Difetto di legittimazione passiva: eccezione ammissibile in ogni tempo, a talune condizioni

L’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata nella comparsa conclusionale di appello costituisce una contestazione di mera difesa svincolata da limiti cronologici di ammissibilità sempre che sulla questione non si sia formato giudicato interno.

La Terza Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12729 depositata il 21 giugno 2016, si è occupata della qualificazione giuridica da attribuire alla contestazione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale oggetto del processo a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite n. 2951/2016. Il caso. La vicenda è relativa alla domanda di risarcimento danni formulata dalla terza trasportata all’interno di un veicolo con conducente ignoto ed auto non identificabile per targa, documenti assicurativi e libretto di circolazione falsi. La pretesa azionata in danno del fondo di garanzia per le vittime per la strada era accolta in primo grado. La compagnia incaricata per la gestione del sinistro proponeva appello sostenendo, tra le altre cose, anche il proprio difetto di legittimazione passiva adducendo, per la prima volta nella comparsa conclusionale di appello, che il sinistro era stato provocato da veicolo con targa straniera rubata, abitualmente stazionante in Francia, circostanze queste che rendevano la domanda proponibile in danno dell’ufficio centrale italiano, ai sensi del decreto ministeriale 12 del 1972. La Corte di Appello respingeva la domanda ritenendo tardiva l’eccezione siccome proposta, sotto il profilo evidenziato, solo nelle note conclusionali di secondo grado così qualificandola quale eccezione sostanziale quindi relativa alla titolarità del rapporto. Invero Giudici di seconde cure ritenevano che tale eccezione richiedesse l’accertamento di una situazione di fatto da cui poi sarebbe scaturito il rigetto o l’accoglimento della domanda. La compagnia proponeva ricorso per Cassazione sostenendo che tale eccezione non fosse tardiva e che sulla stessa non si era formato alcun giudicato interno. Inoltre il difetto di legittimazione passiva emergeva oltre che dalla ricostruzione fattuale fornita dall’attrice anche dalla circostanza che il veicolo non fosse qualificabile come sconosciuto. La danneggiata insisteva affinché l’eccezione fosse considerata di natura sostanziale relativa ad una questione di fatto, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c La qualificazione dell’eccezione quale mera difesa. La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso ritenendo che le motivazioni espresse dal ricorrente nella memoria conclusionale del giudizio di appello non fossero di natura sostanziale, e quindi qualificabili come eccezioni in senso stretto, non rilevabili d’ufficio. Ricostruendo il percorso seguito dai Giudici di appello emergeva la loro adesione all’indirizzo giurisprudenziale al tempo della pronuncia maggioritario, che considerava la contestazione relativa alla titolarità del rapporto sostanziale questione di merito integrante eccezione in senso stretto quindi tardivamente proposta. Successivamente alla sentenza di secondo grado si collocava l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite che, nel comporre il contrasto, aderivano all’indirizzo giurisprudenziale minoritario. Questo qualificava l’eccezione di legittimazione passiva, attinente alla titolarità del rapporto controverso, una mera difesa, sottratta agli ordinari criteri in materia di onere della prova e per ciò ammissibile in ogni tempo. ammissibile se impedita la formazione di un giudicato interno. Nel caso di specie il ricorrente aveva contestato la propria legittimazione passiva sostanziale non soltanto attraverso l’individuazione della natura del veicolo bensì anche sotto altri e differenti profili, così avendo scongiurato il formarsi di un giudicato interno. La Corte cassava la pronuncia di appello riconoscendo la sussistenza del difetto di legittimazione passiva della compagnia competendo la sua gestione del sinistro all’Ufficia Centrale italiano trattandosi di veicolo danneggiante con targa francese.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza24 febbraio – 21 giugno 2016, numero 12729 Presidente Chiarini – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 3 marzo 2007 il Tribunale di Forlì accoglieva domanda di risarcimento di danni derivati da un sinistro stradale del 19 dicembre 1998 proposta da B.P. cittadina romena residente in Italia nei confronti di Fondiaria SAI S.p.A. quale rappresentante del F.G.V.S., danni che l’attrice avrebbe riportato in quanto trasportata su un’auto di cui le era ignoto il conducente, auto che era non identificabile, essendone risultati falsi la targa, la carta di circolazione, la carta verde e i documenti assicurativi. Avendo Fondiaria SAI S.p.A. proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 12 marzo-18 aprile 2013 lo respingeva, ritenendo tra l’altro tardiva una eccezione proposta dall’appellante nella conclusionale di secondo grado, relativa al proprio difetto di legittimazione passiva per essere stato il sinistro causato da un veicolo con targa straniera rubata, il quale peraltro - secondo l’appellante - non sarebbe stato veicolo sconosciuto, bensì veicolo abitualmente stazionante nel territorio dello Stato che gli aveva rilasciato la targa, la Francia, per cui l’azione avrebbe dovuto proporsi, ai sensi del d.m.12 ottobre 1972, nei confronti di U.C.I. 2. Ha presentato ricorso Fondiaria SAI S.p.A, sulla base di un unico motivo. Viene denunciata, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., la violazione degli articoli 81 c.p.c., 1 d.m.12 ottobre 1972, e 19, lettera a , l. 990/1969. L’eccezione di cui sopra, infatti, non sarebbe tardiva, non essendo una eccezione in senso stretto e non essendosi formato il giudicato interno sulla carenza di legittimazione passiva della ricorrente. I fatti, quali prospettati dalla B. quale attrice e cioè che il sinistro era avvenuto in Italia su un veicolo immatricolato in Francia, con targa, carta di circolazione, carta verde e documenti assicurativi falsificati , avrebbero dovuto indurre ad applicare la direttiva UE 72/166, per cui la legittimazione passiva sarebbe stata attribuibile all’U.C.I. La carenza di legittimazione passiva della ricorrente discenderebbe poi dal fatto che il veicolo non era qualificabile come sconosciuto, perché sarebbe stato identificato dalla Polstrada di Forlì e sarebbe stato altresì accertato che l’immatricolazione era avvenuta in Francia, il tutto come da accertamento del 19 settembre 1999 proveniente appunto dalla Polstrada di Forlì e prodotto col ricorso. Si è difesa con controricorso la B. , osservando che, come rilevato dal giudice d’appello, la eccezione in questione non riguarderebbe la legitimatio ad causam , bensì la titolarità della situazione giuridica sostanziale, qualificabile oggetto di una questione di fatto. L’eccezione sarebbe stata dunque inammissibile ex articolo 345 c.p.c., come ritenuto dalla corte territoriale. Conclude pertanto la controricorrente nel senso del rigetto del ricorso. La ricorrente ha poi depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 3. Il ricorso è fondato. 3.1 La ricorrente, come convenuta in primo grado, si era costituita resistendo, e in particolare adducendo - come evidenzia pure il giudice d’appello nella descrizione dello svolgimento del processo - che l’attrice avrebbe dovuto provare la riconducibilità dell’evento alla circolazione del conducente del veicolo non identificato, la responsabilità del medesimo e la ricorrenza delle condizioni legittimanti la citazione del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, nonché contestando il quantum dei danni pretesi. Avendo il primo giudice accolto la domanda reputando applicabile alla fattispecie la l. 990/1969 ai sensi dell’articolo 17 l. 218/1995 e ritenendo l’ignoto conducente responsabile nella causazione del sinistro, l’attuale ricorrente presentava appello, con motivi anche afferenti al diniego di difetto di legittimazione passiva prospettato in primo grado. Infatti sosteneva l’inapplicabilità delle disposizioni della l. 990/1969, tra cui l’articolo 19, in quanto la fattispecie avrebbe dovuto essere disciplinata dal diritto romeno in forza dell’articolo 62, secondo comma, l. 218/1995 per cui qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo stato in esso residenti si applica la legge di tale stato affermava altresì l’inapplicabilità del diritto interno in difetto dei presupposti della funzione integrativa propria delle norme di applicazione necessaria come previsto dall’articolo 17 l. 218/1995, non presentando l’ordinamento straniero romeno, richiamato dal citato articolo 62, lacune normative, ma al contrario prevedendo una legge analoga a quella italiana in materia di assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore nonché un Fondo di Garanzia cui il cittadino romeno possa chiedere il risarcimento dei danni derivanti da sinistri causati da veicoli non identificati sempre sulla stessa linea, l’appellante, attuale ricorrente, negava l’applicabilità del principio di reciprocità ex articolo 16 prel. E solo da ultimo contestava che sussistesse la prova della responsabilità del conducente del veicolo e della incolpevole impossibilità di identificarlo. La prospettazione, quindi, non poneva in discussione che il veicolo fosse un veicolo sconosciuto, negando invece la propria legittimazione passiva sulla base, in sintesi, del rapporto tra l’ordinamento interno e l’ordinamento dello Stato di cui l’attrice aveva la cittadinanza. Nella conclusionale, tuttavia, l’appellante per la prima volta adduceva che il veicolo che ha causato il sinistro di cui è causa, in quanto veicolo con targa straniera risultata rubata, non deve qualificarsi veicolo sconosciuto , bensì veicolo abitualmente stazionante nel territorio dello Stato membro dell’Unione Europea che gli ha rilasciato la targa - la Francia -, da ciò desumendo il difetto della propria legittimazione passiva a favore dell’U.C.I. Ai sensi dell’articolo 1 d.m. 12 ottobre 1972. Il giudice d’appello non ha esaminato il merito di quest’ultima difesa, bensì l’ha qualificata eccezione relativa alla legittimazione sostanziale, cioè alla titolarità, in questo caso passiva, del diritto sostanziale oggetto del processo e ha ritenuto che tale eccezione sia un’eccezione in senso stretto, non rilevabile quindi d’ufficio in quanto non riguarda la mera legittimazione, ma il merito , cioè l’ accertamento della situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della domanda , desumendone che il difetto di titolarità deve essere provato da chi lo eccepisce e deve formare oggetto di specifica e tempestiva deduzione in sede di merito . La conseguenza di questi rilievi qualificativi è stata la dichiarazione di inammissibilità, da parte della corte territoriale, della difesa suddetta, in quanto eccezione tardiva. 3.2 La ricorrente confuta quanto ritenuto dalla corte territoriale, sostenendo che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva non è tardiva, essendo invece rilevabile in sede di legittimità purché non si sia formato al riguardo il giudicato interno e purché sia fondata su fatti legittimamente prospettati davanti alla Corte di cassazione. Le sue argomentazioni, peraltro, hanno in qualche misura mescolato la questione in esame, attinente alla legittimazione sostanziale, con quella della legitimatio ad causam, qui non discussa e per la quale la giurisprudenza è consolidata nel senso della rilevabilità anche d’ufficio in qualunque stato e grado del giudizio. In effetti, la corte territoriale, nel ritenere che quello addotto dalla appellante per la prima volta nella conclusionale fosse da qualificare eccezione in senso stretto, e dunque inammissibile per tardività, ha aderito a quella che, quando si pronunciò, era la giurisprudenza maggioritaria di questa Suprema Corte. Nelle more del presente giudizio, peraltro, sussistendo un contrasto giurisprudenziale pur essendo, si ripete, maggioritaria la giurisprudenza che adottava l’interpretazione seguita dal giudice d’appello , sono intervenute le Sezioni Unite, con la sentenza numero 2951 del 16 febbraio 2016. In questa pronuncia, viene dato atto dell’esistenza di due diversi orientamenti - l’uno, maggioritario ex multis sono state citate Cass. 27 giugno 2011 numero 14177, Cass. 10 maggio 2010 numero 11284, Cass. 15 settembre 2008 numero 23670, Cass. 26 settembre 2006 numero 20819, Cass. 7 dicembre 2000 numero 15537 , nel senso che la contestazione della titolarità del rapporto sostanziale oggetto del processo attiene al merito di quest’ultimo e integra una eccezione in senso stretto, in quanto il rapporto oggetto del merito rientra nel potere dispositivo, con le evidenti conseguenze nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata l’altro, minoritario sono state richiamate Cass. 10 luglio 2014 numero 15759, Cass. 19 luglio 2011 numero 15832 e Cass. 5 novembre 1997 numero 10843 , che qualifica tale contestazione una mera difesa, così tra l’altro svincolandola dai limiti cronologici della ammissibilità. La tesi minoritaria è stata adottata dalle Sezioni Unite, che hanno comunque mantenuto la riconducibilità della titolarità del rapporto sostanziale al merito della causa pertanto, per supportare l’impostazione adottata, hanno dovuto sintonizzarla con il principio della non contestazione di cui all’articolo 115, secondo comma, c.p.c., al riguardo affermando in primo luogo che il silenzio non è cosa diversa dal riconoscimento , in secondo luogo che, come il giudice può sempre rilevare - anche se l’esistenza non è stata contestata - l’inesistenza di una circostanza allegata da una parte qualora tale inesistenza emerga dagli atti e dalle prove cfr. S.U. 3 giugno 2015 numero 11377 , e infine che comunque la valutazione delle prove è affidata al suo prudente apprezzamento ex articolo 116 c.p.c., allo stesso modo il giudice può valutare pure il significato di una mancata contestazione. In tal modo, il giudice nomofilattico ha letto nella non contestazione prevista dall’articolo 115, attingendo evidentemente supporto dalla rubrica dell’articolo, non un’espressione del potere dispositivo delle parti come avrebbe potuto intendersi dal testo del primo comma, che fa riferimento direttamente ai fatti non specificamente contestati anziché a fonti probatorie , bensì una vera e propria prova, la quale non può neppure ritenersi prova legale, ovvero di significato predeterminato, riconducendo in tal modo al libero convincimento del giudice la individuazione del significato della non contestazione come, appunto, prova, ed estraendola così dagli elementi determinanti - qui, in senso negativo - il thema decidendum. Il che evidentemente rileva nel caso in esame, non avendo l’attuale ricorrente contestato fino alla conclusionale di secondo grado di essere legittimata passiva in rapporto al fatto che l’auto cagionante il sinistro era un veicolo sconosciuto, e non altrimenti qualificabile. Hanno affermato le Sezioni Unite, in conclusione, che la negazione da parte del convenuto della legittimazione sostanziale costituisce una mera difesa, proponibile in ogni fase del giudizio in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e sempre che non si sia ancora formato un giudicato interno, ovviamente , precisando altresì che il giudice dagli atti può rilevare anche d’ufficio la carenza della titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale che è oggetto del processo. 3.3 Non può più, dunque, condividersi la decisione del giudice di secondo grado nella parte sopra evidenziata, che è oggetto del ricorso. Nella conclusionale del secondo grado l’attuale ricorrente - si deve ora ritenere - non ha proposto una eccezione in senso stretto, ma ha contestato la propria legittimazione passiva sostanziale anche sotto il profilo della natura del veicolo causante il sinistro, aggiungendo questo agli altri profili sopra sintetizzati su cui aveva, in precedenza, contestato comunque la propria legittimazione passiva così da evitare ogni configurabilità di giudicato interno al riguardo . Mentre, allora, per quanto emerge dalla sentenza impugnata cfr. in particolare a pagina 3 , in primo grado l’attuale ricorrente non aveva espressamente negato che si trattasse di un veicolo non identificato - secondo la normativa ratione temporis applicabile, presupposto della sua legittimazione passiva in luogo di quella dell’U.C.I. -, a partire dalla conclusionale del secondo grado la ricorrente ha negato che si trattasse di un veicolo sconosciuto, sostenendo trattarsi, invece, di un veicolo abitualmente stazionante in Francia, dovendosi ritenere tale il veicolo che ha targa straniera nel caso, francese accertata come rubata, e da ciò deducendo appunto che la pretesa attorea avrebbe dovuto essere volta nei confronti dell’U.C.I. Che si trattasse di una targa francese quando in sede d’appello fu quindi negata - a questo punto, non tardivamente - la legittimazione sostanziale anche sotto tale profilo emergeva chiaramente dagli atti, tanto che la stessa corte territoriale, nella descrizione dello svolgimento del processo, riconosce trattarsi di una Peugeot 306 targata XXXXXXXX e, laddove qualifica eccezione tardiva la contestazione, si guarda bene dall’aggiungere alcun rilievo sulla sua fondatezza e ciò a prescindere da atti ben noti al giudice di merito, come il doc.8 del fascicolo attoreo di primo grado, che la ricorrente ha depositato nuovamente insieme al ricorso . In applicazione, dunque, dell’insegnamento del recentissimo arresto, sopra sintetizzato per quanto qui interessa, delle Sezioni Unite, deve ritenersi la ricorrente carente della legittimazione sostanziale passiva. Infatti, come ha correttamente argomentato la ricorrente stessa, la legittimazione passiva rispetto alla domanda di risarcimento compete - considerata la data di accadimento del sinistro - all’Ufficio Centrale Italiano U.C.I. , ai sensi dell’articolo 1 d.m. 12 ottobre 1972 dovendosi ritenere che, in quanto veicolo con targa francese, benché rubata, il veicolo che ha cagionato il sinistro sia veicolo abitualmente stazionante nel territorio della Francia quale Stato membro dell’Unione Europea, secondo l’interpretazione dell’articolo 1, par.4, della Direttiva 72/166/CEE - modificata dalla direttiva 84/5/CEE - fornita dalla sentenza della Corte di giustizia CE 12 novembre 1992, C-73/89 v. per un caso analogo Cass. 19 ottobre 2007 numero 21974, che illustra accuratamente, nella sua motivazione cui pertanto si rimanda, il percorso normativo comunitario e interno che è pervenuto a questa soluzione di tutela del danneggiato, in alternativa alla tutela dai danni provocati dal veicolo sconosciuto per la quale il F.G.V.S. rimane il legittimato passivo . Si nota, per mera completezza, che diversa è la vigente normativa, in quanto il d.lgs. 6 novembre 2007 numero 198 ha modificato l’articolo 283, primo comma, del d.lgs. 7 settembre 2005 numero 209 - Codice delle assicurazioni, tra l’altro aggiungendo che il F.G.V.S. risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti per i quali vi è obbligo di assicurazione anche nel caso lettera d-ter che il sinistro sia cagionato da un veicolo estero con targa non corrispondente o non più corrispondente allo stesso veicolo . In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. La prossimità cronologica a questa decisione dell’intervento delle Sezioni Unite da cui deriva, in massima parte, l’accoglimento del ricorso costituisce, essendosi verificato un mutamento della giurisprudenza è stato infatti abbandonato l’orientamento anteriormente maggioritario , la giustificazione, ai sensi dell’articolo 92, secondo comma, c.p.c. della compensazione integrale delle spese tra le parti per tutti i gradi di giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza, compensando le spese di tutti i gradi.