La diffusione di dati sanitari attraverso la pubblicazione online delle sentenze della Corte dei Conti

La Cassazione dichiara illecita la diffusione online dei dati idonei a rivelare lo stato di salute realizzata attraverso la pubblicazione del testo di alcune sentenze in materia pensionistica sul portale della Corte dei Conti.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10510/16 depositata il 20 maggio. Il caso. Un cittadino chiedeva nel 2009 al Tribunale di Palermo la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito della diffusione online di alcuni dati sensibili relativi alla propria salute connessa alle pensioni di invalidità , attraverso la pubblicazione di alcune sentenze sul portale della Corte dei Conti, liberamente accessibile. Il cittadino citava in giudizio sia la Corte dei Conti sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Tribunale di Palermo con sentenza nel 2010 ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, non ha ravvisato alcun illecito nella pubblicazione online dei dati della sentenza, ha escluso ogni tipo di responsabilità della Corte dei Conti e ha rigettato la domanda dei ricorrenti. I cittadini hanno presentato ricorso in Cassazione e hanno rappresentato diverse violazioni della normativa sui dati personali art. 52, artt. 28 e 29 del Codice in materia di protezione dei personali . La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e ha dichiarato illecita la diffusione delle generalità, con riferimento al provvedimento giurisdizionale, ove si indicava il loro stato di salute e le invalidità. Dati identificativi degli interessati. La Corte di Cassazione ha richiamato l’attenzione sull’art. 52 del Codice della Privacy Rubricato dati identificativi degli interessati che prevede un punto di equilibrio in riferimento alla pubblicazione di provvedimenti giurisdizionali fra il diritto alla privacy delle persone e lo scopo di informazione giuridica realizzata attraverso la pubblicazione integrale dei provvedimenti. Il sopra citato articolo prevede che l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento. La Corte di Cassazione specifica che, nel settore civile, vanno omessi, anche in mancanza di richiesta, le generalità nonché altri dati identificativi, anche relativi a terzi, dai quali possa desumersi l’identità di minori oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone. La Corte di Cassazione ha evidenziato che lo stesso Codice della Privacy prevede, all’art. 22, un generale divieto di diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute. Secondo la Corte tale principio non può ammettere eccezioni neanche in riferimento alla pubblicazione di provvedimenti giurisdizionali. Trattamenti dati a carattere giudiziario. La Corte di Cassazione, richiama in materia le indicazioni contenute nel testo dell’autorizzazione generale n. 7 del 2008 del Garante per la protezione dei dati personali in materia di trattamenti dati a carattere giudiziario delle specifiche linee guida sul trattamento dei dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica del Garante privacy del 2 dicembre 2010. Il testo dell’autorizzazione n. 7 del 2008 prevede che devono essere trattati solo i dati essenziali, ai fini dell’informativa giuridica e che il trattamento va effettuato unicamente con operazioni, con logiche e mediante forme di organizzazione di dati strettamente indispensabili, in rapporto agli obblighi informativi. Le sopra citate linee guida prevedono invece che, relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute, esiste uno specifico divieto di diffusione anche per i soggetti pubblici, e chiarisce che la salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità, non pregiudica la finalità di informazione giuridica, ma può risultare necessaria nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi per tutelare la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti. La Cassazione ha inoltre osservato che il ricorrente ha richiesto il risarcimento dei danni ma non ha individuato la consistenza del danno occorso. La Cassazione evidenzia, come per consolidata giurisprudenza Cass. n. 222 del 2016 che il danno non può configurarsi in re ipsa occorre che il ricorrente fornisca prova di tutti gli elementi previsti dall’art. 2043 del codice civile, che comprendono oltre al comportamento illegittimo, pure il danno occorso ed il nesso di causalità tra comportamento ed evento dannoso. Il ricorrente inoltre non ha rappresentato chi sia il titolare del trattamento tenuto al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 15 del Codice della Privacy d.lgs. n. 196 del 2003 la Corte dei Conti? il portale? gli uffici amministrativi di supporto agli uffici giudiziari? . La Cassazione ha pertanto accolto il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, che valuterà l’esistenza e la consistenza del danno, il profilo dell’indicazione del soggetto responsabile e che si pronuncerà sulle spese dello stesso giudizio di legittimità. La sentenza in esame è di interesse in quanto è una delle prime ad approfondire la tematica della violazione della normativa privacy attraverso la diffusione online di provvedimenti giurisdizionali e la necessità di contemperare le esigenze di documentazione, studio e ricerca in campo giuridico con le esigenze di ridurre al minimo i rischi che i trattamento possono comportare per i diritti e le libertà fondamentali nonché per la dignità della persona. La sentenza costituisce un prezioso grido di allarme e richiama gli operatori ad individuare gli strumenti di difesa più efficaci ed adeguati di fronte all'incessante progresso tecnologico, al perfezionamento e alla pericolosità dei mezzi di comunicazione di massa e degli strumenti di raccolta di dati e notizie, che, possono comportare gravissime, inedite aggressioni agli aspetti più intimi della personalità, aggressioni impensabili e inedite rispetto al passato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 febbraio – 20 maggio 2016, n. 10510 Presidente Salvago – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con ricorso ex art. 152 D.Lgs. 196/03, C.N. chiedeva al Tribunale di Palermo che la Corte dei Conti ovvero la Presidenza del Consiglio dei Ministri fossero condannati al risarcimento dei danni , determinati da illegittima divulgazione di dati attinenti alla sua salute. Precisava il ricorrente di aver presentato ricorso in materia pensionistica alla Corte dei Conti per la Regione Siciliana,Sezione Giurisdizionale di Palermo la relativa sentenza, che trattava i dati personali del ricorrente riguardo alla salute dello stesso e alle sue invalidità, era stata pubblicata sulla banca dei dati , sito internet della Corte dei Conti, liberamente accessibile. Costituitosi regolarmente il contraddittorio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri eccepiva la sua carenza di legittimazione nel merito, entrambi i convenuti chiedevano il rigetto della domanda. Il Tribunale di Palermo , con sentenza in data 14 luglio 2010, dichiarava la carenza di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio, nel merito, rigettava la domanda del ricorrente, non ravvisando alcun illecito nel comportamento della Corte dei Conti . Ricorre per cassazione il C., che pure deposita memoria difensiva. Resistono, con un unico controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Corte dei Conti. Motivi della decisione Con il primo motivo , il ricorrente lamenta violazione dell'art. 52 Codice Privacy, là dove il giudice a quo affermava che la divulgazione dei dati sanitari non costituiva illecito, ed escludeva dunque ogni responsabilità della Corte dei Conti e/o del titolare del trattamento dei dati. Con il secondo, violazione dell'art. 28 e 29 Codice Privacy nonché vizio di motivazione circa la responsabilità del titolare e/o del responsabile dei trattamento dei dati personali da parte della Pubblica Amministrazione. Precisava il ricorrente che tale diffusione, nella specie, costituiva un illecito amministrativo, determinato dai soggetti diversi dal giudice, a mezzo della rete di telecomunicazione internet. Con il terzo , in subordine, si chiedeva di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 52 Codice Privacy, per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 32, 117 Cost. Va precisato che il diritto alla riservatezza o all'intimità della sfera privata dell'individuo, appare, ben più di altri aspetti di tutela della personalità, strettamente collegato alle profonde trasformazioni operate dalla società industriale accresciuto contatto e ad un tempo maggiore estraneità tra individui, più ampio dinamismo e circolazione dei soggetti che possono inserirsi in ambienti e situazioni tra loro del tutto indipendenti, talora rivestendo ruoli differenziati e mostrando così profili diversi della propria personalità. Ma è soprattutto l'incessante progresso tecnologico, il perfezionamento e la pericolosità dei mezzi di comunicazione di massa e degli strumenti di raccolta di dati e notizie che, attraverso inedite, per il passato del tutto impensabili, e talora gravissime, aggressioni agli aspetti più intimi della personalità, richiedono necessariamente l'individuazione di più efficaci ed adeguate difese. Per molti anni mancò un riscontro normativo specifico alla tutela di tale diritto, anche se la giurisprudenza e la dottrina man mano ne riconoscevano la protezione, magari ancorandolo all'art. 10 c.c. relativo all'immagine ovvero successivamente agli artt. 2 e 3 della Costituzione e alla garanzia di tutela e sviluppo della personalità. Solo in tempi relativamente recenti si è pervenuti ad una disciplina organica della materia, con la L. n. 675 del 1996, variamente modificato, successivamente, con un ancor più incisivo Dlgs. N. 196/2003. Va preliminarmente osservato che non è stato impugnata e quindi ha valore di giudicato , la statuizione dei giudice a quo circa il difetto di legittimazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il ricorso merita accoglimento per quanto di ragione. Richiamava il giudice a quo l'art. 52 D.lgs. 196 che disciplina i modi di diffusione delle sentenze o dei provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informativa giuridica, precisando che l'interessato può esplicitamente chiedere, per motivi legittimi, con domanda depositata nella cancelleria, prima che sia definito il grado di giudizio, che, in caso di riproduzione del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, sia esclusa l'indicazione delle generalità e d altri dati identificati soggetto interessato, riportati nel provvedimento stesso più specificamente, nel settore civile, vanno omessi , anche in mancanza di richiesta, le generalità, nonché altri dati identificativi , anche relativi a terzi dai quali possa desumersi l'identità di minori oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone. Va peraltro osservato che l'art. 22 Codice Privacy afferma il principio generale per cui i dati sensibilissimi, e specificamente quelli idonei a rivelare lo stato di salute non possono„ essere diffusi. Tale indicazione, che non pare ammettere eccezioni, supera il punto di equilibrio indicato dall'art. 52, con riferimento ai provvedimenti giurisdizionali, tra gli interessi della persona alla privacy, di sicura rilevanza costituzionale, e quelli , altrettanto rilevanti, all'integrale pubblicazione dei provvedimenti giurisdizionali, a scopo di informativa giuridica. Del resto, ad colorandum , anche se successiva alla fattispecie dedotta, può ricordarsi l'Autorizzazione n. 7/2008 al trattamento dei dati a carattere giudiziario, anche da parte di soggetti pubblici, del Garante della privacy, ove si evidenzia la necessità di favorire l'attività di documentazione , studio e ricerca in campo giuridico ma pure, quella di ridurre al minimo i rischi che i trattamenti potrebbero comportare per i diritti e le libertà fondamentali nonché per la dignità della persona ne consegue che devono essere trattati i soli dati essenziali. ai fini della informativa giuridica, e che il trattamento va effettuato unicamente con operazioni,`con logiche e mediante forme di organizzazione di dati strettamente indispensabili in rapporto ai predetti obblighi informativi. Ancor più recentemente la Deliberazione del Garante della Privacy del 2 dicembre 2010 circa le Linee guida sul trattamento dei dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informazione giuridica precisa che, relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute, esiste uno specifico divieto di diffusione anche per i soggetti pubblici, e chiarisce che la salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità, non pregiudica la finalità di informazione giuridica, ma può risultare necessaria nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi per tutelare la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti. Appare pertanto illecita la diffusione delle generalità del ricorrente, con riferimento ad un provvedimento giurisdizionale ove si indicava il suo stato di salute e le sue invalidità. Il ricorrente chiede la condanna dei titolare dei trattamento dei dati al risarcimento dei danno, ma non è in grado di indicare specificamente chi egli sia si limita ad affermare che non sarebbe il giudice né di individuare la consistenza del danno occorso che, come afferma la giurisprudenza consolidata di questa Corte tra le altre, Cass. 222 del 2016 , anche in materia di diritti fondamentali, non può configurarsi in re ipsa il richiedente deve fornire prova di tutti i presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non solo il comportamento illegittimo, ma pure il danno occorso e il nesso di causalità tra comportamento ed evento dannoso. Va dunque accolto il ricorso, nei limiti di quanto sopra indicato, assorbito il terzo motivo. Va cassata la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo, in diversa opposizione, che sulla base dei principi sopra espressi, valuterà l’esistenza e la consistenza dei danno, nonché l’indicazione del soggetto responsabile, e pure si pronuncerà sulle spese dei presente giudizio di legittimità. Ai sensi degli artt. 22 e 52 Dlgs 196/03 appare opportuno omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte privata. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese dei presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Palermo, in diversa composizione. In caso di diffusione dei presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma degli artt. 52 e 22 d.lgs 196/03.