Il disconoscimento della scrittura privata deve essere specifico e determinato

Ai sensi dell’art. 214 c.p.c. il disconoscimento di scrittura privata, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, postula che la parte contro la quale la scrittura è prodotta in giudizio impugni chiaramente l’autenticità della stessa, nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione, contestando formalmente tale autenticità, ove egli sia l’autore apparente del documento prodotto, ovvero nel caso di erede o avente causa dall’apparente sottoscrittore, dichiarando di non riconoscere la scrittura o la sottoscrizione di quest’ultimo l’idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento costituisce giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione II Civile, con la sentenza n. 11048 del 27 maggio 2016. Il caso. In forza di una scrittura privata due creditori ottenevano un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Latina nei confronti del debitore. Questi proponeva opposizione contestando la copia fotostatica della scrittura prodotta in giudizio e disconoscendone il contenuto. Il Tribunale condivideva le difese svolte e revocava l’ingiunzione di pagamento. La Corte d’appello ribaltava la decisione confermando invece la pretesa originaria dei creditori. Il debitore allora ricorreva in Cassazione Disconoscimento scrittura privata. Le motivazioni della Corte d’appello poggiavano su due ragioni distinte. In primo luogo per i giudici di secondo grado le difese del debitore non erano dirette a contestare la conformità della copia al suo originale, ma solo la sottoscrizione o il contenuto del contratto. Tali considerazioni però erano del tutto generiche e inidonee a privare la copia del documento della sua efficacia probatoria. In ogni caso, proseguiva la Corte territoriale, anche in presenza di un disconoscimento serio e circostanziato, il giudice avrebbe potuto ritenere provata la conformità della copia all’originale mediante altri mezzi di prova comprese eventuali presunzioni . Tra i mezzi di prova considerati dalla Corte d’appello figurava la testimonianza resa da un avvocato riguardante non il contenuto del documento, ma solo la sua conformità all’originale. In virtù di tale prova testimoniale la Corte d’appello confermava la bontà della scrittura privata prodotta dai creditori che inchiodava” il debitore. Questi nel ricorso in Cassazione sosteneva che il disconoscimento di una scrittura privata non richiede formule sacramentali e che il tenore dell’atto di citazione in opposizione fugava qualsiasi dubbio in ordine alla volontà inequivocabile di contestare tanto la scrittura privata in sé, quanto la conformità della copia fotostatica prodotta in giudizio. La Corte di Cassazione però non condivide le tesi del ricorrente e conferma la sentenza di appello. In primo luogo gli Ermellini richiamano i principi di cui dell’art. 214 c.p.c. in base ai quali chi intende disconoscere una scrittura privata è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione. In altre parole la parte avrebbe dovuto impugnare chiaramente l’autenticità del documento nella sua interezza o in ordine alla sottoscrizione. Infatti, pur non imponendo formalità particolari, l’art. 214 c.p.c. richiede che la contestazione circa l’autenticità sia specifica” e determinata” così che ne risulti con certezza una volontà espressa in tal senso così Cassazione n. 9543 del 2002 . Non è al contrario sufficiente mettere in discussione l’efficacia probatoria dell’atto in rapporto al suo contenuto così Cassazione n. 570 del 1985 . Secondo la Corte d’appello però le considerazioni svolte dal debitore erano generiche e non sufficienti ad integrare un disconoscimento valido. La Cassazione al riguardo conferma l’impianto della sentenza di secondo grado osservando peraltro che la valutazione in ordine al tenore letterale del disconoscimento” è giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato. Analoghe considerazioni vengono svolte sul tema del disconoscimento delle copie fotografiche o fotostatiche delle scritture private. Anche queste ai sensi dell’art. 2719 c.c. fanno prova piena se autenticate o non espressamente disconosciute. Peraltro la contestazione della copia non esime l’interessato dalla necessità di disconoscere anche l’originale. Vi è però una particolarità nel caso delle copie come opportunamente segnalato dalla Corte d’appello nella seconda ragione di riforma della sentenza di prime cure. Per le copie di scritture, se la parte disconosce solo la conformità, il giudice può comunque accertare l’identicità all’originale attraverso altre prove, anche presunzioni in tal senso Cassazione n. 36 del 1962 . In altri termini, mentre a fronte di un disconoscimento pieno” ex art. 214 c.p.c. di una scrittura originale, la parte che l’ha prodotta, per vincere il disconoscimento e utilizzare il documento, deve promuovere istanza di verificazione, nell’ipotesi di mera copia, il giudice, dinanzi alla contestazione della conformità, può comunque accertarla tramite altri mezzi prova. Nel caso di specie, come sopra anticipato vi era una testimonianza che confermava la bontà” del documento. Pertanto, anche se la contestazione del debitore avesse avuto tutti i crismi dell’art. 214 c.p.c., la testimonianza raccolta nel giudizio avrebbe comunque consentito di vincerla. La Cassazione quindi condivide le ragioni e le motivazioni dei giudici di secondo grado e rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 marzo – 27 maggio 2016, n. 11048 Presidente Matera – Relatore Abete Svolgimento del processo Con ricorso al tribunale di Latina L.D’A. e M.P.S. chiedevano ingiungersi ad E.M. il pagamento della somma di lire 78.480.000 oltre interessi e rivalutazione monetaria. I ricorrenti esponevano di esser creditori del suindicato importo in virtù di scrittura privata siglata con il M. in data 1.8.1992. Con decreto n. 16312001 il tribunale di Latina pronunciava l'ingiunzione così come richiesta. Con atto di citazione del 4.5.2001 E.M. proponeva opposizione. Deduceva, tra l'altro, che il documento prodotto in sede monitoria è costituito da una informale copia fotostatica, di cui se ne disconosce il contenuto così ricorso, pag. 2 che la scrittura privata non è stata sottoscritta né è mai esistita nei termini indicati dai ricorrenti così ricorso, pag. 2 che invero egli opponente ed il D’A. avevano stipulato un accordo giusta il quale quest'ultimo gli aveva ceduto le attrezzature e gli arredi esistenti all'interno dello studio ubicato in Latina, alla via Montesanto, n. 28, a fronte del corrispettivo di lire 18.200.000, oltre i.v.a., da versarsi mediante quattordici rate mensili da lire 1.300.000 ciascuna, rate al cui pagamento aveva puntualmente provveduto che in ogni caso M.P.S. non era mai stata creditrice di alcuna somma così ricorso, pag. 2 . Costituitisi, i ricorrenti invocavano il rigetto dell'opposizione. Con sentenza n. 981/2004 il tribunale adito accoglieva l'opposizione e revocava il decreto ingiuntivo. Interponevano appello L.D’A. e M.P.S Resisteva E.M Con sentenza n. 4347 dei 20.9126.10.2010 la corte d'appello di Roma accoglieva il gravame ed, in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava l'opposizione esperita dall'appellato in prime cure e confermava l'ingiunzione di pagamento condannava l'appellato a rimborsare agli appellanti le spese del doppio grado. Esplicitava la corte che le dichiarazioni di cui all'atto di citazione in opposizione non erano dirette a contestare la conformità della copia al suo originale, bensì la sottoscrizione o il contenuto del contratto, sebbene con espressioni generiche e inidonee così sentenza d'appello, pag. 4 che, dunque, detto disconoscimento era inidoneo a privare la copia del documento della sua efficacia probatoria così sentenza d'appello, pag. 4 . Esplicitava ulteriormente che, in presenza di un disconoscimento serio e circostanziato . il giudice avrebbe dovuto comunque ritenere provata la conformità della copia all'originale mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni così sentenza d'appello, pag. 5 che, conseguentemente, la testimonianza resa dall'avvocato D.M., concernente non già il contenuto del documento ma solo la conformità della copia al suo originale . , era certamente idonea, ai fini dell'art. 2719 cod. civ. a conservare il valore probatorio della copia nell'ambito del giudizio così sentenza d'appello, pag. 5 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso E.M. ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia in ordine alle spese di lite. L.D’A. e M.P.S. hanno depositato controricorso hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 214 - 215 1 ° comma n. 2 c.p.c. - 2719 c.c. e dei principi in tema di disconoscimento di scrittura privata così ricorso, pag. 7 . Adduce che, contrariamente all'assunto della corte di merito, che ha negato che egli ricorrente avesse formalmente disconosciuto la scrittura cui controparte ha correlato il preteso suo credito, il disconoscimento della scrittura privata non richiede formule sacramentali o speciali così ricorso, pag. 8 che in ogni caso le enunciazioni di cui all'atto di citazione in opposizione non lasciano dubbi sulla loro idoneità ad integrare sia il disconoscimento del contenuto della scrittura privata falsità materiale del documento . , sia il disconoscimento di conformità della fotocopia all'originale ex art. 2719 c.c. così ricorso, pag. 9 che d'altra parte gli opposti si erano limitati a richiedere in via istruttoria una perizia calligrafica sulla firma del M. riportata in fotocopia . , non . idonea, tale mera richiesta . , a sostanziare l'istanza di verifica di cui all'art. 216 c.p.c. così ricorso, pag. 9 che al contempo, avendo disconosciuto non solo la conformità della fotocopia all'originale . , ma anche e principalmente il contenuto dello stesso documento prodotto, l'utilizzo di esso nel processo, in mancanza della procedura di verificazione, doveva ritenersi assolutamente precluso così ricorso, pag. 10 . Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della norma di cui all'art. 2724 c.c. in tema di ammissibilità ed utilizzabilità della prova testimoniale così ricorso, pag. 10 . Adduce che a mente dell'art. 2724 c.c. la prova testimoniale, sulla quale la sentenza di appello fonda il proprio disposto, non poteva essere valutata e, in effetti, neppure ammessa così ricorso, pag. 10 che difatti il principio di prova per iscritto postulato dal n. 1 dell'art. 2724 c.c. non sussiste in quanto l'unico documento . è stato disconosciuto nella sua intrinseca sostanza . e, non essendone stata effettuata la verificazione, non può ritenersi utilizzabile nel processo così ricorso, pag. 10 che inoltre neppure ricorrono nella fattispecie le astratte previsioni dei nn. 2 e 3 dell'art. 2724 c.c Con il terzo motivo il ricorrente deduce contraddittorietà ed incongruità della motivazione circa un punto decisivo della controversia così ricorso, pag. 11 . Adduce che, quando anche volesse ritenersi effettuato . il solo disconoscimento della fotocopia all'originale del documento . , per affermare che una fotocopia è conforme all'originale dei documento riprodotto è necessario conoscere, o ricordare, di quest'ultimo l'intrinseco contenuto, quanto meno per quanto concerne gli elementi precipui e caratterizzanti così ricorso, pagg. I1 - 12 che pecca di illogicità e contraddittorietà la motivazione della sentenza d'appello quanto ritiene che il teste possa certificare la conformità della copia all'originale pur non conoscendone o ricordandone, per sua stessa affermazione, il contenuto e, specificamente, in relazione alla pretesa clausola che avrebbe pattuito sull'avviamento, punto fondante della controversia così ricorso, pagg. 12 - 13 . Con il quarto motivo il ricorrente deduce omessa pronunzia circa un punto decisivo della controversia, relativo alla posizione dell'appellante S.M.P. così ricorso, pag. 13 . Adduce che la sentenza d'appello non ha tenuto conto della contestazione sollevata nell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo alla cui stregua M.P.S. non ha mai vantato alcun credito nei suoi confronti ed alla cui stregua giammai gli è stata notificata o comunicata la cessione del credito da parte del D’A. alla medesima S Si giustifica la disamina simultanea dei primi tre motivi di ricorso. I motivi anzidetti invero sono strettamente connessi. Tutti in ogni caso sono destituiti di fondamento. E' ben evidente, alla luce dei passaggi motivazionali in precedenza pedissequarnente riferiti, che il dictum di seconde cure, in relazione ai profili specificamente investiti dalle censure in disamina, è ancorato ad una duplice ratio decidendi. Segnatamente, in ordine alla prima ratio detto disconoscimento era inidoneo a privare la copia del documento della sua efficacia probatoria . , nel solco dell'insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui, ai sensi dell'art. 214 c.p. c. il disconoscimento di scrittura privata, pur non richiedendo l'uso dì formule sacramentali, postula che la parte contro la quale la scrittura è prodotta in giudizio impugni chiaramente l'autenticità della stessa, nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione, contestando formalmente tale autenticità, ove egli sia l'autore apparente del documento prodotto, ovvero, nel caso di erede o avente causa dall'apparente sottoscrittore, dichiara di non riconoscere la scrittura o la sottoscrizione di quest'ultimo e secondo cui l'idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento costituisce giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato cfr. Cass. 1.7.2002, n. 9543 espresso in relazione al disconoscimento ex art. 214 c.p.c., ma appieno reiterabile pur in relazione al disconoscimento ex art. 2719 c.c., devesi reputar ineccepibile il giudizio di fatto alla cui stregua la corte distrettuale ha opinato per la inidoneità del disconoscimento. Tanto, propriamente, alla luce del testuale tenore dell'iniziale atto di opposizione che il ricorrente ha riprodotto - per la parte che all'uopo rileva - nel corpo del ricorso cfr. ricorso, pagg. 8 - 9 . Segnatamente, in ordine alla seconda ratio in presenza di un disconoscimento serio e circostanziato . il giudice avrebbe dovuto comunque ritenere provata . ” , nel solco dell'insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all'originale di una scrittura, di cui all'art. 2719 c. c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall'art. 215, 1 ° co., n. 2 , c.p.c., giacché mentre quest'ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l'utilizzazione della scrittura, la contestazione ai sensi dell'art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all'originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni cfr. Cass. 15.6.2004, n. 11269 Cass. 15.5.1987, n. 4479 devesi, con precipuo riferimento al secondo motivo di ricorso, parimenti reputar inappuntabile il dictum di seconde cure nella parte in cui la corte territoriale ha tratto argomento per concludere nel senso della conformità della copia all'originale dalle dichiarazioni rese dall'avvocato D.M. escusso in qualità di testimone in prime cure. In pari tempo, esimente in ordine al terzo motivo di ricorso, si rappresenta quanto segue. Per un verso, che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza dei ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all'art. 366, 1° co., n. 6 , c.p.c., ben avrebbe dovuto il ricorrente, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro dei propri assunti, riprodurre più o meno testualmente nel corpo del ricorso l'intero complesso delle dichiarazioni rese dal teste D.M. e non già limitarsi a trascriverne singoli stralci cfr. Cass. Sez. lav. 27.2.2009, n. 4849, secondo cui, qualora, con il ricorso per cassazione, venga dedotta l'incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per l'asserita mancata valutazione di risultanze processuali è necessario, alfine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata o insufficientemente valutata , che il ricorrente precisi - mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso - la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l'esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa Per altro verso, che col terzo mezzo di impugnazione E.M. sostanzialmente prospetta una pretesa migliore e più appagante valutazione delle dichiarazioni rese dal teste D.M li motivo, quindi, involge gli aspetti del giudizio - interni al discrezionale ambito di valutazione degli elementi di prova e di apprezzamento dei fatti - afferenti al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di siffatto convincimento rilevanti nel segno dell'art. 360, 1 ° co., n. 5 , c.p.c E, perciò, si risolve in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394 Cass. sez. lav. 7.6.2005, n. 11789 . Si rappresenta infine, in ordine all'assunto del ricorrente di cui al primo motivo in virtù del quale il disconoscimento da lui operato non verteva sull'autenticità della firma riportata in fotocopia, ma sul contenuto del documento così ricorso, pag. 9 , che, una volta acclarata la conformità della copia all'originale, non poteva e non può che esplicar valenza l'insegnamento di questo Giudice del diritto a tenor del quale la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza della dichiarazione da chi l'ha sottoscritta, se colui contro la quale è prodotta ne riconosce la sottoscrizione ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta cfr. Cass. 29.4.1991, n. 4749 . Non merita seguito il quarto motivo di ricorso. Si rappresenta che E.M., totalmente vittorioso in primo grado, senz'altro avrebbe dovuto, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., riproporre in modo chiaro e preciso le questioni, le eccezioni ovvero le prospettazioni difensive risultate superate od assorbite alla luce della statuizione di primo grado, in modo da manifestare in forma non equivoca la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo cfr. Cass. 11.6.2010, n. 14086 . In questi termini si rappresenta che del pari in dipendenza del principio di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, ben avrebbe dovuto il ricorrente cfr. Cass. 30.4.2010, n. 10605 riprodurre testualmente nel corpo del ricorso le espressioni con cui aveva in seconda istanza riproposto, in ossequio al disposto dell'art. 346 c.p.c., la quaestio concernente la qualità di creditrice di M.P.S., quaestio che non era stata oggetto . di trattazione nella sentenza di primo grado . , avendo dichiarato l'insussistenza del titolo sul quale si basava la pretesa creditizia così ricorso, pag. 15 cfr. Cass. 20.9.2006, n. 20405, secondo cui l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità qualora sia denunciato un error in procedendo - è il caso del rilievo de quo agitur - presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dagli oneri correlati alla regola dell' autosufficienza” . Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente, E.M., a rimborsare ai controricorrenti, L.D’A. e M.P.S., le spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano nel complesso in euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.