La RAC dell’atto telematico notificato dalla Cancelleria: presunzione di avvenuta consegna e contestazione

Per superare l'attestazione contenuta nella Ricevuta di Avvenuta Consegna RAC non sempre è necessario proporre la querela di falso perché la stessa è suscettibile di prova contraria a carico della parte che intende contestarne il contenuto.

Così la Corte di Cassazione, sez. I Civile, con la sentenza n. 15035/2016, depositata il 21 luglio. Il caso. Il ricorrente in Cassazione, titolare di un’impresa individuale, proponeva reclamo avverso la sentenza del Tribunale competente che ne aveva dichiarato il fallimento adducendo di non aver avuto alcuna notizia dell'istanza di fallimento e/o della fissazione della udienza prefallimentare ed evidenziando come il medesimo indirizzo PEC - cui la notifica risultava inviata dalla cancelleria - fosse stato attribuito a due diverse imprese commerciali e precisamente a quella individuale in parola dichiarata fallita e ad altra. Tuttavia, la Corte d’appello respingeva il reclamo rilevando, quanto alla corrispondenza dell'indirizzo PEC a due soggetti distinti, che non ricorreva l'ipotesi di una comunicazione inoltrata ad un indirizzo elettronico non accessibile al reclamante come se fosse utilizzato da un terzo , essendo stato egli stesso a comunicare il medesimo indirizzo PEC per le sue imprese, individuale e societaria, da lui stesso gestite. Quanto alla mancata ricezione della comunicazione e della istanza all'indirizzo PEC dell'imprenditore, la Corte distrettuale, evidenziava che l'allegazione sulla difformità dal vero della RAC Ricevuta di Avvenuta Consegna del messaggio PEC necessitava di proposizione di querela di falso onde porre nel nulla detta attestazione. I motivi di ricorso. L'uomo proponeva ricorso in Cassazione 1 per denunciare la violazione della normativa della legge fallimentare, avendo la Corte distrettuale erroneamente ritenuto superabile la fidefacienza discendente dalla RAC soltanto attraverso una querela di falso 2 per denunciare il vizio di motivazione perché il giudice di merito aveva ritenuto irrilevante che il medesimo indirizzo PEC fosse intestato a soggetti diversi, circostanza questa inidonea a recidere il vincolo presuntivo di conoscenza in capo al destinatario 3 per proporre la querela di falso avverso la RAC, generata in occasione della notifica tramite PEC del ricorso per la dichiarazione di fallimento. La notifica al debitore dalla Cancelleria Gli Ermellini respingono sostanzialmente tutti e tre i motivi del ricorso pur con una importante precisazione. Specificano, intanto, che nell'ambito dei procedimenti per la dichiarazione di fallimento introdotti dopo il 31 dicembre 2013, come il caso di specie, la Cancelleria procede direttamente alla notifica al debitore del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, mediante trasmissione di questi atti in formato digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante dal registro delle imprese oppure dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata INI-PEC . Solo nel caso in cui ciò risulti impossibile oppure se la notifica abbia avuto esito negativo, della stessa viene onerato il creditore istante, che vi deve procedere a mezzo di ufficiale giudiziario, il quale, a tal fine, deve accedere di persona presso la sede legale del debitore con successivo deposito nella casa comunale ove destinatario non sia reperito. sempre per via telematica. Tra l'altro, aggiunge la Suprema Corte, su di un piano processuale più generale è noto che in tutti i procedimenti civili presso i Tribunali e le Corti d’appello, le comunicazioni e le notificazioni a cura della Cancelleria vengono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi o, comunque, accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Ed è notorio che le comunicazioni e le notifiche telematiche su iniziativa del cancelliere si intendono perfezionate nel momento in cui viene generata la RAC da parte del gestore della posta elettronica certificata del destinatario. La notifica PEC viene equiparata a quella a mezzo posta Pertanto, si ritiene che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato nella casella di posta elettronica messa a disposizione dal gestore. Nonché che la trasmissione telematica del documento, salvo che la legge disponga diversamente, equivale alla notificazione per mezzo della posta. Mentre la data, l'ora di trasmissione e quella di ricezione del documento informatico trasmesso a mezzo PEC sono opponibili ai terzi quando la notifica sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68/2005 e alle relative regole tecniche. ma ciò non basta a rendere applicabile l’intera disciplina sulle notifiche via posta. La circostanza che la normativa equipari la PEC alla notifica a mezzo posta appare riferita esclusivamente alla efficacia giuridica di questa forma di trasmissione di documenti elettronici, ma non vale a rendere senz'altro applicabile l'intera disciplina in tema di notifiche tramite il sistema postale. Dovendosi sul punto evidenziare che il gestore di PEC, ancorché tenuto all'iscrizione presso un pubblico elenco sottoposto alla vigilanza dell'amministrazione, salvo che sia gestito direttamente da una pubblica amministrazione, rimane comunque un soggetto privato sempre costituito in forma di società di capitali e, quindi, naturalmente, priva del potere di attribuire pubblica fede ai propri atti ex art. 2699 c.c. Non è sempre necessario, pertanto, per superare l'attestazione contenuta nella RAC, proporre la querela di falso. Il documento prodotto dal fallito. La Suprema Corte concorda, invece, con la decisione della Corte d’appello secondo cui il documento prodotto dal fallito all'udienza di discussione del reclamo, trattandosi di struttura priva di sicura riferibilità al gestore della propria casella PEC, non costituisce elemento di prova idoneo a superare la presunzione di avvenuta consegna dell'atto telematico, discendente dalla precedente emissione della RAC. La comunicazione al Registro delle Imprese. Ritiene, infine, irrilevante la circostanza che l'uomo avesse comunicato al Registro delle Imprese il medesimo indirizzo PEC sia per l'impresa individuale poi fallita che per un'altra società di capitali, di cui era comunque amministratore. Ribadisce che, in difetto della prova del contrario di cui è onerato il destinatario, la notifica telematica si ritiene perfezionata nei confronti del titolare dell'indirizzo PEC ancorché lo stesso sia contemporaneamente riferibile a più soggetti, nel momento in cui risulta emessa la RAC da parte del suo gestore di posta elettronica certificata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 giugno – 21 luglio 2016, numero 15035 Presidente Nappi – Relatore Scaldaferri Svolgimento del processo D.L.P. , titolare della omonima impresa individuale, propose reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Pordenone che ne aveva dichiarato il fallimento. Dedusse di non avere avuto alcuna notizia dell’istanza di fallimento e della fissazione della udienza prefallimentare, evidenziando come il medesimo indirizzo PEC cui la notifica risultava inviata dalla cancelleria fosse stato attribuito a due diverse imprese commerciali, quella individuale dichiarata fallita e quella della società D.L. s.r.l. all’udienza di discussione del reclamo, inoltre, D.L. produsse documentazione tesa a dimostrare la mancata ricezione di qualsiasi mail nel giorno indicato dalla ricevuta di avvenuta consegna emessa dal gestore della posta elettronica certificata. Con sentenza depositata il 2 febbraio 2015, la Corte d’appello di Trieste respinse il reclamo, rilevando, quanto alla corrispondenza dell’indirizzo PEC a due soggetti distinti, che non ricorreva l’ipotesi di una comunicazione inoltrata ad un indirizzo elettronico non accessibile al reclamante perché utilizzato da un terzo, essendo stato lo stesso D.L. a comunicare il medesimo indirizzo PEC per le due imprese, individuale e societaria, da lui gestite. Quanto alla mancata ricezione del messaggio all’indirizzo PEC dell’imprenditore, la corte distrettuale, premessa l’inidoneità probatoria del documento depositato in udienza in difetto di un soggetto cui riferirlo con certezza, evidenziò che l’allegazione circa la difformità dal vero della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio PEC, necessitava di proposizione di querela di falso onde porre nel nulla detta attestazione. Avverso tale sentenza D.L.P. propone ricorso a questa Corte affidato a tre motivi. L’intimata Curatela del fallimento, al pari del creditore istante e di altro creditore intervenuto, non hanno svolto difese. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 15 1.fall., in relazione all’art. 17 d.l. numero 179 del 2012, all’art. 6, comma 2 e 3, d.p.r. numero 68 del 2005 e all’art. 16, comma 3, d.m. numero 44 del 2011 e all’art. 48 d.lgs. numero 82 del 2005, avendo la corte di merito erroneamente ritenuto superabile la fidefacienza discendente dalla ricevuta di avvenuta consegna soltanto attraverso una querela di falso. Con il secondo motivo censura la violazione dell’art. 15 l. fall., in relazione all’art. 17 d.l. numero 179 del 2012, all’art. 6, comma 2 e 3, d.p.r. numero 68 del 2005, all’art. 16, comma 3, d.m. numero 44 del 2011 e all’art. 48 d.lgs. numero 82 del 2005, nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, numero 5 , c.p.c., per avere il giudice di merito ritenuto irrilevante che il medesimo indirizzo PEC fosse intestato a soggetti diversi l’impresa individuale e una società a responsabilità limitata , circostanza questa idonea a recidere il vincolo presuntivo di conoscenza in capo al destinatario. Con il terzo motivo il ricorrente dichiara di formulare querela di falso avverso la ricevuta di avvenuta consegna, generata in occasione della notifica tramite PEC del ricorso per la dichiarazione di fallimento. 2. - I primi due motivi, da esaminare congiuntamente stante la loro stretta connessione, vanno parimenti respinti, dovendosi tuttavia apportare, ex art. 384, ultimo comma, c.p.c., talune correzioni alla motivazione della sentenza impugnata. Com’è noto, nell’ambito dei procedimenti per la dichiarazione di fallimento introdotti dopo il 31 dicembre 2013 - è il caso sottoposto all’esame di questa Corte -, ai sensi dell’art. 15, terzo comma, l.fall., come sostituito dall’art. 17, comma 1, lettera a , del d.l. 18 ottobre 2012, numero 179-Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, numero 221, la cancelleria procede direttamente alla notifica al debitore del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, mediante trasmissione di tali atti in formato digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata PEC del destinatario risultante dal registro delle imprese, ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata. Solo nel caso in cui ciò risulti impossibile, o se la notifica abbia avuto esito negativo, della stessa viene onerato il creditore istante che dovrà procedervi a mezzo di ufficiale giudiziario, il quale, a tal fine, dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore con successivo deposito nella casa comunale, ove il destinatario non sia lì reperito. Su un piano processuale più generale, poi, l’art. 16, comma 4, del cennato d.l. numero 179 del 2012, ha stabilito che - al termine di un articolato periodo transitorio oggi concluso art. 16, comma 9, d.l. numero 179 del 2012 - in tutti procedimenti civili presso i tribunali e le corti d’appello, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E proprio l’art. 16 del d.m. 21 febbraio 2011 numero 44-Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, stabilisce che le comunicazioni e le notificazioni telematiche su iniziativa del cancelliere, si intendono perfezionate nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario , rinviando poi per i relativi effetti giuridici senz’altro agli artt. 45 e 48 del d.lgs. 7 marzo 2005, numero 82 - Codice dell’amministrazione digitale. In forza del detto rinvio, allora, deve ritenersi che il documento informatico trasmesso per via telematica si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore art. 45, comma 2, d.lgs. numero 82 del 2005 e che la trasmissione telematica del documento, salvo che la legge disponga diversamente, equivale alla notificazione per mezzo della posta art. 48, comma 2, d.lgs. numero 82 del 2005 , mentre la data, l’ora di trasmissione e quella di ricezione del documento informatico trasmesso via PEC sono opponibili ai terzi , quando la notifica sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.p.r. 11 febbraio 2005 numero 68-Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, alle relative regole tecniche art. 48, comma 3, d.lgs. numero 82 del 2005 . A sua volta, l’art. 6 del richiamato d.p.r. numero 68 del 2005 prevede che il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario, deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna RAC , soggiungendo che questa ricevuta fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario . 3. - Orbene, alla luce del descritto complesso quadro normativo, ritiene il Collegio che in tema di notifiche telematiche nell’ambito dei procedimenti civili, compresi quelli cd. prefallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna RAC rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisca documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella certezza pubblica propria degli atti facenti fede fino a querela di falso. E ciò in quanto, per un verso, gli atti dotati di siffatta speciale efficacia di pubblica fede devono ritenersi in numero chiuso e insuscettibili di estensione analogica, essendo per natura idonei ad incidere, comprimendole, sulle libertà costituzionali e sull’autonomia privata e, per altro verso, il tenore della richiamata disciplina secondaria ove si discute in termini di opponibilità ai terzi, ovvero di semplice prova dell’avvenuta consegna del messaggio , induce ad escludere che la legge abbia inteso espressamente riconoscere una qualsivoglia certezza pubblica alle attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata. 4. - È vero poi che l’art. 48, comma 2, d.lgs. numero 82 del 2005, equipara la PEC alla notifica a mezzo posta, ma siffatta assimilazione appare riferita esclusivamente all’efficacia giuridica di questa forma di trasmissione dei documenti elettronici, ma non vale a rendere senz’altro applicabile l’intera disciplina prevista dalla legge 20 novembre 1982 numero 890, in tema di notifiche tramite il sistema postale, dovendosi sul punto sottolineare che il gestore di posta elettronica certificata, ancorché tenuto all’iscrizione presso un pubblico elenco e sottoposto alla vigilanza dell’Amministrazione art. 14 d.p.r. numero 68 del 2005 , salvo che sia gestito direttamente da una pubblica amministrazione, rimane comunque un soggetto privato, sempre costituito in forma di società di capitali e, quindi, naturalmente privo del potere di attribuire pubblica fede , ai sensi dell’art. 2699 c.c., ai propri atti. Vero è che in tema di notifiche a mezzo del servizio postale, questa Corte in plurime occasioni ha ritenuto che l’attestazione apposta sull’avviso di ricevimento, con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge numero 890 del 1982, fa fede fino a querela di falso e non già sino a prova contraria. Il descritto orientamento del Giudice di legittimità, tuttavia, si fonda sulla circostanza che tale notificazione costituisce un’attività direttamente delegata all’agente postale dall’ufficiale giudiziario, che in forza dell’art. 1 della citata legge numero 890 del 1982 è autorizzato, salvo diverse disposizioni dell’autorità giudiziaria o della parte, ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l’incarico Cass. 31 luglio 2015, numero 16289 Cass. 4 febbraio 2014, numero 2421 Cass. 23 luglio 2003, numero 11452 Cass. 1 marzo 2003, numero 3065 . Nel caso in esame, invece, la notifica telematica è avvenuta senza alcuna cooperazione da parte di un pubblico ufficiale e, soprattutto, si è conclusa - nel rispetto delle specifiche tecniche fissate dalla normativa secondaria il d.m. numero 44 del 2011 , che non prevedono attestazioni espresse da una persona fisica -, con l’emissione automatica di una ricevuta la RAC , che viene poi sottoscritta digitalmente da un privato il gestore del servizio di posta elettronica del destinatario , a differenza di quanto previsto ancora oggi per le notifiche telematiche che siano state eseguite dall’ufficiale giudiziario, il quale è tenuto a formare una relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale art. 16, comma 5, d.m. numero 44 del 2011 , naturalmente dotata di fede privilegiata. 5. - Dunque, erroneamente la corte d’appello ha ritenuto che per superare l’attestazione contenuta nella RAC fosse sempre necessario proporre querela di falso, dovendo invece applicarsi il principio a tenore del quale nelle notifiche telematiche a mezzo della posta elettronica certificata, richieste dal cancelliere dell’ufficio giudiziario ai sensi dell’art. 15, comma terzo, l.fall., la ricevuta di avvenuta consegna generata automaticamente dal sistema informatico del gestore di posta elettronica certificata del destinatario costituisce prova dell’avvenuta consegna del messaggio nella sua casella, pure suscettibile di prova contraria a carico della parte che intende contestarne il contenuto, senza necessità di proporre querela di falso. 6. - Chiarito che per contestare le risultanze della RAC non era necessario proporre la querela di falso, i motivi in esame devono tuttavia andare egualmente respinti, in quanto la corte d’appello ha correttamente rilevato che il documento prodotto dal fallito all’udienza di discussione del reclamo, trattandosi di scrittura priva di sicura riferibilità al gestore della sua casella di PEC, non costituiva elemento di prova idoneo a superare la richiamata presunzione di avvenuta consegna dell’atto telematico, discendente dalla precedente emissione della RAC. 7. - Del tutto irrilevante, poi, si mostra la circostanza che D.L. avesse comunicato al registro delle imprese il medesimo indirizzo PEC, sia per l’impresa individuale poi fallita che per altra società di capitali di cui era comunque amministratore, dovendo ribadirsi che, in difetto della prova del contrario di cui è onerato il destinatario, la notifica telematica si ritiene perfezionata nei confronti del titolare dell’indirizzo di PEC ancorché lo stesso sia contemporaneamente riferibile a più soggetti -, nel momento in cui risulta emessa la RAC da parte del suo gestore di posta elettronica certificata. 8. - Il terzo motivo resta assorbito per difetto di interesse, non essendo necessaria, come visto in precedenza, alcuna querela di falso per contestare le risultanze della RAC emessa dal gestore della PEC. 9. - Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva delle parti intimate. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Nulla sulle spese.