Querela di falso: la non rilevanza esclude l’interpello della controparte

La proposizione della querela di falso in via incidentale non dà origine, di per sé, al procedimento di falso in ordine al documento impugnato, essendo prevista dall’art. 222 c.p.c. una preventiva delibazione, in ordine all’ammissibilità e concreta utilità del documento impugnato. E solo se tale verifica risulti positiva, il giudice dinnanzi al quale la querela è stata proposta ne autorizza la presentazione innanzi a sé o ad altro giudice.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 25456 depositata il 18 dicembre 2015. Il fatto. Con ricorso alla Sezione specializzata agraria del Tribunale territorialmente competente, l’attore convenne in giudizio il convenuto - premettendo di avergli concesso in affitto alcuni fondi rustici di sua proprietà – perché fosse accertata la simulazione di tale contratto, con il riconoscimento che, in realtà, era stato stipulato un contratto di vendita del frutto. Il convenuto, costituitosi in giudizio, chiese che il ricorso venisse dichiarato inammissibile o comunque infondato. Il Tribunale, in accoglimento della domanda dell’attore, dichiarò la simulazione del contratto ed accertò l’esistenza di un contratto di vendita del frutto con la compensazione delle spese del giudizio. Il convenuto, propose appello alla sentenza resa in primo grado, appello che, a sua volta, fu dichiarato inammissibile dalla Sezione specializzata della Corte territorialmente competente. In particolare, alla prima udienza l’appellante, sul presupposto che la pronuncia di primo grado era stata notificata, a cura dell’attore, al difensore del convenuto presso la Cancelleria della Sezione specializzata del Tribunale territorialmente competente in una certa data, eccepiva la tardività, e quindi, l’inammissibilità dell’appello. All’udienza successiva sempre l’appellante dichiarava l’intenzione di proporre querela di falso nei confronti della notifica della sentenza di primo grado, osservando che dopo l’attestazione della notifica presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente, era stata aggiunta a penna l’ulteriore dicitura Sezione specializzata agraria, dicitura a suo dire, da ritenere falsa. La Corte d’appello con ordinanza negava l’autorizzazione a proporre querela di falso a causa della irrilevanza della medesima sulla scorta di due ragioni. La prima, perché per pacifica giurisprudenza le notifiche al difensore che non ha eletto domicilio nella circoscrizione del Tribunale vanno eseguite in cancelleria, ufficio unico, articolato in più sezioni a seconda delle dimensioni dell’ufficio giudiziario la seconda perché i mezzi di prova indicati dall’appellante non erano astrattamente idonei a privare di efficacia il documento impugnato l’appellante, infatti, non aveva neppure chiesto di provare che presso il Tribunale adito esistesse una cancelleria della Sezione specializzata agraria, né che la dicitura suindicata fosse stata aggiunta dopo il perfezionarsi della notifica . Contro la sentenza della Corte di Appello l’appellante proponeva ricorso per cassazione. Frusta probatur quod probatum non relevat. Nella specie, gli Ermellini hanno ritenuto le doglianze articolate dal ricorrente inammissibili in quanto sulla scorta del tradizionale principio frusta probatur quod probatum non relevat , nel caso di querela di falso proposta in via incidentale, il giudice è tenuto alla valutazione fondamentale ed assorbente, della rilevanza della querela stessa tale giudizio, una volta che sia stato espletato con esito negativo, rende inutile l’interpello della controparte. L’interpello di cui all’art. 222 c.p.c., in altri termini, non costituisce un prius rispetto al giudizio di ammissibilità della querela di falso, quanto piuttosto, un elemento che concorre a tale valutazione, per cui ben può essere ritenuto superfluo quando il giudice di merito sia già per altra via pervenuto alla conclusione dell’irrilevanza, con conseguente inammissibilità della querela stessa. Applicando tali principi, al caso in esame, si comprende facilmente che il mancato interpello da parte della Corte di merito – peraltro avvenuto in un contesto nel quale era evidente la volontà dell’altra parte di avvalersi di quel documento – non determina alcuna nullità, in quanto la Corte di appello ha valutato preliminarmente l’inammissibilità per difetto di rilevanza, e quindi, non ha consentito la presentazione della querela. Concludendo. Ad ogni modo, nella specie, l’appello era da ritenere comunque irrilevante anche perché, trattandosi dell’applicazione di termini processuali perentori per la proposizione dell’appello, la questione non aveva ad oggetto una materia disponibile, ma una materia sulla quale il giudice ha il potere – dovere di intervenire anche d’ufficio, in considerazione della necessità di tutelare interessi di carattere generale.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 ottobre – 18 dicembre 2015, n. 25456 Presidente Ambrosio – Relatore Cirillo Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Tribunale di Crotone, Sezione specializzata agraria, C.L. , in proprio e nella qualità di titolare della s.a.s. Collarica, convenne in giudizio N.A.G. e - sulla premessa di aver concesso in affitto al convenuto alcuni fondi rustici di sua proprietà - chiese che fosse accertata la simulazione di tale contratto, con riconoscimento che era stato stipulato, in realtà, un contratto di vendita del frutto. Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o comunque infondato. Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò la simulazione del contratto, accertò l'esistenza di un contratto di vendita del frutto e compensò le spese di giudizio. 2. La sentenza è stata appellata dal N. e la Corte d'appello di Catanzaro, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 19 aprile 2012, ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello, condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado. La Corte territoriale, ricostruendo la vicenda processuale, ha osservato che la pronuncia di primo grado era stata notificata, a cura dell'attore, all'avv. Zimatore, difensore del N. , in data 27 settembre 2011, presso la cancelleria del Tribunale di Crotone, Sezione specializzata agraria. L'appello era stato proposto il successivo 22 novembre 2011 ed alla prima udienza il difensore del C. aveva eccepito l'inammissibilità dello stesso. Alla successiva udienza l'appellante aveva dichiarato di proporre querela di falso nei confronti della notifica della sentenza di primo grado, osservando che dopo l'attestazione della notifica presso la cancelleria del Tribunale di Crotone, era stata aggiunta a penna l'ulteriore dicitura Sezione specializzata agraria, dicitura da ritenere falsa. La Corte d'appello, con ordinanza resa alla medesima udienza, aveva negato l'autorizzazione a proporre la querela di falso, a causa della irrilevanza della medesima. Tanto premesso in fatto, la Corte calabrese ha ribadito l'irrilevanza della querela di falso, per due ragioni. La prima, perché per pacifica giurisprudenza le notifiche al difensore che non ha eletto domicilio nella circoscrizione del Tribunale vanno eseguite in cancelleria, ufficio unico articolato in più sezioni a seconda delle dimensioni dell'ufficio giudiziario la seconda, perché i mezzi di prova indicati dall'appellante non erano astrattamente idonei a privare di efficacia il documento impugnato”. Il N. , infatti, non aveva neppure chiesto di provare che presso il Tribunale di Crotone esistesse una cancelleria della Sezione specializzata agraria, né che la dicitura suindicata fosse stata aggiunta dopo il perfezionarsi della notifica. Nel merito, la Corte ha osservato che il N. aveva eletto domicilio, nel giudizio di primo grado, presso lo studio del difensore sito a Catanzaro, per cui la notifica della sentenza era da ritenere validamente compiuta presso la cancelleria del Tribunale di Crotone e, rispetto alla notifica avvenuta il 27 settembre 2011, l'appello, proposto con ricorso depositato il 22 novembre 2011, era inammissibile per tardività. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro propone ricorso N.A.G. , con atto affidato a due motivi. Resiste con controricorso C.L. , in proprio e nella qualità di legale rappresentante della s.a.s. Collarica. Motivi delia decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione dell'art. 222 del codice di procedura civile. Rileva il ricorrente che dal processo verbale dell'udienza del 19 aprile 2012 risulta che la Corte d'appello, dopo aver raccolto la querela di falso proposta personalmente dal N. , ha omesso di interpellare il C. in ordine alla sua volontà di continuare ad avvalersi di quel documento. L'art. 222 cit. stabilisce che il giudice è tenuto all'interpello e solo in caso di risposta positiva deve pronunciarsi sulla rilevanza del documento e sull'ammissibilità della querela. Se l'interpello avesse avuto luogo, avrebbe avuto esito negativo, perché il C. ed il suo difensore non erano presenti a quell'udienza, nella quale era presente il sostituto avv. Grimaldi, che si era allontanata prima della discussione. L'avv. Grimaldi, poi, aveva chiesto di compiere accertamenti presso la cancelleria del Tribunale, il che dimostrerebbe la mancanza di una volontà della parte di avvalersi del documento. 1.1. Il motivo non è fondato, per una serie di concorrenti ragioni. 1.2. Occorre innanzitutto rilevare che, a norma dell'art. 355 cod. proc. civ., se la querela di falso è proposta nel giudizio di appello, il giudice, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione della causa, sospende con ordinanza il giudizio” e fissa alle parti il termine per la riassunzione davanti al tribunale. Tale disposizione è stata interpretata da questa Corte nel senso di escludere che in tal caso sussista l'obbligo per il giudice di procedere all'interpello di cui all'art. 222 cod. proc. civ. e la ratio di tale esclusione è agevolmente individuabile, trattandosi di un documento che, di solito, è già stato utilizzato nel giudizio di primo grado così la sentenza 9 gennaio 1997, n. 104, ripresa più di recente dalla sentenza 19 giugno 2015, n. 12725, non massimata . Osserva il Collegio che tale ratio, del tutto condivisibile, non si adatta tuttavia al caso di specie, nel quale la querela di falso aveva ad oggetto l'atto di notifica della sentenza di primo grado, cioè un atto che certamente non poteva esistere ed essere prodotto durante il giudizio di primo grado da tanto consegue che l'esame del motivo impone le seguenti ulteriori considerazioni. 1.3. È opportuno ricordare che, a norma dell'art. 221, secondo comma, cod. proc. civ., la querela di falso deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità. A questo riguardo, la sentenza 23 giugno 2010, n. 15169, delle Sezioni Unite di questa Corte ha osservato che la necessità di tale indicazione implica che il giudice di merito sia tenuto ad un accertamento preliminare per verificare la sussistenza o meno dei presupposti che ne giustificano la proposizione, diventando altrimenti concreto il rischio di un inutile allungamento dei tempi del processo. Il ricorrente richiama, a sostegno della propria tesi, la sentenza 3 giugno 2011, n. 12130, di questa Corte, dalla quale trae il principio secondo cui, se la querela di falso viene proposta in via incidentale, il giudice è tenuto ad interpellare la parte che ha prodotto il documento contestato ed è chiamato a pronunciarsi sulla querela solo se la parte ha dichiarato di volersi avvalere del documento. In realtà, la citata sentenza non compie un'affermazione così netta, poiché si limita semplicemente ad un sintetico riferimento ai poteri del giudice ed alla valutazione sulla rilevanza del documento e sulla necessità dell'interpello della controparte. Va invece richiamata la sentenza 27 maggio 2009, n. 12263, di questa Corte, la quale, opportunamente distinguendo tra proposizione e presentazione della querela di falso, ha affermato che la proposizione della querela di falso in via incidentale non da origine, di per sé, al procedimento di falso in ordine al documento impugnato, essendo prevista dall'art. 222 cod. proc. civ. una preventiva delibazione, in ordine all'ammissibilità e concreta utilità del documento impugnato. E solo se tale verifica risulti positiva, il giudice innanzi al quale la querela è stata proposta ne autorizza la presentazione innanzi a sé o ad altro giudice”. Questa sentenza, alla quale va data oggi continuità, ha in sostanza sottolineato che, nel caso di querela di falso proposta in via incidentale, il giudice è tenuto alla valutazione, da ritenere fondamentale ed assorbente, della rilevanza della querela stessa tale giudizio, una volta che sia stato espletato con esito negativo, rende inutile l'interpello della controparte d'altra parte, il giudizio di ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova è uno strumento generale dell'istruzione probatoria, secondo il tradizionale principio per cui frustra probatur quod probatum non relevat . L'interpello di cui all'art. 222 cit., in altri termini, non costituisce un prius rispetto al giudizio di ammissibilità della querela di falso, quanto piuttosto un elemento che concorre a tale valutazione, per cui ben può essere ritenuto superfluo quando il giudice di merito sia già per altra via pervenuto alla conclusione della irrilevanza, con conseguente inammissibilità, della querela stessa. Applicando tali principi al caso in esame, si comprende facilmente che il mancato interpello da parte della Corte di merito - peraltro avvenuto in un contesto nel quale era evidente la volontà della parte di avvalersi di quel documento - non determina alcuna nullità, in quanto la Corte d'appello ha valutato preliminarmente l'inammissibilità per difetto di rilevanza e, quindi, non ha consentito la presentazione della querela. 1.4. È appena il caso di aggiungere, per completezza, che nel caso in esame l'interpello era da ritenere comunque irrilevante anche perché, trattandosi dell'applicazione di termini processuali perentori per la proposizione dell'appello, la questione non aveva ad oggetto una materia disponibile, ma una materia sulla quale il giudice ha il potere-dovere di intervenire anche d'ufficio, in considerazione della necessità di tutelare interessi di carattere generale v., per tutti, la sentenza 5 aprile 2005, n. 6983, delle Sezioni Unite di questa Corte, più volte ribadita anche in seguito . 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ., insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo. La Corte d'appello avrebbe errato nell'indicare i precedenti della giurisprudenza di legittimità, non avendo considerato che la sezione lavoro è una sezione del tribunale - il che rileva ai fini del perfezionamento delle notifiche - mentre la sezione specializzata agraria assume una totale autonomia rispetto al tribunale”, costituendo un ufficio del tutto distinto ed autonomo. 2.1. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente censura il richiamo compiuto dalla Corte d'appello alla sentenza 12 giugno 2006, n. 13615, di questa Corte, secondo cui le notifiche al difensore avvenute presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario si intendono eseguite presso la cancelleria, ufficio unico articolato in più sezioni a seconda delle dimensioni dell'ufficio stesso osserva il ricorrente che quel richiamo sarebbe improprio in riferimento alla Sezione specializzata agraria del Tribunale. Il Collegio rileva che nel caso in esame la Corte d'appello ha premesso che la querela di falso era stata proposta non per contestare che la sentenza di primo grado fosse stata notificata presso la cancelleria del Tribunale di Crotone in una certa data, quanto per contestare che detta notifica fosse avvenuta presso la cancelleria della relativa sezione specializzata, ritenuto ufficio dotato di piena autonomia. La sentenza ha supportato la propria decisione di non ammettere la querela di falso sul rilievo 1 che l'appellante oggi ricorrente non aveva chiesto di provare che presso quel Tribunale vi fosse una cancelleria della Sezione specializzata distinta da quella civile 2 che non era stato chiesto di provare che la dicitura Sezione specializzata agraria fosse stata aggiunta dopo che la notifica si era perfezionata. A fronte di simile motivazione, il ricorrente censura, in effetti, soltanto la prima delle due argomentazioni sulle quali la sentenza si regge, ma non la seconda. Di talché è evidente, sulla base di una pacifica giurisprudenza, che il motivo è destinato comunque all'inammissibilità, essendo rimasta non contestata l'altra autonoma ratio decidendi utilizzata dalla Corte d'appello v. per tutte la sentenza 29 marzo 2013, n. 7931, delle Sezioni Unite di questa Corte . 3. Il ricorso, in conclusione, è rigettato. A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. Va osservato, al riguardo, che, trattandosi di controversia agraria, come tale non soggetta alla sospensione feriale dei termini, essendo stato il ricorso notificato il 5 luglio 2012, il controricorso è tardivo, siccome notificato in data 28 settembre 2012, oltre il termine perentorio di cui all'art. 370 del codice di rito. La liquidazione delle spese tiene conto di tale tardività. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.