Il giudicato copre sempre il dedotto e il deducibile

Il giudicato di accoglimento della domanda di pagamento di canoni di locazione arretrati non si limita a fare stato circa l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto accertato, ma anche circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti ma deducibili, come quelli atti a prospettare l’insussistenza, totale o parziale, del credito azionato dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di illegittime maggiorazioni del canone.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25355 depositata il 17 dicembre 2015. Il caso. Un locatore citava in giudizio il conduttore perché venisse condannato al pagamento dei canoni non corrisposti e a risarcire i danni arrecati all’immobile. L’inquilino a sua volta citava in giudizio il proprietario contestando l’entità dei canoni perché superiori all’equo canone. Chiedeva altresì la restituzione della cauzione versata all’inizio del rapporto. Il giudice adito riuniva i due procedimenti e condannava il conduttore al pagamento dei canoni. La Corte d’Appello confermava la decisione accogliendo però la richiesta di restituzione della cauzione. La decisione della Corte. Il conduttore fonda il proprio ricorso in Cassazione su due motivi fondamentali, entrambi respinti dagli Ermellini. In prima battuta eccepisce la nullità della sentenza per omessa pronuncia su alcune domande e per l’asserita indebita applicabilità al rito locatizio del meccanismo della discussione orale prevista dall’art. 281- sexies c.p.c La Cassazione respinge simili contestazioni ricordando che la nullità della sentenza ricorre solo nei casi tassativamente previsti quali la mancata sottoscrizione del provvedimento, la mancanza del contenuto minimo necessario per la formazione del giudicato o per essere stata resa da organo privo di potere giurisdizionale. Tali circostanze però non sussistono nel caso di specie, né erano configurabili ipotesi di omessa pronuncia. Quanto all’applicazione dell’art. 281- sexies c.p.c., gli Ermellini ricordano il precedente di Cassazione 9235/2006 che ha ritenuto la compatibilità della disposizione in esame al rito del lavoro. Anche da questo punto di vista nessuna violazione sussisteva e il motivo viene respinto. Il secondo aspetto sollevato dal ricorrente riguarda invece la parte della sentenza impugnata in cui si precisa che l’inquilino avrebbe dovuto contestare la determinazione del canone nel precedente giudizio svoltosi tra le medesime parti e conclusosi con una sentenza passata in giudicato nel quale il locatore aveva chiesto la condanna al pagamento dei canoni scaduti. Secondo la sentenza di appello, in definitiva, la condanna al pagamento implica altresì un accertamento dell’entità del canone stesso. Infatti accogliendo la domanda di pagamento, i Giudici hanno altresì implicitamente accertato l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi della pretesa. Ciò anche nell’ipotesi in cui tali fatti non siano stati dedotti dalla parte interessata. Trova quindi applicazione il noto principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile . Il vincolo derivante dal giudicato esclude che si possano far valere questioni che potrebbero rimettere in discussione il provvedimento, anche se esse pur potendo non sono state proposte e esaminate nel processo. L’efficacia preclusiva pertanto si estende oltre a quanto dedotto dalle parti giudicato esplicito , anche a quanto esse avrebbero potuto dedurre giudicato implicito . In un caso come quello in esame quindi il giudicato abbraccia” non soltanto l’esistenza del credito azionato e del rapporto che da esso deriva, ma anche la non sussistenza di elementi impeditivi, modificativi o estintivi del rapporto e del credito precedenti alla domanda e non dedotti dalla parte debitrice così Cassazione 15178/2000 . Al contrario, l’incotrovertibilità del giudicato non si estende ovviamente a fatti successivi e a quelli che comportano un mutamento del petitum o della causa petendi . La Cassazione condivide la tesi dei giudici d’appello, respinge quindi il ricorso e conferma le sentenza di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 novembre – 17 dicembre 2015, n. 25355 Presidente / Relatore Spirito Svolgimento del processo Il L. locatore citò in giudizio il D.M. con duttore perché fosse condannato al risarcimento dei danni all'immobile locato, nonché al pagamento di canoni non cor risposti fino all'agosto 2001. A sua volta, il D.M. citò in giudizio il L. perché, determinato l'equo ca none, fosse condannato a versagli le somme in esubero cor risposte, nonché a restituirgli la cauzione di £ 5 milioni a suo tempo versata. Il giudice, disposto il mutamento del rito, riunì i proce dimenti e condannò il D.M. al pagamento dei danni ar recati all'immobile, nonché al pagamento dei canoni dovuti da ottobre 2000, ad agosto 2001, maggiorati del 20% ai sen si dell'art. 6 della legge n. 431 del 1998. La Corte d'appello di Napoli ha confermato la condanna del conduttore al pagamento dei canoni non versati, ha ridotto la condanna corrispondente ai danni risarcibili ed ha con dannato il locatore a restituire la cauzione. Propone ricorso per cassazione il D.M. attraverso quattro motivi. Risponde con controricorso il L., che propone ricorso incidentale attraverso due motivi. Motivi della decisione RICORSO PRINCIPALE DEL D.M. Il lo ed il 2° motivo, che denunciano la violazione degli artt. 281 sexies, 447 bis, 429 c.p.c., nonché l'omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., sono infondati, siccome il giu dice ha correttamente escluso che si possa ipotizzare la nullità della sentenza al di fuori del caso dell'art. 161, 2° comma, c.p.c. mancanza di sottoscrizione o di mancanza del minimo necessario per la formazione del giudicato, op pure di pronuncia da organo privo di potere giurisdizionale sul punto, cfr. Cass. n. 2713/83, n. 8156/90 ha accerta to in fatto che il primo giudice aveva consentito la di scussione orale della causa, con riferimento ai verbali di causa ed, in particolare, alle ampie conclusioni del difen sore del Di Martino che nel verbale d'udienza del 13 gen naio 2006 si dà atto dell'immediata lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza su fogli separati che costituiscono parte integrante del verbale di causa che è irrilevante la circostanza che nel dispositivo della prima sentenza non sia espressa pronuncia sulle domande del D.M., esaminate ed implicitamente rigettate nella moti vazione Cass. n. 15585/07 che il principio secondo cui l'interpretazione del dispositivo mediante la motivazione non può estendersi fino all'integrazione del contenuto pre cettivo del primo con le statuizioni desunte dalla seconda si applica al rito del lavoro solo nel caso in cui il giu dice si limiti a dare lettura del mero dispositivo riser vandosi il successivo deposito della sentenza. Quanto, in fine, alla dedotta incompatibilità della disposizione dell'art. 281 sexies c.p.c. con la legislazione afferente alla materia locativa , cfr. Cass. n. 9235/06, che ha ri tenuto l'applicabilità al rito del lavoro della menzionata disposizione. Le medesime considerazioni vanno rivolte an che rispetto alla seconda parte del secondo motivo con il quale è dedotta l'omessa pronunzia da parte anche del se condo giudice. Il 3° motivo - che censura la violazione degli artt. 416, 437, 447 bis c.p.c., 2909 c.c., 79 L. n. 392/78 - concerne il punto in cui la sentenza impugnata afferma che il con duttore avrebbe dovuto contestare la determinazione del ca none nel precedente giudizio svoltosi tra le parti e con cluso con sentenza passata in giudicato nel quale la do manda di condanna dei canoni scaduti e non pagati aveva co fine suo implicito presupposto quella di accertamento del ca none locatizio. Sostiene il ricorrente che l'eccezione di giudicato, formulata da controparte era tardiva e che non v'è identità di controversia, che non v'è rapporto di de dotto e deducibile tra la sentenza passata in giudicato e la determinazione del canone. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. E' inammissibile, laddove fa riferimento a precedente sen tenza passata in giudicato della quale, in violazione dell'onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, non offre alcuna concreta indicazione, bensì soltanto alcuni vaghi riferimenti che non pongono la Corte in condizione di delibare la questione. E' infondato laddove pone in di scussione i principi giuridici ai quali fa riferimento la sentenza impugnata, la quale ha correttamente affermato che il giudicato d'accoglimento della domanda di pagamento di canoni _di locazione arretrati non si limita a fare stato circa l'esistenza dei fatti costitutivi del diritto accer tato, ma anche circa l'inesistenza di tutti i fatti impedi tivi o estintivi, anche non dedotti ma deducibili, quale quelli atti a prospettare l'insussistenza, totale o parzia le, del credito azionato dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di illegittime maggiorazioni del ca none Cass. n. 16319/07 n. 13207/15, la quale ha conferma to la decisione di merito che, sul presupposto dell'inoppu gnabilità del decreto ingiuntivo relativo a canoni non cor risposti, aveva escluso che in un diverso giudizio il con duttore potesse invocare la nullità della clausola di de terminazione del canone in misura superiore a quella legale ex art. 2, commi 3 e 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 . Inammissibile è il 4° motivo, che lamenta che il giudice abbia esaminato l'appello incidentale DEL L., benché il gravame dovesse considerarsi inammissibile per difetto di specificità ex art. 342 c.p.c. In primo luogo, la que stione appare affatto nuova, né il ricorrente rappresenta dove e quando essa sia stata sottoposta al giudice d'appello. In secondo luogo, il motivo non è autosufficien te, siccome neppure indica quale sia stato il tenore dell'appello al quale fa riferimento. IL RICORSO INCIDENTALE DEL L. Il 1.° motivo concerne il punto in cui la sentenza ha ac certato che il conduttore aveva versato al locatore una cauzione ammontante a £ 5 milioni. Il motivo è inammissibi le per assoluto difetto di specificità, siccome il ricor rente si limita a sostenere che l'accertamento del giudice non è esatto , aggiungendo alcune brevi osservazioni che non sono neppure comprensibili, siccome non sorrette da au tosufficienti deduzioni. Il 20 motivo sostiene che il giudice avrebbe omesso di pro nunciarsi sul motivo d'appello incidentale che aveva posto in evidenza che la prima sentenza aveva riconosciuto in spiegabilmente solo undici canoni non corrisposti a fronte dei diciotto richiesti . Il motivo è inammissibile sia per ché la parte prospetta la questione sotto il profilo del vizio della motivazione non, come avrebbe dovuto, sotto quello degli artt. 360, n. 4 in relazione all'art. 112 c.p.c. , sia perché non pone in evidenza dove, quando e co me la questione sia stata sottoposta al giudice d'appello, sia perché non offre alcuna utile indicazione necessaria a delibare la questione. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con intera compensazione tra le parti delle spese del giu dizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta i ricorsi e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.