La “svista” a sostegno della revocazione della sentenza …

L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione. Ne consegue che non può essere dedotta, come errore revocatorio, la qualificazione giuridica attribuita dalla Corte stessa ad un ente.

Questo il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 4413/16, depositata il 7 marzo. Il fatto. Una società per azioni, la Hydro Catania proponeva istanza di regolamento di giurisdizione, risolto dalle Sezioni Unite con la dichiarazione della giurisdizione in parte del GO e in parte del GA. La società proponeva, dunque, ricorso per revocazione, adducendo quale errore revocatorio l’aver implicitamente attribuito alla società, parte in causa, Servizi Idrici Etnei società di diritto privato con partecipazione pubblica , la natura di pubblica amministrazione. La revocazione della sentenza della Corte di Cassazione per errore di fatto. Il Collegio ricorda, innanzitutto, come l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4 c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 391- bis c.p.c., consistenti in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione . Nel caso di specie, osservano i Giudici, l’errore revocatorio viene individuato dalla società ricorrente nel punto in cui l’ordinanza impugnata ha implicitamente attribuito alla SIE la natura di pubblica amministrazione. Però, a parere dei Giudici, anche se si potesse dedurre che la Corte abbia inteso attribuire alla SIE la qualifica di pubblica amministrazione, questa attribuzione non potrebbe mai essere considerata come un errore di fatto revocatorio nel senso sopra riportato, ma si tratterebbe di una errata qualificazione non conseguenza di una svista”, ma dell’interpretazione e valutazione giuridica degli atti di causa. E, come tale, sfugge del tutto al rimedio revocatorio. Aggiunge, infine, la Corte che, nonostante quanto premesso sarebbe sufficiente a giustificare l’inammissibilità del ricorso, dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge che l’errore adombrato neppure sussiste, posto che alla Corte appare ben chiara la natura della SIE. Per questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di revocazione.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 12 gennaio – 7 marzo 2016, n. 4413 Presidente Amoroso – Relatore Spirito In fatto e in diritto Con ricorso del 10 luglio 2012, la s.p.a. Hydro Catania propose istanza di regola mento di giurisdizione - nei confronti dei Consorzio d'Ambito Territoriale Ottimale 2 Catania Acque, della Provincia regionale di Catania, dell'Assemblea e dei Consiglio di amministrazione del Consorzio, della Regione Siciliana e della s.p.a. Servizi Idrici Etnei-S.I.E. - in riferimento al giudizio promosso dalla stessa Società ricorrente Hydro Catania dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania. Queste SU, con l'ordinanza n. 21588 del 20 settembre 2013, dichiararono la giuri sdizione in parte del GO ed in parte dei GA a conoscere dei diversi profili della con troversia. Propone ricorso per revocazione la Hydro Catania spa, sostenendo in via rescinden te che l'attribuzione alla giurisdizione ordinaria dell'accertamento sulla perdurante validità ed efficacia della convenzione di affidamento dei servizio idrico integrato a vrebbe avuto nell'ordinanza impugnata per revocazione come premessa logico giuridica la supposizione di una circostanza di fatto incontestabilmente esclusa dalla documentazione di causa ed incontestata tra le parti ossia, il fatto che la SIE spa società di diritto privato con partecipazione pubblica sia una pubblica amministra zione . In via rescissoria, la società chiede, dunque, che l'intera controversia sia at tribuita alla giurisdizione dei GO. II ricorso è inammissibile. Occorre premettere, riguardo al ricorso per revocazione avverso sentenze della Corte di cassazione, che, allorquando venga omessa la trattazione in camera di consiglio prevista dall'art. 391 bis, secondo comma, cod. proc. civ. ed il giudizio venga celebrato in pubblica udienza come è avvenuto nel caso in esame , tale omissione configura una mera irregolarità del pro cedimento che, tuttavia, non determina la violazione dei diritti della difesa, in virtù della più ampia garanzia assicurata dal giudizio celebrato in pubblica udienza Cass. n. 8559/09 . Venendo alla questione in esame, è incontroverso che l'errore di fatto previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell'affermazione o negazione di elementi decisivi per risol vere la questione tra le varie, Cass. n. 3494/13 . Nella specie, come s'è visto, l'errore revocatorio viene individuato dalla società ri corrente nel primo paragrafo dì pag. 9 dell'ordinanza impugnata, laddove la Corte, nell'esaminare la convenzione del 24.12,2005 tra,il Consorzio e la SIE, afferma che si pone la questione dell'eventuale inquadramento di tale convenzione tra gli ac cordi fra pubbliche amministrazioni per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune , con conseguente applicabilità dell'art. 133, comma 1, lett. a , n. 2 del c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva dei giudice ammi nistrativo le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi tra pubbliche amministrazioni. Più in particolare, dunque, l'errore revocatorio consisterebbe nell'avere implicita mente attribuito alla SIE la natura di pubblica amministrazione. Tuttavia, occorre rilevare che, in primo luogo, se anche da quel punto dell'ordinanza si potesse dedurre che la Corte abbia inteso attribuire alla SIE la qualifica di pubbli ca amministrazione, questa attribuzione non potrebbe mai essere considerata come un errore di fatto revocatorio nel senso suddetto semmai, sì tratterebbe pur nella logica del ricorso in esame di un'erronea qualificazione conseguente non ad una mera svista , bensì all'interpretazione e valutazione giuridica degli atti della causa. Interpretazione e valutazione che sfugge del tutto al rimedio revocatorio. Può essere, dunque, espresso il principio secondo cui l'errore di fatto previsto dall'art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell'affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione. Ne consegue che non può esse re dedotta, come errore revocatorio, la qualificazione giuridica nella spe cie, si assume, di pubblica amministrazione attribuita dalla Corte stessa ad un ente. Quanto premesso, sarebbe sufficiente a giustificare l'inammissibilità dell'istanza re scindente della ricorrente, tuttavia occorre osservare che dalla complessiva lettura dell'ordinanza impugnata emerge che l'errore adombrato neppure sussiste, posto che appare ben chiara alla Corte la natura della SIE. Essa, a pag. 1 viene menziona ta come società mista pubblico-privata, costituita secondo il modello prefigurato dall'art. 113, comma 5, lett. b del d.lgs n. 267/00 a pag. 2 è spiegato che il socio di minoranza della SIE fu individuato nel raggruppamento temporaneo di imprese facente capo alla spa ACOSET a pag. 5 quarto capoverso è ribadito che la SIE è una società mista pubblico-privato, così come pure alle pagg. 7 ed 8. Dati dai quali, appunto, è dato desumere che neppure sussiste l'errore che la ricorrente attribuisce all'ordinanza impugnata. In conclusione, dichiarato inammissibile il ricorso, la ricorrente deve essere condan nata a rivalere le controparti delle spese sostenute per resistere in questo giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al paga mento delle spese del giudizio per revocazione, che liquida, a favore di ciascuna parte contro ricorrente, in complessivi € 10.200,00, di cui € 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002, dà atto della sussi stenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore im porto a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dei comma 1 bis dello stesso articolo 13.