Riconoscimento della sentenza straniera solo se è provato il rispetto del diritto di difesa

Come noto, affinchè possa essere riconosciuta una sentenza straniera nel nostro ordinamento, in base all'art. 64 lettera b della l. n. 218/1995, l'atto introduttivo del giudizio deve essere portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non devono essere violati i diritti essenziali della difesa. La mancanza di tali presupposti e della loro prova non consente che la sentenza straniera possa essere riconosciuta nel nostro ordinamento.

A ribadirlo la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6276/16, depositata il 31 marzo. Il fatto. La ex moglie chiedeva alla Corte di Appello di Roma il riconoscimento della sentenza straniera pronunciata tra i coniugi nello stato della California con la quale detta Corte, modificando una precedente pronuncia intercorsa tra le parti, condannava l' ex marito al pagamento di una somma di denaro per la mancata restituzione degli oggetti di cui alla condanna delle precedente pronuncia. Precisamente la Corte californiana aveva, con la prima pronuncia, prescritto al marito la restituzione di una serie di oggetti alla moglie o in mancanza il pagamento del controvalore degli stessi il tutto entro un termine di sei mesi dal deposito della pronuncia, da intendersi quale termine di vigore per l'adempimento del debitore. La moglie non si attivava per la concreta esecuzione di detto ordine nel termine semestrale e il marito non provvedeva alla restituzione degli oggetti, nè al pagamento del controvalore. Successivamente quindi, ma ben oltre il termine indicato nella sentenza straniera, l' ex moglie si attivava per la modifica della prima pronuncia e otteneva dalla Corte californiana la condanna dell' ex marito al pagamento del controvalore, oltre interessi, dei beni non restituiti. Chiedeva poi, come anzidetto, alla Corte D'appello di Roma il riconoscimento della prima sentenza emessa dalla Suprema Corte della California come modificata dal secondo provvedimento pronunciato però a diversi anni di distanza. La Corte di appello rigettava la domanda di riconoscimento della sentenza in questione e dei provvedimenti connessi in quanto rilevava che la ricorrente non aveva notificato la domanda di modificazione della prima sentenza al debitore il quale, infatti, non aveva partecipato al secondo giudizio che si era concluso con la sua condanna ad una somma di denaro a titolo di compensazione dei beni non restituiti. La Corte di Roma aveva quindi ritenuto che non era stato rispettato il diritto di difesa del convenuto e che la sentenza, come modificata, non era riconoscibile in base all'art. 64 lettera b della l. n. 218/1995. Alla medesima conclusione è pervenuta la Corte di Cassazione che ha rigetto il ricorso presentato dalla ex consorte. Il diritto di contraddittorio e di difesa. La Corte di Cassazione nel confermare la decisione della Corte D'appello ha ben specificato che il motivo per cui la sentenza straniera, così come modificata dalla successiva pronuncia di condanna della medesima Corte, non poteva essere riconosciuta in Italia perchè il procedimento che aveva portato alla modifica di cui si chiedeva l'efficacia non rispettava le regole interne del nostro ordinamento e d'ordine pubblico. La Corte ha, infatti, ritenuto che la ex consorte non aveva provato nella sua domanda di riconoscimento che l'atto introduttivo del giudizio di modifica nella legislazione straniera fosse stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si era svolto il processo e che, pertanto, risultavano essere stati violati i diritti essenziali della difesa del convenuto. Infatti, benchè la ricorrente affermasse che secondo la legislazione straniera affinchè si abbia la conoscenza legale del procedimento doveva ritenersi sufficiente la notifica della modificata decisione al legale che aveva assistito il debitore nell'antecedente giudizio e la sua mancata impugnazione nei termini di legge, oltre al fatto che detta seconda fase del procedimento non necessitava di alcun contradditorio, costituendo un'appendice solo eventuale della prima, subordinata all'inadempimento del debitore, le Corti Italiane sono state di contrario avviso ed hanno ritenuto che il secondo procedimento modificativo integra un giudizio autonomo stante la sua introduzione oltre il termine di efficacia semestrale indicato nella prima sentenza e che la notifica al legale non può fornire la prova della conoscenza del procedimento instaurato, tanto più che, secondo il nostro ordinamento, vige la presunzione secondo la quale, alla scadenza dell'anno, si ritiene cessato il rapporto tra la parte e il difensore anche con riguardo alle impugnazioni. Pertanto, considerato che risulta del tutto indimostrata la conoscenza legale del procedimento modificativo da parte del debitore e che quindi questi non ha potuto esercitare sin dall'inizio i suoi diritti di difesa e di contraddittorio, con palese violazione delle regole interne al nostro ordinamento e d'ordine pubblico, la Corte d'appello e la Corte di Cassazione hanno giustamente ritenuto di respingere il ricorso della ex moglie per il riconoscimento della sentenza straniera nel nostro paese.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 novembre 2015 – 31 marzo 2016, n. 6276 Presidente Di Palma – Relatore Giancola Svolgimento del processo Nel novembre del 2011 G.K.M. chiedeva alla Corte di appello di Roma il riconoscimento ai sensi degli artt. 64 e 67 della legge n. 218 del 1995, della sentenza n. 756079 pronunciata dalla Superior Court of The State of California in data 18 luglio 1980 depositata e registrata il 25 luglio 1980 , come modificata dalla stessa Corte californiana con provvedimento del 22 luglio 1988 depositato il 26 luglio 1988. Con la sentenza del 1980 al C.d.B.d.R.F. era stato ordinato di restituire alla M. ex moglie , entro 6 mesi dal deposito della pronuncia, una serie di oggetti costituiti da gioielli, quadri e argenteria, o, in mancanza, di corrisponderle il loro controvalore in dollari degli Stati Uniti d’America successivamente, a seguito della modifica apportata nel 1988 a quella prima pronuncia, il C.d.B.d.R. era stato condannato al pagamento del controvalore con interessi dei beni non restituiti. La M. precisava anche che la Superior Court, in base a quanto previsto dall’art. 683.120 del codice californiano, con provvedimento c.d. renewal del 26.03.1998 aveva prorogato di dieci anni l’esecutività della sentenza del 1988 e successivamente in data 8.02.2008 concesso, sempre a sua istanza, ulteriore proroga decennale della medesima pronuncia. Con sentenza del 30.10-20.11.2012 l’adita Corte di appello di Roma, superate le eccezioni del C. , di difetto di giurisdizione del giudice italiano e di prescrizione decennale dell’azione, rigettava la domanda di riconoscimento in Italia della sentenza in questione e dei provvedimenti connessi. Rilevato che la M. aveva chiesto l’accertamento dei requisiti del riconoscimento in Italia della sentenza straniera come, su sua domanda, modificata dal giudice degli Stati Uniti con il provvedimento del 22 luglio 1988, con il quale, in luogo della restituzione degli oggetti, il C. , era stato condannato al pagamento di 53.355,00 USD oltre a 41.394,59 USD per interessi, riteneva che l’attrice non avesse fornito prova alcuna di aver notificato la domanda application di modificazione al debitore. il quale non aveva nemmeno partecipato a questo procedimento. La sentenza, come modificata, non era quindi riconoscibile in base all’art. 64 lettera b della legge 218/1995, non avendo la parte richiedente assolto l’onere della prova del rispetto, nel predetto procedimento di modificazione, nel quale era stato quantificato il valore degli oggetti non restituiti e liquidato il credito dell’attrice, del diritto del debitore a parteciparvi e delle sue essenziali prerogative di difesa. Avverso questa sentenza notificata unitamente al ricorso il 14-15.05.2013 la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e resistito dal C.d.B.d.R. con controricorso del 17-19.06.2013. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione A sostegno del ricorso la M. denunzia 1. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e art. 360 n. 3 c.p.c. violazione dell’art. 64 comma 1 lettera b della L. 218/1995 in relazione al procedimento di modifica della sentenza del 1980 della Superior Court dello Stato della California. La ricorrente si duole del diniego di riconoscimento assumendo essenzialmente che non solo è mancata ogni pronuncia sulla sentenza del 1980 ma anche che non si è tenuto conto della particolare procedura prescritta dalla normativa californiana, per la quale era sufficiente la notificazione della modificata decisione del 22.07.1988, attuata in data 2.08.1988 nei confronti dell’Avv.to Chanucey McKeever, già difensore del C. nella prima fase del procedimento, avendo ciò consentito l’impugnazione della pronuncia in questione entro 180 gg dal relativo deposito come disposto dall’art. 8.104 , pronuncia passata invece in giudicato per mancato esperimento del gravame. Deduce che la seconda fase del procedimento non necessitava di alcun contraddittorio, costituendo appendice solo eventuale della prima, subordinata all’inadempimento del debitore, sicché la mancata notifica dell’atto introduttivo non aveva comportato violazione del contraddittorio e del diritto di difesa spettanti al C. . 2. Nullità della sentenza o del procedimento art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. omessa pronuncia della sentenza impugnata sulla domanda di riconoscimento della sentenza del 1980 emessa dalla Superior Court dello Stato della California. I due motivi del ricorso, suscettibili di esame congiunto, non hanno pregio. La Corte di Roma nel conciare la sua pronuncia alla decisione espressa dalla Corte californiana nel 1988 ha irreprensibilmente inteso la domanda giudiziale formulata nel 2011 dalla M. come volta a conseguire quel fine, dato anche che non avrebbe potuto invece costituirne oggetto l’originaria pronuncia resa il 18 luglio 1980 dal giudice estero nei confronti delle medesime parti e contestualmente sottoscritta anche dall’Avv.to Chanucey McKeever, all’epoca difensore del C. , ormai divenuta inefficace dal tenore di quella prima pronuncia del 1980 risultava, infatti, che le statuizioni impositive in essa contenute avrebbero avuto vigore solo nel semestre prescritto per l’adempimento da parte del debitore, la cui inerzia non contrastata da iniziative della creditrice anteriori alla scadenza del termine in questione, come nella specie verificatosi, avrebbe anche comportato la perdita di competenza giurisdizionale da parte della medesima Corte estera. Per effetto del tempo decorso, dunque, ben superiore al menzionato ed inutilmente scaduto semestre, il procedimento dalla M. introdotto solo nel 1988, quand’anche da lei correlato per modifica a quel primo provvedimento del 1980, non poteva ormai che essere considerato distinto ed autonomo rispetto al precedente così definito, sicché, come ineccepibilmente ritenuto dalla Corte romana, il convenuto C. avrebbe dovuto in effetti per le regole interne al nostro ordinamento e d’ordine pubblico, essere personalmente posto a conoscenza legale della relativa introduzione da parte della M. , onde potere esercitare sin dall’inizio i suoi diritti di contraddittorio e di difesa art. 64 primo comma lett. b della legge n. 218 del 1995 , conoscenza che, invece, è rimasta del tutto indimostrata. Ed infatti, anche la comunicazione dell’esito di tal secondo giudizio attuata nei confronti dell’Avv.to Chanucey McKeever, già difensore del C. nel risalente primo procedimento, non poteva integrare quella doverosa conoscenza legale da parte del medesimo C. , prodromica all’esercizio dei suoi essenziali e fondamentali diritti, anche considerando che non risulta che pure rispetto all’autonomo procedimento del 1988 lo stesso professionista fosse stato titolare di poteri rappresentativi, che li avesse in concreto esercitati che anzi si assume nominato al C. un difensore d’ufficio e che, in coerenza con l’essenziale funzione di effettiva tutela giurisdizionale, nel nostro ordinamento vige la presunzione che, alla scadenza dell’anno, è cessato il rapporto tra la parte e il difensore anche con riguardo alle impugnazioni artt. 288, terzo comma e 330 terzo comma c.p.c. . In conclusione il ricorso della M. deve essere respinto. La natura e le peculiarità del caso giustificano la compensazione per intero delle spese del giudizio di legittimità. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 96 c.p.c., invocata dal C. . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.