Per riassumere correttamente un processo interrotto basta il tempestivo deposito del ricorso

Al verificarsi di una causa d'interruzione del processo, il termine perentorio di 6 mesi previsto nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie dall'art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, e il giudice che rilevi l'omessa notifica o un vizio comportante l'inesistenza della stessa dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza, deve ordinarne l'effettuazione in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., entro un termine stavolta perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3 c.p.c

La Sez. I Civile della Cassazione sentenza n. 6755/16 depositata il 7 aprile ha affrontato il tema del meccanismo della riassunzione del processo, annullando la decisione di merito che aveva non correttamente enfatizzato la fase successiva al deposito del ricorso in riassunzione . Il caso. Una banca otteneva un decreto ingiuntivo contro un debitore principale e contro dei fideiussori. Veniva proposta opposizione. Il giudizio di primo grado era però dichiarato interrotto a causa dell’intervenuto fallimento del debitore principale e di uno dei fideiussori. Il processo veniva riassunto nei confronti della banca che tuttavia eccepiva l’estinzione del giudizio per omissione di una notifica nei termini fissati dal giudice del decreto di fissazione udienza emesso a seguito del deposito del ricorso in riassunzione. Il Tribunale dichiarava l’estinzione del processo e condannava gli opponenti al pagamento delle spese di lite. Tale decisione era confermata in appello. Seguiva il ricorso per cassazione. La decisione di merito viene riformata sulla scorta di principi invero piuttosto consolidati la tempestività della riassunzione si misura sul deposito del ricorso. Secondo gli Ermellini, la riassunzione di un processo che sia stato dichiarato interrotto è tempestiva ed integralmente perfezionata quando il corrispondente ricorso, recante gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, sia stato depositato in cancelleria nel termine semestrale previsto dall'art. 305 c.p.c. nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alla modifica apportata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 . Ma se si verificano dei vizi inerenti la fase successiva al deposito del ricorso, cosa succede? Ove la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza sia viziata od inesistente, l'assegnazione di un ulteriore termine da parte del giudice per la rinnovazione della notifica e il compimento del relativo adempimento prescindono dal rispetto delle indicazioni di cui all'art. 305 c.p.c. rispondendo alla sola necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in jus , senza che siano estensibili i principi applicabili per il ricorso in appello nel rito del lavoro e per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - che, alla stregua del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., postulano che la notificazione avvenga nei termini di legge senza possibilità per il giudice di assegnare un termine per la rinnovazione - rispondendo la situazione ad una differente ratio legis . In caso di vizi nella notificazione del ricorso e del decreto, cosa deve fare il giudice? Deve disporre una nuova notifica. Infatti, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all'art. 305 c.p.c. non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell'atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, con la conseguenza che il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli art. 291, ultimo comma, e 307, comma 3, c.p.c Il principio affermato dalla Suprema Corte. Al verificarsi di una causa d'interruzione del processo, il termine perentorio di sei mesi previsto nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie dall'art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, e il giudice che rilevi l' omessa notifica o un vizio comportante l'inesistenza della stessa dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza, deve ordinarne l'effettuazione in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., entro un termine stavolta perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3 c.p.c

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 febbraio – 7 aprile 2016, n. 6755 Presidente/Relatore Forte Svolgimento del processo Con ricorso del 2 marzo 1993 la Banca Commerciale Italiana s.p.a., oggi Intesa Sanpaolo, domandava al Tribunale di Macerata di ingiungere il pagamento della somma di Euro 125.700.928 in danno di Nuova Rossella s.r.l., quale debitore principale, e di R.M. , Re.Ma. e R.A. , quali fideiussori. Proposta opposizione, all’udienza del 26 ottobre 1995 il giudizio veniva interrotto a seguito della dichiarazione da parte del procuratore degli opponenti dell’intervenuto fallimento della Nuova Rossella s.r.l. e di R.M. . Con separati ricorsi ex art. 303 c.p.c., depositati il 24.4.1996, R.A. e Re.Ma. provvedevano alla riassunzione e la Banca Commerciale, nuovamente costituitasi, eccepiva l’estinzione del giudizio per omissione della prima notifica nei termini di cui al decreto di fissazione emesso dal giudice. Il tribunale di Macerata, con sentenza del 7 marzo 2007, dichiarava l’intervenuta estinzione del giudizio e condannava gli opponenti al pagamento delle spese del giudizio. Avverso detta sentenza proponevano appello R.A. e Re.Ma. , evidenziando che il tempestivo deposito del ricorso in riassunzione aveva impedito l’estinzione del processo, per cui l’eventuale vizio o anche l’inesistenza della notifica del ricorso e del decreto di fissazione emesso dal giudice non incidevano su una riassunzione oramai perfezionata. ma imponevano al giudice la fissazione di un nuovo termine per la rinnovazione della notificazione. Si costituiva in giudizio l’appellata, deducendo l’infondatezza delle deduzioni avverse e rilevando la assoluta correttezza della decisione adottata dal giudice di primo grado. Con sentenza n. 758/2011 la Corte territoriale rigettava l’appello e condannava gli appellanti in solido al pagamento delle spese del grado. La Corte, in particolare, osservava che il termine assegnato dal giudice per la notifica del decreto di fissazione dell’udienza, di carattere ordinatorio, poteva essere prorogato prima della scadenza, a condizione che non fossero decorsi i sei mesi dall’interruzione. Nel caso in esame, non avendo nessuno degli opponenti formulato alcuna richiesta in tal senso, nessuna proroga venne disposta dal giudice, sicché, scaduto il termine ordinatorio, la conseguenza doveva essere analoga a quella ricollegabile al decorso del termine perentorio. Avverso tale sentenza R.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione delle norme processuali ex art. 291, 303 e 305, 153 e 154 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c., sostenendo che il tempestivo deposito del ricorso in riassunzione impedisce l’estinzione del processo con la conseguenza che l’eventuale vizio o l’inesistenza della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza emanato dal giudice non condizionerebbe la riassunzione oramai perfezionatasi, ma impone al giudice che rilevi il vizio di assegnare alla parte, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c. un termine, stavolta necessariamente perentorio, per rinnovare la notifica. Pertanto, solo in caso di inosservanza di tale ulteriore termine potrebbe pervenirsi ad una declaratoria di estinzione del processo. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione delle norme processuali ex art. 201, 303 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c., avendo la Corte territoriale posto a carico della parte l’onere di domandare la concessione di un termine per la rinnovazione della notifica, essendo invece onere del giudice, riscontrata l’inesistenza o la nullità della notifica, disporne la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c Con il terzo motivo, infine, ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 291, 303 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c., avendo la Corte territoriale ritenuto che, all’udienza del 27 marzo 1997, il ricorrente non avesse domandato un nuovo termine per la notifica, laddove, al contrario, la richiesta del procuratore di fissazione di una nuova udienza per la prosecuzione del processo implicava la richiesta di concessione di un nuovo termine per rinnovare la notifica in precedenza non compiuta. I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati in quanto impongono in ogni caso di verificare se, nell’ipotesi di interruzione del processo, laddove la riassunzione sia stata tempestivamente effettuata, in quanto depositata in cancelleria nel termine semestrale previsto dall’art. 305 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis anteriore alla modifica apportata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 , il giudice debba ordinare la rinnovazione della notifica allorché la parte abbia omesso di notificare il ricorso ed il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza entro il termine assegnato. La Corte territoriale ha ritenuto di escludere tale possibilità, osservando che il termine assegnato dal giudice per la notifica del decreto di fissazione dell’udienza, a differenza di quello per il deposito per il ricorso per riassunzione quest’ultimo certamente perentorio , è di tipo ordinatorio e che dunque può essere prorogato prima della scadenza ai sensi dell’art. 154 cod. proc. civ. e purché non siano ancora decorsi i sei mesi dall’interruzione del giudizio, che altrimenti va dichiarato estinto. Né in tale ipotesi potrebbe essere pertinente il richiamo all’art. 291 cod. proc. civ., che consente al giudice di ordinare la rinnovazione della notifica, atteso che tale disposizione comunque presuppone una notifica eseguita ma viziata, laddove, nel caso in esame, il ricorrente è rimasto del tutto inattivo. Ciò premesso, va osservato che i motivi proposti dal ricorrente risultano fondati, apparendo, del resto, il ragionamento seguito dalla Corte territoriale in contrasto con quanto condivisibilmente e ripetutamente statuito da questa Corte sul tema in oggetto. In particolare, secondo Cass. n. 21869 del 2013 la riassunzione di un processo che sia stato dichiarato interrotto è tempestiva ed integralmente perfezionata quando il corrispondente ricorso, recante gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, sia stato depositato in cancelleria nel termine semestrale previsto dall’art. 305 cod. proc. civ., sicché, ove la relativa notifica, unitamente al pedissequo decreto di fissazione dell’udienza, sia viziata o inesistente, o comunque non sia stata correttamente compiuta per erronea od incerta individuazione del suo destinatario, il giudice deve ordinarne la rinnovazione, fissandone il nuovo termine, e non può dichiarare l’estinzione del processo . Nello stesso senso, Cass. n. 10016 del 2011 ha precisato che ove la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza sia viziata od inesistente, l’assegnazione di un ulteriore termine da parte del giudice per la rinnovazione della notifica e il compimento del relativo adempimento prescindono dal rispetto delle indicazioni di cui all’art. 305 cod. proc. civ. rispondendo alla sola necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in jus, senza che siano estensibili i principi applicabili per il ricorso in appello nel rito del lavoro e per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - che, alla stregua del principio della ragionevole durata del processo ex art. 111, secondo comma, Cost., postulano che la notificazione avvenga nei termini di legge senza possibilità per il giudice di assegnare un termine per la rinnovazione - rispondendo la situazione ad una differente ratio legis . Il principio risulta confermato, in termini sostanzialmente analoghi, da Cass. n. 1900 del 2011, secondo cui una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all’art. 305 cod. proc. civ. non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell’atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, con la conseguenza che il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell’art. 291 cod. proc. civ. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l’estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, cod. proc. civ. . Ma è poi, con particolare riferimento all’ipotesi, che qui specificamente ricorre, dell’inesistenza della notifica fattispecie comunque presa in considerazione dalle massime sopra riportate, che indifferentemente riferiscono il principio sia al caso della nullità della notifica sia a quello della totale inerzia del ricorrente , Cass. n. 7661 del 2015 a ritenere conforme al principio costituzionale del giusto processo, inteso anche come diritto ad un processo nel merito, fare operare il termine perentorio solo per la rinnovazione della edictio actionis mediante il deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, e non anche per la mancanza della vocatio in ius, oltre che - come già ritenuto dalle Sezioni Unite n. 14854 del 2006 - per il caso di nullità della vocatio in ius , precisandosi al riguardo che se è vero, infatti, che la pronta notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza sarebbe utile e funzionale alla accelerazione del processo a garanzia del raggiungimento dell’obiettivo della ragionevole durata, non può negarsi che, una volta rispettato il termine per dare impulso alla riattivazione del processo, il mancato compimento - oltre che l’esistenza di un vizio - dell’ulteriore attività richiesta per via della doppia fase prevista dalla procedura, si tradurrebbe in una esasperazione del principio della ragionevole durata ed in una non giustificata compressione del diritto ad un processo nel merito, in danno di chi tale attività di impulso necessario ha compiuto . In applicazione di tali condivisibili affermazioni, dunque, deve ritenersi che al verificarsi di una causa d’interruzione del processo, il termine perentorio di sei mesi, previsto nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, e il giudice che rilevi l’omessa notifica o un vizio comportante l’inesistenza della stessa dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza, deve ordinarne l’effettuazione in applicazione analogica dell’art. 291 cod. proc. civ., entro un termine stavolta perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307, comma 3 cod. proc. civ Non avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione di tale principio, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, per l’esame del merito della controversia. Il giudice di rinvio provvederà sulle spese, anche del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Ancona in diversa composizione.