Nel concetto di circolazione stradale rientra anche la posizione di arresto del veicolo

Il concetto di circolazione stradale di cui all’art. 2054 c.c. include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade.

La garanzia per la responsabilità civile. Con la sentenza n. 24622 depositata il 3 dicembre 2015 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione riprende e ribadisce il principio di diritto, già espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali componendo i precedenti contrasti in materia hanno stabilito che il concetto di circolazione stradale di cui all’art. 2054 c.c. include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l’operatività della garanzia per R.C.A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico, ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo. Area privata e area aperta ad un numero indeterminato di persone. Nel caso di specie il Tribunale territoriale aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della Società Assicuratrice per la condanna al risarcimento del danno presentata dai congiunti della vittima di un sinistro. Quest’ultima era rimasta folgorata dai cavi dell’alta tensione urtati da un braccio meccanico di un autocarro, durante i lavori di costruzione di un immobile. Secondo i giudici di merito l’area all’interno della quale era avvenuto il sinistro, ovvero il cantiere dove si svolgevano i lavori di costruzione dell’immobile, era privata e non aperta al pubblico. Per questo motivo non poteva trovare applicazione nel caso specifico la disciplina dell’assicurazione R.C.A. e la ivi prevista possibilità per le vittime di proporre un’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile. In sede di appello la sentenza di primo grado viene riformata, ritenendosi che l’area del sinistro, pur se privata, era comunque aperta all’accesso di un numero indeterminato di persone, accogliendosi di conseguenza la domanda nei confronti dell’assicuratore, nei limiti del massimale. La nozione di circolazione. In sede di cassazione, la Società Assicuratrice contesta la decisione della Corte di Appello territoriale, ritenendo che la stessa avrebbe errato nel ritenere che il sinistro oggetto di causa rientrasse nel concetto di circolazione” del veicolo e che di conseguenza fossero applicabili le norme a tutela delle vittime della legge 24.12.1969, n. 990 sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione dei veicoli. In buona sostanza, per la difesa della Società Assicuratrice la legge sull’assicurazione obbligatoria della R.C.A. non definisce il concetto di circolazione, con la conseguenza che l’interprete deve ricavarlo da altri testi normativi. Tra questi, il codice della strada definisce la circolazione all’art. 3 come il movimento, la fermata e la sosta dei veicoli sulla strada. Conseguentemente da questa nozione sarebbero esclusi, secondo la ricorrente, le attività del veicolo non funzionali al movimento. In questa prospettiva, la manovra di un braccio meccanico montato su un autocarro, non essendo funzionale al movimento dei veicolo, non rientra nel concetto di circolazione. Come si è visto poco sopra, gli Ermellini ritengono applicabile al caso di specie il principio già enunciato in materia dalle Sezioni Unite e pertanto affermano che il danno sia stato causato dal movimento del veicolo, così rientrando nel concetto di circolazione. Infatti – come si legge nel corpo della sentenza – non si può distinguere dal punto di vista giuridico tra movimento dell’intera massa del veicolo e movimento di una sua parte, sia per la lettera della legge, sia per lo scopo della legge del 1990 che è quello di tutelare le vittime e dunque impone una interpretazione coerente con questa finalità, richiesta peraltro anche da un analogo principio di rilievo comunitario. Conclusioni. Concludono i giudici del Palazzaccio evidenziando che se danno causato alla circolazione è stato ritenuto quello causato dall’apertura o chiusura di uno sportello di un veicolo fermo oppure dal ribaltamento del cassone di carico di un camion, logica e diritto – così letteralmente – impongono di considerare tale anche il danno derivato dal movimento di un braccio meccanico montato su un autocarro. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna per la Società Assicuratrice alla rifusione del danno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 settembre – 3 dicembre 2015, n. 24622 Presidente Petti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. L'11.10.1991 un autocarro sui quale era montato un braccio meccanico, durante lavori di costruzione di un immobile ed all'interno dei relativo cantiere, urtò i soprastanti cavi dell'alta tensione, e causò in questo modo la morte per folgorazione dell'operaio F.P., che in quel momento stava operando in prossimità dei suddetto braccio meccanico. 2. Nel 1992 i prossimi congiunti della vittima G. P., L. A., D. P., A. P. e A. P. convennero dinanzi al Tribunale di Crotone, per quanto qui ancora rileva, il conducente F. M. , la proprietaria S. M. e l'assicuratore contro i rischi della r.c.a. del suddetto autocarro la RAS s.p.a., che in seguitò muterà ragione sociale in Allianz s.p.a. , chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danno rispettivamente patito. 3. Con sentenza 6.10.2006 il Tribunale di Crotone ritenne che l'area all'interno della quale avvenne il sinistro, ovvero il cantiere dove si svolgevano i lavori di costruzione dell'immobile, fosse privata e non aperta alla pubblica circolazione. Ne trasse la conseguenza che non s'applicasse nel caso specifico la disciplina dell'assicurazione r.c.a., e la ivi prevista possibilità per le vittime di proporre una azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile. Rigettò, di conseguenza, la domanda proposta nei confronti della Ras s.p.a 3. La sentenza venne appellata dai soccombenti. Con sentenza 9.6.2012 n. 654 la Corte d'appello di Catanzaro riformò la decisione, ritenendo che l'area dei sinistro, pur se privata, era comunque aperta all'accesso di un numero indeterminato di persone, ed accolse di conseguenza la domanda nei confronti dell'assicuratore, nei limiti dei massimale. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Allianz successore della RAS s.p.a. in virtù di fusione per incorporazione , sulla base di un solo motivo, illustrato da memoria. Hanno resistito con controricorso gli eredi P. e S. M Motivi della decisione 1. II primo motivo di ricorso. 1.1. Con l'unico motivo di ricorso la sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360, n. 3, c.p.c Si assumono violati gli artt. 2054 c.c. 1 e 18 della l. 24.12.1969 n. 990 3 e 58 cod. strad Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che il sinistro oggetto di causa rientrasse nel concetto di circolazione del veicolo, e che di conseguenza fossero applicabili le norme dettate a tutela delle vittime dalla l. 24.12.1969 n. 990, sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione dei veicoli. Deduce che la legge sull'assicurazione obbligatoria della r.c.a. non definisce il concetto di circolazione , con la conseguenza che l'interprete deve ricavarlo da altri testi normativi ed il codice della strada definisce la circolazione all'art. 3 come il movimento, la fermata e la sosta dei veicoli sulla strada. Da questa nozione sarebbero esclusi, sostiene la ricorrente, le attività del veicolo non funzionali al movimento di conseguenza la manovra d'un braccio meccanico montato su un autocarro, non essendo funzionale al movimento del veicolo, non rientra nel concetto di circolazione. 1.2. Con la memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. la Allianz ha soggiunto che all'accoglimento dei proprio ricorso non è di ostacolo la decisione pronunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte, n. 8620 del 2015, giacché anche quella decisione avrebbe sostenuto l'esigenza - ai fini di stabilire quando possa applicarsi la disciplina dell'assicurazione obbligatoria r.c.a. - di valorizzare la interazione tra veicolo e circolazione , interazione che invece mancherebbe quando il veicolo sia destinato a svolgere funzioni estranee alla circolazione, come nel caso di specie. 1.3. II Pubblico Ministero ha sollecitato la rimessione della questione alle Sezioni Unite, sostenendo che i veicoli possono essere monofunzionali, cioè destinati al solo trasporto ovvero polifunzionali, cioè concepiti per lo svolgimento di funzioni ulteriori rispetto al trasporto come, appunto, un'autogru ed aggiungendo che in tale ultima ipotesi i danni causati dalla circolazione del mezzo possono ritenersi soltanto quelli causati dalla circolazione, non dalle altre attività cui il mezzo è destinato. Se così non fosse, ha osservato il Pubblico Ministero, gli assicurati virtuosi sarebbero esposti al pagamento di premi maggiorati in conseguenza dei maggiori rischi cui sono esposti i veicoli polifunzionali. A conforto delle proprie conclusioni ha altresì aggiunto che, nel giudizio di merito, il conducente dell'autogru fu condannato ai sensi dell'art. 2043 c.c., non dell'art. 2054 c.c 1.4. II motivo è infondato. La questione oggi sottoposta a questo collegio è stata infatti già decisa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, le quali componendo i precedenti contrasti hanno stabilito che il concetto di circolazione stradale di cui all'art. 2054 cod. civ. include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l'operatività della garanzia per R.C.A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l'uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo. Nella specie le S. U., hanno ricondotto all'art. 2054 cod. civ., e alla disciplina della R.C.A. il sinistro mortale determinato dall'imperita manovra da parte del conducente di un mezzo in sosta, munito di un braccio meccanico di sollevamento, per effetto della quale un cassone metallico, in fase di caricamento, era scivolato travolgendo la vittima . Sez. U, Sentenza n. 8620 del 29/04/2015, Rv. 635401 . Questo principio deve trovare applicazione anche nel presente giudizio, nel quale il danno è stato arrecato da una struttura seagente il braccio meccanico che costituiva una parte del veicolo assicurato. Il danno, dunque, è stato causato dal movimento del veicolo e rientra nel concetto di circolazione . Né può distinguersi dal punto di vista giuridico tra movimento dell'intera massa dei veicolo e movimento d'una sua parte - sia per la lettera della legge, nella quale non si trova tale distinzione - sia per lo scopo dell'art. 18 I. 24.12.1969 n. 990, che è quello di tutelare le vittime ed impone dunque una interpretazione coerente con questa finalità. Se danno causato dalla circolazione è stato ritenuto quello causato dall'apertura o chiusura d'uno sportello d'un veicolo fermo Sez. 3, Sentenza n. 18618 del 21/09/2005, Rv. 586670 , ovvero dal ribaltamento del cassone di carico d'un camion Sez. 3, Sentenza n. 8305 del 31/03/2008, Rv. 602546 , logica e diritto impongono di considerare tale anche il danno derivato dal movimento d'un braccio meccanico montato su un autocarro. 1.5. Né le osservazioni in senso contrario svolte della società ricorrente, né quelle svolte dal Pubblico Ministero, appaiono convincenti. Quanto alle prime, si deve rilevare che l'assicuratore della r.c.a. deve coprire obbligatoriamente i danni causati dalla circolazione , e che la circolazione è definita dal codice della strada come il movimento, la sosta o la fermata dei veicolo art. 3, comma 1, n. 9, d. Igs. 30.4.1992 n. 285 . Nel silenzio totale della legge, non può ammettersi che per movimento del veicolo debba intendersi solo quello orizzontale dell'intero veicolo. Dal punto di vista della fisica è movimento sia lo spostamento del mezzo nel suo complesso, sia lo spostamento delle sue parti. La interazione funzionale che, secondo la Allianz, dovrebbe sussistere tra il concetto di circolazione e quello di spostamento dell'intero veicolo , oltre a non avere aggancio nella lettera della legge, è interpretazione non consentita dall'ordinamento costituzionale e da quello comunitario. Costituisce infatti ius receptum il principio, già ricordato, secondo cui tutta la disciplina dell'assicurazione della r.c.a. è preordinata al conseguimento di uno scopo apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della strada. Che la tutela della vittima sia stata la finalità principale della legge 24 dicembre 1969 n. 990 è stato affermato, oltre che dalla unanime giurisprudenza di legittimità e di merito, anche dalla Corte costituzionale, secondo cui il sistema normativo stabilito con la I. n. 990 dei 1969, ponendo in massimo rilievo la tutela del terzo danneggiato per eventi causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, persegue il raggiungimento delle maggiori garanzie patrimoniali in suo favore. A tale scopo [il legislatore] ha istituito l'assicurazione obbligatoria in materia, ponendo così la norma di ordine pubblico che ogni veicolo o natante deve essere assicurato e ciò in vista della realizzazione, nel settore, delle esigenze di solidarietà sociale cui l'art. 2 Cost. ha conferito rilevanza costituzionale Corte cost., 29-03-1983, n. 77 . Il principio di cui si discorre è stato altresì recepito dal diritto comunitario esso è chiaramente affermato dal II, dal XII e dal XIV Considerando della Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16.9.2009 la quale, peraltro, non ha fatto che recepire le norme previgenti nell'ordinamento comunitario sin dal 1972 ed è stato più volte ribadito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea ex permultis, Corte giustizia CE 28-03-1996, Bernáldez, in causa C-129/94, in motivazione Corte Giustizia CE, sez. I 30 giugno 2005, Candolin, in causa C-537/03 Corte giustizia CE, sez. III, 9 giugno 2011, Lavrador, in causa C-409/09, e Corte giustizia CE, sez. II, 17 marzo 2011, Carvalho Ferreira Santos, in causa C-484/09 . Da questo principio di rilievo comunitario e costituzionale discende l'obbligo per il giudice nazionale di interpretare le norme di legge che disciplinano l'assicurazione r.c.a. in modo coerente con esso. E' dunque evidente che l'interpretazione propugnata dalla Allianz, riducendo sensibilmente la tutela delle vittime, non sarebbe coerente con i princìpi appena ricordati. 1.6. Non convincenti appaiono, altresì, le osservazioni svolte dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni orali, in quanto - ai fini della applicabilità e della estensione delle norme sull'assicurazione obbligatoria della r.c.a., la legge non consente alcuna distinzione tra veicoli monofunzionali e polifunzionali - il problema della misura del premio non viene in rilievo nei rapporto tra assicuratore e terzo danneggiato, tra i quali non c'è contratto e non si paga premio, ma potrebbe al massimo rilevare nel rapporto interno tra assicuratore ed assicurato. 2. Le spese. Le spese dei giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. - rigetta il ricorso - condanna la Allianz s.p.a. alla rifusione in favore di S. M. delle spese dei presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 10.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - condanna la Allianz s.p.a. alla rifusione in favore di G. P., L. A., D. P., A. P. e A. P., in solido, delle spese dei presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 10.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55.