L’indicazione della PEC è incompatibile con l’elezione di domicilio ex lege in cancelleria

L’elezione di domicilio ex lege in cancelleria si concretizza unicamente qualora il difensore non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata negli atti.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 12696/16 della Corte di Cassazione, depositata il 20 giugno. La fattispecie. Nel caso in esame la Corte di legittimità è stata investita da un giudizio di revocazione in quanto, a dire del ricorrente, la notifica dell’ordinanza di estinzione del giudizio presso la cancelleria anziché all’indirizzo di posta elettronica certificata era nulla. Domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria. A decorrere dalla data di entrata in vigore della novella normativa degli artt. 125 e 366 codice di rito, esigenze di coerenza sistematica e di interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi al quale è in corso il giudizio, consegue solamente ove il difensore, non adempiendo all’obbligo di cui all’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dell’art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’indicazione della PEC. Ne consegue che la notifica esperita presso il domicilio eletto ex lege presso la cancelleria del tribunale deve ritenersi nulla qualora sia indicato negli atti l’indirizzo di posta elettronica certificata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 11 aprile – 20 giugno 2016, n. 12696 Presidente Ragonesi – Relatore Cristiano Fatto e diritto P.C. ricorre per la revocazione della sentenza di questa Corte n. 23107/014 del 30.10.2014, che - nel dichiarare inammissibile il ricorso da lui proposto per ottenere la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Treviso che aveva dichiarato estinto il giudizio di opposizione al verbale di accertamento dell’infrazione al C.d.S. che gli era stata contestata - lo ha condannato al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno, sua controparte processuale. A sostegno della domanda di revocazione, P. deduce che il controricorso, notificatogli dal Ministero presso la cancelleria della Corte anziché all’indirizzo di posta elettronica certificata, indicato in ricorso, del suo procuratore domiciliatario, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Rileva, pertanto, che, poiché il Ministero non ha svolto attività difensiva in udienza, la statuizione di condanna alle spese è frutto di un errore materiale. Il ricorso appare fondato. Le SS.UU., con la sentenza n. 10143/012, hanno infatti affermato che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall’art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Ne consegue che nel caso di specie, in cui il procuratore della ricorrente ha indicato l’indirizzo PEC, il controricorso avrebbe dovuto essere notificato a tale indirizzo e che, in difetto, la notifica presso la cancelleria della Corte avrebbe dovuto ritenersi nulla, con conseguente rilievo dell’inammissibilità del controricorso. Non risulta, inoltre, che il Ministero abbia svolto attività difensiva all’udienza pubblica. La statuizione di condanna del P. al pagamento delle spese processuali, fondata sul presupposto di fatto, frutto di evidente errore materiale, dell’ammissibilità del controricorso, dovrebbe pertanto essere revocata. Il collegio, condivise le conclusioni della relazione e considerato che il ricorso va pertanto definito con sentenza. P.Q.M. rimette la causa alla pubblica udienza della I sez. civile.