Rito camerale: se la parte si costituisce in giudizio il difetto di notifica viene sanato ex tunc

Con riguardo ai procedimenti d’impugnazione che si svolgono con il rito camerale, secondo cui il gravame si considera ritualmente proposto con il tempestivo deposito in cancelleria, mentre la notifica dello stesso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza risponde esclusivamente alla finalità di assicurare l’instaurazione del contraddittorio, sicchè la scadenza del termine all’uopo fissato, non preceduta dalla valida effettuazione della notifica o dalla presentazione di un’istanza di proroga, non comporta alcun effetto preclusivo, ma implica soltanto la necessità di procedere alla fissazione di un nuovo termine, a meno che la controparte non si sia costituita in giudizio in tal modo sanando il predetto vizio, con efficacia ex tunc.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 6432 depositata il 4 aprile 2016. Il fatto. La Corte di appello territorialmente competente, dichiarava inammissibile il reclamo proposto dal reclamante avverso il decreto con cui il Tribunale adito aveva parzialmente accolto la domanda di riduzione dell’assegno divorzile nei confronti della sua ex moglie rideterminando il suo importo mensile. Il reclamante proponeva ricorso per cassazione avverso il predetto decreto censurando con un unico motivo, la violazione di norme di legge da parte del predetto decreto, per aver ritenuto inesistente, anziché nulla, la notificazione del reclamo, in quanto eseguita ad istanza del domiciliatario, e per aver escluso la sanatoria del vizio, nonostante l’avvenuta costituzione in giudizio della resistente, nonché per aver ritenuto che l’intervenuta scadenza del termine fissato per la notifica impedisse la fissazione di un nuovo termine. Nella caso di specie, gli Ermellini, hanno ritenuto fondato l’unico motivo di doglianza proposto dal reclamante osservando che la spontanea costituzione in giudizio della parte nel giudizio di impugnazione avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a disporre senz’altro la prosecuzione del procedimento, indipendentemente dall’inesistenza giuridica della notificazione del ricorso, la cui insanabilità non poteva considerarsi sufficiente a precludere l’esame dell’impugnazione nel merito, avuto riguardo alla tempestiva proposizione della stessa e all’avvenuta insaturazione del contraddittorio. Concludendo. I Giudici di legittimità non hanno condiviso le argomentazioni svolte nella memoria depositata dalla controricorrente, ed in particolare, il richiamo al principio enunciato dalle Sezioni Unite in riferimento al rito del lavoro, secondo cui l’appello, pur tempestivamente proposto mediante deposito in cancelleria, è improcedibile in caso di mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, non essendo prevista la possibilità di assegnare all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica ai sensi del codice di rito, tenuto conto anche dell’impossibilità di rinnovare un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente e della conseguente dilazione dei tempi del processo, contrastante con il principio di ragionevole durata ex art. 111 Cost Tale principio trova infatti, applicazione, nella particolare disciplina dettata in materia di lavoro la quale prevede un termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed un altro per la comparizione dell’appellato come chiarito dalla giurisprudenza successiva, è l’inosservanza di quest’ultimo termine a determinare la dichiarazione di improcedibilità dell’appello la quale non può dunque essere estesa ai procedimenti d’impugnazione che si svolgano con rito camerale, in riferimento ai quali la legge non prevede alcun termine di comparizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 19 febbraio – 4 aprile 2016, n. 6432 Presidente Ragonesi – Relatore Mercolino Fatto e diritto È stata depositata in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. 1. Con il decreto di cui in epigrafe, la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da A.R. avverso il decreto emesso l’11 novembre 2013, con cui il Tribunale di Padova aveva parzialmente accolto la domanda di riduzione dell’assegno divorzile proposta dal reclamante nei confronti di N.D. , rideterminando in Euro 350,00 mensili l’importo dell’assegno. 2. - Avverso il predetto decreto l’A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, al quale la N. ha resistito con controricorso. 3. - A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 154, 156, 162, 291, 797 e ss. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., censurando il decreto impugnato per aver ritenuto inesistente, anziché nulla, la notificazione del reclamo, in quanto eseguita ad istanza del domiciliatario, e per aver escluso la sanatoria del vizio, nonostante l’avvenuta costituzione in giudizio della resistente, nonché per aver ritenuto che l’intervenuta scadenza del termine fissato per la notifica impedisse la fissazione di un nuovo termine. 4. - Il ricorso è fondato. Non può tuttavia condividersi l’affermazione del ricorrente, secondo cui la notificazione del reclamo, eseguita ad istanza del domiciliatario, non avrebbe potuto essere considerata inesistente, ma soltanto nulla, e quindi sanabile con efficacia retroattiva in virtù dell’avvenuta costituzione in giudizio dell’intimata o della rinnovazione disposta dal Collegio. Ai sensi dell’art. 137 cod. proc. civ., la legittimazione a presentare l’istanza di notificazione spetta esclusivamente alla parte, ad un suo procuratore o al difensore munito di procura ad litem, e non anche al semplice domiciliatario, il quale non è abilitato al compimento di atti d’impulso processuale, ma solo alla ricezione delle notificazioni o delle comunicazioni degli atti del processo, per conto del difensore la notificazione richiesta dal domiciliatario non è pertanto nulla, ma inesistente, salvo che l’istante sia stato delegato, anche verbalmente, dal soggetto legittimato, ovvero abbia anche semplicemente speso la sua qualità di incaricato dal legittimato e le dette qualità risultino esplicitamente dalla relata di notifica o da altro atto utile in tal senso cfr. Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2015, n. 20468 Cass., Sez. III, 10 ottobre 2014, n. 21414 Cass., Sez. 1, 28 maggio 2004, n. 10268 . Nella specie, non risulta in alcun modo dimostrato che, come afferma il ricorrente, l’avv. Lorenza Rossi Cracco, ad istanza della quale fu eseguita la notifica del reclamo, ne avesse fatto richiesta in qualità di delegata dell’avv. Rosario Maletta, difensore dell’A. , anziché in proprio, quale procuratore presso il quale quest’ultimo aveva eletto domicilio per il procedimento d’impugnazione, ai sensi dell’art. 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 la predetta qualità non risulta infatti dichiarata nell’istanza né richiamata in nessun altro atto processuale, con la conseguenza che la notifica deve ritenersi radicalmente inesistente, e quindi non suscettibile di sanatoria. 4.1. - Il predetto vizio non avrebbe peraltro potuto essere considerato sufficiente a determinare l’inammissibilità del reclamo, in quanto, avendo il ricorrente provveduto al deposito del ricorso nel rispetto del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., avrebbe dovuto trovare applicazione il principio, ripetutamente affermato da questa Corte in riferimento ai procedimenti d’impugnazione che si svolgono con il rito camerale, secondo cui il gravame si considera ritualmente proposto con il tempestivo deposito del ricorso in cancelleria, mentre la notifica dello stesso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza risponde esclusivamente alla finalità di assicurare l’instaurazione del contraddittorio, sicché la scadenza del termine all’uopo fissato, non preceduta dalla valida effettuazione della notifica o dalla presentazione di un’istanza di proroga, non comporta alcun effetto preclusivo, ma implica soltanto la necessità di procedere alla fissazione di un nuovo termine, a meno che la controparte non si sia costituita in giudizio, in tal modo sanando il predetto vizio, con efficacia ex tunc cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. I, 7 ottobre 2014, n. 21111 11 settembre 2014, n. 19203 Cass., Sez. VI, 22 luglio 2014, n. 16677 . Alla stregua di tale principio, ritenuto applicabile anche nel procedimento camerale di modifica delle condizioni stabilite dalla sentenza di divorzio cfr. Cass., Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 21669 , la spontanea costituzione in giudizio della resistente avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a disporre senz’altro la prosecuzione del procedimento, indipendentemente dall’inesistenza giuridica della notificazione del ricorso, la cui insanabilità non poteva considerarsi sufficiente a precludere l’esame dell’impugnazione nel merito, avuto riguardo alla tempestiva proposizione della stessa ed all’avvenuta instaurazione del contraddittorio . Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ritiene condivisibile l’opinione espressa dal relatore e la soluzione da lui proposta, non risultando meritevoli di accoglimento le contrarie argomentazioni svolte nella memoria depositata dalla controricorrente, la quale si limita ad insistere nella propria tesi difensiva, senza addurre ragioni idonee a giustificare una rimeditazione delle predette conclusioni. In particolare, non può condividersi il richiamo al principio, enunciato dalle Sezioni Unite in riferimento al rito del lavoro, secondo cui l’appello, pur tempestivamente proposto mediante deposito in cancelleria, è improcedibile in caso di mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, non essendo prevista la possibilità di assegnare all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., tenuto conto anche dell’impossibilità di rinnovare un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente e della conseguente dilatazione dei tempi del processo, contrastante con il principio di ragionevole durata sancito dall’art. 111 Cost. cfr. Cass., Sez. Un., 30 luglio 2008, n. 20604 . Tale principio trova infatti giustificazione nella particolare disciplina dettata dall’art. 435 cod. proc. civ. per l’appello in materia di lavoro, la quale prevede un termine per la notificazione del ricorso e del decreto secondo comma ed un altro per la comparizione dell’appellato terzo comma come chiarito dalla giurisprudenza successiva, è l’inosservanza di quest’ultimo termine a determinare la dichiarazione d’improcedibilità dell’appello cfr. Cass., Sez. VI, 16 ottobre 2013, n. 23426 Cass., Sez. lav., 4 aprile 2014, n. 8007 31 maggio 2012, n. 8685 30 dicembre 2010, n. 26489 Corte cost., ord. n. 60 del 2010 , la quale non può dunque essere estesa ai procedimenti d’impugnazione che si svolgono con rito camerale, in riferimento ai quali la legge non prevede alcun termine di comparizione. Il decreto impugnato va pertanto cassato, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Venezia, che provvederà, in diversa composizione, anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, anche per la liquidazione delle spese processuali. Ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.