Ancora una volta il giudice è meglio dell'accordo (ma non si capisce il perché)

L'usucapione dei beni immobili e la possibilità di raggiungere accordi di accertamento dell'intervenuta usucapione torna alla ribalta grazie ad una sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 12 novembre 2015.

Sebbene la sentenza, come vedremo, non si pronuncia su una fattispecie in cui le parti avevano raggiunto un accordo di mediazione, bensì un verbale di conciliazione giudiziale, essa ricostruisce quella che per i giudici di appello rappresenta il senso e, soprattutto, l'efficacia di un accordo intervenuto tra le parti in ordine all'intervenuta usucapione. Usucapione di bene pignorato. Ed infatti, la vicenda trae origine da un'opposizione all'esecuzione con la quale l'opponente faceva valere il suo diritto di proprietà del bene immobile pignorato assumendo di averlo usucapito. A tal fine allegava un verbale di conciliazione giudiziale con il quale era stato definito il giudizio da lui intentato nei confronti del debitore già esecutato. Senonché, il giudice di primo grado aveva rigettato l'opposizione ritenendo che il verbale di conciliazione con il quale si era accertata l'acquisto della proprietà per usucapione a in realtà aveva ad oggetto solo il possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti b si colloca su un piano nettamente differente rispetto alle sentenze di usucapione e, quindi, c non risulta opponibile né al creditore pignorante, né tantomeno al creditore ipotecario . L'accordo di mediazione ex art. 2643 n. 12-bis d.lgs. 28/2010. Ecco allora che l'opponente impugna la decisione, ma la Corte di appello conferma quanto deciso dal giudice di prime cure avendo cura, peraltro, di affermare che quella conclusione non muta neppure dopo che il decreto del Fare ha previsto la trascrivibilità dell'accordo di mediazione ex art. 2643 n. 12- bis d.lgs. 28/2010 che accertano l'usucapione . Ed è proprio questo passaggio che merita la massima attenzione con riferimento alle due argomentazioni che portano alla conclusione fatta propria dalla Corte di appello di Reggio Calabria anche perché, una di quelle due argomentazioni non appare molto convincente. L'accordo di usucapione non vale quanto la sentenza. Iniziamo dall'argomentazione che, a mio avviso, non convince affatto e che può essere compendiata nell'affermazione secondo cui la differenza di efficacia ben si comprende tenuto conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di usucapione rispetto all'accordo conciliativo . Si tratta della tesi già fatta propria dal Tribunale di Roma per negare prima della modifica apportata dal decreto del Fare la trascrivibilità dell'accordo di mediazione ed è pure la tesi presupposta dallo studio che il Notariato aveva diffuso successivamente alla novella legislativa. Senonché, non è dato comprendere perché mai la sentenza del giudice dovrebbe ex se fornire garanzie maggiori di quelle fornite da un accordo stipulato direttamente tra le parti eventualmente aiutate da un mediatore . Non vi è nessuna ragione per distinguere poiché il giudice non ha poteri di indagine ufficiosi le c.d. azioni di usucapione altro non sono che azioni di accertamento della proprietà per intervenuta usucapione id est l'usucapione altro non è se non un modo di acquisto della proprietà che rappresenta la tipica materia disponibile alle parti che, quindi, hanno il completo dominio della situazione. Ed ancora, per convincersi che le parti possono fregare” il prossimo sia con un accordo che con una sentenza è sufficiente porre mente al fatto che il terzo pregiudicato da un accordo può agire con un'azione revocatoria mentre gli eventuali terzi pregiudicati da una sentenza può fare opposizione ex art. 404 c.p.c. quando la sentenza è l'effetto di dolo o collusione a loro danno . La collocazione sistematica dell'art. 2643 n. 12-bis. Fugato il dubbio dalla inesistente maggiore garanzia di una sentenza rispetto ad un accordo, possiamo passare ad esaminare la seconda argomentazione che appare, a prima vista, fondata. Si tratta, cioè, della tesi secondo cui l'accordo di mediazione soggiacerebbe alla regola della continuità delle trascrizioni e all'art. 2644 c.c quanto agli effetti della trascrizione come per tutti gli atti a titolo derivativo. Orbene, quella conclusione sembra fondata perchè il legislatore, del tutto inopportunamente, ha ritenuto di collocare il nuovo art. 2643 n. 12- bis proprio nell'art 2643 c.c. non avvedendosi che così facendo avrebbe finito con il richiamare apparentemente anche il meccanismo di cui all'art. 2644 c.c Meglio avrebbe fatto a collocare la norma modificando l'art. 2651 c.c. ovvero inserendo un articolo 2651- bis c.c. così come, per intendersi, avrebbe fatto meglio a collocare il nuovo articolo 2929- bis dopo l'art. 2901 c.c. . Sebbene così non abbia fatto, però, non significa che la natura e il contenuto dell'accordo che guarda caso evita o chiude un processo che culminerebbe con la sentenza trascrivibile ex art. 2651 c.c. possa avere un regime diverso soltanto per errata collocazione”. E ciò anche perchè, come abbiamo visto, non vi sono ragioni ontologiche, sistematiche o ordinamentali che debbano far concludere diversamente. Ecco allora che, leggendo la sentenza, più che evocare l'incostituzionalità dell'art. 5 comma 1- bis d.lgs. 28/2010 in parte qua, meglio mettere in evidenza che quanto presupposto e affermato dalla Corte di appello di Reggio Calabria e non soltanto nuoce gravemente alla mediazione e alla soluzione alternativa dei conflitti e che, sebbene abbia più che autorevoli sostenitori ma risalenti nel tempo penso, ad esempio, a Santoro Passarelli sia venuto il momento di abbandonarla.

Corte d’appello di Reggio Calabria, sez. Civile, sentenza 12 novembre 2015 Presidente Moleti – Relatore Stilo Motivi della decisione § 1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’opposizione di terzo all’esecuzione proposta da . nei confronti della società e per essa della ., del e di , sulla base in sintesi delle seguenti argomentazioni fatte proprie in questa sede dagli appellati costituiti -il verbale di conciliazione giudiziale, avente ad oggetto l’accertamento dell’intervenuta usucapione del diritto di proprietà o di un altro diritto reale di godimento, non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi di cui all’art. 2643 c.c., non può in forza di detta norma essere trascritto -tale verbale assume invero il valore di mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa e retroattiva, finalizzato a rimuovere l’incertezza tra le parti, mediante la fissazione del contenuto della situazione giuridica preesistente -oltretutto, l’accertamento di cui si discute può avere ad oggetto solo il possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti e proprio per questa ragione si colloca su un piano nettamente differente rispetto alle sentenze di usucapione, che, oltre ad eliminare l’incertezza in modo incontrovertibile tra le parti, i loro eredi o aventi causa, producono, altresì, la cosiddetta efficacia riflessa nei confronti dei terzi, tant’è che ne è prescritta la trascrizione, sia pure con il limitato effetto della pubblicità notizia, trascrizione invece esclusa per il negozio di accertamento, che per la limitata portata dei suoi effetti non può certo paragonarsi alla sentenza -di conseguenza, il verbale di conciliazione giudiziale, redatto in data 5 maggio 2008 a definizione del procedimento civile di usucapione del bene pignorato nella procedura n. R.G.Es., intentato da Campagna S. nei confronti del debitore esecutato, , davanti al Tribunale di Reggio Calabria, sezione distaccata di xxx, non risulta opponibile né al creditore pignorante, né tantomeno al creditore ipotecario, sicché l’espropriazione forzata promossa nei confronti del può legittimamente proseguire. § 2. Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante si duole del rigetto dell’opposizione proposta, ribadendo di aver dato la prova del proprio diritto di proprietà sul bene immobile oggetto della procedura esecutiva immobiliare, attraverso la produzione del verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, e richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui l’acquisto per usucapione prevale sull’acquisto a titolo derivativo a prescindere dall’anteriorità della trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione o della relativa domanda rispetto alla trascrizione del titolo derivativo, nonché il correlato orientamento, secondo cui in sede di opposizione di terzo all’usucapione immobiliare, il terzo è legittimato a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato anche se tali situazioni non siano state giudizialmente accertate, per cui lo stesso terzo le può far ben valere rispetto ad un bene che assuma di avere già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, quindi, il termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo. Assume altresì l’appellante che la fondatezza dell’opposizione proposta è ulteriormente confermata dalla norma contenuta nel n. 12 bis dell’art. 2643 c.c., a mente del quale le parti di un procedimento di mediazione avente ad oggetto la domanda di usucapione di un bene possono accordarsi davanti ad un mediatore e successivamente trascrivere l’accordo, norma che espressamente prevede la trascrivibilità del verbale di conciliazione con efficacia ex tunc. § 3. L’appello sia pure ammissibile ex art. 342 c.p.c. novellato, a differenza di quanto eccepito dalla xxx, dal momento che sono individuate con sufficiente chiarezza le statuizioni investite dall'impugnazione ed è evincibile, alla luce delle argomentazioni svolte nell’atto, il contenuto della nuova valutazione richiesta al giudice di secondo grado non è meritevole di accoglimento. Osserva, anzitutto, la Corte che correttamente il Tribunale avuto riguardo alle disposizioni vigenti al momento della pronuncia non ha considerato efficace nei confronti del creditore pignorante e del creditore ipotecario il verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, in applicazione dell’orientamento della giurisprudenza di merito, secondo cui tale verbale assume il valore di un mero negozio di accertamento, finalizzato a rimuovere l'incertezza tra le parti circa i fatti a fondamento dell'acquisto per usucapione, nel senso di dispensare la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall'onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l'onere della prova contraria. Da qui l’esclusione della trascrivibilità sia in forza della disposizione normativa di cui all'art. 2643 c.c. nel testo ante riforma del 2013, su cui v. infra , non realizzando il verbale in parola un effetto modificativo, estintivo o costitutivo di diritti reali immobiliari, sia ai sensi dell'art. 2651 c.c., atteso che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione, che non è paragonabile all’accordo conciliativo, poiché < < la pronuncia giudiziale di accertamento dell'usucapione contiene un accertamento valevole erga omnes nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art. 2909 c.c. fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire così Cass. 10435/03, Cass. 7557/03 > > Trib. Catania, I marzo 2012 conf. Trib. Roma, 8 febbraio 2012 . Ciò detto, è pur vero che, come sottolinea l’appellante, nelle more il quadro normativo è mutato, avendo l’art. 84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98, modificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli < < accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato> > v. n. 12 bis . La nuova disciplina, tuttavia, non è suscettibile di condurre ad una diversa soluzione della controversia, e ciò in quanto, sia che si ritenga che il n. 12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia. Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi. Di conseguenza, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi. E’ quindi da escludere che il verbale di conciliazione in tema di usucapione possa avere effetti liberatori cd. usucapio libertatis sul bene usucapito, non potendosi opporre ai terzi estranei all’accordo l’acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione. In altre parole, come si è osservato in dottrina, mentre la sentenza di usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al quale i terzi non possono opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., l’accordo conciliativo attribuisce all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, sicché tale accordo non può in alcun modo danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli anteriormente trascritti o iscritti il che del resto ben si comprende tenuto conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di usucapione rispetto all’accordo conciliativo . Ne discende che agli accordi de quibus non si applica il consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato dall’appellante , secondo cui in caso di conflitto tra avente causa del precedente proprietario ed usucapiente non prevale chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto, ma prevale colui che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata trascrizione della sentenza di accertamento dato il valore di mera pubblicità notizia assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 c.c. . Gli accordi con cui si accerta l’usucapione non sono infatti, come già detto, opponibili a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito ovvero sui beni oggetto di accertamento, in forza di un titolo trascritto o iscritto anteriormente agli accordi medesimi. Precisamente, l’operatività del meccanismo regolato dall’art. 2644 c.c. impone che sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni ex art. art. 2650 c.c. e, quindi, che il titolo di ciascun avente causa ivi compreso colui che assume di aver usucapito trovi corrispondenza e giustificazione in un titolo trascritto a favore del dante causa. In assenza di un titolo di proprietà ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, dunque, anche la trascrizione dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art. 2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto. Trascritto il titolo di proprietà, le successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto dei principi di cui all’art. 2644 c.c Ed allora, data la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità degli accordi conciliativi, è di tutta evidenza che il verbale di conciliazione in esame, anche se venisse trascritto, non sarebbe in ogni caso opponibile né al creditore pignorante né al creditore ipotecario. Non essendovi pertanto spazio per l’invocata riforma della sentenza impugnata, l’appello deve essere rigettato. § 4. Dato l’esito dell’impugnazione, deve condannarsi l’appellante al pagamento delle spese del grado, che si liquidano in favore di ciascuna delle controparti costituite come da dispositivo, in applicazione dei parametri previsti dal D.M. n. 55/2014 e non anche delle spese del giudizio davanti al Tribunale, che sono state per intero compensate, attesa la mancata proposizione di appello incidentale sul punto . § 5. Deve infine darsi atto, ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione. P.Q.M. La Corte di appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, avverso la sentenza n. xxx emessa dal Tribunale di Reggio Calabria il xx , da xxx nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, della xxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, della xx., già xxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, di xx xx ., in persona del legale rappresentante pro tempore, del xxx., in persona del legale rappresentante pro tempore, xxxx ., in persona del legale rappresentante pro tempore, e di xxxxx gli ultimi cinque da dichiarare contumaci, così provvede a rigetta l’appello b condanna l’appellante a rifondere a ciascuna delle controparti costituite le spese del grado, che liquida in €1.960,00 per la fase di studio, €1.350,00 per la fase introduttiva ed €1.652,50 per la fase decisoria, oltre rimborso forfetario CPA ed IVA come per legge c ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.