Ritardo ultrannuale nel deposito dei provvedimenti e carico di lavoro del magistrato

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, il ritardo ultrannuale nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, pur suscettibile di giustificazione anche con riferimento allo specifico carico di lavoro , è comportamento, che, implicando il superamento ed in larga misura della soglia di tollerabilità indicata dal legislatore, si rivela giustificabile solo in presenza di circostanze corrispondentemente proporzionate sul piano della gravità e tali da asseverare, in modo concludente, l'impossibilità di evitarlo o almeno di ridurne l'entità.

Le Sezioni Unite hanno confermato, con la sentenza n. 8584/16 depositata il 2 maggio, la sanzione disciplinare inflitta ad un magistrato per ritardi reiterati, gravi e ingiustificati nel compimento di atti del proprio ufficio. Il caso. Un magistrato era considerato responsabile disciplinarmente sanzione applicata censura per essere incorso, così venendo meno ai propri doveri di diligenza e laboriosità, in ritardi reiterati, gravi e ingiustificati nel compimento di atti del proprio ufficio. L’entità dei ritardi addebitati all’incolpato. In particolare, in un arco di tempo di un anno e mezzo circa, erano individuati ritardi con riferimento a i 4 provvedimenti del Tribunale del riesame e delle misure di prevenzione, con un ritardo superiore al triplo del termine di legge di cinque giorni e, specificamente, in tre casi, superiore all'anno e, in un caso, di 961 giorni ii 18 sentenze redatte quale giudice di Tribunale con un ritardo superiore al triplo del termine previsto dalla legge, con il ritardo più rilevante pari a 1160 giorni iii 75 sentenze redatte quale giudice monocratico presso una sezione distaccata di Tribunale, con un ritardo superiore al triplo del termine, specificamente, in 50 casi superiore all’anno e, in un caso, di 852 giorni. Non sono stati adeguatamente valutati i fatti a discolpa del magistrato incolpato? Risposta, come meglio precisato tra poco, negativa degli Ermellini. Infatti, il magistrato ricorrente contro la decisione disciplinare sosteneva che non si sarebbe tenuto conto dei fatti dedotti a sua discolpa, e, quindi, la sanzione disciplinare sarebbe stata inflitta senza valutare il carico complessivo delle incombenze attribuitegli. In definitiva sul punto, la Sezione Disciplinare del CSM avrebbe omesso di prendere in considerazione il requisito soggettivo della colpevolezza. Il rapporto tra grave ritardo nel deposito dei provvedimenti e carico di lavoro. In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, il ritardo ultrannuale nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, pur suscettibile di giustificazione anche con riferimento allo specifico carico di lavoro , è comportamento, che, implicando il superamento ed in larga misura della soglia di tollerabilità indicata dal legislatore, si rivela giustificabile solo in presenza di circostanze corrispondentemente proporzionate sul piano della gravità e tali da asseverare, in modo concludente, l'impossibilità di evitarlo o almeno di ridurne l'entità. Ciò in base a delibazione che, implicando tipico apprezzamento in fatto, è essenzialmente devoluto alla valutazione di merito della Sezione disciplinare non censurabile in sede di legittimità ove assistita da motivazione compiuta e coerente. E nel caso di specie la decisione della Sezione Disciplinare del CSM è considerata dalle SS.UU. adeguatamente motivata, argomentata in modo diffuso ed in termini di convincente coerenza in merito sia alla gravità dei ritardi contestatati sia alle ragioni della ritenuta insufficienza delle giustificazioni addotte a discolpa. I limiti del sindacato di legittimità. Le Sezioni Unite colgono occasione per ribadire il principio per cui, in sede di legittimità, non sono ammissibili le doglianze che tendono a minare l'adeguatezza della decisione, sollecitando una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziando ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sulla valenza probatoria del singolo elemento, ma che tuttavia non siano idonee ad attestare la ricorrenza di ben definite risultanze, tali da porsi in rapporto di decisiva radicale incompatibilità con la decisione contestata.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 9 febbraio – 2 maggio 2016, n. 8584 Presidente Rordorf – Relatore Cappabianca Svolgimento del processo Con decisione depositata il 10.7.2015, la dott.ssa C.B. - giudice del Tribunale di Perugia - è stata ritenuta responsabile dell’illecito disciplinare previsto dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1 lett. q, d.lgs. 109/2006, per esser incorsa, così venendo meno ai propri doveri di diligenza e laboriosità, in ritardi reiterati, gravi e ingiustificati nel compimento di atti del proprio ufficio. Ciò in particolare, per aver, nel periodo compreso tra gennaio 2011 ed il settembre 2013, depositato a quattro provvedimenti del Tribunale del riesame e delle misure di prevenzione, con un ritardo superiore al triplo del termine di legge di cinque giorni e, specificamente, in tre casi, superiore all’anno e, in un caso, di novecentosessantuno giorni b 18 sentenze redatte quale giudice del Tribunale di Perugia, sia in composizione monocratica sia in composizione collegiale, con un ritardo superiore al triplo del termine previsto dalla legge, con il ritardo più rilevante pari a millecentosessanta giorni c settantacinque sentenze redatte quale giudice monocratico presso la sezione distaccata di Assisi, con un ritardo superiore al triplo del termine, specificamente, in cinquanta casi, superiore all’anno e, in un caso, di ottocentocinquantadue giorni. All’incolpata è stata, conseguentemente, inflitta la sanzione disciplinare della sanzione disciplinare della censura. Avverso la decisione, la dott.ssa C.B. propone ricorso per cassazione in unico articolato motivo. Gli intimati Ministero della Giustizia e Procuratore generale presso la Corte di Cassazione non svolgono attività difensiva. Motivi delle decisione 1. - Riscontrata l’obiettività dei plurimi ritardi addebitati, in larga parte ultrannuali, e valutatane la gravità, la decisione impugnata rileva che le giustificazioni addotte dall’incolpata non sono idonee, tenuto anche conto degli attestati livelli di produttività, ad elidere l’antigiuridicità delle condotte contestate. Tale essendo, in sintesi, il tenore della sentenza impugnata, la dott.ssa C. , deducendo violazione dell’art. 606, comma l lett. b ed e, c.p.c., lamenta, sotto il profilo della violazione di legge e sotto quello del vizio di motivazione, che la decisione, trascurando i fatti dedotti a discolpa, si è limitata ad una mera registrazione dei ritardi addebitabile, priva di valutazione relazionale in rapporto al carico complessivo della incombenze demandatele, ed è, così, incorsa in inidonea valutazione del requisito soggettivo della colpevolezza. 2. - Ad avviso del collegio, la doglianza non è fondata. 3. - In proposito, occorre osservare che, secondo la giurisprudenza di queste Sezioni unite, in tema di responsabilità disciplinare del magistrato, il ritardo ultrannuale nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali – per suscettibile di giustificazione anche con riferimento allo specifico carico di lavoro - è comportamento, che, implicando il superamento ed in larga misura della soglia di tollerabilità indicata dal legislatore, si rivela giustificabile solo in presenza di circostanze corrispondentemente proporzionate sul piano della gravità e tali da asseverare, in modo concludente, l’impossibilità di evitarlo o almeno di ridurne l’entità cfr. Cass. 2948/16, 19268/15 . Ciò in base a delibazione, che, implicando tipico apprezzamento in fatto è essenzialmente devoluta alla valutazione di merito della Sezione disciplinare non censurabile in sede di legittimità, ove assistita da motivazione compiuta e coerente cfr. Cass. 5761/12 . Tanto premesso, in linea di principio, deve, in concreto, considerarsi che la sentenza impugnata argomenta in modo diffuso ed in termini di convincente coerenza in merito sia alla gravità dei ritardi contestatati alla ricorrente sia alle ragioni della ritenuta insufficienza delle giustificazioni dalla stessa addotte a discolpa. Quanto al primo profilo, la Sezione disciplinare evidenzia, invero, la considerevole gravità dei ritardi contestati non solo con riferimento alla sola loro pur molto consistente entità, ma anche in rapporto alla relativa specifica negativa incidenza sugli ulteriori sviluppi processuali e sui diritti delle parti. Dopo aver rilevato che, dei numerosi ritardi ultrannuali, ben ventidue sono stati superiori ai due anni e due si sono protratti per oltre tre anni, la Sezione rileva, infatti, che i ritardi in oggetto risultano ancor più intollerabili , per il fatto che, in rapporto alla decorrenza della prescrizione, sono idonei a creare le condizioni ostative ad eventuali gradi successivi del giudizio e sottolinea, altresì, l’estrema gravità, in ragione della natura dei provvedimenti , dei ritardi rispettivamente, di giorni novecentosessantuno, seicentiventinove, trecentosettantasei e trecentocinquantuno maturati nel deposito di quattro ordinanze emesse dalla incolpata quale giudice del riesame e delle misure di prevenzione. Il giudice disciplinare si fa, quindi, carico di tutte le giustificazioni addotte dall’incolpata specificamente ricondotte al concomitante esercizio di plurime diversificate funzioni, anche presso sede distaccata alla partecipazione ad importanti ed impegnativi processi al trasferimento, con decorrenza febbraio 2011, a Tribunale di Sorveglianza, competente su carcere ospitante quasi seicento detenuti e ne esclude il carattere idoneamente scriminante in rapporto alla riscontrata gravità degli addebiti e delle relative conseguenze. Al riguardo, in particolare, evidenzia che, dalla documentazione acquisita, risulta come numerosi dei più gravi ritardi addebitati alla dott.ssa C. siano maturati prima della presa di possesso presso il nuovo ufficio o in coincidenza con essa e che i dati statistici rivelano, inoltre, come ai contestati ritardi nemmeno si contrapponga una particolare produttività in termini di provvedimenti effettivamente depositati. A fronte delle riportate articolate e coerenti argomentazioni della sentenza impugnata, la ricorrente, con le proposte doglianze, non contraddice specificamente persuasività e concludenza delle proposizioni valutative contenute nelle decisione censurata, ma si limita ad una semplice, seppur diffusa, riproposizione delle varie circostanze addotte a discolpa, per ciascuna genericamente lamentando l’inidonea valorizzazione da parte del giudice disciplinare. In tal modo, la ricorrente, pur apparentemente prospettando violazioni di legge e carenze di motivazione, propone, in realtà, una rivalutazione di circostanze e comportamenti, e la sovrappone alla valutazione operata dal giudice disciplinare, rimettendo così inammissibilmente in discussione, mediante contrapposizione di altri difformi, gli apprezzamenti in fatto del giudice di merito, che, in quanto basati sulla disamina degli elementi di valutazione messi a sua disposizione ed espresso con motivazione coerente, si sottrae al giudizio di legittimità. Nell’ambito del sindacato del giudice di legittimità, non è, invero, conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, giacché è a tale giudice che resta riservato il compito dell’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all’uopo, della valutazione delle prove, del controllo della relativa attendibilità e concludenza nonché della scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Ne consegue che, in sede di legittimità, non sono ammissibili tutte le doglianze che, quali quelle in concreto articolate dalla ricorrente, tendano a minare l’adeguatezza della decisione, sollecitando una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziando ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sulla valenza probatoria del singolo elemento, ma che, tuttavia, non siano idonee ad attestare la ricorrenza di ben definite risultanze, tali da porsi in rapporto di decisiva radicale incompatibilità con la decisione contestata cfr. Cass. pen. 13809/15, 12406/15, 9242/13, 41738/11, 18163/08, 10951/06 . Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione in difetto di attività di resistenza delle parti intimate. P.Q.M. la Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso.