Il giudice è immutabile solo dal momento in cui inizia la discussione della causa

Nelle cause disciplinate dall’art. 189 c.p.c. in cui il Tribunale giudica in composizione collegiale, salva espressa richiesta di una delle parti, non si tiene un’udienza di discussione davanti al Collegio, cui la causa è rimessa per la decisione dal giudice che l’ha istruita, all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Lo afferma la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4799/16, depositata l’11 marzo. La vicenda. La fattispecie al centro della controversia in esame vede una sentenza dichiarativa di fallimento seguire alla risoluzione del concordato preventivo omologato che prevedeva la cessione ai creditori di una serie di immobili che, prima della vendita, avrebbero potuto essere concessi in comodato oneroso a terzi ponendo a carico dei comodatari i lavori edilizi necessari per la loro fruizione. La Corte di appello aveva respinto il reclamo osservando che la società si era resa gravemente inadempiente agli obblighi nascenti dal concordato in quanto, successivamente all’omologa, aveva assunto, senza l’autorizzazione del Giudice delegato, una serie di iniziative finalizzate a ristrutturare e concedere in godimento ai terzi gli immobili oggetto di cessione, incamerando le rendite che invece avrebbero dovuto essere acquisite alla procedura. Inoltre, la Corte territoriale ha rilevato che il concordato avrebbe dovuto essere risolto anche perché le somme ricavate dalla vendita dei beni erano insufficienti a soddisfare sia i creditori privilegiati che quelli chirografari. Il ricorso per cassazione. Nel successivo ricorso davanti alla Suprema Corte l’amministratore della società dichiarata fallita ha riproposto l’eccezione di nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per la mancata partecipazione del pm al procedimento e per il fatto che la causa era stata trattata da un solo giudice, che si era riservato la decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni ed era stata poi decisa da un Collegio di cui faceva parte un giudice assegnato al Tribunale solo in data successiva a tale udienza. Non è obbligatorio l’intervento del pm. La Suprema Corte nel dichiarare inammissibile il ricorso ha osservato come l’art. 173 l.fall. nella formulazione anteriore alla riforma e applicabile ratione temporis non contempla la necessaria partecipazione del pm al procedimento per la risoluzione del concordato. Infatti la giurisprudenza di legittimità ha affermato che nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento non è obbligatorio l'intervento del pm e si verifica soltanto quando questo ravvisi nel procedimento un pubblico interesse e l'opportunità di intervenire per tutelarlo specificamente. La facoltà di chiedere il fallimento non costituisce, infatti, per il pm, esercizio di un potere di azione, risolvendosi esso in una denuncia al Tribunale perché questo provveda d'ufficio . Inoltre la Cassazione ritiene infondato anche il secondo motivo con cui il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza in quanto la causa era stata trattata da un solo giudice. Infatti, secondo la Suprema Corte, la causa è stata correttamente istruita da un giudice singolo che l’ha poi rimessa alla decisione del Collegio. Il principio di immutabilità del giudice applicabile solo dalla discussione. In particolare, la Suprema Corte sottolinea l’inammissibilità del motivo in cui il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza lamentando che uno dei componenti del Collegio decidente di primo grado fosse stato trasferito dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni. Infatti, il principio dell’immutabilità del giudice è applicabile unicamente dal momento in cui inizia la discussione della causa, senza che possa ritenersi operante nella fattispecie esaminata, disciplinata dall’art. 189, comma 1, c.p.c., visto che nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione collegiale, fatta salva espressa richiesta di una delle parti, non si celebra un’udienza di discussione davanti al Collegio, cui la causa è rimessa per la decisione dal giudice che l’ha istruita, all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 gennaio – 11 marzo 2016, numero 4799 Presidente Ragonesi – Relatore Cristiano E stata depositata la seguente relazione 1 La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 21.2.014, ha respinto l'appello proposto da M.T. contro la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta respinto l'opposizione da lui proposta avverso la sentenza 29.3.04 dichiarativa del fallimento della s.p.a. Sogeco di cui il T. era A.U. , previa risoluzione del concordato preventivo della società omologato il 12.7.93, che prevedeva la cessione ai creditori di una serie di immobili, che, prima della vendita, avrebbero potuto essere concessi in comodato oneroso a terzi solo dietro autorizzazione del G.D. e ponendo a carico dei comodatari i lavori edilizi necessari a renderli utilizzabili. La corte territoriale, respinte le eccezioni di nullità della sentenza impugnata svolte dall'appellante sul rilievo della mancata partecipazione al giudizio del P.M. e dei difetto di costituzione del giudice, ha rilevato nel merito che Sogeco si era resa gravemente inadempiente agli obblighi nascenti dal concordato in quanto, dopo l'omologa, aveva assunto, senza l'autorizzazione del G.D. ed in danno dei creditori concordatari, una serie di iniziative tese a trasformare, ristrutturare e addirittura concedere in godimento a terzi gli immobili oggetto di cessione, per di più incamerando le rendite connesse ai rapporti di comodato oneroso che avrebbero dovuto essere acquisite alla procedura ha inoltre affermato che il concordato avrebbe dovuto essere risolto anche a norma degli artt. 186/137 I. fall., attesa I' insufficienza delle somme ricavate dalla vendita dei beni a soddisfare i creditori privilegiati nonché, quantomeno in minima parte, quelli chirografari. 2 La sentenza è stata impugnata da M.T con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui il Fallimento della Sogeco ha resistito con controricorso. 2.1. II ricorrente, con il primo motivo, ripropone l'eccezione di nullità della sentenza dichiarativa per la mancata partecipazione del P.M. al procedimento. 2.2 Col secondo motivo lamenta che la corte del merito non abbia dichiarato la nullità della sentenza in quanto la causa era stata trattata da un solo giudice, che si era riservato la decisione all'udienza di precisazione delle conclusioni, ed era stata poi stata decisa da un collegio di cui faceva parte un giudice assegnato al tribunale solo in data successiva a tale udienza. 2.3 Con i successivi mezzi di censura il T. deduce che la corte d'appello ha disatteso i motivi di gravame con motivazione laconica ed errata , sulla base di mere congetture, senza esaminare i documenti decisivi contenuti nel fascicolo d'ufficio e violando gli artt. 167 e 186 I. fall. 3 II primo motivo appare manifestamente infondato, in quanto l'art 173 I. fall. ante riforma applicabile ratione temporis non prevede la necessaria partecipazione del P.M. al procedimento per la risoluzione del concordato Cass. numero 13357/07 . 3.1 II secondo motivo appare in parte manifestamente infondato, atteso che la causa è stata correttamente istruita da un giudice singolo che l'ha poi rimessa alla decisione del collegio, ed in parte inammissibile, non essendo documentato l'asserite trasferimento al tribunale di uno dei tre componenti del collegio in data successiva all'udienza di precisazione delle conclusioni. 3.1. Tutti i motivi successivi appaiono invece inammissibili, per violazione dell'art. 366 I comma numero 4 c.p.c., per la loro assoluta genericità, che non consente di comprendere quali siano le censure rivolte alla decisione impugnata. Si dovrebbe pertanto concludere per il rigetto del ricorso, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. Il ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, non utilmente contraddette dal T. nella memoria depositata. Va in primo luogo rilevato che non può tenersi conto dei documenti allegati dal ricorrente a detta memoria, con la conseguenza che permane il difetto di autosufficienza del secondo motivo di ricorso, nella parte in cui lamenta che uno dei componenti del collegio decidente di primo grado sia stato trasferito al tribunale di Bari in realtà assegnato ad una sezione civile del tribunale a seguito di concorso interno in data successiva all'udienza in cui furono precisate le conclusioni dinanzi al G.I. Ulteriore profilo di inammissibilità del motivo deriva dal fatto che non risulta che la dedotta causa di nullità della sentenza di primo grado che, per il principio di conversione di cui all'art. 161 I comma c.p.c., poteva essere fatta valere solo nei limiti e secondo le regole proprie dell'appello sia stata eccepita dal T. in sede di gravame cfr. Cass. nnumero 26938/013,236/010 . Va infine osservato che il principio dell'immutabilità del giudice è applicabile solo dal momento in cui inizia la discussione della causa e non può pertanto ritenersi operante se non, ai sensi dell'art. 174 c.p.c. con riguardo al G.I. nella fattispecie in esame, disciplinata dall'art. 189 I comma c.p.c., atteso che nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale non si tiene salvo espressa richiesta di una delle parti un'udienza di discussione dinanzi al collegio, cui la causa è rimessa per la decisione dal giudice che l'ha istruita, all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni. Per il resto, la memoria non richiama precedenti giurisprudenziali che smentiscano il principio enunciato da Cass. numero 13357/07, né contesta le conclusioni della relazione in ordine al difetto di specificità degli ultimi tre mezzi di censura. Il ricorso va, in conclusione, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater dPR numero 115/2002, introdotto dall'art. 1, 17° comma, della I. numero 228 del 24.12.2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. Roma, 14 gennaio 2016.