Condanna alle spese anche in caso di cessazione della materia del contendere

Qualora nel corso del giudizio intervenga un atto o un fatto che soddisfi completamente la pretesa della parte attrice le spese processuali devono essere liquidate dal giudice secondo il criterio della soccombenza c.d. virtuale”. Pertanto è immotivata la compensazione delle spese disposta in ragione dell’intervenuta cessazione della materia del contendere.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 5555/2016, depositata il 21 marzo. Il caso. Un avvocato si rivolge al Giudice di pace per ottenere il pagamento del compenso dovutogli da una compagnia assicuratrice a titolo di prestazione d’opera intellettuale. Il Giudice adito dichiarava la propria incompetenza per valore rimettendo le parti innanzi al Tribunale con compensazione di spese. Interposto gravame, il Tribunale adito accoglieva l’appello e dichiarava cessata la materia del contendere perché, nel corso del giudizio di primo grado, erano state integralmente pagate le somme dovute condannava inoltre la convenuta al pagamento delle spese del giudizio dinanzi al Giudice di Pace mentre le spese del secondo grado venivano compensate in ragione dell’avvenuto pagamento della somma azionata. L’attore si rivolge, quindi, alla Corte di Cassazione. La compensazione delle spese va motivata. Il ricorrente contesta la compensazione disposta dal Tribunale in ordine alle spese processuali del secondo grado di giudizio in quanto non tiene conto del fatto che il Giudice di pace, avendo dichiarato la propria incompetenza per valore, aveva costretto l’attore alla proposizione dell’appello al fine di conseguire la liquidazione delle spese del giudizio. In altri termini, poiché la compagnia assicuratrice aveva determinato la necessità del doppio grado di giudizio, il Tribunale avrebbe dovuto liquidare in suo favore anche le spese del gravame in ragione del principio della soccombenza. Nel giudicare il motivo fondato, la Suprema Corte osserva preliminarmente che al giudizio si applica il regime anteriore a quello stabilito dalla l. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a e succ. modif., che ha introdotto, per i procedimenti instaurati a decorrere dal 1 marzo 2006, l’obbligo per il giudice di esplicitare i giusti motivi a fondamento della decisione di compensazione delle spese. Il testo dell’art. 92, comma 2, c.p.c. vigente all’epoca consentiva al giudice di compensare le spese tra le parti solo in caso di soccombenza reciproca o qualora ricorressero altri giusti motivi. I giusti motivi di compensazione. Le Sezioni Unite della Cassazione, nella pronuncia n. 20598 del 2008, hanno avuto modo di chiarire che, nel regime anteriore alla l. n. 263/2005, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale. In particolare, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione. A titolo meramente esemplificativo, può ritenersi assolto l’obbligo del giudice nel caso in cui dia atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali. Il criterio della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese. Nel caso di specie, la motivazione del Giudice di compensare le spese del secondo grado di giudizio è ritenuta contraddittoria dalla Corte di Cassazione perché, avendo il Giudice riconosciuto la fondatezza della pretesa di primo grado e avendo liquidato le relative spese sul principio della soccombenza virtuale, avrebbe dovuto liquidare anche quelle del giudizio d’appello. Aggiungono gli Ermellini che l’avvenuto pagamento operato dalla società convenuta nel corso del giudizio di primo grado del solo importo richiesto dal difensore in via stragiudiziale a titolo di capitale ed accessori non costituisce di per sé motivo utile a derogare all’applicazione del criterio della soccombenza seppur virtuale”, stante la statuita cessazione della materia del contendere quanto alla regolamentazione delle spese processuali sostenute nel giudizio di appello, conclusosi con l’accoglimento integrale del gravame proposto dal creditore avverso la sentenza di prime cure.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 febbraio – 21 marzo 2016, n. 5555 Presidente Mazzacane – Relatore Scarpa Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione notificato il 21 settembre 2005, l’Avv. L.G. evocava in giudizio la Vittoria Ass.ni S.p.A. dinanzi al Giudice di Pace di Napoli per sentirla condannare al pagamento di Euro 2,485,36, oltre IVA al lordo Euro 2.912,16 , a titolo di prestazione d’opera intellettuale, oltre rivalutazione e interessi legali, nei limiti della competenza del giudice adito. Si costituiva in giudizio la convenuta compagnia assicuratrice eccependo l’incompetenza per valore del giudice adito e, in subordine, l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza della domanda. Il Giudice di Pace di Napoli, con sentenza depositata in data 10 febbraio 2006, dichiarava la propria incompetenza per valore, ritenendo insufficiente lo scorporo della ritenuta d’acconto onde contenere nei limiti la domanda e rimettendo le parti innanzi al Tribunale con compensazione di spese. 2. - Avverso detta sentenza proponeva appello l’Avv. L. dinanzi al Tribunale di Napoli, deducendo che il giudice di prime cure non aveva tenuto in debita considerazione che la domanda proposta rientrava nei limiti aditi. Si costituiva la Vittoria Ass.ni S.p.A. chiedendo di dichiarare l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza della domanda dell’appello, con condanna al risarcimento per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., con vittoria di spese. Con sentenza depositata il 27 maggio 2010, il Tribunale di Napoli accoglieva l’appello proposto e dichiarava cessata la materia del contendere, essendo state le somme dovute pagate per intero, in via extragiudiziale, nel corso del giudizio di primo grado. Condannava, inoltre, la Vittoria Ass.ni S.p.A. al pagamento delle spese del giudizio dinanzi al Giudice di Pace, compensando le spese del secondo grado in ragione dell’avvenuto pagamento della somma azionata. 3. - Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli ha proposto ricorso l’Avv. L. , con atto notificato il 28 giugno 2011, sulla base di due motivi. La Vittoria Ass.ni S.p.A., pur regolarmente evocata in giudizio, non si è costituita. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 91, co. 1, c.p.c. e dell’art. 92, co. 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5, c.p.c Parte ricorrente contesta la compensazione disposta dal Tribunale in ordine alle spese e alle competenze del secondo grado di giudizio. In particolare, il giudice di seconde cure non avrebbe considerato che il pagamento, effettuato dalla compagnia assicuratrice nel corso del giudizio di primo grado non teneva conto delle spese e delle competenze del medesimo giudizio, costringendo pertanto l’attore a proseguire la controversia dinanzi al Giudice di Pace. Quest’ultimo, avendo dichiarato la propria incompetenza per valore, aveva costretto l’attore alla proposizione dell’appello al fine di conseguire la liquidazione delle spese del giudizio. In relazione al principio della soccombenza, avendo la Vittoria Ass.ni S.p.A. determinato la necessità del doppio grado di giudizio, il Tribunale avrebbe dovuto liquidare in favore del ricorrente anche le spese del gravame. Il motivo è fondato. Si premette che il giudizio d’appello è stato introdotto con atto di citazione notificato il 21 settembre 2005. Trova quindi applicazione il regime anteriore a quello stabilito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a e succ. modif. che ha introdotto, per i procedimenti instaurati a decorrere dal 1 marzo 2006, l’obbligo per il giudice di esplicitare i giusti motivi a fondamento della decisione di compensazione delle spese. Il testo dell’art. 92, co. 2, c.p.c. vigente all’epoca prevedeva se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti ”. Ai sensi dell’art. 91 le spese gravano sulla parte soccombente, tenuta a sopportare in via definitiva le spese da lei anticipate e a rimborsare quelle sostenute dalla controparte vittoriosa. L’articolo 92, nel completare l’assetto sulle modalità di distribuzione del carico delle spese processuali, introduce deroghe al riparto definitivo delle spese, alternative rispetto al criterio oggettivo della soccombenza di cui all’art. 91. Si tratta di possibili eccezioni o deviazioni al principio della soccombenza, tese a individuare dei temperamenti alla rigorosa applicazione di esso, suscettibile di condurre a risultati inopportuni o iniqui. Le Sezioni Unite di questa Corte SU, n. 20598 del 30/07/2008 , hanno affermato che nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a , il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito . Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorché le argomentazioni svolte per la statuizione di merito o di rito contengano in sé considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come - a titolo meramente esemplificativo - nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali . È stato altresì precisato che la scelta di compensare le spese processuali è riservata al prudente, ma comunque motivato, apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione, e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale Cass. n. 7763 del 2012 e n. 24531 del 2010 . La motivazione del Tribunale di Napoli di compensare le spese del secondo grado di giudizio risulta contraddittoria perché, avendo il giudice riconosciuto la fondatezza della pretesa di primo grado e avendo liquidato le relative spese sul principio della soccombenza virtuale, avrebbe dovuto liquidare anche quelle del giudizio d’appello. L’avvenuto pagamento operato dalla S.p.A. Vittoria Assicurazioni nel corso del giudizio di primo grado del solo importo richiesto dal L. in via stragiudiziale a titolo di capitale ed accessori non costituisce di per sé motivo utile a derogare all’applicazione del criterio di soccombenza seppur virtuale , stante la statuita cessazione della materia del contendere quanto alla regolamentazione delle spese processuali sostenute nel giudizio di appello, conclusosi con l’accoglimento integrale del gravame proposto dal creditore avverso la sentenza di prime cure. 2. - Il secondo motivo di ricorso concerne la violazione degli artt. 91 c.p.c., co. 1, e 92, co. 1, c.p.c., e della tariffa professionale in vigore dal 2 giugno 2004, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e n. 5. Il Tribunale, secondo parte ricorrente, liquidando per i diritti di procuratore l’importo di Euro 480,00, non ha tenuto presente l’attività professionale, espletata dal precedente procuratore, riducendo, senza alcuna giustificazione e motivazione l’importo di Euro 810,00, indicato nella notula, con analitica specificazione delle singole voci e con riferimento alle prestazioni effettuate nel corso del giudizio di primo grado. Il motivo è fondato. In tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata Cass. 30/03/2011, n. 7293 . Il Tribunale di Napoli nulla ha indicato in motivazione in ordine alla determinazione delle spese liquidate. 2. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione motivi accolti e la causa rinviata per nuovo esame al giudice di merito, individuato nel Tribunale di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.