobre 2005, n. 21193 - . Né fondatamente la società evidenzia, con la memoria ex art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ., ulteriori profili di assenta inesistenza della prima delle due sentenze di cui si discute. Va al riguardo evidenziato che una indicazione, nell’intestazione della sentenza, del nome di magistrato diverso da quelli componenti il collegio dinanzi al quale la causa è stata discussa e che ha trattenuto la causa in decisione, può anche essere ascritta ad un mero errore materiale, come tale neppure comportante la nullità della sentenza, ma suscettibile di correzione ai sensi dell’art. 287 cod. proc. civ., considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale di udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza stessa - così Cass. 6 ottobre 1998, n. 9898 Cass. 13 settembre 2006, n. 19662 Cass. 14 dicembre 2007, n. 26372 Cass. 6 luglio 2010, n. 15879 Cass. 5 febbraio 2016, n. 2318 -. Eguale ragionamento deve essere fatto con riguardo all’indicazione risultante dalla sentenza di una data di deliberazione diversa da quella reale evincibile dal verbale dell’udienza di discussione. Di conseguenza entrambi i rilievi sono da considerare assorbiti nelle considerazioni sopra svolte con riguardo alla irretrattabilità della sentenza depositata in data 30 gennaio 2014. 4 - Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 5 - In conclusione il ricorso va accolto e va cassata per nullità la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, definirà il giudizio di appello con sentenza rispettosa delle prescrizioni di cui all’art. 132 cod. proc. civ. e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa per nullità la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 8 giugno – 23 agosto 2016, n. 17279 Presidente Curzio - Relatore Marotta Ragioni di fatto e di diritto 1 - La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 cod. proc. civ., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e la cassazione per nullità, senza rinvio, della sentenza impugnata, condivisa dal Collegio. 2 - M.A. , premesso di essere stato dipendente della Wyeth Lederle S.p.A., di aver risolto consensualmente il rapporto con conciliazione in sede assistita nel febbraio 2007, in conformità a precedente accordo sindacale di definizione della procedura di licenziamento collettivo del 7/2/2006, adiva il Tribunale, giudice del lavoro, di Latina chiedendo la condanna della società al risarcimento del danno in relazione alla individuazione con assunzione di impegno da parte della Wyeth quale Conctact Sales Organization , per l’assunzione dei lavoratori dell’informazione scientifica operanti nelle aree interessate dagli esuberi, di un soggetto la Marvecs Pharma Service srl che, lungi dall’assicurare l’assunzione con il mantenimento delle medesime garanzie occupazionali, contrattuali e di territorio, si era rivelato inadeguato dal punto di vista finanziario ed industriale tanto che in data 13/1/2011 ne era stato dichiarato il fallimento. Il Tribunale accoglieva la domanda sulla base della riconosciuta responsabilità precontrattuale e liquidava a titolo di risarcimento del danno una somma in via equitativa. Avverso tale sentenza proponevano impugnazione tanto il M. quanto la Wyeth. La Corte di appello di Roma decideva con una prima sentenza n. 820/2014 recante questo dispositivo in riforma della sentenza impugnata respinge le domande proposte da S.A. con il ricorso di primo gradi dichiara la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio quindi con una successiva sentenza n. 820/2014 la medesima Corte territoriale entrava nel merito dei ricorsi principale ed incidentale proposti dal M. e dalla Wyeth dando atto, per quanto rileva nel presente giudizio, che per un problema tecnico connesso alla fase di invio telematico della sentenza da parte del presidente Estensore alla cancelleria relativa ai processi riuniti recanti n.i 6762/2011 e 9066/2011 vertenti tra Sogei S.p.A. e S.A. , il sistema Consolle PCT ha collegato questa sentenza ai procedimenti n.i R.G. 3898 e 4323/2012, che sono stati definiti con il dispositivo letto all’udienza del 28/1/2014 e metto della presente sentenza. Nella fase di invio telematico, per ragioni tecniche in corso di accertamento, il sistema Consolle PCT, in automatico, ha mutato la intestazione della sentenza relativa ai procedimenti RG 6762/2011 e 9066/2011 ed inserito il numero di ruolo e le parti proprie dei procedimenti riuniti iscritti con i n.i R.G. 3898 e 4323/2012 . Avverso tale seconda sentenza ricorre per cassazione M.A. con un motivo con cui denuncia la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. per avere la sentenza n. 820/2014, notificata a mezzo PEC ai difensori in data 4/2/2014, violato il principio di irretrattabilità della decisione. Wyeth Lederle S.p.A. resiste con controricorso sostenendo che, essendo la prima sentenza non più esistente, per essere stata la stessa il frutto di un errore materiale della macchina”, giammai potrebbe configurarsi la denunciata violazione. Nella memoria ex art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ. la società evidenzia ulteriori profili di assenta inesistenza della prima delle due sentenze di cui si discute mancata corrispondenza del collegio risultante dalla prima sentenza con quello che ha deciso la causa ed indicazione di una data di decisione diversa ed anteriore rispetto a quella dell’udienza di discussione . 3 - Le doglianze del ricorrente sono fondate. Non vi è dubbio che la prima sentenza portante il n. 820/2014 sia stata ritualmente notificata alle parti a mezzo PEC in data 31 gennaio 2014 munita della firma digitale del Presidente estensore e della attestazione del cancelliere . Tale sentenza è venuta materialmente ad esistenza nel momento in cui il Presidente estensore ha trasmesso la stessa in formato elettronico per via telematica mediante PEC. Tanto si evince - dalla coccarda e dalla dicitura firmato da seguita dal cognome e dal nome del giudice in caratteri stampatello e dall’ulteriore dicitura omissis ” apposte sul margine destro di ciascuna delle pagine della copia cartacea della sentenza ottenuta mediante il software in dotazione agli uffici giudiziari - dal riepilogo Polisweb allegato al ricorso per cassazione dal quale si rileva che la sentenza definitiva relativa al fascicolo n. 3898/2012 è stata depositata, con la modalità telematica, in data 30/1/2014 ore 18.21 , munita della firma digitale del Presidente estensore - dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata, sempre a mezzo PEC, dalla cancelleria all’avv. Francesco Siciliano difensore dell’appellante in data 31/1/2014, pure allegata al ricorso. Come da questa Corte di recente precisato L’art. 4 del decreto legge n. 193 del 2009, convertito nella legge n. 24 del 2010, intitolato misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia ha esteso al processo civile i principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successive modificazioni codice dell’amministrazione digitale C.A.D. . Perciò, quest’ultimo costituisce, attualmente, l’apparato legislativo di riferimento qualora gli atti processuali di cui agli artt. 121 e seg. cod. proc. civ., ed in specie i provvedimenti del giudice, siano contenuti in documenti informatici. Quest’ultima eventualità è consentita, appunto, dal testo del menzionato art. 4 laddove presuppone l’adozione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione del principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e successive modificazioni. Quindi i principi generali del C.A.D. sono applicabili anche in ambito processuale e le relative disposizioni costituiscono le norme con valore di legge ordinaria che, per il tramite dell’art. 4 del d.l. n. 193 del 29 dicembre 2009, convertito nella legge n. 24 del 22 febbraio 2010, disciplinano gli atti del processo civile redatti in forma di documento informatico cfr. art. 1 lett. p e art. 20 C.A.D. e sottoscritti con firma digitale cfr. art. 1 lett. s e art. 21 C.A.D. . Le disposizioni del Regolamento di cui al D.M. n. 44 del 2011, emanato in attuazione dei principi previsti dal C.A.D., ed in particolare gli artt. 11 formato dell’atto del processo in forma di documento informatico e 15 deposito dell’atto del 10 processo da parte del soggetti abilitati interni , coordinati con le norme tecniche del Provvedimento 18 luglio 2011 oggi del Provvedimento 16 aprile 2014 , rendono possibile che il magistrato soggetto abilitato interno secondo la definizione contenuta nell’art. 2, comma primo, lett. m, n. 1, dello stesso Regolamento rediga la sentenza in formato elettronico e la sottoscriva con firma digitale. In particolare, ai sensi del primo comma dell’appena citato art. 15, nella formulazione risultante dalla sostituzione operata dall’art. 2, comma 1, lett. a , del D.M. 15 ottobre 2012 n. 209, l’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico - cfr. Cass. 10 novembre 2015, n. 22871 che ha altresì evidenziato che la conformità della copia analogica all’originale informatico , da cui è tratta, è attestata dal cancelliere, ai sensi dell’art. 23, comma primo, C.A.D., in tutte le sue componenti compresa quindi la firma e l’attestazione del cancelliere completa la rappresentazione esterna dell’apposizione della firma digitale, garantendo che il documento informatico ne sia munito in originale”. Ed allora è del tutto irrilevante, ai fini della materiale esistenza di tale provvedimento, il successivo invio da parte del medesimo giudice estensore di altra sentenza relativa allo stesso fascicolo avvenuto, egualmente con modalità telematica, il 4/2/2014 ore 9.22 - si veda sempre il riepilogo Polisweb allegato al ricorso per cassazione e la comunicazione dell’avvenuto nuovo deposito effettuata, sempre a mezzo PEC, dalla cancelleria all’aw. Francesco Siciliano difensore dell’appellante in data 4/2/2014, pure allegata al ricorso -, sulla base di un asserito problema tecnico” relativo al precedente invio. Prima ancora di tale nuovo invio, infatti, la sentenza precedente, redatta in formato elettronico, regolarmente firmata e trasmessa a mezzo PEC dal Presidente estensore, era già da considerarsi depositata e pubblicata alla data di ricezione della stessa da parte della cancelleria c.d. deposito telematico nel fascicolo informatico , come risultante documentato in atti. I rilievi del ricorrente, che riguardano, dunque, un provvedimento intervenuto dopo che altro e precedente conclusivo era già stato depositato non come semplice minuta” ma come provvedimento definitivo, irretrattabile , colgono, così, nel segno. Si consideri, infatti, che con la pubblicazione, ovvero il suo deposito in cancelleria, la sentenza diventa immodificabile ed irrevocabile da parte del giudice che l’ha pronunciata e ciò anche laddove tale sentenza risulti affetta da una nullità assoluta ed insanabile, equiparabile all’inesistenza del provvedimento medesimo con riferimento, ad esempio, all’omessa sottoscrizione della sentenza da parte del giudice, la nullità, in quanto non coperta dal giudicato formale, può essere fatta valere, anche al di fuori dell’impugnazione nello stesso processo, con un’autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o decadenza, ovvero in via di eccezione, ed altresì in sede di opposizione all’esecuzione tuttavia ad essa non può ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l’integrazione dell’originale mediante le sottoscrizioni dei giudicanti, in quanto alla pubblicazione della sentenza fa riscontro la consumazione del potere - dovere del giudice adito di pronunciare sulla domanda oggetto della decisione - cfr. Cass. 31 ottobre 2005, a 21193 -. Con riguardo all’ipotesi che alla redazione integrale della sentenza provveda direttamente il giudice estensore, in particolare, in formato elettronico, questa Corte, a Sezioni Unite, si è già pronunciata anche in previsione dell’entrata in vigore delle regole e specifiche tecniche dettate - artt. 15, 16 e 34 - dal Regolamento contenuto nel D.M. n. 44 del 2011 per l’adozione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e succ. mod. ai sensi del Di. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010 n. 24 ed ha precisato che dal momento in cui il documento, conforme al modello normativa art. 132 cod. proc. civ., e art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , è consegnato ufficialmente in cancelleria - ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 48 - il procedimento della decisione si completa e si esterna e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata è legalmente nota a tutti inizia a decorrere il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’art. 327 cod. proc. civ., comma 1 produce tutti i suoi effetti giuridici - cfr. Cass., Sez. Un., 1 agosto 2012, n. 13794 -. Nella specie il suddetto deposito in cancelleria era già avvenuto con la trasmissione e contestuale deposito telematico nel fascicolo informatico della sentenza definitiva relativa al fascicolo n. 3898/2012 in data 30/1/2014 ore 18.21 , munita della firma digitale del Presidente estensore. A fronte di una sentenza già redatta, ritualmente trasmessa in formato elettronico per via telematica mediante PEC, munita della firma digitale del Presidente estensore, non sussisteva più la possibilità per il giudice di esprimersi nuovamente. È pur vero che è stato ritenuto che, qualora sia stato emesso nei confronti delle parti del giudizio un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, tale provvedimento, affetto da nullità radicale cd. inesistenza giuridica , comporta un incompiuto esercizio della giurisdizione ed una inattitudine al giudicato, con possibilità per lo stesso giudice di procedere alla sua rinnovazione, attraverso l’emanazione di un atto valido conclusivo del giudizio, tuttavia ciò presuppone necessariamente un’autonoma azione di accertamento negativo actio nullitatis ” - che può essere fatta valere in ogni tempo e che comunque non esclude che tali vizi possano essere fatti valere tempestivamente con i normali mezzi di impugnazione, ove ricorra l’interesse della parte ad una espressa rimozione dell’atto processuale viziato - cfr. Cass. 28 dicembre 2009, n. 27428 Cass. 29 dicembre 2011, n. 30067 Cass. 17 marzo 2014, n. 61623 - deve, perciò, essere escluso che alla suddetta nullità radicale possa ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l’emanazione di una nuova sentenza integrata” con appropriate motivazione e dispositivo si veda anche la già sopra citata Cass. 31 ottobre 2005, n. 21193 - . Né fondatamente la società evidenzia, con la memoria ex art. 380 bis, co. 2, cod. proc. civ., ulteriori profili di asserita inesistenza della prima delle due sentenze di cui si discute. Va al riguardo evidenziato che una indicazione, nell’intestazione della sentenza, del nome di magistrato diverso da quelli componenti il collegio dinanzi al quale la causa è stata discussa e che ha trattenuto la causa in decisione, può anche essere ascritta ad un mero errore materiale, come tale neppure comportante la nullità della sentenza, ma suscettibile di correzione ai sensi dell’art. 287 cod. proc. civ., considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale di udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza stessa - così Cass. 6 ottobre 1998, n. 9898 Cass. 13 settembre 2006, n. 19662 Cass. 14 dicembre 2007, n. 26372 Cass. 6 luglio 2010, n. 15879 Cass. 5 febbraio 2016, n. 2318 -. Eguale ragionamento deve essere fatto con riguardo all’indicazione risultante dalla sentenza di una data di deliberazione diversa da quella reale evincibile dal verbale dell’udienza di discussione. Di conseguenza entrambi i rilievi sono da considerare assorbiti nelle considerazioni sopra svolte con riguardo alla irretrattabilità della sentenza depositata in data 30 gennaio 2014. 4 - Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 5 - In conclusione il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata per nullità, senza rinvio risolvendosi il vizio riscontrato in un eccesso di potere giurisdizionale . 6 - La particolarità dei temi trattati ed il solo recente esame da parte di questo giudice di legittimità delle questioni poste dal codice sull’amministrazione digitale consentono di compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa per nullità la sentenza impugnata, senza rinvio compensa tra le parti le spese.