La valutazione è bifasica e l’iter logico del giudice deve essere privo di lacune

In materia di prova per presunzioni, il giudice esercita la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, però è tenuto a chiarire il criterio logico con cui ha selezionato gli indizi che ha posto alla base del suo convincimento.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23201/2015, depositata il 13 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Trento respingeva la richiesta di risarcimento dei danni, presentata dai proprietari di un immobile. In particolare, i ricorrenti sottolineavano come l’edificio fosse stato danneggiato da un incendio, divampato per effetto di un fenomeno di autocombustione del fieno, ammassato dai convenuti in un locale dello stesso immobile. La Corte territoriale, rigettando la domanda di gravame, confermava quanto statuito dal giudice di prime cure i soccombenti ricorrevano per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c. . In particolare, i ricorrenti contestavano il rilievo della Corte d’Appello secondo cui gli elementi addotti dagli istanti non erano idonei a provare che l’incendio aveva avuto origine nel locale di proprietà degli appellati. Una valutazione bifasica, in materia di prova per presunzioni. La Suprema Corte ha affermato che, in materia di prova per presunzioni, il giudice esercita la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, però è tenuto a chiarire il criterio logico con cui ha selezionato gli indizi che ha posto alla base del suo convincimento. La valutazione del giudice deve, secondo gli Ermellini, essere strutturata in due momenti in primis è doveroso esaminare gli elementi acquisiti e discernere quelli rilevanti da quelli ininfluenti, per poi, successivamente, porre in essere una valutazione complessiva delle emergenze, al fine di stabilire se siano concordanti ed idonee a fornire una prova presuntiva. La Suprema Corte ha precisato come, la procedura di cui sopra, debba essere ampiamente motivata dal giudice di merito e come una valutazione che abbia pretermesso, senza darne ragione, uno o più fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un’oggettiva portata indiziante , diventi sindacabile anche in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno sottolineato che, nel caso di specie, il giudice di merito ha ignorato, senza fornire spiegazione, gli accertamenti posti in essere dai Carabinieri e dal Comandante dei Vigili del Fuoco. Nel giudizio civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza. La Suprema Corte ha, infine, chiarito come, nell’ambito della responsabilità civile, il nesso causale sia regolato sulla base del disposto degli artt. 40 e 41 c.p., con la conseguenza che un evento può essere considerato causa di un altro se quest’ultimo non si sarebbe verificato senza il primo. Nella serie causale, hanno evidenziato gli Ermellini, devono essere considerati tutti gli eventi che non appaiano inverosimili, sulla base di un giudizio ex ante , in ossequio al principio di causalità adeguata. Nel processo penale, però, ha precisato il Collegio, vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio , mentre in ambito civile, il nesso causale si stabilisce con l’osservanza del criterio della preponderanza dell’evidenza. La Corte di Cassazione ha rilevato lacune argomentative nella valutazione del giudice di merito e, per le ragioni sopra esposte, ha cassato con rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 settembre – 13 novembre 2015, n. 23201 Presidente Chiarini – Relatore Amendola Svolgimento del processo C.A. , M.L. e D.R. , questi ultimi anche quali rappresentanti del figlio minore M.L. , convennero innanzi al Tribunale di Trento, sezione distaccata di Cavalese, De.Cl. , Gi. e Ma. , chiedendo il risarcimento dei danni subiti da un immobile di loro proprietà, sito in , a causa di un incendio verificatosi il omissis . Sostennero che le fiamme erano divampate per effetto di un fenomeno di autocombustione del fieno ammassato dai convenuti in altro locale del medesimo edificio. Resistettero le controparti. Il giudice adito rigettò la domanda. Con la sentenza ora impugnata, depositata il 7 ottobre 2011, la Corte d'appello di Trento ha respinto l'appello proposto dai soccombenti. Il ricorso di M.L. , D.R. e M.L. avverso detta decisione è affidato a due motivi. Si sono difesi con distinti controricorsi d.e. , vedova De. , De.Le. e Ma.Te. , nonché De.Gi. e Cl. . I ricorrenti ed d.e. , vedova De. , De.Le. e Ma.Te. hanno altresì depositato memoria. Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2729 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizi motivazionali, ex art. 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ. Le critiche si appuntano contro l'assunto del giudice di merito secondo cui elementi segnatamente evidenziati dagli istanti - quali l'avvenuto stoccaggio nel fienile, pochi giorni prima del propagarsi dell'incendio, di foraggio fresco in grande quantità l'essersi negli anni precedenti verificati almeno due episodi di autofermentazione del fieno le modalità rapidissime con le quali le fiamme erano divampate la condizione di forte surriscaldamento rilevata nel foraggio a distanza di alcune ore dallo spegnimento - erano indizi inidonei ai fini della prova che l'incendio si era sviluppato nel locale di proprietà degli appellati. Sostengono per contro gli esponenti che le presunzioni semplici, pur dovendo essere gravi, precise e concordanti, rispetto al fatto ignoto che si pretende di provare, non richiedono necessariamente che esso sia l'unica conseguenza razionale possibile della loro retta interpretazione. Aggiungono che in maniera del tutto illogica il decidente aveva considerato dirimenti le deposizioni di D.M.M. e di Mo.Et. , le cui attestazioni non avevano significato univoco, erroneamente ignorando quanto riferito da un teste qualificato, come il Comandante dei Vigili del Fuoco quanto accertato dai Carabinieri della Stazione di Predazzo nell'immediatezza del fatto nonché le conclusioni aperte della consulenza tecnica d'ufficio. 1.2 Con il secondo mezzo, lamentando violazione degli artt. 2050, 2051 e 2043 cod. civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizi motivazionali, il ricorrente si duole che la Corte d'appello abbia escluso la responsabilità dei convenuti, invocata ex art. 2050 e 2051 cod. civ., solo perché, a dire del decidente, non sarebbe stato provato il collegamento tra il fienile degli appellati e l'insorgere dell'incendio. Secondo gli esponenti, invero, anche ammesso che il fuoco non era divampato a cagione dell'autocombustione del foraggio, il fieno ammassato e la polvere avevano contribuito in modo predominante a sviluppare e a propagare le fiamme. Ricordano quindi che, in tema di responsabilità per i danni da cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., il proprietario del fondo dal quale si sia propagato un incendio al fondo confinante, è responsabile dei danni causati a quest'ultimo, qualora non dimostri il caso fortuito e che al riguardo assume rilievo non la circostanza che in quel fondo si sia originato l'incendio, bensì la sua situazione obiettivamente idonea ad alimentare, con accentuato dinamismo, la propagazione delle fiamme cfr. Cass. civ. 7 febbraio 2011, n. 2962 . 2 Le critiche svolte nel primo mezzo sono fondate per le ragioni che seguono. Occorre muovere dalla considerazione che la prova offerta dagli attori a sostegno della loro domanda aveva carattere presuntivo. Ora, in tema di prova per presunzioni, il giudice, chiamato a esercitare la sua discrezionalità nell'apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti, deve esplicitare in maniera particolarmente chiara il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e le ragioni del suo convincimento, tenendo conto che il relativo procedimento è necessariamente articolato in due momenti valutativi occorre, invero, in primo luogo, una valutazione analitica degli elementi offerti, per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutte le emergenze così isolate, per accertare se esse siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente una o alcune soltanto di esse. Peraltro, affinché l'apprezzamento dell'efficacia sintomatica dei fatti noti sfugga al sindacato del giudice di legittimità, è necessario, non solo che essi vengano considerati sia singolarmente che nella loro globalità, all'esito di un giudizio di sintesi, per come testé esplicitato, ma anche che del convincimento così maturato il decidente dia una motivazione adeguata e corretta sotto il profilo logico e giuridico cfr. Cass. civ. 28 ottobre 2014, n. 22801 Cass. civ. 6 giugno 2012, n. 9108 . Il che, specularmente, comporta la sindacabilità di una valutazione che abbia pretermesso, senza darne ragione, uno o più fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un'oggettiva portata indiziante. 3 Nella fattispecie il decidente ha ritenuto che fosse rimasta incerta l'eziologia dell'incendio, posto che, esaminando alcuni degli elementi evidenziati dai ricorrenti, ha rilevato che si trattava di mere supposizioni non suffragate da riscontri univoci. Ha richiamato, in proposito, la deposizione del teste Mo. , perito assicurativo di esperienza trentennale, che, d'accordo con gli altri periti, aveva ipotizzato l'esistenza di altri possibili focolai le conclusioni del consulente tecnico, che non aveva escluso una eziologia dell'evento diversa dall'autocombustione del foraggio la deposizione di D.M.M. , che aveva dichiarato di non avere sentito l'odore tipico che sprigiona il fieno in fermentazione gli esiti, infine del giudizio penale, che si era concluso con pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto, sulla base degli stessi elementi indiziari che gli appellanti avevano dedotto in sede civile. E tuttavia il giudice di merito ha completamente ignorato, senza esplicitare le ragioni di tale pretermissione, sia gli accertamenti dei Carabinieri, sia quanto riportato dal Comandante dei Vigili del Fuoco, segnatamente in ordine alle verifiche condotte sul posto subito dopo lo spegnimento dell'incendio, con la rilevata presenza di fenomeni di fermentazione ancora in atto, che rendevano estremamente concreta e supportata da elementi oggettivi la ricostruzione dei fatti posta a base della domanda azionata. 4 A ciò aggiungasi che, ancorché in tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione ex ante -del tutto inverosimili, la valorizzazione della formula con la quale i convenuti sono stati assolti dal reato di incendio ad essi contestato, deve fare i conti con la diversità del regime probatorio applicabile nell'uno e nell'altro ordinamento, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi e invero, mentre nel processo penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio , nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non cfr. Cass. civ. 26 luglio 2012, n. 13214 Cass. civ. 8 luglio 2010, n. 16123 . 5 In definitiva le rilevate lacune argomentative - che lasciano intravedere veri e propri deficit cognitivi vulnerano l'iter decisorio e impongono un nuovo esame degli elementi probatori offerti dagli attori da parte del giudice di merito. Ne deriva che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale resta assorbito l'esame del secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Trento in diversa composizione, la quale deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d'appello di Trento in diversa composizione.